lunedì 29 giugno 2015

don Salvatore Mellone

E’ deceduto don Salvatore Mellone il seminarista che desiderava essere prete anche solo per un giorno



Salvatore Mellone, malato terminale, viene ordinato sacerdote e bendice Papa FrancescoE’ deceduto oggi don Salvatore Mellone, lo ricordate? Era il seminarista di Trani, malato terminale, che desiderava essere prete anche solo per un giorno. Era stato ordinato dopo la telefonata di Papa Francesco. Ne abbiamo parlato qui: Prete anche solo per un giorno (ns. articolo di martedì 14 aprile 2015).
E’ deceduto oggi, malato terminale e sacerdote novello. Fonti molto vicine alla famiglia del giovane sacerdote pugliese ne comunicano la notizia.
il 16 aprile scorso, Salvatore, 38 anni, era stato ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di Trani Mons. Giovan Battista Pichierri che ha deciso di abbreviare l’iter. L’ordinazione è avvenuta presso la casa del seminarista, che non si poteva muovere a causa della sua salute.
Appena ordinato sacerdote, don Salvatore aveva mantenuto fede ad un impegno: benedire Papa Francesco.   Infatti, proprio Papa Francesco nel corso di una telefonata, gli aveva raccomandato: “La prima benedizione che darai da sacerdote la impartirai a me!“.
Salvatore, che era entrato nel Seminario regionale di Molfetta nel 2011, si è ammalato durante il secondo anno, ma non ha mai pensato di lasciare i suoi studi. Anzi. Aveva manifestato al Vescovo la sua intenzione di concludere il suo cammino vocazionale con l’ordinazione presbiterale: «Anche un solo giorno da presbitero sarebbe per lui la realizzazione del progetto di Dio sulla sua persona», si legge in una lettera di mons. Pichierri. «Col cuore profondamente commosso e lancinato comunico che il seminarista Salvatore Mellone, della Parrocchia del SS. Crocifisso di Barletta, alunno del Seminario regionale di Molfetta, per una grave malattia è in uno stadio terminale», prosegue il Vescovo. «Salvatore mi ha manifestato il suo vivissimo desiderio di poter coronare il suo cammino vocazionale con l’ordinazione presbiterale; anche un solo giorno da presbitero sarebbe per lui la realizzazione del progetto di Dio sulla sua persona. Salvatore, anche nella malattia, ha vissuto intensamente la sua preparazione al sacerdozio, per cui ritengo opportuno, nell’esercizio dei miei diritti e doveri di arcivescovo, di ordinarlo presbitero, per dare gloria alla SS. Trinità e per l’edificazione del nostro presbiterio e del popolo di Dio».


Mons. Pichierri ha anche chiarito l’iter che ha portato all’ordinazione accelerata: «Ho consultato previamente la Congregazione del Clero che ha confermato il mio proposito di procedere all’ordinazione presbiterale; anche il Rettore del Seminario Regionale di Molfetta ha dato il suo parere favorevole in merito; e i presbiteri diocesani che ho potuto sentire mi hanno confortato con il loro beneplacito. Salvatore riceverà i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato il 14 aprile. ore 16,00, l’ordine sacro del Diaconato il giorno successivo e il 16 aprile il Presbiterato sempre alle ore 16,00, nel corso di celebrazioni eucaristiche nella propria abitazione».
L’arcivescovo conclude la sua lettera con un invito « unirsi alla mia preghiera per il neo ordinando, accettando il misterioso disegno di Dio a noi non sempre comprensibile».
Don Salvatore, ora splende davanti a te la luce del Volto di Cristo.
Noi preghiamo per te, tu prega per tutti noi!
Di Alessandro Ginotta per PAPABOYS 3.0

domenica 28 giugno 2015

vorrei amare, amare e vivere ancora ....

Quando un uomo anziano .....


è morto nel reparto geriatrico di una casa di cura in un paese di campagna australiana, si credeva che nulla di valore egli avesse potuto lasciare.
Più tardi, le infermiere sistemando i suoi pochi averi, trovarono questa poesia. La qualità ed il contenuto impressionarono lo staff che volle farne tante copie da distribuire agli infermieri di tutto l'ospedale.
Un'infermiera di Melbourne volle che una copia della poesia comparisse nelle edizioni di Natale delle riviste di tutto il paese come unico lascito di questo vecchio per i posteri e facendo in modo che figurasse su tutte le riviste per la salute mentale.
E' stata anche fatta una raccolta di immagini dedicata a questa semplice ma eloquente poesia.
E così questo vecchio , che nulla pareva potesse dare al mondo, ora è l'autore di questa poesia ' anonima ' che vola attraverso la rete internet.
" Cranky " - uomo vecchio .....
Cosa vedi infermiera ? ... Cosa vedete ?
Che cosa stai pensando mentre mi guardi ?
" Un povero vecchio " .... non molto saggio ...
con lo sguardo incerto ed occhi lontani ...
Che schiva il cibo .... e non da risposte ....
..... e che quando provi a dirgli a voce alta:
.... " almeno assaggia " !!!
sembra nulla gli importi di quello che fai per lui ....
Uno che perde sempre il calzino o la scarpa ....
.... che ti resiste, non permettendoti di occuparti di lui ....
per fargli il bagno, per alimentarlo ...
e la giornata diviene lunga ....
Ma cosa stai pensando ? .... E cosa vedi ??
.... Apri gli occhi infermiera !! ....
perchè tu non sembri davvero interessata a me ....
Ora ti dirò chi sono .... mentre me ne stò ancora seduto quì
a ricevere le tue attenzioni ... lasciandomi imboccare per compiacerti.
" Io sono un piccolo bambino di dieci anni con un padre
ed una madre ,
Fratelli e sorelle che si voglion bene ....
Sono un ragazzo di sedici anni con le ali ai piedi ....
che sogna presto di incontrare l'amore ....
A vent'anni sono già sposo ... il mio cuore batte forte ....
giurando di mantener fede alle sue promesse ....
A venticinque ....ho già un figlio mio ....
che ha bisogno di me e di un tetto sicuro,
di una casa felice in cui crescere.
Sono già un uomo di trent'anni e mio figlio è cresciuto ....
velocemente, siamo molto legati uno all'altro da un sentimento
che dovrebbe durare nel tempo.
Ho poco più di quarant'anni, mio figlio ora è un adulto
e se ne và, ma la mia donna mi stà accanto ....
per consolarmi affinchè io non pianga.
A poco più di cinquant'anni ... i bambini mi giocano attorno
alle ginocchia .....
Ancora una volta , abbiamo con noi dei bambini io
e la mia amata..
Ma arrivano presto giorni bui .... mia moglie muore .....
.... guardando al futuro rabbrividisco con terrore ....
Abbiamo allevato i nostri figli e poi loro ne hanno allevati dei propri.
..... e così penso agli anni vissuti ... all'amore che ho conosciuto.
Ora sono un uomo vecchio ... e la natura è crudele.
Si tratta di affrontare la vecchiaia ... con lo sguardo di un pazzo.
Il corpo lentamente si sbriciola ...
grazia e vigore mi abbandonano.
Ora c'è una pietra ... dove una volta ospitavo un cuore.
Ma all'interno di questa vecchia carcassa un giovane
uomo vive ancora ....
e così di nuovo il mio cuore martoriato si gonfia ....
Mi ricordo le gioie ... ricordo il dolore.
Io vorrei amare, amare e vivere ancora ....
ma gli anni che restano son pochissimi ....
tutto è scivolato via ..... veloce !!!
E devo accettare il fatto che niente può durare .....
Quindi aprite gli occhi gente .... apriteli e guardate ....
.... " Non un uomo vecchio " .....
avvicinatevi meglio e ... vedete ME !!!
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Ricordatevi questa poesia quando incontrate una persona anziana per evitare di metterla da parte senza guardare all'anima giovane che le stà all'interno perchè tutti noi un giorno, saremo così ...... purtroppo.

sabato 27 giugno 2015

i valdesi vogliono uccidere don Bosco

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Per conoscere meglio i valdesi i tentativi di uccidere San Giovanni Bosco.
Per saperne di più abbiamo chiesto un’intervista a Cristina Siccardi, scrittrice ben nota e giustamente apprezzata. Cristina Siccardi, che ha al suo attivo 56 titoli, molti dei quali tradotti anche all’estero, ha pubblicato nel 2013, con “La Fontana di Siloe” (gruppo Lindau) “Don Bosco mistico. Una vita tra cielo e terra”, un libro che in poco tempo si è affermato come la biografia più documentata e più attendibile sul grande Santo piemontese.
D. Cara Dottoressa Siccardi, anzitutto le chiederemmo di spiegarci chi erano – e chi sono – i valdesi e quale sia stato, o sia tuttora, il loro peso nella vita politica locale.
R. I valdesi nascono da un movimento eretico fondato da un mercante francese, Valdo di Lione, noto anche come Pietro Valdo (Lione, 1140 – 1206 circa), conosciuto all’epoca, in latino, come Valdesius o Valdes.
zzzzdbscsccrdAscoltando un menestrello che cantava la vita di sant’Alessio, decise di approfondire lo studio della Bibbia; non conoscendo però il latino, si fece tradurre i Vangeli e altri scritti biblici in francese. Leggendo le parole rivolte da Gesù al giovane ricco: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19, 21), decise, nel 1173, di abbandonare la moglie (alla quale lasciò i beni immobili), far accogliere le figlie nel monastero di Fontevrault e dare le sue ricchezze ai poveri. Poi si circondò di un gruppo di seguaci con i quali, fatto voto di castità e vestiti solo di stracci, andava in giro a predicare il messaggio evangelico; ben presto il gruppo fu identificato con l’espressione “Poveri di Lione”. La loro predicazione si svolse all’interno dell’ “ortodossia” romana, rivolgendosi principalmente contro il dualismo cataro. La fedeltà al Papa di Roma da parte del movimento valdese in questi anni è testimoniata dalla ricerca di approvazione ecclesiastica nel 1179, in occasione del terzo Concilio Lateranense: essi si recarono a Roma, dove incontrarono il Pontefice Alessandro III, il quale dimostrò apprezzamento per il loro proposito di vivere in maniera povera e conforme al dettato evangelico, ma non concesse loro di predicare la Parola, non essendo sacerdoti e, inoltre, svolgendo una lettura diretta (senza intermediazione ecclesiastica) e personale della Bibbia.


Tuttavia Valdo, insieme ai suoi seguaci, continuò a diffondere l’insegnamento cristiano nonostante il divieto pontificio. Nel 1180 venne convocato dal Cardinale Enrico di Marcy, vescovo di Albano, in un sinodo a Lione, nel quale Valdo e i suoi seguaci dichiararono la loro ortodossia e al contempo esposero quelli che consideravano gli errori dei catari. Nonostante ciò, la predicazione da parte dei laici e delle donne e la lettura individuale della Bibbia erano aspetti considerati inaccettabili dalla Chiesa romana, consapevole del fatto che ammettere tale innovazione avrebbe significato dare il via ad un processo di trasformazione dagli esiti imprevedibili.
Tutto questo era stato ben compreso da Walter Map, rappresentante di re Enrico II Plantageneto al concilio lateranense del 1179, che a proposito dei valdesi aveva scritto:
«Costoro mai hanno dimore stabili, se ne vanno due a due a piedi nudi, vestiti di lana, nulla possedendo, ma mettendo tutto in comune come gli apostoli, seguendo nudi il Cristo nudo. Iniziano ora in modo umilissimo, perché stentano a muovere il piede; ma qualora li ammettessimo, ne saremmo cacciati» (Walter Map, De nugis curialium, Clarendon Press, Oxford, 1983, p. 126).
Nel 1184 a Verona, con la bolla Ad abolendam, papa Lucio III scomunicò una serie di movimenti ritenuti ereticali anche molto diversi tra loro, tra cui i poveri di Lione, i valdesi. La motivazione per tale scomunica rimase la presunzione dei valdesi a voler predicare in pubblico. Nonostante la condanna papale il movimento valdese continuò la sua espansione verso il Mezzogiorno di Francia e l’Italia (Piemonte, Lombardia, Puglia e Calabria), giungendo anche in alcune regioni della Germania, in Svizzera, in Austria, Spagna, Ungheria, Polonia e Boemia. Nel 1979 si sigla il patto di integrazione tra metodisti e valdesi in un’unica comunità confessionale.
Il peso dei valdesi, pur essendo un numero esiguo nel mondo (al 31 dicembre 2010 si contano 25.693 fedeli in Italia, gran parte dei quali nelle valli valdesi e in alcune comunità di lingua italiana nelle maggiori città della Svizzera e circa 13.000 in Argentina e Uruguay), è notevole in Italia: essi sono dallo Stato laico molto considerati a motivo del loro progressismo sociale, del loro sostegno per la laicità dello Stato e per le questioni etiche: sono rimasti pauperisti, con un’impostazione politica di matrice comunista e con forti simpatie radicali: si pensi al loro pensiero favorevole su contraccezione, aborto, eutanasia, testamento biologico (i cui registri, in diverse città, sono gestiti proprio dai valdesi).
Il loro impegno politico è sempre stato forte: hanno partecipato attivamente al Risorgimento e alla Resistenza. Da sempre i loro esponenti, fra i quali spesso anche pastori (come Tullio Vinay, Lino De Benetti, Domenico Maselli) sono stati eletti al Parlamento italiano. Attualmente sono membri della Chiesa evangelica valdese due ex ministri (Valdo Spini e Paolo Ferrero), un ex presidente di regione (Riccardo Illy), un ex deputato (Domenico Maselli), un senatore (Lucio Malan), un deputato (Luigi Lacquaniti), un sindaco di città capoluogo di provincia (Rosario Olivo), alcuni consiglieri regionali e l’eurodeputato Niccolò Rinaldi.
Il sinodo valdese, a larga maggioranza, ha deliberato in favore della benedizione delle coppie omosessuali, approvata da un ordine del giorno del 26 agosto 2010 e ciò è stato confermato nel corso del Sinodo del 2011. Non solo i valdesi si impegnano nella campagna contro la cosiddetta «omofobia», ma supportano anche la comunità LGBT. Il dibattito sul tema dell’omosessualità avviene anche tramite la R.E.F.O. (Rete Evangelica Fede e Omosessualità) e l’ «Associazione Fiumi d’acqua viva – Evangelici su fede e omosessualità».
D. Cosa c’è di vero nei tanti tentativi di uccidere Don Bosco e quale fu il movente di questi crimini?
R. San Giovanni Bosco fu oggetto di diversi attentati dai quali si salvò grazie o all’intervento delle sue «guardie del corpo» (i suoi giovani) o della Divina Provvidenza. Oltre ai massoni anche i valdesi auspicavano la sua morte, perché egli con le sue celebri Letture Cattoliche, con le sue conferenze e con i suoi oratori che di anno in anno crescevano di numero era considerato un acerrimo nemico da odiare e da abbattere. Ed ecco, quindi, che gli spararono, lo bastonarono, cercarono di avvelenarlo, di accoltellarlo…
D. Nelle numerose e più o meno romanzate biografie di Don Bosco si raccontano questi fatti? e come se ne parla?
R. Da cinquant’anni a questa parte, ovvero da quando la Chiesa cattolica ha deciso, dopo il Concilio Vaticano II, di aprire le porte a tutti, di dialogare con tutti, di non condannare più gli errori, di sviluppare un disegno ecumenico fra religioni diverse ed opposte fra di loro, nelle biografie sul paladino dell’ortodossia cattolica quale fu San Giovanni Bosco (Padre e Maestro dei giovani, ma anche formatore di migliaia di sacerdoti Salesiani e non), l’aspetto degli attentati per mano dei valdesi e dei liberal-massoni è stato taciuto. Sappiamo, invece, per certo, che quei fatti avvennero grazie alla prima biografia monumentale: XIX volumi compilati da tre salesiani. Don Giovanni Battista Lemoyne SDB (1839-1916) scrisse i primi nove allo scopo di documentare tutto il percorso del fondatore e di impedire futuri oblii e/o travisamenti. Morì prima di completare l’opera che venne arricchita di altri dieci volumi, realizzati sulla base della vastissima documentazione raccolta dallo stesso don Lemoyne e da don Gioacchino Berto. Preziosa, indubbiamente, risulta essere anche l’autobiografia di don Bosco, Memorie dell’Oratorio. I XIX volumi e quest’ultima opera sono state le principali fonti del lavoro che ho svolto per realizzare Don Bosco mistico. Una vita tra Cielo e terra. Lemoyne morì il 14 settembre 1916 mentre era in corso di stampa il IX volume. Il suo compito di redigere le Memorie biografiche venne ereditato dai Salesiani don Angelo Amadei (1868-1945) , che scrisse il X volume e don Eugenio Ceria (1870-1957) , autore dei restanti nove. Nella letteratura agiografica la monumentale opera è un unicum, per vastità di documentazione e rigoroso spirito cronachistico.
D. Le autorità del regno (polizia, magistratura) cosa fecero per proteggere Don Bosco? E lui stesso, come reagì?
R. Polizia e magistratura non fecero proprio nulla. Don Bosco era affiancato da Maria Ausiliatrice e dalla Divina Provvidenza e con questa “scorta” proseguì la sua immensa missione. Ecco quindi l’opera dei suoi giovani: egli girava di sera o in luoghi a lui sospetti insieme ad un gruppo di ragazzi fra i più fidati e robusti, i quali intervenivano al bisogno; ma quando, per diverse ragioni, essi non erano presenti, arrivava “il Grigio”, ovvero un cane grandissimo e feroce, con il manto grigio, da qui il nome che gli venne dato. Nessuno seppe mai da dove veniva e dove poi scompariva dopo aver compiuto la sua opera di salvataggio nei confronti di Don Bosco. Tutti all’Oratorio di Valdocco videro «il Grigio» e ne lasciarono testimonianza. Se gli si offriva del cibo o dell’acqua il cane non ne voleva. Fu l’angelo custode di Don Bosco.
D. E l’autorità religiosa? Intervenne a difesa del suo sacerdote?
R. Non si hanno informazioni al riguardo. Francamente sono giunta a questa conclusione: Don Bosco riuscì a rimanere in vita, nonostante tanto odio, e a portare a termine i suoi progetti perché essi coincidevano perfettamente con quelli di Dio. Fu proprio Maria Santissima a sostenerlo, a guidarlo, a difenderlo, fino alla fine dei suoi giorni.
zzzzconversionediunavaldeseD. E infine l’opinione pubblica – se non sbaglio Don Bosco era molto popolare – come reagì?
R. L’opinione pubblica? Vedendo che Don Bosco compiva miracoli, ovvero fondava oratori, scuole, innalzava chiese, apriva tipografie e laboratori professionali, guariva le persone fisicamente e spiritualmente, aveva i doni della bilocazione, della levitazione, moltiplicava il cibo quando era insufficiente per sfamare tutti i suoi ragazzi e moltiplicava addirittura le ostie; giunse persino a resuscitare uno dei suoi giovani, ebbene, la gente prese a stimarlo, ad ammirarlo, ad amarlo sempre più, considerandolo già in vita un gigante di Santità.
D. Un’ultima domanda: secondo lei, che insegnamento possiamo trarre da questa vicenda così drammatica della vita di Don Bosco?
R. Possiamo trarre un utile ammaestramento, che giunge dalle parole di San Paolo: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31). Tutto un feroce mondo fu contro Don Giovanni Bosco, fatto di valdesi, di liberali, di massoni, tuttavia quel mondo nulla poté contro di lui. Don Bosco è la dimostrazione vivente che la vera fede di un solo uomo è sufficiente per incidere nella storia e per portare la salvezza a migliaia e migliaia di anime. Inoltre il suo insegnamento contro l’eresia valdese continua ad essere valido e veritiero: egli stesso convertì molti eredi di Valdo. Bellissimo il suo accorato appello, presente nel suo libro Conversione di una valdese (edito da Amicizia Cristiana):
«Protestanti valdesi, e voi tutti che vivete separati dalla Chiesa Cattolica, aprite gli occhi sopra l’immenso abisso che vi sta aperto finché vivete separati dalla vera religione: la Chiesa Cattolica qual madre pietosa vi stende amorosa le braccia: venite e ritornate a quella religione che fu pure per mille e cinquecento anni la religione de’ padri vostri; venite e rientrate nell’ovile di Gesù Cristo […] e faremo un cuor solo ed un’anima sola; ed io a nome di Dio posso assicurarvi che tutti i cattolici vi tenderanno amorose le braccia per accogliervi con gioia, e canteranno a Dio inni di gloria nel vedere avverate le parole di Gesù Cristo: Si farà un solo ovile, ed un sol pastore, et fiet unum ovile, et unus pastor» (p. 107).

venerdì 26 giugno 2015

diritto al lavoro, alla felicità, all’orgasmo, ...

Questo sistema è radicalmente sbagliato


Da pochi anni abito a Corsico, alle porte di Milano. Un abitante che è nato qui mi raccontava di quanto fabbriche c’erano: la Richard Ginori – il cui stabilimento lungo il naviglio sta sgretolandosi abbandonato – le cartiere Burgo, una grossa conceria, decine di aziendine metallurgiche. La Richard Ginori da sola occupava 1800 dipendenti, al Burgo ottocento, la conceria trecento. Ad occhio e croce, questa cittadina di 35 mila abitanti ha perso almeno 3 mila salari e decine di attività produttive. Sostituiti da pensioni: adesso è una cittadina di pensionati, alcuni caporioni ndranghetisti in un quartiere marginale; e  circondata di mega-centri commerciali esteri: Ikea, Auchan, magazzini di sei piani dei cinesi che vendono tutto. Alcuni dei supermercati però stanno chiudendo, l’affitto degli amplissimi spazi è diventato insostenibile data la caduta dei profitti.
Il partito comunista governa ininterrottamente dal dopoguerra. Questa meravigliosa classe politica   – sull’esempio di quella nazionale del resto – ha assistito a questa decadenza e arretramento operai, a questa desertificazione, non è stata capace né ha pensato di fare nulla per riconvertire in qualche modo l’abitato. Nè gli abitanti si sono ingegnati, si sono sforzati di migliorarsi. Si sono lasciati vivere – magari partecipando con convinzione agli scioperi e sostenendo i ricatti dei loro sindacati, ovviamente corresponsabili della perdita di competitività delle fabbriche.
Adesso sembra che la caduta sia all’accelerazione finale. Una quarantenne che lavora in una azienda ai margini della cittadina, dice: il contratto mi scade il 30 giugno, non so se me lo rinnovano. Una sua amica, cinquantenne, faceva la donna delle pulizie, aveva messo su un gruppetto di pulitrici per le ditte: niente da due anni, nessuna ditta la chiama, nessun reddito.
Sua figlia, sposata con una bambina di due anni, nemmeno lei ha lavoro. Il marito, un giovanotto tatuato, è stato licenziato, anche lui aveva un lavoro di bassa professionalità: quel tipo di lavori che prendono gli immigrati (che sono spesso più istruiti, e sempre più svegli di un italiano come il tatuato cresciuto a Nutella). La mamma non riesce più ad aiutarli, ovviamente. La coppia, sostanzialmente, non ha più da mangiare, figurarsi pagare le bollette. E nemmeno osa chiedere aiuto al Comune, perchè teme le assistenti sociali gli toglierebbero la bambina per metterla in un istituto.
Io temo che un giorno si apprenderà che la coppietta s’è uccisa.   Magari per la vergogna di non poter più permettersi l’ultimo smartphone, o la partenza per le vacanze o il pantalone da palestra orribile e costoso, di cui questa classe di poveracci si adorna.
Ma tutto si addiziona alla disperazione di “umili” (una volta si chiamavano così) a cui è stato fatto balenare il paradiso consumistico in terra, e li si è illusi che hanno “diritti”: diritto al lavoro, diritto alla felicità, diritto all’orgasmo, alla sessualità. Adesso i diritti non esistono più. E gli ex umili non hanno nemmeno più la fede che valorizzava l’esser poveri, che dava un senso al sacrificarsi, il duro lavoro, che prometteva un compenso eterno all’abnegazione, la dignità della croce. Non c’è più un “perché” a quel che ti si rovescia addosso, la sofferenza non ha più senso. Il suicidio è ovviamente la via d’uscita accettabile. Si uccidono piccoli imprenditori perché non possono più andare in giro col Suv e sono pieni di debiti con la banca: sono stati operai di successo, quindi stessa testa delle donne delle pulizie, nessuna visione più alta. Adesso, temo, cominceranno i suicidi dei disoccupati di lunga data, dei giovani con poca scuola a cui i genitori o i nonni non possono più dare soccorso.
Ora, io che sono vecchio, sono nato in una Milano diversa: aziende chimico farmaceutiche, fabbriche di auto e di industrie fini, un premio Nobel per la chimica; se ben ricordo, non ci si lasciava vivere, ci si sforzava di migliorare, le maestre e i professori sferzavano perchè non dovevamo dormire sugli allori.
Ci si insegnava – giuro, alle elementari – che l’Italia non avendo materie prime, doveva puntare sulle attività trasformatrici complesse (non si diceva ancora “ad alto valore aggiunto”), al turismo (che era allora la prima voce del Pil) e quindi non si dovevano sporcare le città perché ciò offendeva i visitatori turisti.

persone a milano
Era la Milano delle possibilità. Era la Milano delle fabbriche: e i meridionali entrando nelle fabbriche acquistavano civiltà, e dignità di lavoratori. Sì, le fabbriche, le industrie, sono molto più che entità economiche: sono civilizzatrici. Il salario è molto più che un introito contabile, è il compenso di un dovere svolto bene.   C’è un valore morale- “qualitativo” –   in un’economia industriale, che abbiamo gettato nel cesso perché – ci hanno detto gli ideologi del liberismo – non aveva un valore, anzi era inefficienza da abolire.

La globalizzione del sistema liberista ci ha insegnato questo: le cose che producevate, è meglio se le comprate da chi le sa produrre con “vantaggio competitivo”; voi concentratevi nelle produzione nelle attività terziarie dove avete “il vantaggio competitivo”; vendete queste a loro, e loro vi vendono le loro cose a voi.
Siete inderdipendenti ma efficientissimi.
Secondo questa dogmatica liberista, insomma, uno stato, un popolo, una nazione non sono altro che una azienda, il cui scopo è la “vendita”,ossia l’export, e da cui trae il profitto.
Ma uno stato non potrà mai essere un’azienda. Una ditta, una finanziaria, un a SpA non deve mantenere vecchi, invalidi e ammalati, non deve   insegnare a leggere e scrivere a dei bambini pagandone gli insegnanti; una ditta espelle queste bocche inutili, questi costi – e le mette a carico della società, dello Stato. Il quale non può gettarle fuori, se le deve mantenere.
Ovviamente il liberismo risponde: e perché mantenerle?
Si mettano a lavorare questi ignoranti, malati, vecchi, bambini, coglioni fancazzisti: si mantengano. Il mercato assegnerà loro il salario che meritano, data la forte concorrenza degli immigrati, dei disoccupati che non fanno i difficili – 400 euro mensili, e di che vi lamentate? Sono le paghe correnti in Germania per i minijob. Non bastano? Ma a forza di abbassare i salari, anche le merci in vendita caleranno di prezzo. Il colsto della vita diminuirà. E’ matematico. E’ la teoria liberista, infallibile.
I sindacati e i rossi, che quando Milano era piena di industrie facevano i leoni, indicevano milioni di scioperi dannosissimi, sputavano sulle necessità del mercato, pretendevano dai “padroni” le paghe come “variabile indipendente”,   da quando il globalismo è instaurato si sono fatti conigli. Anzi, nemmeno conigli: servi del sistema, hanno abbandonato gli operai e si danno alle “lotte” per gli statali, (che guadagnano il 20 per cento in più dei privati, e sono illicenziabili) , per i “diritti” dei gay…

miracolo italiano
Ora non ci sono più industrie.   E i poco istruiti non trovano lavoro nemmeno come addetti alle pulizie delle aziende: logico, visto che le aziende sono molto diminuite. Il lavoro minorile non è ancora fiorito nella sua bellezza.   I disoccupati anziani, una volta espulsi dal lavoro,non ne trovano. Ma guarda un po’.
Non sarà che quando mancano le industrie mancano anche quasi tutte le attività terziarie? E peggio: che i bambini diventano più ignoranti, che il “capitale umano” si degrada, perché gli manca la scuola delle fabbriche, del lavoro aziendale, del lavoro che dà dignità, competenze e saperi pratici che nessuna scuola può insegnare.
A voi giovani parrà impossibile, ma io che sono vecchio lo ricordo: l’Italia era un paese di industrie. Tante industrie diverse, non solo quelle “competitive sui mercati mondiali”. Specie la Lombardia. Ed erano le industrie che facevano nascere “i servizi”, specie quelli “avanzati”. Le tante industrie diverse   davano ai lavoratori – alti e bassi, ingegneri e dattilografe e muratori – “competenze”. Queste competenze erano coltivate e ci si sforzava di mantenerle. Davano cittadinanza e dignità; quella dignità che il “reddito di cittadinanza” non darà – anzi la toglierà, trasformando definitivamente gli italiani in una torma “romana”, quella dei tempi di Roma, dipendente dalle elargizioni, frumentationes, e dai circenses.
Sarebbe la fine della dignità del lavoro. Precisamente per questo ve la daranno, alla fine, la paga “di cittadinanza”: perché vi rende meno cittadini, vi priva di potere politico, quel poco che vi resta.
Era il lavoro che vi rendeva cittadini, non la paga. Vedete che l’economia non è “quantità”, è “qualità”. Che non è aritmetica né matematica; è storia umana, umanesimo. Vedete che il sistema liberista applicato nel suo massimo rigore dogmatico, è un sistema radicalmente sbagliato, perché dà valore solo a ciò cui può assegnare un prezzo. E nel sistema, voi siete un costo. Il sistema punta alla massima efficienza, che vuol dire questo: alla massima efficienza per il capitale. Ossia: il capitale chiama chiama “efficienza” quella che compensa sempre più il capitale, e sempre meno il lavoro (un costo).
Il capitale  per avere più capitale, taglia i costi. I costi, siete voi. vi stanno tagliando.
Io che sono vecchio, prima di morire devo assolutamente trasferirvi qualcosa della esperienza che a voi giovani è negata: Milano era piena di fabbriche e quindi di centri di ricerca, di banche che finanziavano industrie, e trovare il lavoro era facile. Il tessuto economico vivo e complesso richiedeva competenze alte, laureati in ingegneria, chimica industriale, nucleare, spaziale, aeronautico. Vi farà ridere, ma a abbiamo avuto industrie aeronautiche eccellenti che gli americani ci hanno segato perché avevano vinto al guerra. Vi posso assicurare che anche nel dopoguerra erano piene di competenti che erano pieni d i idee. …
Da dove venivano tutte queste competenze? Queste idee? Di quale economia era frutto questo vasto tessuto industriale? Di quale filosofia?
Ve lo dico, per trasferirvi una conoscenza che vi viene negata: Era il residuo di un sistema che considerava lo Stato non un’azienda, ma un motore della continuità storica di un popolo nei secoli. I secoli passati, e i secoli – soprattutto – futuri (1). Uno Stato che cercava di insegnare ai bambini meglio, che li sferzava con   la tremenda “severità”, perché non degradassero in inoccupabili, in cittadini senza dignità e senza abnegazione che si lasciano vivere, contentandosi di essere quello che già sono. Uno stato che rendeva obbligatorio l’insegnamento della religione, perchè i meno favoriti non si vergognassero della povertà, e dessero un senso ai loro sacrifici.
Uno stato che si occupava di economia: non per mantenere aziende non-competitive (quello l’ha fatto, ma solo quando è diventato democratico ossia irresponsabile verso   di voi come popolo), ma per salvaguardare competenze che riteneva preziose per reggersi collettivamente con decenza nella storia: ingegneri, ricercatori che, chiuse le aziende, magari sarebbero emigrati; avrebbero trovato lavoro, loro, ma avrebbero depauperato la nazione con la loro emorragia di cervelli.
Uno Stato che, vivendo in tempi di enorme crisi internazionale, puntò a ridurre le importazioni. Scandalo!
Mirava all’autosufficienza, a produrre il grano all’interno invece di comprarlo all’estero. Sapete perché? Perché non è la stessa cosa: il grano comprato all’estero lo devi pagare in dollari, in una moneta che lo stato non stampa; il grano prodotto in patria (scusate, m’è scappata la parola)   magari costa di più di quello offerto sui mercati; ma lo pagate in lire, la vostra moneta. E date lavoro ai vostri agricoltori, non a quelli stranieri. E i vostri agricoltori imparano a lavorare meglio, se sono occupati, magari diventano competitivi. Da disoccupati,   perdono le competenze che hanno.
E questo che vale per l’autosufficienza agricola valeva, in quello Stato, per tutte le attività economiche: è il vantaggio del puntare all’autosuffficienza. Anche se non la si raggiunge mai completamente, si dà lavoro all’interno, si creano idee competente e possibilità, e si pagano nella moneta nazionale che lo Stato stampa.
Che poi non è solo la moneta che stampa, ma la moneta che vi somiglia. Perché la moneta non è una “unità di conto”, una mera quantità, come vi hanno detto; è una foto segnaletica di quello che siete come popolo. Le sue debolezze sono esattamente le vostre, i suoi difetti sono quelli che non volete curare in voi, collettivamente. Le sue qualità sono anche le vostre: la flessibilità, l’ingegno improvvisatore che a volte – nei migliori di voi – diventa arte. 
50-lire-Vulcano-1958

Per questo anche l’euro, come il capitalismo globale dell’interdipendenza, è un sistema radicalmente sbagliato. Avete adottato il marco; dovevate diventare tedeschi. Con le virtù dei tedeschi, la disciplina dei tedeschi. Dei sindacati tedeschi che hanno trattato col governo, senza un giorno di sciopero, la Hartz, la normativa di riduzione dei salari che li ha resi competitivi nel mondo –a nostro dano. Siete forse diventati tedeschi? Avete mai voluto diventarlo? E allora perché volete l’euro? E’ una moneta che non i somiglia, e che – giustamente -. non vi appartiene. Cretini.
Avete accettato un sistema radicalmente sbagliato, con la globalizzazione. Avete applaudito l’adesione ad una Europa radicalmente sbagliata. Avete adottato una moneta radicalmente sbagliata per voi. Ed ora non avete prospettive. Il sistema vi offre la sola prospettiva di rientrare dal debito pubblico a suon di ipertassazione, e di tagliarvi i salari, per tutti i prossimi cinquant’anni e più.  Miseria senza uscita, riduzione dei consumi senza speranza di vittoria. Anni in cui generazioni di vostri figli e nipoti non troveranno lavoro perché saranno sempre meno competitivi, istruiti, responsabili verso la nazione (m’è scappatala parola).   In cui un intero popolo non solo ha dimenticato quel che sapeva fare bene, ma nemmeno più capisce cosa gli è successo. E non sa come uscirne, il che è più terribile di una guerra perduta.
E’ la china per cui si diventa selvaggi. Le tribù africane o del Mato Grosso non sono “primitive”; sono residui degradati di popoli che millenni fa’ partecipavano a grandi civiltà. Voi, avendo rinunciato allo stato che vi ho descritto, siete destinati a quello. Se devo giudicare dagli sgorbi con cui riempite i muri delle vostre città – città d’arte lasciatevi dai vostri antenati – siete a buon punto nella discesa verso   lo stato selvaggio. Anche i vostri ragionamenti sempre più rozzi e semplicistici, il vostro obbedire senza vergognarvi un po’ alla pancia come ultima istanza (o anche a quello che sta sotto la pancia), testimoniano il vostro degrado come ben avanzato. Già siete pieni di tatuaggi come i Maori … anzi i Maori hanno smesso di tatuarsi. Siete rimasti voi e i forzati nelle galere.
 Note
  • Qualcosa che il pensiero dominante  disprezza, chiama populismo, autarchia, dirigismo, magari fascismo; crede di ravvisare le idee di Keynes. Ma quale Keynes.   Per lui, in tempo di crisi bastava che lo stato impiegasse i disoccupati a scavare buche, qualunque cosa inutile; era ancora, come britannico, un monetarista. Ma quale Keynes. La teoria di cui parlo fu applicata senza teorizzarla da Alexander Hamilton (1755-1804), il segretario al Tesoro di George Washington, per sviluppare i neonati Stati Uniti da economia agricola a potenza industriale.   Il teorico ne fu Friedrich List (1789-1846), che chiamò questa ricetta per lo sviluppo, ironico ricordarlo, il Sistema Americano.   In Italia, fu praticata durante il fascismo, da Beneduce; dopo, da Mattei e Fanfani.   In Germania fu applicata genialmnente dal Terzo Reich, e risollevò la Germania dal baratro dopo la disfatta. Ma di quale Keynes parlate, fatemi il piacere.

giovedì 25 giugno 2015

IMPRUDENZE DELL'ENCICLICA «VERDE»

SUL «WALL STREET JOURNAL» UN PRETE CATTOLICO STIGMATIZZA LE IMPRUDENZE DELL'ENCICLICA «VERDE»





Andiamo al sodo: molto di ciò che viene scritto nell’enciclica di Papa Francesco sulla custodia ambientale,Laudato si’, pone una sfida importante ai sostenitori del libero mercato, quelli di noi che credono che il capitalismo è una forza potente per la cura del pianeta e per far uscire le persone dalla povertà. Ma uno dei punti più graditi è un invito ad una discussione onesta e rispettosa.
Francesco ci mette in guardia contro i due estremi: “Da un estremo, alcuni sostengono ad ogni costo il mito del progresso e affermano che i problemi ecologici si risolveranno semplicemente con nuove applicazioni tecniche, senza considerazioni etiche né cambiamenti di fondo”. E all’altro estremo ci sono coloro secondo cui la specie umana può essere “solo una minaccia e compromettere l’ecosistema mondiale, per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta e impedirle ogni tipo d’intervento”.

E continua: “Su molte questioni concrete la Chiesa non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto fra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione”. Il fatto che Francesco abbia utilizzato tutta la forza morale del suo pontificato per chiedere un dibattito onesto è un grande passo avanti per il pianeta, che non ha caratterizzato i dibattitti degli ultimi decenni.

Il documento non è un manifesto politico, anche se avrà implicazioni politiche quando Papa Francesco visiterà gli Stati Uniti nel mese di settembre. Non è un manifesto scientifico, anche se fa riferimento a diverse relazioni e conclusioni scientifiche. Né adegua il Magistero della Chiesa al movimento di Greenpeace. Quelli di sinistra celebreranno sicuramente alcune delle sue raccomandazioni politiche. Eppure include diversi insegnamenti più autorevoli di cui non saranno così felici, e che tenteranno di ignorare o trascurare, come ad esempio l'affermazione secondo cui “non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto”.

Il documento è una dichiarazione teologica che pone i problemi ambientali nel contesto della vita cristiana. La preoccupazione per la nostra casa comune è una preoccupazione fondata per tutti gli uomini di buona volontà, e il desiderio di aria pulita, migliore utilizzo delle risorse, e riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento sono obiettivi meritevoli. Parlando di tutto questo, l’enciclica fornisce chiaramente un importante contributo.

Ma gran parte dei punti discussi in questa enciclica e molte delle ipotesi che ne conseguono sono imprudenti. C’è un forte pregiudizio contro il libero mercato, e suggerimenti che la povertà è il risultato di un’economia globalizzata, come leggiamo in questa chiara citazione: “L’alleanza tra economia e tecnologia finisce per lasciare fuori tutto ciò che non fa parte dei loro interessi immediati”.

Ma il capitalismo ha stimolato la maggiore riduzione della povertà globale della storia mondiale: secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, il numero di persone che vivono con $1,25 al giorno è passato da 811 milioni nel 1991 a 375 milioni nel 2013. Questa è solo una statististica tra le miriadi di pagine favorevoli al capitalismo. Un dibattito onesto tra gli esperti eliminerà questa fandonia.

L’enciclica concede imprudentemente troppo all’agenda ambientale laica, per esempio, denigrando i combustibili fossili. Ma esprime anche affermazioni morali che hanno accantonato posizioni popolari sbagliate. La bugia reiterata secondo cui la sovrappopolazione sta danneggiando il pianeta, espressa anche da alcuni dei consulenti del Vaticano, è sonoramente respinta. È sconcertante vedere che prorpio coloro che hanno collaborato più attivamente allo sviluppo delle politiche proposte nell’enciclica sono quelli che supportano anche vigorosamente il controllo della popolazione e l'aborto come soluzioni al problema ambientale.

Si noti anche che il papa loda il progresso materiale dell’umanità, loda la scienza e le arti pratiche che hanno dato origine a tanti meravigliosi strumenti per rendere migliore la vita. Il papa dice: “È giusto rallegrarsi per questi progressi ed entusiasmarsi di fronte alle ampie possibilità che ci aprono”. La sua preoccupazione è che questo progresso venga equilibrato da un profondo rispetto per la natura, che Dio ha sottoposto alla cura dell’uomo. La tecnologia da sola, senza una base morale, può avere risultati profondamente dannosi. Anche in questo caso, gli scritti di Francesco sfidano le categorie politiche ordinarie.

La gente, in particolare i più vulnerabili, è la prima preoccupazione del papa. L’obiettivo corretto dovrebbe essere quello di trovare sistemi sostenibili in cui una popolazione fiorente e in crescita può vivere meglio. Parla con fervore a proposito di mancanza di acqua potabile, assenza di cure mediche sanitarie, esposizione implacabile al pericolo che si avverte con maggiore intensità nei paesi più poveri. La soluzione in questo caso, di cui non si parla abbastanza nell’enciclica, è un percorso verso il progresso economico. La creazione di ricchezza può diminuire la povertà, e la povertà e lo sfruttamento spesso vanno di pari passo.

Come sacerdote che si sforza di essere fedele alla sua Chiesa, so che anche io devo utilizzare la ragione che mi ha donato Dio per valutare tali questioni. L’obiettivo primario del papa è la fede, assieme alle ripercussioni morali che la fede ha per il nostro comportamento e per i sistemi politici ed economici che creiamo. In questo senso, c’è un ampio spazio per il dibattito. Lo scopo di un’enciclica non è quello di chiudere il dibattito, ma proprio quello di aprire la fede alla comprensione.


bellezza delicata e inoffensiva, occhi dolcissimi, scuri e languidi, ... bellissimi. Era il diavolo!


la Comunione come merce 

di scambio



Don Antonio Mazzi è Dio, che già sa. 
Sa quando uno "è buono": se ne accorge dagli occhi. Dice.


Ma c'è qualcuno ormai che non usa la comunione come merce di scambio? come pezza onorevole per farsi pubblicità? Ma quali divorziati, quali omosessuali, quali peccatori hanno bisogno di voi? Parliamo di ipotesi, di un pubblico di fedeli del tutto aleatorio, simulato, riflesso condizionato delle proiezioni mediatiche, si gioca con specchi e fantasmi.


Non c'è niente da fare: appena i religiosi hanno a che fare coi media, si secolarizzano all'istante. E' un problema di identità, formazione, fede scarsi: vogliono piacere. Nella storia millenaria della chiesa, per la prima volta ci stanno solo uomini che vogliono piacere e amano l'approvazione.
La catastrofe di questi ottantenni che non riescono a scendere dai pulpiti.. dai palcoscenici dai quali si dimenano da 40 anni...
Gli occhi buoni dice.


Mi ricordo Oriana Fallaci, che quando andò a intervistare il semisconosciuto Osama Bin Laden, scrisse: "Era di una bellezza delicata e inoffensiva, e quegli occhi poi: erano dolcissimi, scuri e languidi, erano bellissimi. Era il diavolo!":


Diceva Shakespeare: 
«Non esiste vizio così manifesto che non assuma un segno di virtù nel suo aspetto esteriore. Quanti codardi, i cui cuori sono falsi come scale di sabbia, portano al mento la barba di Ercole o dell’accigliato Marte, ma se li guardi dentro, hanno il fegato bianco come il latte ... Nella religione, quale dannato errore non può una fronte austera benedire e comprovare con una citazione, celando la grossolanità con un bell'ornamento? » (da Il Mercante di Venezia, III, ii, 81-88).


Ma poi cos'è essere "buoni"?
A quanto pare non è la rinuncia al peccato, non più: è un sentimentalismo.


Antonio Margheriti Mastino

http://www.lafedequotidiana.it/don-mazzi-se-uno-e-divorziato-o-omosessuale-ma-e-buono-gli-do-lo-stesso-la-comunione/

Don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, da sempre vicino agli ultimi, in una intervista rilasciata a Massimiliano Lenzo de Il Tempo, ha affermato di concedere normalmente la comunione a divorziati e transessuali. “Io spero che le cose cambino – ha affermato – ma, accada quel che accada, di certo non mi spaventerò. Se la Chiesa va avanti, bene, io comunque vado per la mia strada. E se vedo che uno è divorziato o è omosessuale ma negli occhi ha lo sguardo della bontà, io la comunione gliela do lo stesso.”
Don Mazzi sostiene che “la parola accoglienza deve essere vissuta a trecentosessanta gradi, perché sa, se poi cominciamo a metter le virgole all’accoglienza allora il significato cambia” e che “bisogna allargare i sacramenti, darli anche a chi ha esperienze, come dire, non lineari, ed una esistenza non ligia alla cosiddetta normalità” in quanto “posso mica dire, accolgo dalle 7 alle 9 e poi chi si è visto si è visto. Oppure, accolgo Tizio sì e Caio no. Se la porta è aperta allora deve essere spalancata a tutti.
Don Mazzi ha proseguito spiegando che, secondo lui, Gesù Cristo fu crocifisso perchè “era un dissidente”, un “eretico rispetto al Potere di allora” ed ha dato la colpa alla Curia vaticana per i rallentamenti nelle riforme per la vita della Chiesa. “C’è una Curia, che io non chiamo romana ma il Sinedrio, potente, che comanda in Vaticano” aggiungendo che “la Chiesa è ancora così ricca mentre fuori ci sono milioni di poveri. Bisogna cambiare anche questo.”
L’intervista è stata rilasciata in occasione del dibattito sorto sui media in merito all’Instrumentum Laboris del prossimo sinodo straordinario per la famiglia che ha dato vita a moltissime polemiche.