lunedì 29 febbraio 2016

la bellezza salverà il mondo





TEMPO DI 40 ORE

Gesù amaci, dalla tua Eucarestia
effondi sopra di me la fiamma del tuo Amore.
   Fa' che non ci abituiamo
alle meraviglie della tua Eucaristia.
   Fa' che ogni giorno
restiamo abbacinati
davanti al mistero della tua Passione e Morte.
   Fa' che non discendiamo dall'altare
se non con il cuore in subbuglio,
con il cuore amareggiato
alla vista dell'Amore Crocifisso.
   Fa' che non discendiamo dall'Altare
se non barcollando
per aver preso parte
al più tremendo e al più santo
avvenimento della Storia.
   Non abbandonarci
alla nostra Umanità, o Gesù,
in quel momento
non siamo che peccatori.

p. Mario Borzaga
6 novembre 1958

martedì 23 febbraio 2016

Litanie del Pentimento



Litanie del Pentimento

Signore, pietà.
Cristo, pietà.
Signore, pietà.

Cristo, ascoltaci.
Cristo, esaudiscici.

Padre del cielo, che sei Dio. Abbi pietà di noi
Figlio, Redentore del Mondo, che sei Dio.
Spirito Santo, che sei Dio.
Santa Trinità, unico Dio,

O Dio, che con la tua longanimità, fai manifesta la tua onnipotenza e la tua bontà,
O Dio, che sì pazientemente aspetti il peccatore,
O Dio, che sì affettuosamente l'inviti a penitenza,
O Dio, che tanto gioisci della sua conversione,

D'aver peccato, mio Dio, mi pento di tutto cuore!
D'aver peccato tante volte sì gravemente,
D'aver peccato in pensieri e parole,
D'aver peccato in opere ed omissioni,
D'aver peccato sotto i tuoi occhi,
D'aver peccato servendomi dei tuoi stessi doni,
D'averti posposto ad un miserabile piacere,
Per essere diventato per te oggetto d'orrore,
Per aver perduto tutti i meriti acquistati,
Per aver perduto l’ accesso al paradiso,
Per aver meritato tutti i tuoi giusti castighi,
D'aver reso inutile il frutto della Passione di Gesù,
Di non aver temuto la tua onnipotenza,
D'aver disprezzato il tuo amore,
D'aver abusato della tua bontà e longanimità,
D'aver rinnovato i dolori del tuo divin Figlio,
Perché ho dato dispiacere a te, mio Sommo bene,
Perché sei amabile sopra tutte le cose,
Perché ti amo sopra ogni cosa,
In unione del pentimento dei santi penitenti,
In unione di quel sommo orrore che per ogni minimo peccato
ebbe sempre la Beata Vergine Maria,
In unione di quel dolore incomprensibile che provò il tuo divin Figlio
sul monte degli ulivi per motivo dei miei peccati e dei peccati di tutto il mondo,


Preghiamo:
Allontana, o mio Dio, il tuo sguardo dai miei peccati, e guarda il tuo Figlio morto sulla croce per me: è in Lui, con Lui, e per Lui che ti presento il mio cuore, pentito d'averti offeso e pieno d'ardente desiderio di amarti, di meglio servirti, di fuggire il peccato e di evitarne le occasioni. Tu non rigettare un cuore contrito ed umiliato; ed io spero, con viva fiducia, di essere esaudito. Amen.

lunedì 22 febbraio 2016

noi pazzi

Fair is foul, and foul is fair:
Hover through the fog and filthy air


Conoscete queste parole? Le pronunciano le streghe di Macbeth. In italiano in genere la prima frase è resa con “Bello è il brutto e brutto è il bello”, ma in inglese c’è una coincidenza linguistica per cui fair vuol dire sì bello, ma anche buono, giusto, corretto, e foul vuol dire sia brutto che turpe, osceno, scorretto. In quasi nessuna delle lingue c’è questa coincidenza, i greci hanno dovuto inventare la parola kagatos che nasce dall’unione di kalos+agatos per indicare la bontà e la bellezza unite. In italiano invece spesso per traslato “bello” si intende anche “buono”: “stasera mi mangio una bella pizza”. In ebraico invece questa coincidenza esiste: Tov significa bello/buono era brutto/cattivo. Quindi quando Dio nei sei giorni della creazione “vide che era cosa buona”, sta contemplando qualcosa di bello e buono insieme.
Qual è il significato originale del testo di Shakespeare?: le streghe dicono: “ciò che per voi è bello/buono, per noi è brutto/cattivo e ciò che per voi è brutto/cattivo, per noi è bello/buono.” Com’è possibile ciò lo spiega il verso seguente: solo passando attraverso la nebbia e l’aria mefitica si può scambiare il male col bene. Anche Dante dice che è entrato nella Selva oscura in un momento di annebbiamento: tant’era pien di sonno a quel punto … Colui che ci porta verso il male all’inizio mette in moto i meccanismi per confondere la vista e la comprensione di ciò che è bene per tramutarlo in male e viceversa, ma in seguito, quando la sua vittima si è abituata al male, si è corrotta, come direbbe Papa Francesco, la scelta del male al posto del bene è fatta in modo sempre più consapevole e, quel che è peggio, volontario. Il mondo, come lo chiama San Giovanni, quello che non ha conosciuto Dio, ha una visione completamente opposta a quella di Dio: il mondo giudica belle e desiderabili tutta una serie di cose che sono male agli occhi di Dio.
Senza volervi tediare con il discorso sui trascendentali, sappiate però che sono alla base di quanto sto per dire ora, sappiamo che la natura di Dio è la bellezza e la bontà, ma anche che la via della salvezza dell’umanità scelta da Lui passa attraverso la bruttura e la repulsione: “il più bello dei figli dell’uomo” diventa colui che “non ha né apparenza né bellezza”: “Due flauti suonano in modo diverso, ma uno stesso Spirito vi soffia dentro. Dice il primo: “Egli è il più bello tra i figli degli uomini” (Sal 45,3); e il secondo, con Isaia, dice: ‘Lo abbiamo visto: non aveva più né bellezza, né decoro’ (Is 53,2). ‘Egli non aveva bellezza né decoro’ per dare a te bellezza e decoro. Quale bellezza? Quale decoro? L’amore della carità, affinché tu possa correre amando e amare correndo… Guarda a Colui dal quale sei stato fatto bello”. Sant’Agostino, In lo. Ep., IX, 9.
Così come sono unite in Dio, così anche nella storia della salvezza la bellezza deve essere unita alla carità per non essere mero fattore estetico, guscio vuoto (e non ultimo strumento del male, perché tutto può essere pervertito, la bellezza come la verità). Quindi Gesù è bellissimo nel momento in cui è sfigurato:
1_grunenwald
2_Crocifisso-di-San-Damiano
Il crocifisso di Grunenwald ed il crocifisso di San Damiano ci mostrano come l’arte cristiana ha sempre cercato di mostrare i due aspetti del sacrificio della croce: l’orrore e la bellezza, che però non possono essere visti contemporaneamente, un po’ come i due lati di una moneta.
Il mondo non considererà mai belli e desiderabili il sacrificio, la rinuncia, il nascondimento, il dono di sé che invece sono belli agli occhi di Dio perché frutto della carità. Mentre invece l’autoaffermazione, l’appropriazione, l’apparenza, l’autoconservazione sono brutti agli occhi di Dio perché sono frutto della mancanza di carità.
Quindi per questo ciò che è sapiente agli occhi del mondo è stoltezza agli occhi di Dio e ciò che è sapiente agli occhi di Dio è stoltezza per il mondo: “E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.” I Cor 1, 22-24
La novità del cristianesimo è la rivelazione della pazzia di Dio, Dio è pazzo, poiché esce dalla sua impassibile trascendenza per mescolarsi alle nostre gioie, alle nostre pene, alla nostra disperazione. Il tema dell’amore ‘folle’ di Dio affiora dovunque nel Nuovo Testamento. Se la creazione rivela la sapienza di Dio, l’incarnazione per la nostra salvezza rivela il suo amore pazzo per noi. Il Crocifisso per amore è il segreto di ogni follia. Il Dio incarnato discende nella morte per prendere tutti gli uomini nella follia del suo amore. Con gli occhi bendati, schiaffeggiato, schernito, coperto di sputi, rivestito di una porpora da beffa, coronato di spine, re per burla, ecce homo, ecce deus: un pazzo in verità!
in quale modo si può rispondere a questa pazzia di Dio? Essendo pazzi come Lui: Gli Apostoli lasciano tutto e lo seguono e come loro nei secoli i martiri, i monaci, i re, i frati, i missionari … Chi segue Cristo è sempre giudicato pazzo.
Ma esiste una particolare vocazione alla pazzia che è tipica della spiritualità russa: il “pazzo in Cristo”, lo “jurodivyj” è l’uomo che risponde con tutto il suo essere alla follia di Dio, che entra anche lui nella «stoltezza della croce», che diventa pazzo per amore di Cristo. Il pazzo in Cristo s’identifica con Cristo oltraggiato, crocifisso, eppure risorto: egli vive già nel Regno e denuncia l’orgoglio, l’odio e la menzogna di ‘questo mondo’. Prende alla lettera le Beatitudini e il Discorso della montagna, tutta quella insopportabile follia: la terra donata ai miti, la gioia ai perseguitati e I’offrire la guancia sinistra quando siamo colpiti sulla destra, in tre parole: amare i nemici.
Il pazzo in Cristo rivela possibile l’impossibilità del cristianesimo. È  un massimalista cristiano, è uno che sotto l’apparenza di una finta pazzia vive il Vangelo alla lettera, povero e senza un rifugio. Non entra nelle le chiese se non per farvi scandalo, vive nei rifiuti della città, nella sua più compromettente o più pericolosa marginalità, con i cattivi e le donne di cattiva condotta …
Serapione, Simeone, Nicola e Teodoro, Xenia sono alcuni dei Pazzi in Cristo russi. Tra di loro c’era chi girava nudo e alla domanda «Chi ti ha svestito così?» «E’ lui» rispose Serapione, indicando il Vangelo che aveva tra le mani. C’era chi si vestiva con un’uniforme militare e diceva di chiamarsi come il marito defunto  (Xenia). C’era chi correva sul fiume e si azzuffava per far capire quanto futili e meschine fossero le beghe tra due città vicine  (Nicola-Testa-di-Cavolo e Teodoro). C’era chi dava scandalo in chiesa, bombardando ad esempio le donne con le nocciole o entrava nei loro bagni pubblici (Simeone). C’era chi prendeva sassate le case dei buoni e baciava le mura delle case dei cattivi (indovinate perché…) Ma grazie queste pazzie, che avevano solo lo scopo di far vedere il mondo sotto un’altra prospettiva, cioè come lo vedevano loro: sottosopra (e quindi nel modo corretto direbbe Chesterton …), i Pazzi in Cristo riuscivano a fare degli atti di carità impossibili agli altri: c’era chi dava l’elemosina ad un mercante ben vestito e ingioiellato
( si scoprirà che era tutto quello che possedeva, avendo perduto tutto e vergognandosi di chiedere la carità), c’era chi andava a trovare una prostituta generando i peggiori sospetti (le aveva portato da mangiare perché sapeva che era rimasta da tre giorni senza cibo), c’era chi di notte trasportava i mattoni in cima ad una impalcatura per facilitare il lavoro agli operai il giorno dopo …
Eccoli:
San Serapione
San Serapione
San Basilio di Mosca
San Basilio di Mosca
Santi Nicola e Teodoro
Santi Nicola e Teodoro
Santa Xenia_1
Santa Xenia 1
Santa Xenia_2
Santa Xenia 2
Il bello è che i pazzi in Cristo, sia gli jurodivyj veri e propri che i cristiani che cercano solo di essere tali, generano spesso incomprensione anche tra gli stessi cristiani. In questo bel film, che vi consiglio, L’isola di Pavel Lungin, un monaco russo non riconosce uno jurodivyj che vive con lui nello stesso monastero e si lamenta delle sue pazzie…, ma alla domanda “Perché Caino ha ucciso Abele?” non sa rispondere, ovvero, conosce la risposta perché l’ha studiata, ma non ha fatto l’esperienza di aver ucciso un innocente, come invece il suo fratello pazzo ha fatto e sta cercando di espiare seguendo la via della pazzia.
In questo spezzone del film guardate i primi minuti almeno fino alla domanda dell’abate: “E tu lo sai?” se poi vi piace continuate pure :-)
Siccome sono una pericolosa estremista, credo che al mondo si possa solo essere pazzi, e l’unica scelta che abbiamo è per chi essere pazzi.
9_I am fool for Christ

domenica 21 febbraio 2016

Lettera ad un Vegetariano

Riflessione sul Vegetarianesimo (ma anche sulla Legge del Sacrificio e sul senso profondo dell’esistenza)





Sollecitato più volte, provo a fare qualche riflessione riguardo alla questione del Vegetarianesimo (e,  prendendo spunto da essa, anche su questioni un tantino più profonde, come la Legge del Sacrificio che pervade ogni aspetto di questa realtà) e persino sul senso dell’esistenza dell’uomo in questo mondo.

Personalmente, conosco molti  vegetariani e questo non mi crea problemi, almeno nella misura in cui tale atteggiamento non sfocia in un fanatismo sentimentali stico e aggressivo. Del resto, si può essere vegetariani per vari motivi. Anche i monaci cristiano-ortodossi, mi dicono, lo sono (ma dietro tale scelta non c’è alcuna motivazione “emotiva”, ma una ragione “tecnica”: certi cibi, la carne su tutti, hanno effetti “sottili” che possono ostacolare un certo cammino di contemplazione). 



Trovo invece discutibile e un po’ stucchevole il moralismo che punta l’indice contro “l’assassinio” degli animali e il fatto che essi vengano “sacrificati” per il nostro piacere. Ecco: in questi casi, credo che bisogna chiarire alcuni termini della questione.

Caro Vegetariano,
fermo restando che non andrebbe mai inflitta una sofferenza immotivata a qualsivoglia essere, qui secondo me ti sfugge un aspetto della Realtà in quanto tale. Ci piaccia o meno, infatti, esistere vuol dire già di per se immolare altri esseri al sacrificio.

La realtà stessa di questo mondo è dominata dall’occulta Legge del Sacrificio, che si traduce necessariamente in una forma di “violenza” e nell’immancabile “sofferenza” che essa provoca.
Nascere vuol dire infliggere sofferenza e dolore a nostra madre e immolare il suo sangue; coltivare una pianta e poi estirparla dal terreno è già un atto di “violenza”; camminare vuol dire calpestare e colpire la terra; consumare qualsiasi cosa vuol dire, già di per se, sottrarla ad un altro essere.
Ogni atto che compiamo in questo mondo proietta dietro di se un’ombra.

Chi mai ha pensato, portando all’altare la propria moglie, che in quel momento, forse, sta letteralmente “spezzando il cuore” (sta conducendo al sacrificio) altri uomini che vorrebbero stare al proprio posto e che quella stessa donna desiderano e forse amano esattamente come lui?
Ed elevandoci ad un piano superiore: forse che il Cristo all’atto di andare in croce non è cosciente di sacrificare, oltre che se stesso, anche le anime di coloro che umanamente lo amano, quelle dei suoi discepoli sgomenti, dei suoi fedeli scandalizzati, di sua madre piangente?
Questo avviene necessariamente perché il mondo in cui viviamo –la dimensione temporale dominata dal tempo, dalle nascite e dalle morti- NON è il Paradiso, ma tutt’al più  solo una sua ombra fugace. Nella dimensione edenica e paradisiaca, gli esseri manifestano ed espandono la loro natura in tutte le sue modalità e in armonia perfetta con gli altri esseri (essendo ogni essere nient’altro che una manifestazione particolare dell’Uno), ma in questo mondo della “divisione” e del polemos, del divenire e del conflitto permanente, questo non può avvenire.

Le immagini dell’orca che fa a pezzi un cucciolo di foca, del lupo che divora l’agnellino indifeso, potranno anche apparire crudeli ai nostri occhi, ma rispondono in realtà ad una spinta necessaria che ha lo scopo di innalzare gli esseri per ricondurli al loro Principio.

“La creazione geme” scrive San Paolo, perché ogni aspetto di questo mondo (o meglio, di questo piano della realtà) implica combattimento e sacrificio; e tutti i sacrifici – letteralmente il “diventare sacro” - hanno come scopo di riportare all’Uno ciò che qui appare “sparso”.
Questo non deve “scandalizzare” e non deve confondere.
Come i chicchi dell’uva devono essere schiacciati e spremuti per dare vita ad un buon vino, così è degli esseri che popolano il mondo.
Per l’uomo, che è Immagine divina, questo può avvenire direttamente, conformandosi ad una Legge Sacra e così giungendo alla salvezza e poi alla realizzazione spirituale; per gli altri esseri, al contrario, esso avviene attraverso il passaggio ad altri stati dell’essere o attraverso la partecipazione e la vicinanza all’uomo (credete forse che solo “per caso”, molti animali ricerchino la vicinanza di uomini santi, come dimostrano innumerevoli aneddoti riguardo alla vita di San Francesco, Sant’Antonio o San Serafino di Sarov?).


Il ruolo dell’uomo, da questo punto di vista, dovrebbe  essere (purtroppo non sempre lo è!) proprio quello di “riunire in se”, come Immagine di Dio, ogni aspetto della creazione: diventare pontifex, riportare il creato al suo Principio.
Non è forse questa, tra l’altro, l’occulta ragione dei sacrifici di sangue che tutte le Tradizioni antiche celebravano?
Ma per compiere tale gesto – che è poi il Sacrificio Supremo - l’uomo dev’essere davvero Immagine del Creatore e cioè santo.
“Tutta la creazione attende la rivelazione dei figli di Dio” scrive sempre San Paolo.

Un sapiente sacerdote, mi disse una volta:
“all’atto della resurrezione del santo, risorgono con lui anche gli esseri di cui si è nutrito”.
Cosa vi ispira questa immagine? Vi fa cogliere un certo aspetto “sottile” della realtà, indipendentemente dal fatto che la vogliate intendere in senso letterale o come “metafora” o come simbolo?
Pertanto, caro vegetariano e anche voi cari carnivori,
il vero nocciolo della questione non sta tanto nel consumare bistecche o tofu, kebab o riso in bianco. Come mi disse tempo fa un caro e sapiente fratello, la vera domanda da porsi dovrebbe essere:

“tu che stai mangiando costolette d’agnello o pane di segale: cosa stai facendo affinché questi sacrifici che compi nutrendoti non siano vani? La tua vita è abbastanza umana (e di riflesso santa e divina) da meritare questo sacrificio?.


http://www.gianlucamarletta.it/wordpress/2016/02/vegetarianesimo/

sabato 20 febbraio 2016

Umberto Eco, cattivo maestro

Eco, cattivo maestro dai testi di piombo

Torna "Il costume di casa": una raccolta di pezzi degli anni

Sessanta che ha gettato benzina sugli anni del terrorismo.

Per screditare la destra confonde volutamente

pensatori e picchiatori


Pagine interessanti,non c’è dub­bio, a tratti acute, da cui traggo quattro o cinque spunti utili per ca­pire il presente. Parto da quel tem­po. Negli anni Sessanta c’era in Ita­lia una vera borghesia, dignitosa e ipocrita, come è poi la borghesia, che aveva senso del decoro e della morale, un discreto amor patrio, un reverenziale rispetto per le tra­dizioni culturali e religiose, anche se talvolta fariseo o filisteo. Le sue basi erano i costumi di vita eredita­ti, la buona educazione e le lezioni impartite dalla scuola del tempo. Eco demolisce quei santuari a uno a uno: il senso della tradizione e dei buoni costumi, il senso religio­so e il legame con la morale comu­ne, la meritocrazia e «l’illusione della verità». Auspica una «guerri­glia semiologica» (in quegli anni erano parole di piombo), nega il ri­spetto del latino - «L’ossessione del latino è una manifestazione di pigrizia culturale, o forse di forsen­nata invidia: voglio che anche i miei figli abbiano gli orizzonti ri­stretti che ho avuto io, altrimenti non potranno ubbidirmi quando comando»-distrugge i buoni senti­menti e il suo alone retorico che promanavano dal libro Cuore , li­bro di formazione di più generazio­ni che servì a edificare un sentire comune dell’Italia postunitaria e che per Eco è invece «turpe esem­pio di pedagogia piccolo borghe­se, paternalistica e sadicamente umbertina»; elogia Franti il cattivo e vede in lui il modello positivo dei contestatori, anzi di più, lo vede co­me ispiratore di Gaetano Bresci, l’anarchico che uccise all’alba del ’900 Re Umberto a Monza.
Capite che benzina Umberto Eco abbia gettato sul fuoco di que­gli anni feroci. Il cattivo maestro Eco poi contesta il filosofo Abba­gnano che elogia la selezione e il merito, sostenendo che la selezio­ne sia solo una legge di natura da correggere con la cultura e la soli­darietà e auspica «che non ci sia più una società dove predomina la competitività».Declassa la religio­ne a fiaba e suggerisce non d­i avver­sarla come facevano gli atei dichia­rati ma più subdolamente di relati­vizzarla
 presentandola come fia­ba tra le fiabe.Giudica impossibile un Picasso che dipinga l’Alcazar fa­scis­ta come dipinse Guernica anti­fascista; dimenticando il filone fu­turista e fior d’artisti fascisti ( a pro­posito dell’uso politicamente am­biguo della pittura, cito l’esempio di Renato Guttuso che riprodusse un suo manifesto fascista antiame­ricano degli anni Quaranta in un manifesto comunista antiamerica­no degli anni Sessanta in tema di Vietnam. Riciclaggio ideologico).

Umberto Eco poi si allarma, co­me Pasolini e altri, perché cresce­va agli inizi degli anni Settanta la cultura di destra in Italia, con nuo­vi autori ed editori (Il Borghese, Volpe, la Rusconi diretta da Catta­biani).

E le dedica uno sprezzante articolo, confondendo volutamen­te pensatori e picchiatori, «magi­strati retrivi » (allora le toghe erano considerate protofasciste) e rivi­ste culturali. Particolare l’acredi­ne verso il suo concittadino ales­sandrino Armando Plebe, all’epo­ca approdato a destra ma di cui Eco nega perfino la provenienza marxista (Plebe fu invece l’unico fi­losofo italiano vivente a essere cita­to come marxista nell’Enciclope­dia sovietica). Eco disprezza auto­ri come Guareschi e Prezzolini, Evola e Zolla,Panfilo Gentile e «il ri­sibile pensiero reazionario». E fa una notazione volgare: «la nuova destra rinasce soltanto perché un certo capitale editoriale sta offren­do occasioni contrattuali conve­nienti a studiosi e scrittori, alcuni dei quali rimanevano isolati per vo­cazione, e altri non sono che ar­rampicatori frustrati». Un’analisi così rozza e faziosa non l’abbiamo letta neanche nei volantini delle Brigate rosse. Fa torto al suo acu­me. È come se spiegassimo la cultu­ra di sinistra con i soldi venuti dal­l’Urss o le firme de l’Espresso­ La Re­pubblica con i soldi di Carlo De Be­nedetti ...

Sarebbe volgare, falso o almeno riduttivo.
Eco avverte i suoi lettori che «il capitalismo come entità metafisi­ca e metastorica non esiste ». Al fa­scismo, invece, Eco attribuisce en­tità metafisica e metastorica ele­vandolo a Urfascismo: il fascismo come eterna dannazione. Sul rap­porto tra cultura e capitalismo la considerazione becera fatta sugli autori di destra si inverte quando invece si tratta di un autore «di sini­stra
 »: anche se «ha un rapporto economico con i mezzi di produ­zione » lui non ne dipende, perché conta «il rapporto critico dialetti­co in cui egli si pone con il siste­ma ». Traduco: se la cultura di de­stra trova investitori è asservita al Capitale e lo fa mossa solo dai sol­di; se la cultura di sinistra è finan­ziata dal Capitale, invece usa gli in­vestitori ma non si fa usare e ha sco­pi nobili... Può vivere «di preben­de largite da chi detiene i mezzi di produzione» perché quel che con­ta è «la presa di coscienza» (io direi ben altra presa...). Loro prezzolati, noi illuminati.

Il testo è utile perché rivela la ma­trice di Eco: prima che semiologo è ideologo. Mascherato. Traspare quell’ideologia illuminista radical che traghetta la sinistra dal comu­nismo al neocapitalismo, spostan­do il Nemico dai padroni ai fasci­sti, dal Capitale ai reazionari, in cui Eco include cristiano-borghe­si e maggioranze silenziose. L’anti­fascismo assurge a religione civile, a priori assoluto nella lotta tra Libe­razione e Tradizione, che sostitui­sce la lotta di classe.

Questo testo mostra le origini colte della barbarie odierna e del­la relativa intolleranza. Se vivia­mo in un’epoca che rigetta la cul­tura classica, l’amor patrio,le buo­ne maniere, le buone letture, la meritocrazia, la scuola selettiva, forse non è frutto semplicemente del berlusconismo ... Infine il te­sto di Eco dimostra che la destra è demonizzata anche quando non si riduce al rozzo cliché dei pic­chiatori o dei prepotenti o, muta­tis mutandis, dei leghisti o dei ber­luscones. Ma si accanisce sprez­zante anche sulla destra colta, i suoi libri, i suoi editori, scrittori e filosofi, oggi da cancellare ieri da eliminare; come accadde a Gio­vanni Gentile, prototipo dell’intel­lettuale out. Un assassinio pensa­to in seno alla cultura e nutrito col fiele dell’ideologia. Il passato, a volte, echeggia.

http://www.ilgiornale.it/news/cultura/eco-cattivo-maestro-dai-testi-piombo-827822.html

se gli ortodossi devono difende la dottrina cattolica …


Quando un vescovo ortodosso difende la dottrina cattolica …


Al sinodo del 2015, un vescovo in modo particolare ha difeso la dottrina cattolica sul matrimonio e la famiglia: il metropolita ortodosso Hilarion.
Vi offriamo un inedito che inedito non avrebbe dovuto essere e, in quanto cattolici romani, proviamo una certa vergogna e disagio per il silenzio — lo chiamiamo censura? — con il quale Radio Vaticana e la Segreteria del Sinodo hanno trattato il vescovo ortodosso (metropolita) Hilarion, portavoce ufficiale per altro del Patriarca di Russia Kirill (vedi qui) nel suo intervento importantissimo rivolto al Sinodo dell’ottobre 2015, davanti al Santo Padre.
Sì, accennarono a questo intervento ma trattandolo in modo molto marginale e superficiale, non riportando mai il testo integrale.
Non sapremo mai se le parole di Hilarion hanno in qualche modo influito, poi, sui lavori finali del sinodo i quali presero tutt’altra piega da come erano partiti nell’ottobre 2014, ma certamente sono parole fortissime, un parlare davvero “Sì, sì – No, no” senza mezze misure che i nostri Vescovi dovrebbero riflettere e fare proprie. Buona lettura.

Santità,
Beatitudini, Eminenze e Eccellenze,
a nome di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill e di tutta la Chiesa ortodossa russa rivolgo il nostro saluto fraterno a tutti voi, in occasione della XIV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica, dedicata al tema della famiglia.
Nel nostro mondo turbolento e inquietante, l’uomo ha bisogno di basi solide e incrollabili su cui poggiare, per costruire su di esse con fiducia la propria vita. La società laica, orientata principalmente alla soddisfazione dei desideri individuali, non può dare alla persona orientamenti morali chiari. La crisi dei valori tradizionali cui assistiamo nella società dei consumi, porta ad una contraddizione tra diverse preferenze, anche nelle relazioni familiari. Così, se il femminismo estremo vede nella maternità un ostacolo alla realizzazione della donna, d’altra parte, il fatto di avere un figlio è sempre più considerato un diritto che può essere raggiunto con qualsiasi mezzo. Sempre più spesso, la famiglia è vista come un’unione di due persone, indipendentemente dal loro sesso, e si ritiene che l’individuo possa scegliere l’appartenenza all’uno o all’altro sesso, secondo il gusto personale.
D’altra parte, si presentano nuovi problemi che riguardano direttamente i fondamenti della famiglia tradizionale. I conflitti armati nel mondo moderno causano un esodo di massa dalle regioni colpite dalla guerra verso i paesi più ricchi. L’emigrazione spesso porta alla rottura dei legami familiari, e crea nel contempo un nuovo ambiente sociale in cui nascono legami che hanno spesso carattere interetnico e interreligioso.
Queste sfide e minacce sono comuni per tutte le Chiese cristiane, che devono cercare le risposte, basandosi sulla missione affidata loro da Cristo, quella di guidare la persona alla salvezza. Purtroppo, anche in ambienti cristiani, sentiamo spesso voci che chiedono una “modernizzazione” della coscienza ecclesiale, cioè il rifiuto della dottrina cristiana, apparentemente obsoleta, sulla famiglia. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare le parole dell’apostolo Paolo rivolte ai cristiani di Roma: ” Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2).
La Chiesa è chiamata ad essere una luce e un faro nel buio di questo mondo, e i cristiani sono chiamati a essere “sale della terra” e “luce del mondo”. Tutti noi non dobbiamo dimenticare il tremendo monito del Salvatore: “se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini” (cf. Mt 5, 13-14). Un tale sale, che ha perso la forza del proprio sapore, diventano in questo nostro tempo alcune comunità protestanti che si definiscono cristiane ma predicano ideali morali che sono incompatibili con il cristianesimo.
Se in comunità di questo tipo si introduce il rito della benedizione delle unioni omosessuali, e una donna lesbica, che si autodefinisce “vescovo”, esorta a rimuovere dalle chiese portuali le croci e a sostituirle con mezzelune islamiche, può una tale comunità essere definita “chiesa”? Sotto i nostri occhi il cristianesimo viene tradito da quanti sono pronti a fare il gioco della società secolarizzata, sclericalizzata e senza Dio.
Le autorità di diversi paesi d’Europa e America, nonostante le numerose proteste, anche da parte di fedeli cattolici, continuano a perseguire una politica deliberatamente mirante alla distruzione del concetto stesso di famiglia. Non soltanto le unioni omosessuali vengono legalmente equiparare al matrimonio, ma si arriva a perseguire penalmente quanti, a motivo della propria fede cristiana, rifiutano di registrare tali unioni.
Subito dopo la conclusione della visita di Papa Francesco, il presidente americano Barack Obama ha apertamente dichiarato che i diritti dei gay sono più importanti della libertà religiosa. Questo mostra chiaramente l’intenzione delle autorità secolari di continuare l’attacco alle forze sane della società che difendono i valori tradizionali della famiglia.
I cattolici sono in prima linea in questa lotta, e proprio contro la Chiesa cattolica è in corso una vera e propria campagna di discredito e menzogna. Pertanto, la forza nel difendere le convinzioni cristiane e la fedeltà alla tradizione della Chiesa oggi sono particolarmente necessarie.
Oggi che la società diventa sempre più simile all’uomo stolto, “che ha costruito la sua casa sulla sabbia” (cf. Mt 7 26), è dovere della Chiesa ricordare alla società la sua base solida – la famiglia come unione dell’uomo e della donna, che ha come fine la nascita e l’educazione dei figli. Solo una tale famiglia, stabilita dallo stesso Signore al momento della creazione del mondo, è in grado di prevenire, o almeno rallentare, lo scivolare della società moderna nel baratro del relativismo morale.
La Chiesa ortodossa, così come quella cattolica, nella sua dottrina sulla famiglia ha sempre seguito la S. Scrittura e la S. Tradizione, affermando il principio della santità del matrimonio, che si fonda sulle parole del Salvatore stesso (cf. Mt 19, 6; Mc 10, 9).
Nel nostro tempo, questa posizione deve essere più unita e unanime. Dobbiamo insieme difenderla nel dialogo con le autorità legislative ed esecutive dei singoli paesi, e a livello delle organizzazioni internazionali, come l’ONU e il Consiglio d’Europa. Non possiamo limitarci alle sole esortazioni, dobbiamo garantire pienamente la tutela giuridica della famiglia.
E’ indispensabile la solidarietà delle chiese e tutte le persone di buona volontà, al fine di proteggere la famiglia dalle minacce del mondo laico e così garantire il nostro futuro.Spero che uno dei frutti della Assemblea del Sinodo sarà l’ulteriore sviluppo della cooperazione cattolico-ortodossa in questa direzione.
Vi auguro la pace, la benedizione di Dio e successo nel vostro lavoro!
(Città del Vaticano, 20 ottobre 2015)

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Ricordiamo che un tale accordo, possiamo pensare, sia stato raggiunto oggi con la Dichiarazione congiunta firmata il 12.2.2016 a l’Avana, tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill –vedi qui – dove leggiamo con soddisfazione questi passi:
15…..In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica.
  1. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi. Ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la loro apertura alla procreazione e all’educazione dei figli, la solidarietà tra le generazioni e il rispetto per i più deboli.
  1. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. È l’amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica.
  1. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10).
Lo sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale.
Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del Creatore.
  1. Oggi, desideriamo rivolgerci in modo particolare ai giovani cristiani. Voi, giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt 25, 25), ma di utilizzare tutte le capacità che Dio vi ha dato per confermare nel mondo le verità di Cristo, per incarnare nella vostra vita i comandamenti evangelici dell’amore di Dio e del prossimo.Non abbiate paura di andare controcorrente, difendendo la verità di Dio, alla quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre.
Laudetur Jesus Christus +
https://bergoglionate.wordpress.com/2016/02/14/quando-un-vescovo-ortodosso-difende-la-dottrina-cattolica/