lunedì 7 gennaio 2013

chiesa

E SATANA SI FECE TRINO: DAL CONCILIO EGOMENICO ALLA OMOSESSUALIZZAZIONE DELLA CHIESA



di Antonio Margheriti Mastino 

 E Satana si fece trino è una tagliente opera di un sacerdote e teologo, Ariel Stefano Levi di Gualdo, il cui titolo a effetto è spiegato nel sottotitolo: relativismo, individualismo, disubbidienza, analisi sulla Chiesa del terzo millennio. Alcuni lettori non particolarmente dentro certe tematiche teologiche potrebbero non cogliere il messaggio racchiuso in questo titolo che richiama a quel processo di inversione noto da epoche remote, perché molti secoli fa, i padre della Chiesa San Girolamo e Sant’Agostino, fecero riferimento al diavolo indicandolo come la scimmia di Dio. Una scimmia che vuole appunto scimmiottare Dio per capovolgerlo e per creare un’altra realtà. Da qui nasce l’immagine di un Anticristo che giunge a parodiare Dio, sino a farsi trino attraverso il relativismo, l’individualismo e la disubbidienza. 

Il libro si divide in tre sezioni. La prima tratta tematiche variamente legate al problema della fede e della libera obbedienza alla Chiesa. Fedelissimo alla dottrina del Concilio Vaticano II e al Magistero della Chiesa, in questa prima sezione solleva un problema al quale prima o poi si dovrebbe dare risposta: «Nel Novecento lo Spirito Santo ha toccato la Chiesa con una singolare azione di grazia: il Concilio Ecumenico Vaticano II, posteriormente deformato col pretesto dell’ interpretazione, poi deformato nel concilio egomenico dei teologi del post-concilio» (Cit. pag. 14). Il concilio, prima snaturato, poi tramutato da certi preti e teologi del post concilio in uno strumento usato anche per far esplodere l’apostasia e la ribellione dentro la Chiesa. 

    In modo diretto e documentato, l’autore accusa gli ultra progressisti di essere un esercito di preti e teologi più o meno ribelli, con le bocche sempre aperte e sempre pronte a urlare «più collegialità, più democrazia», di avere creato vere dittature all’interno della Chiesa: «Lo spirito di egemonia e di assolutismo non è cosa tipica dei conservatori ma degli apostati di tutti i tempi, dai quali nascono le peggiori repressioni della libertà di pensiero e l’imposizione forzata del pensiero unico dominante» (cit. pag. 146). Questo piccolo esercito di trasandati preti in jeans e di preti teologi in giacca e cravatta, lungi dall’essersi avvicinati alla gente e alla società civile, lungi soprattutto dall’avere avvicinato la gente alla Chiesa, hanno dato vita a forme di clericalismo che mai si erano viste prima, con un risultato inevitabile che oggi brilla sotto gli occhi di tutti: «Scrosciati quattro decenni di estrosità teologiche e di bizzarrie liturgiche tese a intaccare, talvolta persino a distruggere questa singolare azione di grazia, i risultati si sono infine dischiusi: le chiese dell’Occidente sono semivuote e la crisi di credibilità è calata sul clero come scure del boia» (cit. pag. 8). Secondo l’autore, la presunzione di questo clericalismo moderno è di voler ridurre Dio a un oggetto e imporre a esso la sua volontà. Ciò comporta, di fatto, negare Dio come Dio, non accettarlo più come Signore della vita e della storia. 

    Chiamandolo per nome e citandone scritti e articoli, l’autore fa l’autopsia al ravasipensiero (cit. pag. 118-129) mettendo anzitutto in discussione l’ortodossia del famoso cardinale «celebre al grande pubblico televisivo» a partire dal titolo del paragrafo a lui dedicato: «Da Rudolf Bultmann a Gianfranco Ravasi». Parlando del ravasipensiero l’autore si domanda se i contenuti della Pascendi Dominici Gregis, enciclica con la quale San Pio X condanna il modernismo come sintesi di tutte le eresie, sono sempre validi: «Le principali proposizioni di questo testo di San Pio X, tutte in aperto contrasto con la dottrina cattolica, oggi stanno alla base di molte pubblicazioni teologiche, di altrettanti insegnamenti tenuti presso facoltà teologiche e seminari, di scritti e di conferenze di vescovi. La domanda che viene da porsi è la seguente: questo accade perché mutati i tempi storici quelle proposizioni sono cadute, oppure perché i soldati sono usciti dalla pancia di legno del cavallo di Troia e scorazzano all’interno delle mura della città?». 

Sempre in questo paragrafo dedicato al Cardinale Ravasi si trova documentata una chicca non da poco: nella prefazione redatta per il primo libro illustrato su Gesù di Nazareth di Benedetto XVI, Ravasi smentisce di fatto i contenuti interni del Santo Padre. L’autore riporta i precisi contenuti dei libri e delle parole: «Nell’edizione illustrata del libro su Gesù di Nazareth il Sommo Pontefice Benedetto XVI scrive: Ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio […] io ritengo che proprio questo Gesù, quello dei Vangeli, sia una figura storicamente sensata convincente». Nella sua prefazione Ravasi scrive: «Si noti quell’aggettivo “reale”, non è automaticamente sinonimo di “storico”, perché noi sappiamo bene che tanti eventi non sono documentabili e registrati storicamente, eppure sono profondamente reali». 

    Da qui nasce la domanda di Don Ariel Levi di Gualdo: «Traduciamo oltre le righe l’ennesimo balletto di parole, sulle quali non intendo scovare le pulci ma solo preoccuparmi in modo serio e cattolico: siamo di fronte all’idea bultmaniana della realtà del mito che richiede di essere de-mitizzato, celata ma efficace. Idea finita come un pomodoro maturo lanciato su di un muro bianco nella prefazione del libro di Benedetto XVI» (cit. pag. 126). 

    Dinanzi alla obiettività di un fatto basato non su opinioni ma su libri stampati, l’autore indugia a domandare da quando, ma soprattutto se, un Sommo Pontefice, ha proprio bisogno di essere presentato da qualcuno. O per dirla in altri termini: uno scrittore cerca sempre di ottenere una prefazione alla propria opera da un autore o da una personalità di maggiore spicco e risonanza di lui, che possa appoggiare e rafforzare la sua opera, talora renderla addirittura credibile come tale al pubblico. Dunque ragionevolmente, il Santo Padre, Vicario di Cristo in terra, avrebbe dovuto avere, come autore della prefazione, lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. 

   Molto delicato il tema del secondo capitolo centrato sul problema della omosessualizzazione psicologica della Chiesa, giudicata cosa peggiore dei casi di pedofilia. Se difatti il problema della pedofilia ha toccato numeri esigui di preti, quello dell’omosessualità psicologica coinvolgerebbe una gran fetta di clero. All’interno della Chiesa – spiega l’autore – i gay hanno costituito una vera e propria lobby retta su meccanismi mafiosi, che finiscono per dar vita a forme di vera e propria pornocrazia clericale, incidendo in modo negativo sulla vita e sulla stessa organizzazione della Chiesa. E qui non va certo per il sottile: «Che da anni la Santa Sede seguiti con chiarezza a sollecitare la non opportunità ad ammettere ai sacri ordini soggetti con tendenze gay palesi o latenti, è cosa che non si vuole recepire in molte diocesi, dove il modo di agire è nei fatti contrario a certe direttive. Non ci si può mettere in pace la coscienza limitandosi a pubblici e severi proclami, se poi nei fatti i preti gay aumentano in proporzione alla presenza di vescovi che ragionano con una psicologia omosessuale latente. O per dirla cruda: alcuni seminaristi che tra gli anni settanta e gli anni ottanta capeggiavano all’interno dei seminari la “pia confraternita”, oggi sono vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa si sono circondati di soggetti affini, piazzati sempre e di rigore in tutti i posti chiave delle diocesi, seminari inclusi, proteggendosi e riproducendosi tra di loro» (cit. pag. 215).

Vescovi "arcobaleno": Giornata Mondiale della Gioventù, Parigi, 1997
    Ciò che a suo dire sembra mancare è «la decisa volontà di passare ai concreti fatti: rimuovere dalle cattedre i vescovi che favoriscono e accrescono il numero dei gay nei presbitèri, proteggendoli per amorevole spirito corporativo e permettendo che la Chiesa seguiti a essere infettata da questo pericoloso colera gay-estetico-decadente. Finché la Santa Sede non passerà da raccomandazioni accorate che nei fatti non servono a nulla, alle rimozioni di quei vescovi che invece di vigilare proteggono la lobby, molte diocesi seguiteranno a essere mutate in succursali de La Cage aux Folles. In diverse diocesi dove l’omosessualità è andata al potere, oggi sono gli eterosessuali a essere esclusi dal sacro ordine. Se già presbìteri reietti e discriminati dalle lobby gay. Appelli e raccomandazioni sono a questo punto tempo perso, al serpente va schiacciata la testa e basta» (Cit. pag. 216). In questo tema non poco tragico, l’autore non manca di sferzare ironia scrivendo: «In certe diocesi, dove il decadimento procede di pari passo con quello delle locali politiche sociali e dove il livello dei vescovi cooptati nella regione è pari a quello dei pubblici amministratori del luogo, il problema sembra apparire ancor più tragico e vistoso. Dinanzi al caso eclatante – purtroppo tutt’altro che raro – di un presbitèrio nel quale i preti ordinati negli ultimi vent’anni erano otto su dieci affetti da vistoso difetto di fabbrica, sbottai dicendo che il vescovo avrebbe dovuto ordinare sacerdote la priora delle carmelitane scalze, essendo la Reverenda Madre l’ultimo maschio rimasto nel clero della sua diocesi» (Cit. pag. 215). 

  Il terzo capitolo, tocca un tema molto caro all’Autore: la libertà, che percorre attraverso suggestive letture teologiche delle figure di Adamo ed Eva. Solo sul finire di quest’ultima parte, torna sul tema della sessualità, non più però all’interno del mondo ecclesiastico, questa volta di quello laico: «La sessualità, è un moto dello spirito, specchio e termometro delle società in ascesa e di quelle in declino» (Cit. pag. 273). Le analisi finali oltrepassano ogni fisicità sessuale, a catturare la sua attenzione, è ciò che c’è dietro. Il problema non è nel corpo, ma nella spiritualità sessuale, nell’eros psicologico dell’uomo. Lì abitano bene e male, là va individuato il problema e trovata risposta, non in un moto del corpo, che è solo il segno finale esterno di quel che racchiude lo spirito profondo dell’uomo. 

William Blake: "Satana osserva le carezze di Adamo ed Eva" - 1808
    In questo libro si parla al presente guardando al futuro. Le verità soppesate, spesso in toni di profezia, altre stuzzicando con l’ironia l’irritabilità di chi “verità udir non vuole”, forse porteranno l’Autore a mietere indifferenze nel presente, se tutto gli andrà bene […] la sua attualità l’avrà domani, secondo il destino dei profeti antichi e moderni, degli uomini che amano mossi da forti passioni, basate su quell’anelito che fece dire a San Paolo: «Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me». 
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Don Ariel Stefano Levi di Gualdo (19.08.63) proveniente da una famiglia di origini ebraiche convertita al cattolicesimo, dopo essersi riavvicinato per oltre dieci anni all'ebraismo è diventato allievo del teologo gesuita Peter Gumpel ed è stato consacrato sacerdote a Roma dove attualmente vive. Svolge il ministero di confessore, direttore spirituale e predicatore, dedicandosi agli studi di ricerca e alla direzione della collana teologica Fides Quaerens Intellectum fondata con Bonanno Editore nel 2009. Ha già pubblicato: Erbe Amare (Bonanno, 2007) Nada Te Turbe (A&B 2009) E Satana si fece Trino (Bonanno, 2011). Altri tre suoi saggi sono in programma di stampa per il 2013 e il 2014.

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