mercoledì 29 febbraio 2012

TRENTO CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE

Trento: Riapre s. Maria Maggiore

( la chiesa della terza sessione del Concilio ).

Ma mancano gli inginocchiatoi






Da : Libertà e persona
Quanta gioia può esserci nel cuore di un parrocchiano quando viene riaperta la chiesa nella quale ha vissuto i momenti più importanti della propria vita di fedele! E quanta gioia si somma alla precedente se tale chiesa è un gioiello dell’architettura italiana sotto la cui pavimentazione hanno trovato le vestigia della prima chiesa episcopale cittadina oltre che le tracce dell’antecedente foro municipale!
Il cuore si riempie di gioia e orgoglio per il lavoro sapiente e paziente degli studiosi che per lungo tempo si sono dedicati, incuranti del freddo, nel riportare alla luce tracce di una storia che ci qualifica come il Paese con il maggiore tesoro architettonico del mondo.
Poi però arriva alle orecchie una notizia, rumors per lo più, che ci lascia perplessi.
Santa Maria Maggiore, la chiesa della terza sessione del Concilio di Trento, quello che ha ridato solidità e stabilità al mondo cattolico durante la bufera luterana, sarà sprovvista di inginocchiatoi perché l’atto del genuflettersi è stato considerato un gesto vetusto.
Non è questione di lana caprina. Stiamo parlando di un gesto con il quale testimoniamo la nostra devozione alla regalità di Cristo, con il quale veneriamo la reale presenza del Salvatore nel Santissimo Sacramento. È un gesto che esprime la nostra umiltà.
Certo, l’Ordinamento generale del Messale Romano, strumento che fornisce le indicazioni liturgiche necessarie al culto, è molto chiaro in merito: non c’è costrizione alcuna.
“S’inginocchino poi – dice il documento riferendosi ai fedeli – alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute,la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi. Quelli che non si inginocchiano alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote genuflette dopo la consacrazione.”
Il linguaggio della Chiesa, lo si evince, è materno: educa con dolcezza indicando il Giusto, conoscendo tuttavia la fragilità umana, morale e fisica. Una Chiesa che, accogliente come una madre appunto, lascia lo spazio alle varie Conferenze Episcopali di “adattare i gesti e gli atteggiamenti del corpo, descritti nel Rito della Messa, alla cultura e alle ragionevoli tradizioni dei vari popoli secondo le norme del diritto”.
Ora, dato che il concetto della desuetudine dell’inginocchiarsi pare essere stato affermato addirittura dal parroco, ci si chiede quale ragionevole tradizione popolare trentina abbia ispirato la sua decisione.
Non è forse, come al solito, il tentativo, fallimentare in partenza, di volersi uniformare allo spirito dei tempi rendendo accattivante e meno ostica la liturgia? Ma sarà poi davvero più affascinante un culto svuotato di quei pii gesti di partecipazione del fedele al compiersi, hic et nunc, del Sacrificio di Cristo, sacrificio dal quale dipende la nostra salvezza? E l’adattarsi al lassismo imperante del nostro tempo, alla ricerca spasmodica di comodità, non significa accondiscendere al mondo? Non significa impoverire una tradizione liturgica secolare? Non significa rinunciare all’impegnativo intento educativo delle nuove generazioni?
Mentre queste riflessioni si affastellano nella nostra mente, la lettura di un bellissimo breve saggio di mons. Marco Agostini, cerimoniere pontificio e cultore di liturgia e arte sacra, ci apre nel cuore uno spiraglio di soluzione. Riflettendo sulla cura che l’architettura ha riservato all’impiantito delle chiese antiche e moderne, ma non di quelle nostre contemporanee, e scorrendo con l’immaginazione su quei tappeti marmorei ricchi di pietre ed intarsi, il nostro afferma che tali pavimenti, lungi dall’essere un tentativo di esibizione di sfarzo, non erano stati realizzati per essere coperti dai banchi, “questi ultimi introdotti in età relativamente recente allorquando si pensò di disporre le navate delle chiese all’ascolto comodo di lunghi sermoni” […] Questi pavimenti sono principalmente per coloro che la liturgia la vivono e in essa si muovono, sono per coloro che si inginocchiano innanzi all’epifania di Cristo. L’inginocchiarsi è la risposta all’epifania donata per grazia a una singola persona. Colui che è colpito dal bagliore della visione si prostra a terra e da lì vede più di tutti quelli che gli sono rimasti attorno in piedi. Costoro, adorando, o riconoscendosi peccatori, vedono riflessi nelle pietre preziose, nelle tessere d’oro di cui talvolta sono composti i pavimenti antichi, la luce del mistero che rifulge dall’altare e la grandezza della misericordia divina.”
Ebbene, come novelli Magi, come il cieco nato, come la Maddalena nel giardino il mattino di Pasqua, anche noi, espropriati degli antichi banchi con gli inginocchiatoi, ci genufletteremo molto umilmente sul semplice tappeto di pietra di Santa Maria Maggiore.

Litaniae de Sacratissimo Corde Iesu

Esame di coscienza e Confessione

QUARESIMA 2012
Esame di coscienza e Confessione




NON DIRE MAI
Io non mi confesso, perché non ho nulla da dire al Confessore. Io non ho peccati, perché non ammazzo, non rubo e non faccio male a nessuno…
La Parola di Dio ci dice: “Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. E se diciamo che non abbiamo peccato facciamo di Gesù un bugiardo e la sua parola non è in noi” (1 Gv 1, 8-10).
Padre Pio é stato un grandissimo Santo, che ha portato sul suo corpo per ben 50 anni le stimmate di Gesù. Ebbene egli si confessava ogni giorno! Tu pensi forse di essere più santo di lui, dato che non ti confessi mai…?

Io andare dal prete a fargli sapere i fatti miei? Mai!
Per la salute del corpo tu non riveli al medico le miserie del tuo corpo e quanto c’è di più delicato? Eppure il tuo corpo diventerà polvere… E perché non vuoi fare altrettanto col medico della tua anima, il Sacerdote che è Ministro di Dio? E qui si tratta della salvezza o della perdizione eterna!
Pensaci…
Cos’è la confessione?
  • É il Sangue di Cristo che lava le anime!
  • “La sconfitta più grande che ci ha inflitto Dio è il sacramento della Confessione, perché se un’anima in peccato mortale ci appartiene, con una confessione ben fatta, subito ci viene strappata!” (Il Demonio a San Nicola di Flue) Il Demonio ha terrore della confessione, quindi fa di tutto per non farci confessare o per farci confessare male. Questo è il punto debole del Demonio ed è lì che dobbiamo attaccarlo!


Prima di continuare con le raccomandazioni preziosi di un sacerdote, vi racconto cosa mi è successo subito dopo la mia conversione dal Protestantesimo al Cattolicesimo e che in seguito ha compromesso il mio atteggiamento verso la confessione.
Prima dell’ingresso ufficiale nella Chiesa Cattolica, che consiste nel Credo, la Santa Cresima e la Prima Comunione, ho fatto la confessione generale dal Padre che mi aveva seguito lungo tutto il percorso. Quanto bene fa all’uomo una confessione generale… ossigeno puro per l’anima.
Il 27 Aprile 1985 quindi segnò questa svolta importante della mia vita. Mi sembrava di vivere in un sogno, dopo tante ricerche della verità, l’avevo trovata! Eccomi pronta a scoprire il mercato cattolico. Pronta, si fa per dire, perché ancora non sapevo a che cosa andassi incontro.
Dopo due settimane andai per la prima volta a confessarmi da “normale” credente cattolica in una chiesa di Milano. Ero emozionata e tremavo. Mi inginocchiai e incominciai ad elencare i miei peccati. Alla fine il sacerdote mi disse: “Senti, non ho del tempo da perdere, o sei già santa oppure mi stai prendendo per i fondelli. Vattene!”
Uscì dal confessionale in lacrime, non capivo, e non presi la S. Comunione. Vi confesso che ancora oggi mi avvicino al confessionale con tanta angoscia di non aver compiuto i peccati che piacciono ai sacerdoti. Su un cuore aperto verso il mistero di Cristo, un cuore cattolico nuovo di zecca, queste parole del sacerdote erano veleno e si sono incise nella mia anima perché anche se ho commesso dei peccati veniali, dovevo ancora crescere nella fede, e avevo bisogno di confessarmi.
Dopodiché chiedevo a chiunque che peccati avesse commesso per prenderli in prestito e alla fine, con ragione, potevo almeno confessare di aver detto delle bugie. Sono stata ingenua e si paga caramente.
Cari sacerdoti, voi siete preziosi, ma accertatevi chi è la persona che avete di fronte a tu per tu nel confessionale, vi prego.

Ora torniamo alle raccomandazioni per l’esame di coscienza e una buona confessione:
PER CONFESSARSI BENE
Quando Gesù scese dal monte, un lebbroso gli si prostrò ai piedi dicendo: “Signore, se Tu vuoi puoi guarirmi”. E Gesù, stesa la mano, lo toccò e disse: “Lo voglio, sii sanato”. E subito fu guarito dalla sua lebbra. Poi Gesù disse al miracolato di presentarsi al sacerdote e di fare l’offerta per la sua purificazione, secondo la legge di Mosè (Mt 8, 1-4). La lebbra è figura del peccato. Il lebbroso è il peccatore che ha bisogno di guarire. Come Gesù ordinò al lebbroso guarito di presentarsi al sacerdote, così ha stabilito che l’anima resti guarita solo se il ministro di Dio, a cui ci presentiamo, perdona i peccati a nome Suo.
É necessario accostarsi alla Santa Confessione, cioè a Dio, con rispetto, con preparazione, con umiltà Dio così disse a Mosè presso il roveto ardente: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove tu stai, é una terra santa!” (Es 3,5).


1. L’esame di coscienza
Fare l’esame di coscienza significa ricercare diligentemente i peccati commessi dopo l’ultima confessione fatta bene. Questa ricerca deve essere fatta evitando ogni fretta e mancanza di attenzione.

2. Dolore dei peccati
Il dolore dei peccati consiste nel provare grande dolore per le colpe commesse. Il dolore è perfetto se uno sente che ha offeso il Padre che ci ama infinitamente; è imperfetto se nasce dalla paura dei castighi e dell’Inferno. É necessario avere dolore di tutti i peccati, sia di quelli mortali (detti così perché danno la morte all’anima. Perché il peccato sia mortale sono necessarie tre condizioni: 1) materia grave; 2) piena avvertenza; 3) deliberato consenso. Se manca anche una sola di queste condizioni il peccato non è mortale). sia di quelli veniali (i peccati meno gravi). Molti credono che il dolore si riduce nella breve e veloce recita dell’atto di dolore. Quanto si sbagliano! Padre Pio piangeva a singhiozzi quando uno non provava dolore nella confessione. E con te farebbe la stessa cosa?

3. Proponimento di non commetterne più
Il proponimento è la volontà decisa a non fare più peccati. Non basta avere una volontà generica di correggersi, ma bisogna essere disposti ad usare tutti i mezzi per evitare i peccati. San Domenico Savio diceva: “Preferisco morire, anziché commettere un solo peccato!”. Siamo obbligati a fuggire le occasioni di peccato perché “chi ama il pericolo, in esso perirà” (Sir 3,25).

4. La confessione dei peccati
Consiste nel dire al sacerdote i peccati commessi per averne l’assoluzione. Alcuni dicono che si confessano a Dio direttamente, ma sbagliano perché Gesù non ha mai detto di fare così. Ha dato invece agli Apostoli ed ai loro successori il potere divino di perdonare i peccati dicendo: “A chi voi perdonerete i peccati, saranno perdonati: a chi non li perdonerete non saranno perdonati” (Gv 20, 21-23).
Chi è in peccato grave non deve ricevere la Santa Comunione senza essersi prima confessato, anche se ne prova un grande dolore! É il caso di chi fa la Santa Comunione in peccato grave e poi va a confessarsi. É meglio non fare la Santa Comunione anziché farla in peccato!
É vivamente raccomandata la confessione frequente anche delle colpe quotidiane (peccati veniali) perché ci aiuta a formare una retta coscienza cristiana, a lottare contro le cattive inclinazioni, ad avanzare nella vita spirituale. Chi volutamente nasconde un peccato grave, non fa una buona confessione e se fa la Santa Comunione in peccato, ricordi che: “Chi mangia e beve indegnamente il Corpo e Sangue di Cristo, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11, 29).

5. La soddisfazione o penitenza
Bisogna fare il possibile per riparare le proprie colpe. La semplice giustizia umana lo esige. Non basta essere perdonati in confessione, l’obbligo della riparazione dura. Come si fa a riparare, ad esempio un peccato di aborto? Qui ci vuole un pentimento ed una riparazione che duri tutta una vita!
Se non ripariamo i peccati commessi in questa vita, li sconteremo in Purgatorio. Molti cristiani lo sottovalutano. Eppure la Madonna di Fatima, a Lucia che le chiese dove si trovava una sua amica morta, rispose: “Non è con me in Paradiso. É in Purgatorio e ci resterà fino atta fine del mondo!”.

PRIMA DELLA CONFESSIONE:
Cerca un momento tranquillo: mettiti davanti al Crocifisso e prega così:
1. Signore Gesù, che sanavi gli infermi e aprivi gli occhi ai ciechi, tu che assolvesti la donna peccatrice e confermasti Pietro nel tuo amore, perdona tutti i miei peccati, e crea in me un cuore nuovo, perché io possa vivere in perfetta unione con i fratelli e annunziare a tutti la salvezza.
“Vi dico: ci sarà più gioia in Cielo per un peccatore che si converte, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7) Ora alla luce di Dio fà il tuo esame di coscienza.

ESAME DI COSCIENZA
2. Da quanto tempo non ti confessi bene? L’ultima volta hai detto tutti i peccati gravi commessi? – Nelle confessioni passate hai mai nascosto volutamente qualche peccato mortale? – Da quanto tempo non ricevi la Comunione? – L’hai fatta sempre bene? – Hai mancato di rispetto al SS. Sacramento accostandoti alla comunione parlando, ridendo, senza preparazione e senza pensare chi stavi per ricevere? – Hai mai profanato l’Eucarestia commettendo sacrilegio? – Sai vivere con austerità soprattutto nei giorni comandati dalla Chiesa? – Fai qualche penitenza il venerdì? – Hai mangiato carne nei venerdì di quaresima? – Hai fatto digiuno il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo?


L’esame di coscienza

IO SONO IL SIGNORE DIO TUO: …

1. “Non avrai altro Dio fuori di Me”.
  • Credi in Dio, Padre, Provvidenza e Salvatore tuo e di tutti gli uomini?
  • La tua vita è orientata a Dio?
  • Lo ami come Figlio?
  • L’hai messo al primo posto tra i valori della tua vita?
  • Credi nel Padre, Figlio, Spirito Santo?
  • Preghi mattina e sera?
  • Vivi le virtù cristiane della fede, speranza e carità?
  • Consideri la fede come un dono prezioso da coltivare?
  • Ti impegni a crescere nella fede?
  • Hai avuto e nutrito dubbi sulla tua religione cattolica?
  • Hai letto (non per studio o informazione) libri, articoli, riviste contrarie alla tua fede, a Cristo, alla Chiesa?
  • Cerchi di conoscere, di studiare e farti spiegare la dottrina della tua santa madre Chiesa?
  • Hai parlato male della religione, del Papa, dei Sacerdoti?
  • Hai allontanato qualcuno dalla pratica religiosa?
  • Hai partecipato a riti satanici?
  • Hai aderito a sette eretiche o scismatiche?
  • Ti sei iscritto a società segrete illegali?
  • Speri nell’amore di Dio oppure ti scoraggi e disperi davanti alle difficoltà della vita, imprecando e ribellandoti?
  • Adori veramente solo Dio, sentendoti perciò libero da ogni forma di superstizione che blocca la libertà di pensare e di vivere?
  • Sei superstizioso?
  • Porti addosso amuleti, portafortuna, oggetti scaramantici?
  • Credi davvero all’oroscopo?
  • Ti sei lasciato impressionare e hai scritto e continuato le famigerate “catene” di S. Antonio o di S. Rita o altre simili stupidità?
  • Sei andato da indovini, o maghi, chiromanti, fattucchiere?
  • Hai partecipato a sedute spiritiche? Hai cercato di evocare e di entrare in contatto con i morti?
  • Hai aiutato la Chiesa, sovvenendo alle sua opere (Missioni, Lebbrosi, Seminari, Vocazioni, Orfani, ecc.)?
2. “Non nominare il Nome di Dio invano”.
  • Hai rispetto e amore per il nome di Dio e della Madonna?
  • Hai bestemmiato?
  • Hai detto affermazioni false o eretiche su Dio, quali per esempio: “Dio non fa le cose giuste”, “Dio è crudele”, “Dio è cattivo”, “Dio si diverte alle sofferenze degli uomini”, “Dio si dimentica dei buoni”, ecc.?
  • Hai raccontato fatti e barzellette blasfeme?
  • Usi un linguaggio volgare, turpe, immondo (= turpiloquio) indegno di un battezzato?
  • Hai fatto giuramenti senza necessità?
  • Hai mantenuto i voti e le promesse fatte?
3. “Ricordati di santificare le feste”.
  • Le 24 ore della domenica e dei giorni festivi costituiscono “il giorno del Signore”: le hai rese sante con la preghiera e facendo opere buone, coltivando i valori sacri della vita (famiglia, amicizia, cultura, natura, solidarietà, pace, ecc.)?
  • Ti sei liberato dalla fatica godendo la libertà di figlio di Dio?
  • Hai partecipato alla Messa, vivendo un’ora insieme agli altri credenti?
  • Alla Messa ti sei distratto, hai chiacchierato, hai disturbato gli altri? Hai commesso peccati mortali di domenica, disonorando il giorno del Signore?


(segue)

martedì 28 febbraio 2012

vocazione


“Un uomo solo sacramento di comunione”

Preghiera-Giovani
S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello
in preparazione all’Ordinazione Sacerdotale di Don Francesco di Nucci
Teano, 16 febbraio 2012
Chiesa Cattedrale



Canto iniziale: Vocazione

Nel nome del Padre…

La nostra presenza è di per sé “riscaldante” e, se qualcuno avesse problemi, può mettersi anche il cappello: l’importante è esserci e seguire con attenzione. Se volete calarvi un cappuccio, fate come credete, l’importante è stare qui, dove tra ventiquattr’ore c’è in previsione un miracolo, non come le previsioni del tempo che non sempre dicono giusto, ma una previsione certa: Francesco, tra ventiquattr’ore sarà prete e a quest’ora lo sarà già (alle 20:00 saremo già nel pieno, nel cuore della celebrazione). La Chiesa si ferma, ma dovrebbe fermarsi la Chiesa intera della nostra Diocesi, le auto, i negozi… Ovviamente dico quello che forse accadrà domani quando si starà più attenti a questi miracoli e si chiuderanno le cucine, le persone chiuderanno le case per venire in cattedrale, magari a piedi, facendo 10, 20, 30 chilometri, perché è un miracolo troppo importante. Non posso non esserci: nasce un prete. E un prete è un miracolo, è come la certezza del pane per i prossimi 50’anni. Allora siamo qui per preparare il nostro cuore come giovani e non, per dirci che la nostra vita, come abbiamo cantato, va verso un incontro (…dove porta la mia vita all’incontro con Te). Magari per un giovane questo è ancora solo una frase, cioè che la vita abbia come motivo l’incontro con Dio, ma è questo il motivo per cui siamo qui. Non siamo qui per sposarci, non siamo qui per lavorare, non siamo qui per pagare i debiti del deficit pubblico, non siamo qui per costruire le case, tant’è che siamo di passaggio. Tante cose dovremmo lasciarle e anche tante persone. Ma c’è una cosa fondamentale per cui siamo qui e tutto quello che ho detto, insieme al resto, ne è un po’ la cornice: siamo qui, esisto, vivo, sono nato perché Dio vuole incontrarmi. Questa è una cosa importantissima. Molti di voi pensano di averlo incontrato, ma l’incontro con Dio è folgorante, ci cambia la vita, ci fa fare quello che mai avrei immaginato di poter fare. Auguro a tutti voi, prima o poi, anche tra cinquant’anni, di realizzare questo incontro per giungere poi all’eternità dicendo: Ho fatto quello che dovevo, è accaduto quello per cui sono nato, quello per cui Dio mi ha pensato prima dei secoli: incontrarlo. Dio vuole incontrarti, e perché questo incontro possa accadere, noi abbiamo bisogno di mediazioni. In questo momento voi utilizzate la poverissima mediazione del vostro Vescovo, che è una voce, una presenza, un cuore, una fascia di muscoli, di sentimenti, di ricordi, è un mistero. Abbiamo bisogno degli altri per incontrare Dio. Gesù stesso - e adesso lo ascoltiamo - venendo, è venuto a incontrare gli uomini a nome di Dio; Dio, Egli stesso, ha avuto bisogno di collaboratori. Come ha fatto? Come li ha pensati? Come gli è venuto in mente? Chi ha guardato? Quanto ci ha impiegato per quel parto? I Vangeli dicono poco, ma noi cerchiamo sempre di leggere tra le righe.

Dal Vangelo di Marco (1, 16-20)

Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.



***

Sembra un fatto casuale: stava passando di là, ha visto alcuni che gettavano le reti, li ha chiamati… Noi, tra l’altro abituati a sentire questi racconti, li avvertiamo come degli incontri fortuiti, ma non è così. Non è così, perché questi primi chiamati erano stati convocati prima che il mondo fosse. Questa prima nozione voglio trasmettervi stasera: se esisto - ve l’ho detto tante volte, ma voi avete bisogno che io ve lo ripeta - è per un piano d’amore; se ci sono, è perché sono stato pensato prima che il mondo fosse. Pensate al lago di Galilea, che alcuni di noi hanno visto nel pellegrinaggio in Terra Santa, all’atto in cui è stato disegnato: un lago qualsiasi? No, è il lago della Terra di Gesù: qui, su queste sponde, tra cento, cinquecento, duemila, tremila anni, cinquantamila anni dovrà passare qualcuno, ci staranno dei pescatori, staranno lì… Come un regista che decide un copione, decide le scene, il taglio delle foto, delle sequenze. Pensate al lago all’atto in cui è stato disegnato sul niente. Tra l’altro, il lago di Galilea nella Palestina, che è una terra riarsa, è una sorta di respiro; all’atto in cui si approda al lago, sembra di poter respirare, c’è la Galilea, luogo della primavera. Pensate, adesso ci sono già tutti gli alberi in fiore, i peschi sono fioriti già a gennaio lungo il lago di Galilea. Quindi questo lago, pensato da Dio come in una sorta di scenario, diventerà lo scenario del Vangelo. Dio ha molta cura dei particolari, come ogni amante. Anche noi nei nostri piccoli amori, cerchiamo di avere attenzione: cosa gli può far piacere? Gli faccio una sorpresa, gli mando un sms alle 24:01 il giorno del suo compleanno: sarò il primo! L’amore ha cura dei particolari. E quando nei vostri rapporti affettivi, d’amicizia o d’amore, vedete che l’altro non fa più attenzione ai particolari, siatene certi, non vi vuol più bene. E Dio, che è l’Amore per eccellenza, ha una cura maniacale per i particolari, per cui questo lago, di cui abbiamo ascoltato la scena brevissima della chiamata dei primi quattro, è stato progettato: anche i sassolini, anche gli alberi che ci sarebbero stati sulla riva. Tutto previsto centinaia e centinaia di anni prima. Quindi non stava passando lì per caso. C’era un orologio, anche se allora non esistevano, che è l’orologio di Dio, che diceva: adesso, è l’ora, è l’ora X… E Gesù passa. Ci sono quei pescatori che pensavano che fosse un giorno qualsiasi e invece no, è il giorno decisivo della vita. Quando ripenserete al vostro amore grande - spero ce ne sia uno, ce ne possa essere uno nella vostra vita - capirete che all’atto in cui avete incontrato quel ragazzo, quella ragazza, non era un’ora qualsiasi: era l’ora. Questo avviene anche sul piano spirituale, avviene anche sul piano della fede, avviene anche per i quattro. È avvenuto anche per Francesco, come per tutti i chiamati. C’era un’ora quando mi hai chiamato, quando mi ha detto “Tu”, quando mi ha rivolto per la prima volta lo sguardo. C’erano delle reti, dei pescatori, una scena qualsiasi, ma era un giorno eccezionale: è il giorno della chiamata. E perché Gesù chiama? Gesù chiama perché ha bisogno di braccia, ha bisogno di cuori, ha bisogno di occhi, ha bisogno di parole, come in questo momento, ha bisogno di persone che riscaldino il cuore degli altri. Io spero che, nonostante il gelo della nostra Cattedrale stasera, in quest’oretta (vi assicuro che non tracimeremo, perché è già un sacrificio per noi essere qui), le parole del Vescovo possano riscaldarvi il cuore, perché Lui ha bisogno di persone che riscaldino il cuore… Non ha bisogno di gente che “dice la messa”, nel senso banale del termine: ha bisogno di amanti. Non ha bisogno di persone che fanno orario di ufficio (Il parroco riceve dalle 16 alle 16:05!): ha bisogno di uno da cui puoi andare anche a mezzanotte, perché se un amico tu lo svegli di notte  - diceva Cocciante, quando noi eravamo giovani - ti risponde. Un prete, se lo svegli di notte, ti risponde. Gesù ha bisogno di collaboratori, ha bisogno di chi Gli faccia da amplificatore, di chi ripeta il messaggio, di chi stia avanti a Lui e dietro di Lui: avanti come banditore e dietro come discepolo. Ne aveva bisogno allora e ne ha bisogno anche oggi. La parola d’ordine che fa sussultare alcuni è: pescatori di uomini. Erano pescatori, ma adesso devono volturare la loro competenza: non più pesci, non più reti qualsiasi, ma ci sono uomini persi. E badate che di uomini persi oggi ce ne sono tanti più di ieri, più di quando io ero un giovane prete; sono più quelli persi, perduti, dispersi, lontani, di quelli che vengono in chiesa, che fanno parte del gruppo Scout, del gruppo di Azione Cattolica, del Rinnovamento… Quanti ne abbiamo? Quanti ne abbiamo nelle nostre parrocchie? Pochissimi! Allora questi uomini persi che fanno? Dove vivono? Chi li cercherà? Ieri come oggi Gesù guarda e dice: “Tu, tu…”. Adesso immediatamente sobbalzate nel cuore: “Speriamo che abbia guardato quello vicino a me e non me…”. Tu sarai pescatore di uomini. Ed essi… – dice l’evangelista Marco, ma forse ci volle del tempo. Francesco, che domani sarà ordinato, è partito, nel desiderio, forse 13 anni fa e seriamente 10 anni fa. Si arriva dopo 10 anni. Il “subito” del Vangelo significa del tempo. Ma dice a me? Ma devo lasciare queste reti? Devo cambiare mestiere? E che mestiere devo fare? Devo fare il mestiere di Dio, cantava Giosy Cento un po’ di anni fa. Faccio il mestiere di Dio e il mestiere di Dio è quello di prendersi cura. Dio si prende cura di noi, nonostante tutto quello che, come controprova, continuamente ci schiaffeggia. Dio si prende cura di noi, ma questa cura ha bisogno di mediatori, ha bisogno di persone. Allora in questo primo momento, vorrei che ciascuno di noi si dicesse chi si è preso cura di lui quand’era bambino, quando si preparava alla Prima Comunione, quando è entrato tra i lupetti in ACR… Chi si è preso cura di te? Certamente i nostri genitori, ma non solo, poi è entrata la Chiesa - erano Chiesa già i nostri genitori - ma attraverso i catechisti, attraverso una suora, attraverso un prete che si è preso cura di me. C’è un prete nella tua vita? Spero di sì, perché se non c’è un prete nella tua vita, allora non c’è ancora Gesù, perché Gesù chiede collaboratori, Gesù manda i preti, manda gli apostoli, manda i discepoli. Allora identifichiamo un attimo il “mio” prete, quello dell’infanzia, quello del campo-scuola, quello dell’adolescenza, quello dell’uscita: il “mio” prete, qualcuno che si è preso cura di te… Magari sei andato a piangere da lui alla tua prima delusione d’amore, perché dai preti si va anche per questo: Mi ha lasciato… Ha detto no… Ho preso un palo… Voi pensate che da un prete si vada soltanto per confessarsi - spero che almeno questo lo facciate - invece si va a raccontargli la vita, perché il prete è il mio papà, è quello che fa il mestiere di Dio e Dio è Padre e, attraverso i nostri preti, noi facciamo esperienza di quella paternità. Chi è il tuo prete? Ciascuno di voi se lo chieda un attimo, lo vada a cercare, vivo o defunto che sia.

***

Simone ed Andrea, Giacomo e Giovanni: prima e dopo. Prima e dopo Gesù, come la nostra storia: prima e dopo Cristo. Ricordate il documentario che alcuni anni fa abbiamo fatto con i nostri seminaristi? Dove c’è la scena di quelli che chiamano “Samuele! Samuele!” sotto la finestra. Chiamando l’amico, esce il padre e dice: “Samuele non abita più qui: è passato un ciclone”. Così dice anche il padre Zebedeo di Giacomo e Giovanni: “È passato un ciclone e se li è portati via…”. Un flauto magico si è tirato dietro tutti i bambini, i giovani, i topi, ammaliante… Ma intanto questa morte è per una vita, è per la vita di tanti uomini soli.

Uomini soli (Pooh)

Li incontri dove la gente viaggia, e va a telefonare,
col dopobarba che sa di pioggia, e la ventiquattro ore,
perduti nel corriere della sera,
nel va e vieni di una cameriera,
ma perché ogni giorno viene sera?
A volte un uomo è da solo perché ha intesta strani tarli,
perché ha paura del sesso o per la smania di successo.
Per scrivere il romanzo che ha di dentro,
perché la vita l'ha già messo al muro,
o perché in un mondo falso è un uomo vero.
Dio delle città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può imparare questa vita,
e magari un po' cambiarla,
prima che ci cambi lei.
Vediamo se si può,
farci amare come siamo,
senza violentarci più,
con nevrosi e gelosie.
Perché questa vita stende,
e chi è steso o dorme o muore,
oppure fa l'amore.
Ci sono uomini soli per la sete d'avventura,
perché han studiato da prete o per vent'anni di galera,
per madri che non li hanno mai svezzati,
per donne che li han rivoltati e persi,
o solo perché sono dei diversi.
Dio delle città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può
imparare queste donne
e cambiare un po' per loro,
e cambiare un po' per noi.
Ma Dio delle città
e dell'immensità,
magari tu ci sei
e problemi non ne hai.
Ma quaggiù non siamo in cielo,
e se un uomo perde il filo,
è soltanto un uomo solo.

“Uomini soli” è una canzone sui maschi, ma adesso la raccogliamo nel grido di una umanità che ha perso il filo e, se un uomo perde il filo, è soltanto un uomo solo. Ci sono uomini e donne che perdono il filo, il filo di Arianna per districarsi nel labirinto, per uscire alla luce, per essere liberi. A volte basta una delusione, basta un’ingiustizia subita, una morte, un lutto per farci sprofondare nell’isolamento. Per cui, anche se i protagonisti di questo testo sono tutti maschi, lo utilizziamo per guardare all’umanità, un’umanità dolente, perché questo è il problema clou, cardine di tutti i problemi: la solitudine - non ne esiste un’altra: la morte stessa altro non è che radicale solitudine - la solitudine dei bambini che si sentono soli, abbandonati, piangono, frignano, perché i genitori hanno altro da fare, perché devono dedicarsi al lavoro, la solitudine degli adolescenti. Non mi sembra che i nostri ragazzi siano così spensierati, dicono le parolacce… In realtà, se guardi un adolescente nella sua verità, scopri tanta solitudine. A volte basta un giudizio da parte di un compagno, i giudizi degli altri, per far crollare un adolescente addirittura nella depressione. I giovani, in coppia o scoppiati, sono soli; non parliamo degli adulti, che corrono, si danno da fare, che non hanno il tempo d’abbracciarsi e che, quando viene sera, si sentono terribilmente soli. Ma perché ogni giorno viene sera? - si chiedono i Pooh in questo testo. Perché la sera è il momento di estrema solitudine, quando le cose che ci hanno preso con la luce scompaiono e veniamo portati alla nostra verità. È quella di cui parlava Quasimodo nella poesia che conoscete: Ogni uomo è solo sul volto della terra, trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera.
Voi dite: Ma che c’entra il prete con questo? C’entra. Perché il prete è un uomo della sera, un uomo della notte, un uomo che va in giro cercando di mettere insieme tante solitudini. Vi sarete chiesti come mai “perché han studiato da prete o per vent’anni di galera”. I seminaristi sicuramente hanno detto: è il nostro seminario, 20’anni di galera! (No… sono solo pochi anni…). Viene la sera e ognuno fa i conti con la propria solitudine, anche quelli che sono in coppia, anche quelli che hanno una famiglia, tanto più quelli che sono abbandonati, poveri, ammalati, diversi, dice anche il nostro testo.  

A volte un uomo è da solo perché ha in testa strani tarli,
perché ha paura del sesso o per la smania di successo.
Per scrivere il romanzo che ha di dentro,
perché la vita l'ha già messo al muro,
o perché in un mondo falso è un uomo vero.
 
Non vi sembri presuntuoso, ma in tutto questo orizzonte, quest’uomo vero o almeno che vorremmo fosse tale, è proprio il prete che sembra un “uomo meno uomo”, ma in realtà è un uomo vero, cioè è l’uomo che vorremmo. Questo è il motivo per cui le donne si innamorano dei preti. Voi state pensando: Solo perché è irraggiungibile. In realtà è perché è un uomo vero, perché tra tanti uomini, a volte uno dice: Ma perché proprio quello è andato in seminario? Perché Gesù non sceglie mezze tacche, mezze cartucce… Poi oggi in particolare, non abbiamo bisogno di tanti preti: abbiamo bisogno di uomini veri, forse gli unici che ci sono - e lo dico senza presunzione - perché poi questa unicità, questi pochi chiamati, sono convocati per riportare l’umanità alla sua verità, cioè alla comunione. Mi innamoro del prete - dice la ragazza - perché un uomo accanto a me lo vorrei così: sensibile magari, attento, che fa attenzione anche al punto a giorno delle lenzuola (cosa a cui gli uomini non fanno mai attenzione). Per noi le tovaglie dell’altare richiamano sempre le lenzuola, perché c’è questo richiamo all’amore, perché l’altare per noi è un’attrazione, è un letto. Allora vorrei un uomo che dicesse: Ah, belle queste lenzuola con il punto a giorno! Ve lo dice mai un uomo? No, magari gli fate trovare uno sfilato, un intaglio, un cuscino… manco lo vede! Voi dite che la vita non è fatta di questo. E invece la vita è fatta fondamentalmente di piccole cose, di piccoli dettagli cui bisogna fare attenzione. Ecco perché in un mondo falso, forse è un uomo vero. Allora la “preghiera” dei Pooh: 

Dio delle città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi
Certamente! Dio è ovunque!

vediamo se si può imparare questa vita,
e magari un po' cambiarla,
prima che ci cambi lei.
Il prete è maestro di vita, il prete insegna anche a voler bene, il prete è educatore di sentimenti. Il prete ti aiuta a districarti nelle tue prime, precoci esperienze affettive o ti accompagna nel fidanzamento, benedice le tue nozze e gli vai a dire (è il primo a cui lo dici dopo il marito): Aspetto un bambino! È l’uomo a cui ti riferisci per qualsiasi emergenza nella vita.
Io auguro a Francesco e ai seminaristi che dopo di lui si alterneranno qui, di essere questi grandi uomini. Dicendo “grandi” non voglio intendere dei monumenti, ma con le nostre povertà, con le nostre mediocrità, essere grandi nell’umanità, perché Dio si è fatto uomo.
Io non vedo la TV, come sapete, ma ovviamente le cose mi giungono: il fatto che i preti o i giornali non debbano parlare di questo o di quello… Ma di che devono parlare? del Paradiso? No, cari miei, bisogna parlare della carne, bisogna parlare delle cose concrete! C’è sempre una tentazione, in quelli che predicano, di parlare del Paradiso: bisogna parlare della terra! Bisogna parlare di lui e lei! Bisogna parlare dell’amore! Bisogna parlare della politica! Bisogna parlare del lavoro! Bisogna parlare dei soldi che mancano! Perché se voi venite in chiesa e diciamo: Cari fedeli, andiamo in Paradiso… Ovviamente il Paradiso c’è, ma te lo devi guadagnare qui, nella storia! E siamo chiamati ad anticiparlo questo Paradiso, pur nei nostri limiti. Attenti quando ci criticano: Ma questi parlano di troppe cose! E di che dobbiamo parlare? Ci volete chiudere nel carcere di una predica spiritualista? È contro il Vangelo!
Il Verbo si è fatto carne: e noi della carne vogliamo parlare! Noi, un prete lo vogliamo così: che ci parli della carne. Vi racconto una storia verissima, per dire un prete a quante emergenze si trova a dover far fronte.
Una volta sono venuti da me, parroco, due giovani, sposati da molto tempo, due carissimi figli, intelligentissimi, laureati... Scopro, quella sera, che questo Matrimonio da un anno e mezzo - e non erano due cretini, erano due professionisti - non andava. Sono venuti a dirlo a me, ricordo, nel salone della mia canonica. Non avevano avuto il coraggio di dirselo (Vediamo, riproviamo, ecc.). Un anno e mezzo era passato, e questi due ancora dovevano fare l’amore. Ovviamente c’era qualche problemino. Voi avreste detto: Andiamo dal sessuologo… No, andarono dal parroco. Oggi hanno due bambini e per me quella, come tante altre esperienze pastorali, mi certificò che poi queste cose le vado a dire a mio padre che sa della carne, anche se non fa l’amore, che mi sa dire: Va’ a Milano. Questo problema si risolse solo a Milano, attraverso mesi e mesi di terapia psicofisica. Per questo mi innervosisco quando dicono di parlare del Paradiso. Ma quale Paradiso! Non che non ci sia, ma io dalla Chiesa, dal mio Vescovo, dal mio parroco, dal mio prete, e domani da Francesco, certamente voglio che mi ricordi perché siamo stati creati, cioè per incontrare Dio, ma anche che sia maestro di umanità, che grondi di umanità, che quando vado alla ricerca di un uomo veramente uomo, io possa pensare a lui. Questo è il prete che noi sogniamo, questi sono i nostri preti. C’è un verso, alla fine del ritornello, che credo faccia al caso nostro.

Perché questa vita stende,
e chi è steso dorme o muore,
oppure fa l'amore.
 Domani sera, qui sarà steso Francesco. Sia nella percezione di chi è stato ordinato, come della gente, ci sono dei segni che parlano al cuore delle persone. Adesso i più esperti tra voi sanno che la prostrazione è un rito preparatorio, si dice, cioè non è il clou del Sacramento, però chi è ordinato magari non ricorda il momento dell’imposizione delle mani, che è il più importante, non ricorda la voce del Vescovo più o meno commossa alla Preghiera di Consacrazione, ma ricorda il momento della prostrazione. E anche la gente, senza spiegazioni, dice: Qui sta succedendo qualcosa… Che sta succedendo? Sta succedendo quello che è successo qui: perché questa vita stende, e chi è steso dorme o muore oppure fa l’amore. Sapete che qui, sul pavimento, si mettono le bare (ricordo che feci stendere Giadio anche alla vigilia, ma stai tranquillo, Francesco, ché già fa troppo freddo), perché quella è una morte, perché quella è la rappresentazione di chi è stato steso da Dio, perché questo incontro con Dio ci stende, è meraviglioso e terribile. Quindi è una morte. Oppure fa l’amore, perché quel gesto - magari metto nella vostra mente motivi non proprio liturgici, ma che a me hanno sempre parlato delle volte in cui in tanti anni ho commentato le Ordinazioni - è anche il gesto di fare l’amore, perché chi fa l’amore muore, perché la vita ti stende, perché un prete sta lì sul pavimento come un cadavere, perché per nascere bisogna morire. Vedete come la liturgia parla e dice che per nascere prete bisogna morire e, mentre si sta lì morti, pancia in giù, è come se si facesse l’amore, perché un prete che non fa l’amore è un uomo preso dall’amore.

Uomini soli (Pooh)
***
È vero che Dio non ha problemi come dice questo testo?

Dio delle città
e dell'immensità,
magari tu ci sei
e problemi non ne hai.
Dio ha tanti problemi che sono i nostri. Dio non è indifferente, Dio si è legato a questo nostro mondo e, legandosi, si è sottoposto al dolore. Un prete annuncia anche questo: Dio vicino, Dio-con-noi, Emmanuele. Noi non siamo gli annunciatori di un Dio lontano, che sta in cielo, ma un Dio che è venuto. Tu, Francesco, a questo sei chiamato con l’annuncio della Parola, con i Sacramenti, in particolare con l’Eucarestia, come dirò domani sera. Ma sei chiamato a questo anche solo col tuo semplice passare, perché un prete è un sacramento anche quando dorme. Il titolo di questa Preghiera è “Un uomo solo sacramento di comunione”. Come sempre ho giocato sul paradosso: può un uomo solo, un uomo isolato - perché un prete è tolto dalla profanità, “consacrato” significa questo - può un uomo tolto, estrapolato, catturato da Dio diventare luogo di comunione, sacramento di comunione? La risposta è sì, perché se viene meno il prete si sgretola la comunità, non ci si incontra più, tutti perdiamo il filo… I preti stanno continuamente a mettere i fili dei gruppi, delle persone, delle coppie, di gente che ha perso il filo. Quindi questo uomo solo diventa sacramento di comunione, cioè Dio sta con me. E perché? Dove lo vedi? Nel mio prete, lo vedo in Francesco che da domani sera sarà prete per sempre. Concludiamo con un semplice invito da parte sua. Francesco, in questo momento, in testa cosa ha? Un casino, per dirla in una maniera giovanile… Me lo ha anche scritto: “Eccellenza, sapesse che ho in testa… un casino…”. Ma quello che è bello è che è un casino d’amore. Quando voi dite un “casino”, volete dire una cosa grossa oltre che confusionaria e, allora, per noi è importante anche solo se viene al microfono e dice: Domani sera alle ore 19:00 c’è la mia Ordinazione. Quindi non chiediamo un discorso, anche perché fa freddo, e lui non saprebbe cosa dire. Tra l’altro Francesco è così piccolo che magari direte: Un uomo così piccolo, con pesi così grandi, con responsabilità abnormi?


Saluto di Francesco
***

Comincia adesso questa notte, “notte da non dormire” cantava Johnny Dorelli (le citazioni le faccio sempre per i miei coetanei), perché è notte d’attesa, perché è notte della vigilia. Anche per Dio, dice il Libro dell’Esodo, la notte del passaggio fu una notte di veglia, per dire che anche Lui si emoziona. Dio si è emozionato ascoltando Francesco e si emozionerà ancor più domani sera, durante l’Ordinazione; si emozionerà Gesù, si emozionerà lo Spirito Santo, per dire che Dio ha un cuore palpitante. Nonostante il freddo, tornate con questo calore che ci viene dal Dio-con-noi che certo ci porterà in Paradiso: alla fine ci fidiamo di Lui, ma adesso ci fa compagnia in tante vicende di vita. Ci teniamo per mano e diciamo insieme: Padre nostro…

Benedizione del Vescovo

Canto finale: Vieni e seguimi (Gen Rosso)

 
***

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.


lunedì 27 febbraio 2012

San Gabriele dell' Addolorata

 
27 FEBBRAIO
SAN GABRIELE DELL’ ADDOLORATA


seconda lettura
Dalle «Lettere» di san Gabriele dell'Addolorata, reli­gios (Scritti di s. Gabriele. Ed. Eco, 1963 pp. 284. 289.296-298)
Se Maria è per me, chi può essere contro di me?
Vi raccomando una ferma e stabile devozione ai dolori di Maria santissima Addolorata: fatene fre­quente memoria e compatitela nelle sue pene; allora questa Madre di amore, che mai si fa vincere in corte­sia, vi saprà a sua volta compatire.
Sfogate con lei il vostro cuore, a lei raccontate le vostre miserie, i vostri bisogni; a lei raccomandate la vostra famiglia, il grande affare dell'anima, e me an­cora che mi trovo in grande bisogno. A lei rivolgete spesso questa orazione: Ti prego ardentemente, mia Signora, o santa Maria, prendi quest'affare nelle tue mani, esternando a lei la vostra o altrui causa che de­ve salvare. Oh! se ci fidassimo un po' più di questa no­stra tenera Madre, che si protesta nella Scrittura di amare chi l'ama: « Io amo i miei amanti » (Pr 8, 17); e ci va ripetendo con Isaia: « Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se una donna lo di­menticasse, io non ti dimenticherò mai » (Is 49, 15).
Ah! che troppo le costiamo e sa ben ella tra quali spa­simi e dolori ci partorì sul Calvario, che arrivò piutto­sto a scegliere che il suo caro Figliolo morisse svena­to, confitto con tre chiodi sulla croce, anziché vedere dannate in eterno le anime nostre.
Oh, se ciò pensassimo qualche volta tra noi, ame­remmo forse un poco più questa cara nostra tenera Madre, ci fideremmo un po' più di lei e non temerem­mo tanto l'inferno, che anzi quando ci venisse a tentare con i suoi terrori e minacce, ci ricorderemmo un po' più di lei, ripetendo: Se Maria è per me, chi può es­sere contro di me? Non Dio, perché essa come figlia diletta lo placa; non Cristo giudice, perché essa come madre lo piega a perdonarci; non i peccati, perché questi di fronte alla sua misericordia sono quasi un nulla; non l'inferno, perché Satana trema, quando di­co « Ave Maria »; non finalmente gli stessi uomini, perché essa è chiamata dallo Spirito Santo come un esercito messo in buona ordinanza (cf. Ct 6, 3).
Oh! quanto sarebbero più tranquilli i nostri sonni, più lieti i nostri giorni, un paradiso insomma il nostro vivere, se totalmente ci abbandonassimo nelle sue ma­ni e le dicessimo: Nelle tue mani, o Signora, affido la mia causa. Se avremo Maria con noi, avremo tutto; se ci mancherà essa, ci mancherà tutto. Se ci proteggerà Maria, saremo salvi; se essa ci abbandonerà, saremo dannati: non lo dico io questo, lo dicono i Santi.

responsorio
Veniamo dietro a te, o Vergine Maria, seguendo il profumo della tua santità; * imitando te non devierò, pregandoti non dispererò, se tu mi sostieni non cadrò, se mi proteggi non avrò paura.
Con la tua guida non mi affaticherò, con te propi­zia arriverò fino a te.
Imitando te non devierò, pregandoti non dispere­rò,
se tu mi sostieni non cadrò, se mi proteggi non avrò paura.

orazione   O Dio, che con mirabile disegno di amore hai chia­mato san Gabriele dell'Addolorata a vivere il mistero della Croce insieme con Maria, la madre di Gesù, gui­da il nostro spirito verso il tuo Figlio crocifisso per­ché partecipando alla sua passione e morte conse­guiamo la gloria della risurrezione. Per il nostro Si­gnore.

oppure:    O Signore, che hai insegnato a san Gabriele dell’Addolorata a meditare assiduamente i dolori della tua dolcissima Madre, e per mezzo di lei lo hai elevato alle vette più alte della santità, concedi a noi, per la sua intercessione e il suo esempio, di vivere tanto uniti alla tua Madre addolorata da goderne sempre la materna protezione. Tu sei Dio,

oppure: O Dio, che hai intimamente impresso nell’animo di san Gabriele dell’Addolorata le pene di Cristo tuo Figlio e i dolori della Vergine Madre, fa’ che, vivendo come lui con l’animo rivolto al mistero della nostra salvezza, possiamo avanzare gioiosi e spediti sulla via della perfezione. Per il nostro

(MESS. Pio V)         Deus, qui beatum Gabrielem dulcissimæ Matris tuæ dolores assidue recolere docuisti, ac per illiam sanctitatis et miraculorum gloria sublimasti: da nobis, ejus intercessione et exemplo; ita Genitricis tuæ consociari fletibus, ut materna ejusdem protectione salvemur: Qui vivis.

Lodi mattutine
Inno
Salve, recéptus càndida
sede Angelorum, Gàbriel,
cuius perénnem glóriam
et mira gentes éfferunt.

Salve, dolórum pàrticeps
et gaudiórum Virginis:
virtùte per quam fùlseras,
per hanc coróna cingeris.

Nostris secùndam càsibus
caeli precéris Arbitram:
prò fràtribus te sùpplice,
nil Virgo Mater àbnuet.

Pravis reférta erróribus
instat scatébra ab inferis:
hanc, te rogante, extérminet
Maria victrix haéresis.

Septa iuvénta fràudibus
a te iuvàmen éxpetit;
qui vi supèrna, saeculo
vieto, triùmphum cóncinis.

Aegris medélam córdibus
infige Christi vulnera;
Matrisque luctu tèmpera
vesàna mundi gàudia.

Iesu, tibi sit glòria,
divina proles Virginis,
qui per Mariam sérvulo
tot contulisti mùnera. Amen.

Vespri
INNO
Gólgothae cives, vigiles, canàmus
inclitas laudes, quibus in supèrni
glòria regni Gàbriel, Maria;
munere fulget.

Maestre qui Matris stùdio coléndae,
prima dum floret iuvenilis aetas,
saeculi blandas sùperat, tenaci
róbore, fraudes.

Ipsa matérnis óculis labéntem
firmat, altèrno réfovens, amóre;
ut Deo, rebus vàcuus cadùcis,
haereat uni.

Sub crucis Christi pia Mater umbra,
sérvulo praebens documenta morum,
édocet secum Gèniti cruéntam
piàngere mortem.

Me virtùtum decus ac dolóres
cónsequi tanta; sàtagit Magistrae:
ngelis compar, sociisque vitae
forma regéndas.

O nimis felix Gàbriel! micànti
visa conspéctu, legit ipsa Mater
càndidum florem, superisque sertis
iungit in aevum.

Cerne caelésti iùvenes ab arce,
qui dolos certant superare mundi:
te duce, invictos super astra cunctos
Virgo corónet!

Laus, honor Patri, Genitaéque Proli,
cui datum nomen super omne nomen,
et Paracléto decus atque virtus
omne per aevum. Amen.