INTERVISTA A MONS. A DI NOIA
In che misura ciò che viene avvertito come un indebolimento del dogma extra Ecclesiam nulla salus (nessuna salvezza al di fuori della Chiesa) costituisce un elemento rilevante del problema, come asseriscono alcuni tradizionalisti? La comprensione attuale del dogma contraddice le sue precedenti definizioni?
Non so se il Concilio possa essere biasimato per questo o se piuttosto non si debba puntare il dito contro l’emergere di una corrente teologica che ha enfatizzato la possibilità di salvezza dei non Cristiani. Ma la Chiesa l’ha sempre affermata e l’ha sempre negata… [Karl] Rahner, col suo “Cristianesimo anonimo”, ha avuto un effetto disastroso su questa questione. Ma il Concilio non altera l’insegnamento della Chiesa.
Eppure essi dicono che lo alteri?
Questo è un esempio molto pertinente di due delle cose che abbiamo menzionato: il pericolo di interpretarlo come è stato interpretato da Rahner invece che alla luce dell’intera Tradizione.
I tradizionalisti lamentano il fatto che non si proclama quasi più la salvezza.
Ralph Martin è d’accordo con questa affermazione. Ci troviamo all’interno di una crisi, poiché la Chiesa è stata contaminata dall’idea secondo la quale non ci dovremmo preoccupare né entrare in ansia se non prendiamo troppo sul serio il mandato di proclamare Cristo scrupolosamente. Ma la colpa non è del Vaticano II, bensì della cattiva teologia. La Dominus Iesus è stata una risposta parziale a quel ramo della teologia della religione. Indubbiamente la storia della necessità dell’extra Ecclesiam nulla salus è lunga. Ma si parlava di eretici, non di non credenti. Questa formula si riferisce alla piaga delle eresie. Ha una sua storia.
(....)
Fin quando Benedetto XVI ha pronunciato il suo famoso discorso alla curia a dicembre del 2005 parlando dell’ermeneutica della continuità, tale argomento era quasi un tabù. Pertanto Papa Benedetto ci ha liberati per la prima volta.
Oggi si può criticare [il teologo Cardinal Henri-Marie] De Lubac, [il Cardinal Yves] Congar, [Padre Marie-Dominique] Chenu. E molti giovani stanno scrivendo tesi e libri che prima erano in un certo senso impensabili. Direi pertanto che la lettura dominante progressista del Concilio è in ritirata, e prima non lo era mai stata. Ma la fraternità deve anche abbracciare l’insistenza sulla continuità.
I tradizionalisti devono smettere di vedere il Concilio come rottura e discontinuità.
[Lo storico Roberto] De Mattei opera una distinzione. Il Concilio è stato avvertito come una rottura, ma dottrinalmente e teologicamente deve essere letto nella continuità – altrimenti non si può far altro che gettare la spugna.
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