· LA DEGRADAZIONE EUCARISTICA
Giotto. Gesù scaccia i mercanti dal Tempio
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In questi ultimi decenni la ristrutturazione del cattolicesimo è proseguita a passi da gigante, come è documenta Romano Amerio nel suo colto Iota Unum (Riccardo Ricciardi Editore). Dopo numerosi colpi di fendente verso la sana teologia, verso i principi dell'etica cristiana, verso le svariate forme di devozione (senza che queste venissero sostituite da nulla di meglio), si sta proseguendo verso la demolizione dell'ultimo baluardo della cristianità: l'Eucaristia. Già negli ultimi tempi, mentre alacremente si lavorava per allontanare dalle chiese statue della Madonna e confessionali, qualcuno rispondeva: il prossimo trasloco riguarderà il tabernacolo. E anche se ci veniva promesso che ciò non sarebbe successo mai, ora stiamo assistendo proprio a questo. Dopo la smobilitazione del culto mariano (ritenuto poco ecumenico), e dopo la smobilitazione del sacramento della Riconciliazione (vedere un confessionale aperto è diventato raro quanto vedere un prete che si confessi), siamo passati alla smobilitazione dell'Eucaristia in tutte le sue varie forme: annacquamento della teologia eucaristica (con svalutazione della transustanziazione e della Presenza reale), dileguo dell'Adorazione, degradazione del sacro, deviazioni e abusi, tanto che già Amerio ebbe a scrivere: "La degradazione dell'Eucaristia, che è il fenomeno più imponente della Chiesa contemporanea, è in ultima analisi un effetto della desostanzializzazione e conseguente soggettivazione del mistero" (cfr. op. cit., pp. 496-513). Oggi il triste fenomeno sta proseguendo: ai bambini del catechismo viene sempre meno insegnata la genuflessione davanti al Santissimo, e a volte li si coglie a ritornare verso le panche giocherellando con la particola fra le dita; spesso pezzi di ostia consacrata cadono durante la distribuzione e vengono calpestati da ignari fedeli perché non si usa più né velo né piattino; il silenzio necessario al dialogo interiore dopo la Comunione viene disprezzato dalla lettura degli avvisi; fino al triste spettacolo dell'emarginazione dei tabernacoli. Dopo l'abolizione dei troni eucaristici e dei cibori, l'architettura delle nuove chiese ha sempre più decentralizzato il tabernacolo, che viene spostato lateralmente o addirittura trasferito in stanzette separate dalla chiesa come nella Parrocchia di S. Bernadetta a Milano (in altre, inermi sacerdoti hanno dovuto combattere inutilmente contro architetti "istruiti dall'alto" che operavano con la scusa di lavori di ristrutturazione). Dinanzi allo smarrimento dei fedeli che spesso non sanno più verso dove inginocchiarsi, o dei visitatori di passaggio che chiedono ai sacrestani se trattasi di chiese protestanti, o dei celebranti venuti da fuori che cercano disperatamente ove riporre le ostie consacrate avanzate al termine della Messa, si risponde che ormai il codice liturgico lo consente. Francamente questo non risulta. Ricordiamo anzi che il Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi è già intervenuto sulla questione (cfr. Avvenire del 9 luglio '99) con una nota esplicativa, passata in sordina, ove non solo è ribadita la scomunica latae sententiae (vale a dire senza bisogno del pronunciamento di un vescovo) per chi compie atti di grave disprezzo verso l'Eucaristia, ma al tempo stesso si raccomanda "che qualsiasi sciatteria o trascuratezza, segno di diminuita consapevolezza della presenza eucaristica, sia bandita accuratamente dal comportamento dei sacri ministri e dei fedeli. Anzi appare necessario che nella nostra epoca, caratterizzata dalla fretta anche nel rapporto personale con Dio, la catechesi riconduca il popolo cristiano al completo culto eucaristico, che non si riduce alla partecipazione alla Santa Messa comunicando con le dovute disposizioni, ma comprende anche la frequente adorazione, personale e comunitaria, del Santissimo Sacramento, e la cura amorosa perché il tabernacolo, in cui si conserva l'Eucaristia, sia collocato in un altare o luogo della chiesa ben visibile, davvero nobile e debitamente ornato, in modo da costituire il centro d'attrazione d'ogni cuore innamorato di Cristo". Stefano Biavaschi
Tratto da: “Teologia” nr.28
Tratto da: “Teologia” nr.28
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