Mons. Cerrato parla della Liturgia (nuova e antica)
Prendiamo da Cordialiter il commento di S.Ecc .R.ma Mons. Edoardo Cerrato, Vescovo d'Ivrea alla S.Messa nel rito romano antico celebrata da don Nicola Bux a Rivarolo Canavese (To) a cui aveva assistito (si veda qui e qui per le foto)
A.Carradori.
Interessante intervento di Mons. Edoardo Cerrato, Vescovo di Ivrea, sul giornale diocesano "Il Risveglio popolare" del 17 - 2013, in seguito alla Santa Messa nella Forma Straordinaria del Rito Romano celebrata l'11 gennaio 2013 da don Bux a Rivarolo Canavese.
"Abbiamo davvero bisogno – tutti – di amare la verità e quindi di cercarla umilmente, convinti che «noi non possediamo la verità; piuttosto siamo posseduti dalla verità», come recentemente ci ricordava Papa Benedetto.
E lasciarci possedere dalla Verità esige un impegno che non si esaurisce in qualche momento...
Non è amore di verità enfatizzare la celebrazione di una S. Messa – come è stato fatto da quelli a cui si deve l’iniziativa – quasi che si trattasse di un evento straordinario, mentre “straordinaria” è solo la “forma” in cui il Rito, questa volta, è stato celebrato.
E non è amore di verità ritenere – come altri hanno fatto – che una celebrazione, resa legittima nella Chiesa dall’autorità del Sommo Pontefice, sia in contraddizione con la partecipazione attiva dei fedeli richiesta dal Concilio Vaticano II.
Non è amore di verità, mentre si denunciano abusi nella celebrazione (ne hanno parlato autorevolmente anche importanti documenti pontifici: “Redemptionis sacramentum”, 2004 e “Sacramentum caritatis”, 2007), attribuirne colpa al rito, anziché alla mancata comprensione di esso e delle norme che la Chiesa sapientemente ha stabilito.
E non è amore di verità ritenere che una celebrazione esprima davvero ciò che deve esprimere solo se noi siamo di essa i protagonisti.
Per amore di verità si potrebbe continuare...
Ma è più utile a tutti rileggere la “Costituzione sulla Sacra Liturgia” del Vaticano II, i “Principi e norme per l’uso del Messale Romano” promulgato da Paolo VI nel 1969 e il Motu Proprio “Summorum Pontificum”; magari alla luce di questo pensiero: «Al movimento liturgico l’impulso dovrà venire da chi veramente vive la fede. Tutto dipenderà dall’esistenza di luoghi esemplari in cui la liturgia sia celebrata correttamente, in cui si possa vivere di persona ciò che questa è...» (J. Ratzinger, Dio e il mondo, S. Paolo 2005, p. 380).
Nell’ultimo Sinodo dei Vescovi sulla “nuova evangelizzazione” – un impegno che merita di essere seriamente approfondito nella sua sostanza per evitare che anche questa espressione rimanga confinata tra gli slogan – si è parlato anche della Liturgia.
La 35.ma delle “Propositiones” prodotte dalla Assemblea afferma: «La Liturgia è la prima e più potente espressione della nuova evangelizzazione»; e continua: «Attraverso la sacra liturgia Dio desidera manifestare la bellezza incomparabile del suo amore per noi; e noi, da parte nostra, desideriamo offrire ciò che è più bello nella nostra adorazione di Dio in risposta al suo dono. L’evangelizzazione nella Chiesa richiede una liturgia che elevi il cuore degli uomini e delle donne verso Dio. In questo senso, la liturgia della Chiesa è la migliore scuola della fede».
“La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” era il tema del Sinodo. Come non chiederci quanti sono coloro che nelle nostre chiese alla Liturgia non partecipano più? Uno dei richiami più spesso risuonati nell’aula sinodale è stato l’urgenza della conversione, personale ed ecclesiale, poiché non basta cambiare strategie e neppure basta una messa a punto dei piani pastorali.
Fin dal primo giorno dei lavori il Papa ha posto la domanda fondamentale: “Da dove ripartire?”, ed ha indicato con chiarezza la risposta: «Noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui.
La Chiesa non comincia con il “fare” nostro, ma con il “fare” e il “parlare” di Dio. Così gli Apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una Chiesa...No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce, le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti. Solo il precedere di Dio rende possibile il camminare nostro, il cooperare nostro, che è sempre un cooperare, non una nostra pura decisione. Perciò è importante sempre sapere che la prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire - con Lui e in Lui - evangelizzatori. Dio è l’inizio sempre» (8 ottobre 2012). «I veri protagonisti della nuova evangelizzazione sono i santi» (28 ottobre 2012).
La missione è come il calore che promana un corpo vivo...
Solo se è vivo un corpo promana calore.
Questo impegno io sento come principale della mia vita e del mio ministero.
Per questo ho pregato a Rivarolo come ho pregato in molti altri luoghi della diocesi, una volta nella forma “straordinaria”, centinaia di volte in quella “ordinaria”, sempre cercando di essere fedele alla Chiesa. Perché la “nuova evangelizzazione” a cui la Chiesa – e Gesù Cristo attraverso di Essa – ci chiede di dedicarci, con coraggio, con energia nuova, con la consapevolezza che di nuovi inizi sempre c’è bisogno, non diventi una bella frase di discorsi ecclesiastici ed ecclesiali".
+ Edoardo, vescovo
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