Una foto di P. Ariel. Esistono ancora sacerdoti che, anche con 40 gradi di caldo, indossano la talare, l'amitto, il camice, il cingolo, la pianeta o la casula.
Come tutte le estati, il padre Ariel si è recato in Sicilia, una terra che da sempre ama molto, anche perché fu proprio soggiornando a Siracusa, svariati anni fa, che percorrendo le orme dell’Apostolo Paolo (che in seguito a una tempesta sbarcò in questa antica città (Cfr. At 2, 14-21). Scoprì e accolse la vocazione al sacerdozio, svolgendo poi la sua formazione a Roma dove da sempre vive.
Durante i suoi soggiorni in Sicilia presta servizio in alcune chiese parrocchiali. In questo periodo celebra la Santa Messa della domenica al Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa.
Buona lettura e santa meditazione a tutti.
Domenica 18 agosto 2013 – XX del Tempo Ordinario: Dal Vangelo secondo Luca [12, 49-53] — «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
d. ARIEL S. LEVI DI GUALDO
Fratelli e sorelle carissime.
Due sono gli errori che si possono compiere rapportandoci al mistero della Persona di Gesù: privare Gesù della sua umanità per esaltare in modo sbagliato la sua divinità, oppure privarlo della sua divinità per esaltarne in modo sbagliato la sua umanità.
Cristo, Verbo di Dio incarnato, era vero Dio e vero Uomo, due nature, la umana e la divina, racchiuse nella stessa persona, in un corpo che muore e che risorge, perché il corpo fisico e visibile del Cristo Dio non poteva essere consegnato alla corruzione.
I primi otto secoli di vita della Chiesa sono stati drammatici e delicati e perlopiù legati al problema della Persona del Cristo, la seconda persona della santissima Trinità, quel Gesù Cristo Nostro Signore «Unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli», come recitiamo nella professione di fede sancita dal concilio di Nicea nell’anno 325 e perfezionata nel successivo Concilio di Costantinopoli. Questo il motivo per il quale la nostra professione di fede — il Credo — si chiama Simbolo niceno-costantinopolitano.
Sono occorsi vari secoli e diversi concili per definire il mistero della Persona di Gesù Cristo nostro Signore, sul quale la nostra fede può vivere o morire, esistere o non esistere.
Il motivo per il quale è occorso così tanto tempo è comprensibile: non esistevano neppure le parole nel vocabolario greco e latino, le due principali lingue parlate all’epoca nel mondo d’Oriente e nel mondo d’Occidente, per definire il mistero ineffabile del Dio fatto uomo, morto e risorto, il Cristo che noi proclamiamo: «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato della stessa sostanza del Padre». Non a caso, per definire questo mistero che costituisce in sé una sfida a ogni umano intelletto, dal vocabolario filosofico-greco si è attinto il termine di hypostasis, che è presente nella filosofia neoplatonica e in Plotino. Alla lettera, questa parola dal suono strano, significa sostanza e deriva da hypo, che significa sotto, quindi da stasis, che significa stare. Il concilio di Calcedonia del 451 sancì come verità dogmatica un’unica ipostasi-persona in due nature: umana e divina.
Oggi, molti di noi, recitano il credo quasi come se fosse una filastrocca imparata a memoria; pochi sanno che quelle parole sono costate secoli di applicazione da parte delle migliori menti, dei grandi vescovi e dottori della Chiesa, che di concilio in concilio hanno dovuto combattere molte eresie, alcune delle quali volevano privare il Cristo della sua divinità per esaltarne l’umanità, altre esaltarne la divinità privandolo della sua umanità, vanificando in questo secondo caso il mistero della divina incarnazione.
Tutto questo per dirvi che Cristo Dio non può essere scisso dall’uomo Gesù, l’uomo Gesù non può essere scisso da Cristo Dio, perché Cristo Dio e Gesù uomo, per il mistero della santa incarnazione, sono la stessa persona.
Nelle pagine del Vangelo, la natura della seconda persona della santissima Trinità manifesta il verbo di Dio parlando per bocca dell’uomo Gesù, che è Cristo Dio.
Ora capite bene quanto l’ineffabile mistero di Dio fatto uomo non possa essere ridotto a un patetico santino da iconografia, a un Gesù languido da pittura dell’Ottocento decadente, biondo con gli occhi azzurri, efebico … androgino …
Gesù è vero Dio e vero uomo e l’uomo, come tale, era talmente uomo e talmente vero nella propria maschilità da rendere come tale vero, visibile e palpabile il Dio fatto uomo.
Dimenticate dunque certe iconografie da santino, perché per cogliere ed entrare nel mistero della Persona di Cristo Dio, è anzitutto necessario pensare a un uomo straordinario e altrettanto straordinariamente uomo. Il tutto per introdurvi al cuore della questione di questo Vangelo di Luca, nel quale non emerge un Gesù da santino seduto estatico su di un sasso in mezzo al prato avvolto di luce, con gli occhi rapiti al cielo mentre miti agnellini pascolano attorno a questo buon pastore da cartone animato. In questo Vangelo di Luca emerge un uomo che parla ai discepoli del loro presente e del nostro futuro; del futuro del corpo mistico della Chiesa di cui Cristo è capo e noi sue membra vive [Col. 1, 18]. E, sebbene le parole d’ordine paiono essere da mezzo secolo a questa parte solo dialogo, pace, amore, misericordia, senza che però si sappia più cosa di fatto siano davvero dialogo, pace, amore e misericordia, in modo non facilmente comprensibile ecco invece che Gesù ci avverte di essere venuto a portare non pace ma divisione. «Sono venuto» dice «a portare il fuoco». E detto questo esclama: «Vorrei che fosse già acceso».
Pensate un attimo come si definisce il Signore Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Io sono la via, la verità e la vita» [Gv. 14, 1-6]. In questo Vangelo di Luca il Signore ci ricorda che alla via, alla verità e alla vita non si giunge con la pace dei pacifondisti ideologici ai quali spesso abbiamo visto devastare interi centri storici urbani con le spranghe di ferro in mano al grido di «Pace a tutti i costi!». Spesso, alla pace, si giunge attraverso dure guerre. Spesso, la via, va difesa dai briganti. La verità rivelata, vale a dire il dogma — parola questa, il dogma, che oggi tanto spaventa certi “cattolici adulti evoluti” — va difesa a spada tratta dall’errore. La vita e la dignità stessa della vita, necessitano spesso di essere difese con le unghie e coi denti. La verità del Verbo fatto Carne non sempre unisce, spesso divide. Pensate: all’interno di una stessa casa c’è chi prega Dio e chi lo bestemmia, chi crede in lui chi lo rifiuta, chi lo accoglie e chi lo respinge.
… siamo tutti uguali, siamo tutti fratelli, una religione vale l’altra perché Dio è Dio di tutti e per tutti … no, fratelli e sorelle carissime, non è così! Non siamo tutti uguali, anzi siamo tutti l’uno diverso dall’altro e come tali preziosi a Dio ciascuno nella nostra diversità, perché proprio nella nostra diversità siamo chiamati a essere «perfetti nell’unità» [Gv. 17, 18-26]. Certo, sarebbe bello essere tutti fratelli, ma purtroppo non lo siamo. È cristiano dovere lavorare per cercare di essere fratelli, è però stupido e nocivo illudersi di esserlo o peggio fingere di esserlo in un atteggiamento di rifiuto della umana realtà.
Affermare che una religione vale l’altra, non è soltanto falso: è blasfemo! Lo prova il fatto che nella nostra professione di fede recitiamo: «Credo la Chiesa una santa cattolica e apostolica, professo un solo battesimo …». Nella professione di fede non recitiamo: Credo nelle religioni di tutti i diversi culti cristiani e non cristiani che sono tutte buone e sante, ed in virtù delle quali ciascuno può professare come vero qualsiasi battesimo.
È la Chiesa di Cristo, la unica e la sola da lui fondata, che è «una e santa», non le altre aggregazioni cristiane, molto delle quali nate da dolorosi scismi dal nucleo apostolico cattolico e da grandi eresie che hanno rotto l’unità della Chiesa di Cristo.
È vero che Dio è Dio di tutti e per tutti, ma con l’incarnazione del Verbo, Dio ci ha dato una via, una verità e una vita. Non ci ha detto che per una via o per un’altra si giunge comunque a lui. Non ci ha detto che una verità vale l’altra. Non ci ha detto che per essere salvi e beati la vita può essere diversa dalla via di salvezza che lui ci propone. Insomma, non ci ha detto che tutto è relativo e che nulla è assoluto. Parola questa — quella di assolutezza della fede fondata sul dogma — che spaventa certi socio-teologi e molti “cristiani adulti che, non conoscendo oltre alla teologia cattolica neppure il senso delle parole stesse, la confondono col concetto di assolutismo, che è invece tutt’altra cosa, rispetto all’assolutezza di Dio e della fede.
È vero, Dio è Dio di tutti e per tutti coloro che lo cercano nella verità, non però per coloro che persistono nell’errore, peggio nell’odio verso Cristo Dio e verso la sua Chiesa, che malgrado le sue molte rughe e deturpazioni rimane per mistero di grazia «una, santa cattolica e apostolica».
Personalmente credo che sia alquanto difficile appiccare fuoco alle chiese e uccidere in odio alla fede i fedeli di Cristo ed essere poi salvi perché semmai, sulla pelle dei nostri morti, taluni celebrano devoti più che mai il Ramadam, talvolta pure con gli auguri diplomatici e interreligiosi di circostanza da parte nostra, preoccupati più di porgere gli auguri ai fratelli delle religioni non cristiane anziché piangere e lamentare all’occorrenza i morti che taluni loro integralisti — e ripeto integralisti, che come tali nulla hanno da spartire con qualunque religione e religiosità di questo mondo — seminano in giro per l’intera orbe cattolica ormai da troppo tempo.
«Il Sacrificio Eucaristico merita sicuramente molto più di una caldata di agosto», dice P. Ariel. Ha perfettamente ragione.
«Il Sacrificio Eucaristico merita sicuramente molto più di una caldata di agosto», dice P. Ariel.
Nel Vangelo di Giovanni poc’anzi citato il Signore ci invita a essere «perfetti nell’unita», ed il punto di unità perfetta è il Cristo Dio rivelato nel suo Vangelo. Un Vangelo che al tempo stesso può portare però guerra e divisione; non per la volontà di Dio, ma per il rifiuto dell’uomo. Un rifiuto che segue la vita stessa del Signore Gesù fin sopra al legno della croce, quando crocifisso tra due ladroni si ripropone il modello di questa guerra e di questa divisione che il Redentore ha portato sulla terra: uno dei ladroni impreca contro il Cristo e lo beffeggia. L’altro, riprendendo il bestemmiatore, lo rimprovera dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male. E disse: «Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso» [Lc. 23, 35-43]. Il Signore sulla croce, non dice né lascia in alcun modo capire all’altro ladrone, quello che lo rifiuta: Stai sereno mio caro, perché anche se tu lo ignori per un comprensibile discorso di carattere sociale, educativo e psicologico, tale da averti impedito di penetrare il mio essere via, verità e vita, a maggior ragione, in verità io ti dico che tu sei comunque un “cristiano anonimo”, come tra molti secoli affermerà il teologo Karl Rahner.
Come vedete, Gesù ha portato veramente la divisione e il disaccordo. Attenzione però: lo ha portato in conseguenza al mistero della sua incarnazione. Portato, non voluto. Una divisione e un disaccordo che non nasce da Dio che vuole unire ma dall’uomo che spesso, anche sul pretesto di Dio stesso, vuole disunire, distruggere, uccidere e poi proclamarsi proprio per questo con la coscienza a posto. Questo il motivo per il quale il Signore ci ricorda: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi» [Lc. 6, 20-26]. O detta in altri termini: chi veramente intende seguirmi, si tolga dalla testa di piacere a tutti, tutt’altro: si abitui a piacere a pochi e a essere perseguitato dentro la mia stessa casa, perché la verità che dovrebbe unire spesso divide nella misura in cui non a tutti piace udire la verità, anche dentro la mia stessa casa. E quando tutti saranno uniti nel dire bene di voi, questo vuol dire che avrete rinunciato alla vostra missione cristologica: dire quella verità che da sempre non è gradita a tutti e che da sempre, anziché unire, purtroppo divide, dalle predicazioni di Gesù nelle sinagoghe fino al Golgota, dove un ladrone disse di no e rifiutò ostinatamente il Signore, l’altro disse di si. Uno ebbe in premio la vita eterna e fu accolto nel Paradiso, l’altro invece …
… l’altro può essere che, essendo un “cristiano anonimo”, come affermerebbero certe perniciose teologie diffuse e insegnate ormai da decenni, sia finito forse anch’esso nel Paradiso?
In questa Santa Messa, senza paura di cadere nella scorrettezza politica, ricordiamo nella preghiera i nostri fratelli cristiani che in varie parti del mondo, oggi in modo particolare in Egitto, come ieri accadde coi massacri in Algeria e con altri in vari paesi d’oriente, hanno perduto la vita per la loro fede in Cristo.
La Chiesa si fonda, vive e germina sulla verità del Verbo Incarnato e sul sangue dei martiri, non sulle cortesi diplomazie di circostanza. Esercitare la suprema virtù della prudenza — posto che la prudentia est auriga virtutum, come diceva San Tommaso d’Aquino: la prudenza è la cocchiera di tutte le virtù — non vuol dire né scendere a baratti sul deposito dogmatico delle verità di fede né soprassedere sul sangue dei nostri fratelli uccisi in odio alla fede, tacendo su di essi per problemi di forza maggiore dettati da complessi e articolati quadri di politica internazionale.
Sbaglio o la vita, fin dal momento del concepimento, è un bene assoluto non negoziabile? E se tale è — e io credo che lo sia — come sacerdote di Cristo sono chiamato a insegnare al Popolo di Dio che tale è sempre, comunque e dovunque, in ogni occasione e in ogni circostanza, anche negli articolati contesti di politica internazionale del Medio Oriente, nel quale di prassi, per non dire ahimè da sempre, pare a volte quasi impossibile capire da che parte si possa pescare dal groviglio il filo della matassa. Ciò che al momento sappiamo con certezza è che i cristiani vengono uccisi, le chiese fatte saltare in aria o date alle fiamme, mentre l’Europa laicofobica ammalata di autodistruzione e di odio per le proprie naturali radici, pare essere preoccupata di una sola cosa: tutelare i “sacri” e “inviolabili” diritti delle coppie omosessuali e della cultura omosessualista, semmai spedendo tra poco in galera, ai più squisiti sensi di legge, chi oserà affermare che a due donne e a due uomini “regolarmente sposati” è disumano dare in adozione dei bambini, perché neppure gli abitanti di Sodoma e Gomorra giunsero mai a tanto.
«Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione».
E che divisione sia! Perché col male non si tratta e non si mercanteggia. A chi venisse voglia di farlo, getti due occhiate ai quattro chiodi della croce e, per amore di Dio incarnato, morto e risorto «che siede oggi alla destra del Padre» e che «di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti», se la faccia passare, questa malsana tentazione, se la faccia passare …
Sia lodato Gesù Cristo!
Sempre sia lodato!