Comunione sulla mano: un diritto del fedele?
No. Diritto è riceverla in bocca. Santo e riverente anche in ginocchio. Un articolo di p. Francesco M. Budani, FI introduce una questione scottante, lasciata spesso in balia dell'equivoco. Con l'auspicio che si faccia chiarezza.
Il 25 marzo 2004 la Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha promulgato l’istruzione Redemptionis Sacramentum, riguardo alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia. Il suo alto valore normativo risulta con una certa evidenza dal tono globale ed è esplicitato dalle parole conclusive:
Questa Istruzione, redatta, per disposizione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, è stata approvata dallo stesso Pontefice il 19 marzo 2004, nella solennità di san Giuseppe, il quale ne ha disposto la pubblicazione e l’immediata osservanza da parte di tutti coloro a cui spetta.
Premura del beato Giovanni Paolo II che ne dispose la redazione, era evidentemente di correggere prassi non pienamente accettabili e di porre argine a veri e propri abusi circa la Santissima Eucaristia, e ciò spiegando i modi corretti da adottare in relazione ad Essa. È un’istruzione ricca che merita di essere letta e studiata interamente, ma al momento un tale studio esula dalle finalità e dalle capacità di chi scrive. Pertanto ci soffermeremo brevemente su due punti in particolare, la prassi della Comunione sulla mano e la purificazione dei vasi sacri.
A riguardo della prassi della Comunione sulla mano afferma che:
[92.] Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli.
E immediatamente dopo, aggiunge che:
[93.] È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada.
Da quanto affermato nei due punti consecutivi (92 e 93) sembra che si possa affermare con una certa sicurezza che:
Vi è un diritto del fedele a ricevere la comunione in bocca.
Vi è un permesso di riceverla in mano. Si tratta quindi di una facoltà concessa, una grazia, che per natura sua è ancora lontana dal costituire un diritto e che, in quanto tale, può essere limitata o addirittura revocata dall’autorità competente senza detrimento alcuno per la giustizia. Infatti, a comprova di ciò, il documento subito impone delle limitazioni, come ad esempio quella di badare con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro.
Inoltre, questa licenza data ai fedeli è soggetta al giudizio ultimo del Sacerdote che si trova a distribuire il Sacramento. Infatti, il documento aggiunge che “se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli”.
A questo punto ci si potrebbe domandare cosa voglia dire il documento con l’espressione “pericolo di profanazione”. Andando al senso proprio delle parole, il vocabolario Treccani dona di profanazione due definizioni affini entrambe attinenti al caso:
1. Azione con cui si compromette, si offende o si annulla il carattere sacro di una cosa, un luogo, una persona: la p. del tempio, degli altari, di una sacra immagine; la p. di una Vestale. 2. In senso estens. e fig., mancanza di rispetto verso chi o verso ciò che merita riguardo, venerazione.
Torniamo ora a quanto affermato dall’istruzione: subito dopo aver ammonito di non distribuire la santa Comunione in mano in caso di pericolo di profanazione, essa aggiunge che è necessario l’uso del piattino per evitare che la sacra Ostia o qualche suo frammento cada. Ora, forti del senso proprio del termine profanazione sopra esposto, notiamo che la perentorietà dell’avviso di cui al n.93, e il luogo dove è posto, lascia intendere che se non si evita la possibile caduta di una sacra Ostia o di qualche suo frammento possa in certe circostanze essere una profanazione. Infatti, un’incuria o anche un semplice disinteresse della sorte dei suoi piccoli frammenti non sarebbe come offendere il carattere sacro di essi? Di fatto un vecchio detto popolare recita che l’indifferenza è il maggior disprezzo. Ciò non sarebbe una mancanza di rispetto verso Gesù realmente presente anche nel più piccolo frammento?
Per fare un esempio pratico, adatto al nostro caso, può succedere che il sacerdote si trovi a dover distribuire particole friabili, ossia ricche di frammenti: in tali casi, secondo la diretta esperienza dello scrivente, è davvero molto elevato il pericolo che un frammento rimanga sulla mano del comunicando senza che questi se ne accorga, oppure che voli via nel breve tragitto che l’Ostia santa percorre dalla pisside alla mano o dalla mano del comunicante alla bocca. Questo non solo perché l’uso del piattino, pur essendo necessario, realisticamente non sempre è possibile ma anche perché, quando c’è, resta comunque particolarmente difficoltoso usarlo in modo appropriato con coloro che ricevono la santa Comunione in mano, essendo le mani poste più in basso del mento e ben più ingombranti e rimanendo comunque congiunte a due lunghe braccia protese. Non di rado il piattino viene infatti urtato o il ministrante rinuncia semplicemente di sottoporlo.
Da quanto esposto, dunque, sembrerebbe che per quanto riguarda il caso suddetto delle ostie poco compatte e ricche di frammenti, ci si possa trovare nel reale pericolo di una profanazione di ciò che di più santo e adorabile abbiamo: la santa Eucaristia, che anche nella più piccola parte contiene Cristo tutto e integro, in corpo, sangue, anima e divinità.
Tuttavia, al di là dei casi specifici che si possono verificare, si deve notare che il giudizio ultimo pratico sulla possibilità di distribuire la comunione sulla mano, secondo quanto si evince dalla istruzione, compete alla coscienza del singolo sacerdote, il quale è tenuto a valutare di volta in volta i singoli casi concreti. Qualsiasi ingerenza o imposizione in merito, potrebbe dunque sembrare ed essere recepita come un’illegittima violazione del foro interno. D’altronde, nessun fedele potrebbe pretendere di ricevere la comunione in mano, in quanto nessuno può reclamare un diritto che di fatto non esiste, e nessun superiore può imporre questa prassi in modo indistinto, chiedendo quasi una sospensione del giudizio, poiché nessuno può violare il sacrario della coscienza di un uomo che appartiene solo al Signore.
p. Francesco M. Budani, FI
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