15 GENNAIO
S. ROMEDIO, eremita
Ufficio delle letture
seconda lettura Dagli «Opuscoli» di san Pier Damiani
Op. XV: «De suae congregationis institutis», cap. IV; P.L. 145, coll. 338-339
Chi entra nell'eremo si disponga con Cristo alla morte
Colui che entra nella cella per lottare con il diavolo, portato da un animo coraggioso nell'arena in cui si combatte la battaglia spirituale, deve concentrarsi totalmente, al punto da non sentire più neanche per un momento il diletto della carne, ma da vivere come morto a se stesso e al mondo. Si disponga quindi a sopportare sfortune e miserie, si voti per Cristo alla morte, cinga la sua mente con i dardi delle varie virtù, si proponga quanto vi è di più aspro e più duro; così che, quando dovrà succedere, non si abbatta smarrito e snervato, ma sappia sostenere tutto con animo sereno. Come un fiume all'origine sgorga ancora piccoletto, ma poi, prolungando il suo corso, ingrossa con l'apporto dei rivi, che da una parte e dall'altra confluiscono, così il nostro uomo interiore nel cammino della santa conversione è ancora esile e arido, ma un po' alla volta si irrobustisce per l'apporto delle virtù, che confluiscono da ogni parte come i rivi. Se uno volesse restringere la corrente di un fiume, gli conviene cercar di portare le paratoie nei pressi della fonte, dove essa non ha ancora un flusso consistente, ma è piuttosto come un rivo, in modo da poterla arrestare più facilmente. Così quelli che si recano alla corte del re, sui primi inizi della spedizione vanno ancora a piccoli drappelli, ma poi il numero della compagnia va ingrossando sempre più. Chi volesse insidiare la spedizione si apposta non lontano dalla casa donde il guerriero esce, sorprendendolo mentre ancora non ha la copertura dei molti altri che si raduneranno con lui. Anche noi veramente cominciamo il cammino di mobilitazione verso il nostro re, mentre siamo ancora inesperti, e come nuove leve emettiamo il giuramento della milizia spirituale. E siccome ancora non siamo protetti dalla schiera delle buone ispirazioni né rinforzati dalla virtù della perfezione, l'antico nostro nemico prepara le insidie sui nostri primi passi, concentra qui gli inganni della sua perfidia, le arti e i lacci della sua malizia e tutti gli argomenti della sua astuzia, cercando di ostruire il rivo ancora tenue delle buone opere e di sopprimere il viandante, prima che sia difeso dalla schiera di quelli che vanno con lui.
Ma in mezzo a questa grandine di dardi e nella tempesta di questi assalti il soldato di Cristo non si lascia prendere dalla paura; non si lascia piegare dalla fatica. Difeso dallo scudo di una fede invitta, mentre sopporta le lotte più aspre dei nemici che Io molestano, con tanto maggior certezza ponga la sua fiducia sulla assistenza di Dio, che gli è vicina.
responsorio S.P, Damiani P.L. 145, coll. 919.250
Armati di ogni virtù dobbiamo custodire noi stessi con vigilanza costante e combattere duramente contro i nostri tremendi nemici. * Senza lotta non c'è vittoria e senza vittoria non c'è corona.O eremo, rifugio nella persecuzione, riposo nella fatica, conforto nella tristezza, refrigerio nell'ardore, rigetto del peccato, libertà delle anime! Senza lotta non c'è vittoria e senza vittoria non c'è corona.
Oppure: Dal Decreto di conferma della venerazione (1907)
Vieni e seguimi
Romedio ebbe onorati genitori cristiani, che lo educacarono con grande pietà - tanto che, con l'aiuto di Dio, le sue buone qualità si rivelarono già per tempo, crescendo con l'avanzare degli anni. - Morti i genitori, sentì il Signore che dice ne! Vangelo: «Va, vendi quello che hai e da il ricavato ai poveri; dopo vieni e seguimi" (Mc. 10,21). Così donò una parte dei suoi averi ereditati ai poveri e l'altra parte ai Vescovadi di Trento e Augsburg. In seguito intraprese, con il consenso del Vescovo di Trento, al quale si era rivolto, un pellegrinaggio a Roma assieme ai suoi compagni. Là visitò con devozione conventi, chiese e tombe di martiri - fece tutto ciò che poteva nutrire e accrescere i suoi sentimenti religiosi. Ebbe la gioia di vedere il Papa e di ricevere da lui la benedizione.
Visto che Romedio aveva da sempre una predilezione per la vita eremitica, si ritirò al suo ritorno da Roma con i suoi compagni nelle vicinanze del castello di Tavon, nella Val di Non e costruì su di un picco una cappella. Sempre occupato con il Signore, si distingueva, benché povero e semplice, per la sua vita santa ed il suo operare, che Dio confermò con dei miracoli. Quando sentì avvicinarsi la fine dei suoi giorni, richiamò con paterna benevolenza alla memoria dei suoi compagni i principi della salvezza eterna e della cristiana perfezione. Immerso in Dio con cuore e spirito e come in estasi, un 15 gennaio scambiò l'esilio terreno con la patria celeste. ( Mc. 10,21). Favorita da grazie ottenute la notizia della santità del servo di Dio si sparse mentre egli era ancora in vita e crebbe dopo morto fino ad ottenere pubblica venerazione nella Chiesa, che perdura fino ai nostri giorni. E' stata approvata e confermata l'anno 1907 dal Santo Padre Pio X su raccomandazione della S. Congregazione dei Riti.
ORAZIONE Nel tuo nome, o Dio, il tuo servo Romedio si è fatto eremita consacrandosi alla vita celeste; concedi benigno anche a noi di seguirlo nella via della penitenza per avere parte alla comunità dei tuoi Santi. Per il nostro Signore,
Oppure: O Dio, che hai dato a S. Romedio la grazia di seguire fino in fondo Cristo povero e umile, concedi anche a noi, per la sua intercessione, di vivere fedelmente la nostra vocazione, per giungere alla perfetta carità che ci hai proposto nel tuo Figlio. Per Cristo nostro Signore.
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