giovedì 28 luglio 2016

La verità genera odio

Sant'Antonio: predicare la verità,
come la Scrittura impone, genera l'odio
delle persone mondane
«La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell'odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell'odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo»

mercoledì 27 luglio 2016

chiesa e patacche .... della misericordia

L’omicidio dell’akribeia per l’oikonomia e il suo successivo suicidio


 

In questo post accennerò brevemente e chiaramente a certi temi morali che si dibattono da molto nel mondo cattolico. Per mesi nel Cattolicesimo è stata invocata la “misericordia” nei riguardi di chi vive forme diversificate di convivenza dicendo che tali persone sono credenti di “serie B” dal momento che non possono accedere all’eucarestia. Questo e discorsi analoghi sono tediosi e molto pericolosi e dirò il perché. Con tale affermazione s’invoca un’applicazione generosa della legge morale un’oikonomia, per dirla con linguaggio tecnico greco. Se non si applica tale oikonomia si finisce per non essere dei veri cristiani e, qualcuno dice, si è dei rigoristi attaccati alla legge, come i farisei di un tempo.

Per uscire dai rovi di questi discorsi semplicistici e confusi e capire qualcosa di più bisogna interrogare la storia e comprendere le scelte di fondo dell’antico Cristianesimo, assai più rigoroso di quello attuale.

San Paolo ai suoi cristiani chiedeva addirittura di non sposarsi, poiché il Signore, per lui, stava per venire e un matrimonio li avrebbe, almeno parzialmente, distratti dagli inderogabili obblighi della vita cristiana (discorso rigoroso ossia che segue l’akribeia, detto con termine greco). Poi, vedendo la realtà, san Paolo decide di applicare l’oikonomia: “È meglio sposarsi che ardere!”.

Cosa c’indica il passo paolino? Che il fine delle posizioni rigorose di akribeia è quello di mantenere aperto il cammino verso Cristo, di mantenere viva nel cuore del credente la coscienza della realtà di Dio. La legge rigorosa non ha senso per se stessa ma per scrollare l’uomo e indicargli il cammino verso il Cielo, un cammino che non è facile per nessuno. Questo perché l’uomo, lasciato ai suoi soli criteri personali, si autogiustificherebbe subito con quel criterio utilizzato spesso e che si riassume nella seguente frase: “Se ti senti bene così, allora va bene così”.
 
Per la Chiesa questo discorso, che può essere valido per la psicologia, non ha senso. La Chiesa non si muove con la psicologia (come oramai accade spesso in Occidente) ma con la spiritualità che sta su un piano totalmente diverso e implica vere e proprie percezioni interiori. La seconda non è necessariamente contro la prima ma ha fini e prospettive che la prima non può avere per sua stessa scelta.
 
Perciò l’oikonomia della Chiesa è sempre fatta per portare all’akribeia o quanto meno per tendere verso essa, l’applicazione larga della legge morale è fatta per portare ad un’applicazione sempre più rigorosa.
 
Faccio un esempio:
Nel caso di due conviventi non sposati, la Chiesa dovrebbe chiedere ad entrambi se vogliono amare Cristo. Se sì, dovrebbe loro ricordare che questo comporta una sequela che, come per tutti, impone anche dei sacrifici. Cristo accoglie tutti ma non li vuole lasciare come sono e chiede loro pian piano di cambiare per assumere la “veste nuziale” e poter entrare nella stanza dello Sposo (cfr. Mt 22, 1-14 ).
 
Il cambiamento o metanoia, è prima di tutto un atteggiamento interiore, è l’ammissione che nessun uomo è perfetto dinnanzi a Dio, che la nostra è una natura ferita, passionale, dunque soggetta ad oscurarsi e a chiudersi a Dio.
 
A quest’atteggiamento interiore e spirituale deve corrispondere pian piano una scelta esteriore e pratica: due conviventi o si sposano regolarmente o rinunciano all’uso della sessualità. Nella Chiesa la sessualità è regolata, non lasciata all’arbitrio o al capriccio personale. Tale regola ha come fine ultimo quello di non oscurare l’animo dinnanzi alle realtà celesti poiché l’uomo nell’abbondanza e nella possibilità di far ciò che vuole si taglia inevitabilmente da Dio finendo per dire a se stesso: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia” (Lc 12, 19).

Se la scelta della castità non si può fare, anche per umani e ragionevoli motivi, la vita cristiana sarà inevitabilmente sempre piuttosto marginale alla Chiesa (*). Ciò non significa essere di “serie B” o esserne fuori, significa aver scelto da se stessi un luogo in cui stare e in quel luogo Dio aiuterà le persone di buona volontà nella misura a Lui nota e possibile.
 
Dal mio punto di vista, se i conviventi non hanno rapporti sessuali per un certo tempo, la Chiesa può anche ammetterli ai sacramenti, ma sempre agendo con attenzione. In questo modo è fatta salva l’oikonomia e non si intacca l’akribeia.

Molto differente è il caso che si sta cercando di attuare: partendo dalla constatazione puramente psicologica che l’amore di due conviventi è uguale (o più elevato) all’amore di due persone regolarmente sposate, si dice che esiste una vera e propria ingiustizia a non ammetterli ai sacramenti. Esiste, dunque, chi li vorrebbe ammettere immediatamente e sempre, cosa che si fa già.

Siamo dinnanzi al caso di una oikonomia che uccide l’akribeia: chi fin ora ha seguito la via rigorosa si sentirà tradito dalla stessa Chiesa! Non ci si accorge, per di più, che tale oikonimia, dopo aver ucciso l’akribeia, non può che uccidere se stessa! Infatti, rimosso il valore della conversione, dichiarata de facto l’identica dignità di ogni forma di convivenza (probabilmente vero psicologicamente ma non spiritualmente), appoggiati unicamente su una visione psicologica e non spirituale dell’uomo, si giunge inevitabilmente al detto: “Se ti senti bene così, allora va bene così”. Questo alla lunga può veramente portare all’agnosticismo e all’abbandono di ogni pratica religiosa poiché l’uomo si concepisce autosufficiente, ossia bastante a se stesso.
Credo che in Occidente il mancato dosaggio sapienziale dell’oikonomia, l’ideologica e pregiudiziale condanna senza appello dell’akribeia, la mancanza di una prospettiva spirituale sostituita in gran parte da concezioni psicologiche porteranno alla fine dello stesso Cristianesimo.

_____

(*) Questargomento è spinoso. In un contesto che esalta all’inverosimile la sensualità e la sessualità  - fino al punto incredibile da paragonare le relazioni trinitarie a quelle sessuali - risulta quasi impossibile valorizzare la continenza sessuale. In realtà la Chiesa l’ha sempre  valorizzata (come non poche religioni storiche) perché l’uso indiscriminato della sessualità sfibra le energie dell’anima, abbassa o acceca la coscienza spirituale, snerva l’intuito interiore. Il logion evangelico "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" non è pronunciato a caso e non si riferisce neppure ad una semplice condizione ultraterrena, oltrepassata la vita presente. L’intuizione della presenza divina è come l’ascolto del rumore leggero del vento (e anche qui non è un caso che la Scrittura riferisca che la presenza di Dio sta nella brezza - 1 Re 19, 11-13): come sarebbe impossibile sentire il rumore leggero del vento se ascoltassimo musica a tutto volume, così è impossibile intuire la presenza divina in un animo dedito ai piaceri sensuali e disperso nella molteplicità del mondano. Non è dunque un caso che tutte le religioni che coltivino un minimo di spiritualità sostengano la continenza sessuale, cosa alla quale sono chiamati in determinati periodi a praticare pure gli sposi cristiani. Se, viceversa come sta succedendo, quasi un’intera Chiesa perde di vista la spiritualità sostituendola con la psicologia, è inevitabile non capire più la continenza sessuale. La ribellione verso essa finirà per essere addirittura favorita da una concezione della vita legalistica e moralistica, dal momento che pure questa è sganciata da ogni genere di spiritualità ed empeirìa cristiana o equivoca la spiritualità con una concezione religiosa puramente psichica, un sottoprodotto della stessa sensualità dove Dio è un zuccheroso bonaccione mille volte distante dal "Dio sabaoth" della rivelazione biblica.

Inoltre, a ben osservare, la cosiddetta "sessuofobia" e il disprezzo del corpo, atteggiamenti malati che l’Oriente cristiano non conosce e provenienti da una matrice filosofica neoplatonica che ha affascinato il mondo latino medioevale, provengono inizialmente dalla sopraccennata conoscenza spirituale ma poi, con l'idea di migliorarla, l'hanno distorta. Perciò si deve stare ben attenti a non proiettare sulla rivelazione cristiana e sugli scritti paolini questo tipo di concezioni - alcuni dicono che san Paolo era un sessuofobo! - concezioni posteriori e che il mondo biblico era lungi dal condividere.

martedì 26 luglio 2016

Le processioni al Sud

“Le processioni al Sud Italia danno fastidio ma se a contestarle è chi ha ridotto la Liturgia della Chiesa ad un teatrino?”


 
Articolo scritto per MiL dallo Storico dell’arte Dott. Flavio Garreffa, che ringraziamo di cuore. 
Buona lettura . AC 
 
 ***
“Le processioni al Sud Italia danno fastidio ma se a contestarle è chi ha ridotto la Liturgia della Chiesa ad un teatrino?” 

Da Napoli in giù in qualsiasi paese o città ci si reca a partire dal mese di maggio è un susseguirsi di riti e manifestazioni religioso - popolari che vedono commoventi ed imponenti cortei processionali portare in trionfo per le strade dei propri centri abitati statue artistiche e di grande pregio in processione, tra archi di luminarie variopinte, canti antichi e ricchi di fascino arcano e fuochi pirotecnici. 
 
Oggi si guarda con ammirazione e con profonda fede a questi riti che anche se possono sembrare anacronistici e superati rappresentano ancora per intere generazioni un punto di riferimento costante per mantenere forte il legame con la propria fede a Cristo, alla Vergine e ai Santi Patroni. 
 
Nella maggior parte dei casi sono confraternite ad organizzare queste manifestazioni o semplici associazioni o comitati festa. 
 
E’ vero! Molti di questi antichi pii sodalizi confraternali oggi hanno purtroppo perso il loro senso autentico di fedeltà al Vangelo e alle autorità ecclesiastiche. 
Ci si riduce ad indossare l’abito sacro solo nel giorno della festa del Santo Titolare e poi durante l’anno spariscono dalle chiese, molti dei portatori di queste Immagini Sacre sono persone che appartengono a gruppi criminali e malavitosi e che del cristianesimo hanno una visione errata e distorta. 
 
Nei piccoli centri diventa una forma di ostentazione di potere, riducendo il tutto a grandi parate folcloriche. 
Ma non bisogna fare di tutta lerba un fascio! 
 
In molti paesi si respira una seria e onesta identità cristiana attorno a queste forme teatralizzate della pietà popolare e se molte persone ancora varcano i portoni delle chiese è solo perché restano uniti da queste pratiche religiose. 
 
Perché dico questo? 
E’ molto semplice! 
Si sa con grande amarezza che dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II la maggior parte dei sacerdoti e soprattutto dei vescovi hanno pensato che celebrare i santi misteri sia una libera interpretazione dettata dal gusto personale, dalle devozioni e dal mettersi in mostra. 
 
L’altare del Divino Sacrificio diventa un tavolino smontabile, con una ciotola di fiori sul lato sinistro e due misere candele di gusto discutibile nella maggior parte dei casi poste sul lato destro e poi inizia la commedia. Il messale diventa un accessorio di secondo piano da interpretare ed ecco che si da avvio alle invezioni delle parti della liturgia, preghiere inventate sul momento, balli, paramenti usati inpropriamente, dissacralizzazione delle sacre specie eucaristiche, canti sullo stile “Sanremo giovani”, e la santa messa diventa lo spettacolo del prete di turno che da libero sfogo alle proprie fantasie devozionistiche. 
 
Nelle Diocesi del Sud Italia quando si discutono sempre su due punti: “Purificazione della pietà popolare e rapporto con i giovani e le famiglie”. Come se oggi nelle Diocesi del Meridione d’Italia i problemi urgenti da affrontare fossero davvero questi.
 
 
Intanto la gente che assiste impotente e sgomenta a questi spettacoli di liturgie si rifugia nell’unica cosa che ancora richiama alla loro mente il senso del sacro, vale a dire la pietà popolare e le semplici devozioni alla Vergine e ai Santi. 
 
Però è raro vedere un vescovo che sospenda un sacerdote due mesi dal celebrare messa quando vede con documenti comprovati abusi gravi perpetrati alla liturgia, è raro vedere un vescovo scrivere un decreto sul giusto criterio e le norme da rispettare nelle celebrazioni liturgiche, è raro vedere un vescovo prendere dei provvedimenti sanzionali nei confronti dell’insubordinazione alla dottrina e alle norme liturgiche. 
 
Ma dalle i pastori “zelanti” di Puglia, Calabria e Sicilia arrivano lettere infuocate di riforma e snaturamento di processioni, comprese quelle per eccellenza del Corpus Domini.
 
Sicuramente la pietà popolare va purificata ed evangelizzata da cattive interpretazioni che rasentano retaggi culturali impregnati di superstizione, folclore e anche paganesimo ma non sarebbe ancora più lodevole se si iniziasse da chi dovrebbe dare l’esempio che queste manifestazioni siano autenticamente vissute nello spirito del vangelo?
 
Se i primi a fare della Sacra Liturgia una barzelletta sono la maggior parte dei sacerdoti come si può avere obbedienza e rispetto?
 
Se i primi a non rispettare le norme della Chiesa sono i suoi ministri come si può pensare ad una riforma generale? 
 
Allora riflettiamo perché quando non vedremo più passare nei nostri paesi in processione le statue belle o brutte che siano dei nostri Santi Patroni o di Cristo e della Vergine, allora sarà quello il momento in cui avremo perso la nostra identità culturale e spirituale che ci tiene uniti al patrimonio dei luoghi in cui viviamo. 
 
Le chiese resteranno grandi contenitori vuoti per “piccoli sacerdoti” che continueranno a fare taeatro anziché liturgia! 

Dott. Flavio Garreffa Storico dell’arte 

Roma, 29 Giugno 2016 Solennità dei Santi Apostoli e Martiri Pietro e Paolo
 

domenica 24 luglio 2016

sei cattolico se ...

GIURAMENTO ANTIMODERNISTA
(Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672)


IO ….. fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente.

Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti.

Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell'origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi, compreso quello in cui viviamo.

Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli.

Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell'evoluzione dei dogmi da un significato all'altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito.

Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall'oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell'intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato.

Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell'enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi.

Riprovo altresì l'errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana.

Disapprovo pure e respingo l'opinione di chi pensa che l'uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati.

Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l'analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema.

Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l'insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull'origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell'aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l'esame di qualsiasi altro documento profano.

Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c'è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l'abilità e l'ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli.

Mantengo pertanto e fino all'ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell'episcopato agli apostoli (1), non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa (2).

Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell'insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.


1 IRENEO, Adversus haereses, 4, 26, 2: PG 7, 1053.

2 TERTULLIANO, De praescriptione haereticorum, 28: PL 2, 40.

venerdì 22 luglio 2016

Islam: lupi tra le pecore (stupide)

Islam, il vescovo Márfi: vogliamo bene ai lupi, creature di Dio, ma non li invitiamo tra le pecore





Non è un caso che c’è questa enorme pressione di immigrazione sull’Europa, ci può avere un ruolo anche la volontà di conquista da parte dei musulmani, ma lo appoggiano pure i grandi poteri – dice nell’intervista Gyula Márfi, arcivescovo di Veszprém, con cui abbiamo parlato sulla necessità di ritrovare la fede cristiana. E’ un compito fondamentale considerare di nuovo seriamente la fede cristiana.

E’ ancora cristiana l’Europa?
Recentemente sono stato in Polonia con dei pellegrini. Secondo i segni esterni là vive ancora il cristianesimo. Oltre alle chiese vecchie da ammirare ce ne sono diverse nuove, costruite recentemente, e la cosa più importante sono le comunità numerose di giovani. La fede è viva, ma purtroppo questo in Europa non si vede più, neanche nella nostra patria.

Alla luce di questo, cosa vuol dire l’esortazione che bisogna proteggere l’Europa cristiana?


Prima di tutto bisogna far capire che siamo sulla strada sbagliata e che il più presto possibile dobbiamo tornare alle nostre radici. Perché in Europa anche adesso tutto parla di cristianesimo. E’ sufficiente considerare la nostra era: Gesù è nato 2016 anni fa. Oppure che mentre per i musulmani venerdì è festa, per gli ebrei sabato è festa, in Europa la domenica viene considerata una festa perché Gesù si è risuscitato quel giorno. Ma possiamo guardarci attorno nell’architettura, nelle arti, nella letteratura o nella musica e dappertutto ci accorgiamo che i valori più determinanti sono nati dalla fede cristiana. Se buttiamo via tutto ciò, non ci resta niente, la nostra cultura perde il suo senso. Il problema ancor più grave è se rinunciamo ai nostri valori morali; allora la sessualità, l’amore, l’affetto e la vita si distaccano gli uni dagli altri. In quel modo si crea non solo un sottovuoto ideologico ma anche demografico. Quindi vengono gli immigrati.

Secondo alcuni questo non è un problema, anzi, è un’opportunità.

Non ho mai disonorato i musulmani ma la loro morale è completamente diversa dalla nostra. Quello che per noi è un peccato, per loro è una virtù. Ciò che secondo noi non è una colpa così grave, per loro è un peccato mortale. Per esempio, per loro ingannare un kafir (miscredente, non fedele di allah) è un atto particolarmente buono. Dobbiamo considerare questo, senza giudicarli. Nessuno vuole fargli del male, neanche io li odio, anzi gli voglio bene e li rispetto. Prego per loro tutti i giorni. Non è colpa loro se vogliono occupare l’Europa, ma è colpa nostra.

Quindi secondo Lei la migrazione attuale è anche una conquista?

La jihad è un principio per i musulmani che vuol dire che devono espandersi. Bisogna rendere dar al-islam, cioè territorio islamico la maggior parte della terra, introducendo la shariʿah, cioè la legislazione specifica.

Pensa seriamente che anche le persone che fanno centinaia di chilometri con dei figli vorrebbero conquistare il continente?

Sono certo che hanno anche una missione del genere, ma naturalmente non vengono solo per questo. Ci sono sempre stati guerre e disastri ambientali, ma il fatto che adesso c’è una pressione così forte sull’Europa, non può essere un caso, può averne ruolo la volontà di conquista. Per questo li appoggiano le banche arabe. Non li fanno entrare in Qatar o negli Emirati Arabi Uniti, ma gli danno dei soldi e li incitano ad immigrare da noi. La migrazione non ha solo delle cause, ma anche degli scopi. Come per esempio la destabilizzazione dell’Europa e dell’Euro, in cui invece possono contare sull’appoggio degli Stati Uniti. Il terzo scopo è la cura della forza di lavoro in certi Stati Membri dell’Unione Europea. Le multinazionali hanno bisogno di forza di lavoro economico, cioè di schiavi moderni.

Papa Francesco, il capo della Chiesa Cattolica, in questi giorni ha detto che nell’immigrato cacciato ci può essere Cristo. Non c’è una contraddizione in questo?


Gesù disse “siate miti come le colombe”, ma disse anche “siate intelligenti come i serpenti”. Solo perché vogliamo bene ai lupi, in quanto creazioni di Dio, non li facciamo entrare tra le pecore, anche se arrivano in veste di pecore. Al Santo Padre non conviene dichiarare certi pensieri in maniera forte perché allora i musulmani possono vendicarsi sui cristiani del Medio Oriente.
da «Riscossa cristiana»

i soldi degli amici di Francesco I

Gänswein, Papa e Chiesa. A tutto campo
Georg Gänswein, segretario di papa Benedetto XVI, e Prefetto della Casa pontificia, nei giorni scorsi ha rilasciato una lunga intervista allo Schwäbische Zeitung , in cui con molto candore ha parlato di sé, del Pontefice regnante e della Chiesa tedesca. 


Georg Gänswein, segretario di papa Benedetto XVI, e Prefetto della Casa pontificia, nei giorni scorsi ha rilasciato una lunga intervista allo Schwäbische Zeitung, in cui con molto candore ha parlato di sé, del Pontefice regnante e della Chiesa tedesca. Chi è interessato può trovare qui l’originale

Il fatto di essere stato segretario di Benedetto XVI, e il suo lavoro precedente alla Congregazione per la Dottrina della Fede rappresentano “un marchio di Caino” agli occhi di molti nella Chiesa in Germania. Il che rende improbabile che possa tornare in Germania come vescovo. Nelle diocesi tedeschi, il Capitolo della cattedrale gioca un ruolo importante nella selezione dei candidati, e in generale, ha detto Gänswein, i membri non sono noti per “avere la più grande lealtà verso Roma”. E non ha comunque “ambizione di diventare un vescovo diocesano”. E comunque, ha detto, la Chiesa tedesca ha un grande problema, e sono i soldi. La legge tedesca da alle Chiesa una percentuale sulle tasse pagate. Ciò fa della Chiesa tedesca un ente molto ricco, e il secondo datore di lavoro dopo lo Stato. Ma se decidi di non registrarti più come cattolico, sei fuori. “Sì, questo è un problema serio. La Chiesa reagisce con l’espulsione automatica dalla comunità, in altre parole la scomunica! Questo è eccessivo, incomprensibile. Se metti in questione un dogma, non importa a nessuno, non ti cacciano. Il non pagamento della tassa alla Chiesa è un’offesa maggiore alla fede della violazione dei principi di Fede?”. E ha continuato: “Le casse piene e chiese vuote, questa forbice è terribile, e non può andare molto più a lungo bene. 

Se i registratori di cassa si riempiono ed i banchi si svuotano, ci dovrà essere un giorno un’implosione. Una chiesa vuota non può essere presa sul serio”. 

E “l’effetto Francesco” che qualche vescovo tedesco aveva predetto dopo l’elezione in Germania “non sembra essersi realizzato”. 

Sulle controversie che hanno fatto seguito all’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, in particolare per quanto riguarda la possibilità per i divorziati-risposati di essere ammessi ai sacramenti, Gãnswein ha detto: “Se un papa vuole cambiare un aspetto della dottrina, deve farlo con chiarezza, per renderlo vincolante. Principi magisteriali importanti non possono essere modificati da mezze frasi o note a piè di pagina in qualche modo ambigue.    Le dichiarazioni che possono essere interpretate in maniere diverse sono una cosa rischiosa”. 

Sul rapporto dei fedeli, in particolare di quelli più conservatori, con il Pontefice attuale ha detto: “La certezza che il Papa, come una roccia di fronte alle onde, era l’ultima ancora, si sta, in effetti, dissolvendo. Se questa percezione corrisponda alla realtà e rifletta correttamente l’immagine del papa Francesco, o si tratta di un’immagine mediatica, non posso giudicarlo. 

Però le insicurezze e a volte anche la confusione e il disordine sono aumentati … c’è un corto circuito fra la realtà mediatica e la realtà dei fatti”. 

Mons. Gänswein ha risposto a una domanda sul modo di comunicare del Pontefice, e ha ammesso che “nel discorrere, a volte a paragone dei suoi predecessori sia un po’ impreciso, addirittura scorretto, semplicemente bisogna accettarlo. Ogni papa ha il suo stile personale. E’ la sua maniera parlare così, anche con il rischio di dar luogo a malintesi, e a volte anche a interpretazioni stravaganti. Ma continuerà a parlare senza peli sulla lingua”.  

http://www.lastampa.it/2016/07/21/blogs/san-pietro-e-dintorni/gnswein-papa-e-chiesa-a-tutto-campo-xpBPrMAurQDfixdFCdshhK/pagina.html

giovedì 21 luglio 2016

Il balletto della Misericordia



Giovanilismo, malattia senile degli ordini religiosi. Il balletto della Divina Misericordia




Lo spot per la Gmg di Cracovia delle suore della Beata Vergine Maria della Misericordia di Mysliborz, in Polonia. Balletto attorno alla santa immagine della Divina Misericordia.

vittoria sui mussulmani

Il trionfo della santa Croce una festa per oggi 

 



di Roberto De Albentiis

Un paio di mesi fa avevo scritto per questo blog un articolo in cui parlavo delle varie feste della Santa Croce, ma sono venuto a conoscenza solo pochi giorni fa di una festività che non conoscevo, e che si celebra proprio oggi: il Trionfo della Santa Croce; legata alla grande vittoria cristiana di Las Navas de Tolosa (16 luglio 1212), che impresse una svolta decisiva nella liberazione della penisola iberica dal dominio musulmano, Papa Innocenzo III la istituì per commemorare questo grande evento, che aveva visto il trionfo degli eserciti della Croce sugli eserciti della Mezzaluna. Festa propria della Spagna e dei suoi domini, fissata prima al 16 o 17 luglio e poi definitivamente al 21 per non oscurare la festa del Carmelo, già poco nota, è ora quasi del tutto scomparsa, rimasta solo in alcune località e in alcuni calendari, tanto che io stesso l’ho scoperta quasi per caso.

Su Las Navas de Tolosa e sul legame con questa festa ci sarebbe alla fine poco da dire, ma proviamo ad attualizzare e magari rivitalizzare questa festa, di cui c’è bisogno per più di un motivo; innanzitutto, il ricordo di una grande e decisiva battaglia cristiana europea contro la potenza islamica farebbe venire in mente più di un legame con l’attualità, ma è davvero così? L’Europa di oggi è la stessa Europa di ieri? Decisamente no.

L’Europa di ieri era l’Europa essenzialmente cristiana, l’Europa in cui, pur tra i vari Re ed Imperatori, pur nella pluralità di ordinamenti politici, il primo vero e unico Re e Signore era Dio, perché si sapeva che solo da Lui deriva ogni potere e ogni legittimità; l’Europa in cui tutto, dalla legge alla cultura, era cristiano, in cui non contavano le divisioni linguistiche o politiche perché unica era la fede e unico era il simbolo che accomunava tutti i popoli come fratelli, ovvero, proprio la Santa Croce, esposta sui palazzi (altro che discussioni sul Crocifisso nei luoghi pubblici come oggi!), lungo le strade, negli stendardi di battaglia.

Scrive Gonzague de Reynold: “L'Europa unita ci fu soltanto una volta nella storia: durante i secoli XI e XII di quel Medioevo il cui nome organico è epoca della Cristianità...Per la prima volta nella storia un mondo ha ricavato la sua legge dalla sua fede, ha cercato di organizzarsi secondo i suoi principi. Per quanto se ne possa parlare, la visione del mondo del Medioevo, che si rifaceva all'ordine, alla pace, alla fraternità cristiana, all'unità di tutti e di tutto in Dio, rimane il più alto gradino cui lo spirito si sia mai elevato.”; l’Europa cristiana di ieri non ha nulla a che vedere con l’Unione Europea né con l’Occidente apostata e putrescente. Per cosa si deve combattere e morire, oggi? Per Nostro Signore Gesù Cristo, ormai spodestato dal Suo trono regale non solo spirituale, ma anche sociale? Per la propria Patria, quando da decenni viene instillato un auto-odio verso di essa, verso le proprie radici? No, oggi non si combatte né si muore per Cristo o per la Patria, anzi, prima li si combatte, e solo dopo, disperati e privi di radici, ci rendiamo conto di cosa abbiamo fatto. Ma seriamente, chi combatterebbe e morirebbe per il Mc Donald’s o il Burger King, per uno stupido reality show o per i matrimoni gay? Perché dovremmo farlo, poi?

Ma l’Europa cristiana era tale perché governata e più ancora vissuta da uomini cristiani, ma qual è lo stato della maggior parte dei cristiani oggi? Uno dei distintivi del vero cristiano è l’amore per la Croce, che non è solo un’adorazione, pia, giusta e doverosa, alla Santa Croce dove morì Nostro Signore, ma è anche l’atteggiamento di accettazione delle sofferenze e delle difficoltà, le varie piccole e grandi croci, che Dio permette che ci colpiscano, per nostra santificazione (o, Dio non voglia, se fossimo gravemente colpevoli, giusta punizione) e Sua glorificazione.

Ma come si può amare la Croce se si parla solo di “diritti” (e molto presunti) e mai di doveri, o se si dice che sacrifici e anche penitenze nulla contano perché Dio è “amore”? (un “amore” falso e mondano che nulla ha a che fare con la vera essenza di Dio, che è Amore vero e che l’ha dimostrato con l’Incarnazione e la Passione e Morte, sulla Croce, di Gesù!)
A che pro, quindi, blaterare di “crociate” se vogliamo difendere non i diritti di Nostro Signore, ma quelli di minoranze aggressive e viziate, non la libertà della nostra Patria ma la nostra finta libertà di “scelta” (ridotta ormai a giustificazione di qualsiasi sciocchezza o di qualsiasi libertinaggio)? A che pro blaterare di “crociate” se non issiamo gli stessi vessilli con la Croce ma, se va bene, i simboli e i marchi di qualche impresa multinazionale?

Il 15 luglio si festeggia solennemente Cristo come Redentore, e per operare pienamente la Redenzione Cristo ha versato tutto il Suo Preziosissimo Sangue ed è morto ignominiosamente sulla Croce; senza Croce non c’è Resurrezione, così come non c’è qualsiasi altro successo umano, anche se buono; solo amando la Croce Dio concede vittoria, sia essa la vittoria della nostra Patria nazionale o continentale che la vittoria contro i nostri peccati e le nostre debolezze, riflesso della grande vittoria di Cristo sulla morte e il peccato.


A tutti, buona festa del Trionfo della Croce, rammentando che Dio, per trionfare e regnare, si serve anche di noi e delle nostre opere, ma come potrà Egli trionfare e regnare nelle società e negli ambienti se prima nella nostra vita e nella nostra anima non trionfa e regna?
Ricordiamoci, come scrive l’Apostolo ai Romani, che “Infatti il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani, come sta scritto”; torniamo per questo ad amare la Croce (“scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani”, come dice ancora l’Apostolo, riferendosi a Gesù Crocifisso, e quindi alla Croce, scrivendo ai Corinzi), torniamo o diventiamo buoni e veri cristiani, di fatto e non solo di nome, sostanzialmente e non solo formalmente!




21 luglio
Trionfo della S. Croce
Oremus.
Deus, qui per Crucem tuam populo in te credenti trimphum contra inimicos concedere voluisti: quæsumus ut tua pietate adorantibus Crucem victoriam semper tribuas et honorem: Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia sæcula sæculorum. Amen.

un omosessuale si confessa

omosessualità e castità
Courage è uno dei servizi della Chiesa cattolica rivolti
a persone con attrazione verso lo stesso sesso.
 
Intervista ad Alberto Corteggiani
Qualche mese fa il settimanale l’Espresso ha pubblicato un’inchiesta su Courage, definendola una setta fanatica che vuole “guarire” gli omosessuali. Un giudizio sommario, che ci ha spinti ad andare alla fonte. Ne parliamo con Alberto Corteggiani, referente per l’Italia. Ripercorrendo la sua storia, cerchiamo di capire che cosa e Courage.
 
Come e arrivato a Courage?
Il mio primo contatto risale a parecchi anni fa. Sono una persona che prova attrazione verso persone dello stesso sesso (Ass) e a quel tempo vivevo un profondo ripiegamento su me stesso, frustrato per l’incapacità di amare ed essere amato come avrei voluto. Desideravo costituire una coppia dello stesso sesso. Pensavo non ci potesse essere felicità al di fuori di una relazione esclusiva, di possesso e fusione, che doveva includere non solo l’aspetto emotivo, ma anche quello genitale.
Una relazione simile a quella tra uomo e donna. Pensavo che le mie emozioni fossero la cosa più importante, confondevo desideri e bisogni. Soprattutto capivo di aver bisogno di aiuto. Credevo in Dio, ma non ne vedevo l’azione nella mia vita. A quel tempo facevo avanti e indietro col confessionale come fosse una lavanderia a gettoni. Finché un sacerdote mi pose un aut aut: o cambi stile di vita, o non posso darti l’assoluzione. Fu la molla decisiva: cercai aiuto, senza trovarlo in Italia. Allora scrissi a Courage, negli Usa, dopo averne letto in un libro. Mi sembrava una proposta coerente con l’insegnamento della Chiesa. Mi contattò un sacerdote a Roma. Con lui cominciai un percorso che mi ha portato a una nuova comprensione e accettazione di me stesso. Ho riscoperto la dimensione dell’amicizia e del dono di sé attraverso il servizio.
Un periodo di volontariato con persone portatrici di handicap fisico e mentale mi e stato utile per comprendere la dignità della persona umana. Adesso cerco di vivere in castità con l’aiuto della grazia di Dio.
Vive da solo?
Si, e non cerco relazioni di tipo romantico o sessuale. Vivo da solo, ma non sono solo. L’essere umano si realizza nell’amore e quindi nella relazione. Ma le relazioni vive, autentiche e nutrienti sono fondate sulla liberta che nasce dal rispetto dell’alterità. L’attrazione sessuale e un elemento importante, ma non definisce chi e la persona. La prima forma di solitudine che le persone sentono, specialmente quelle con Ass, e legata a un difetto nel loro rapporto con Dio, con sé stessi e con gli altri. Il difetto consiste nel non accettare la propria realtà, con la fragilità e i limiti che comporta.
Le persone con Ass devono accettare, come tutti, i propri limiti?
Tutti siamo chiamati ad accettare la nostra realtà per quella che e. Accettare i propri limiti e la propria fragilità significa rispondere al dono che Dio ci ha fatto, anche nella sessualità.
Naturalmente è un’accettazione critica. Se ho una tendenza sessuale incoerente con la mia costituzione biologica, non rivendicherò questa tendenza come qualcosa di positivo, ma non farò neanche finta che non esista. E una prova davanti a cui il Signore mi pone; mi chiede una risposta coerente con il suo progetto su di me. Il rapporto di vero amore tra due persone con Ass e l’amicizia.
cittànuova n.7 | Luglio 2016

mercoledì 20 luglio 2016

annullato il reato di pedofilia

Presentata alla Corte europea per i diritti umani un'istanza per intervenire e salvare le bambine oggetto di abusi sessuali


 
La Turchia sopravvissuta al golpe precipita nel passato, e i primi a fare le spese della scomparsa della parte liberale del Paese sono i minori e le donne. Tra i "colpi di testa" del regime di Erdogan, l'annullamento per mano della Corte costituzionale turca, di una norma che prevedeva il reato di pedofilia per gli atti sessuali compiuti con minori di 15 anni. Una decisione che ha destato la preoccupazione di associazioni umanitarie e osservatori internazionali perché, di fatto, rischia di costituire una amnistia per le nozze che coinvolgono le "spose bambine", già oggi circa 3,5 milioni in Turchia, che in questo modo sarebbero considerate alla stregua di abusi sessuali ordinari. Le associazioni per i diritti dei minori hanno annunciano di voler ricorrere davanti alla Corte europea per i diritti umani, prima che la normativa entri in vigore, a gennaio 2017.

http://m.repubblica.it/mobile/d/sezioni/attualita/2016/07/20/news/turchia_abolisce_reato_pedofilia_spose_bambine_allarme_alta_corte_diritti_umani_minori-3167790/?refresh_ce

"misericordia" tanto moralistica!!!!

IL "MISERICORDISMO" 
E' MORALISMO
 


 

IL "MISERICORDISMO" E' MORALISMO
Editoriale di "Radicati nella fede" Luglio 2016

  Il “Misericordismo” tanto in voga è pur sempre moralismo.

  Lo vedete tutti, va di moda presentare la Chiesa Cattolica come colei che perdona sempre, che accoglie senza giudicare. Chi vuol star dentro al nuovo corso della chiesa ammodernata ormai deve presentarsi così. Sono tanti i pastori nella Chiesa che non osano pronunciare nemmeno più una condanna riguardo al peccato – a meno che questa condanna non segua i dettami della cultura laicista dominante – e che si riprogrammano come silenti misericordisti; e sotto questo misericordismo sembrano benedire i peccati più orrendi che diventano libertà civili.

  Questo misericordismo è un triste moralismo; fa parte di quella “sbandata cattolica” che porta la Chiesa ad interessarsi solo della morale, dimenticando quasi del tutto le verità di fede.

  Certo che la morale è importante, ci mancherebbe altro!, ma se la morale non parte dal dogma, da Dio insomma, finisce per trasformarsi in una triste “istruzione per l'uso”.

  Sul subito una Chiesa così, che invece di parlare di Dio si dilunga in estenuanti pronunciamenti riguardo alla società e alle sue regole, sembra piacere agli uomini del tempo; sembra piacere a quelli - e sono tanti - che, non interessati alle cose di Dio per loro troppo lontane, hanno bisogno di una chiesa “utile” nell'immediato agli uomini e alle loro faccende.

  E sul subito una chiesa così sembra far comodo anche agli uomini di Chiesa che, gettandosi a capofitto nei dibattiti sui “valori”, sperano di rioccupare quel posto perso nella società moderna, agnostica e atea. Così troppi Pastori si sono trasformati in moderni agenti di morale; e, con il corollario del “misericordismo”, tentano disperatamente di essere simpatici nella loro ritrovata utilità sociale.

  Che inganno pensare che la morale interessi più di Dio! Che inganno pensare che una morale umana abbia qualche attrattiva, se non è legata a Dio!

  Si tratta di una situazione penosissima, che crea un clima asfissiante: una chiesa apparentemente più “pratica” perché immersa nell'attualità, che si rivela subito ripetitiva e inutile, perché abbandona l'uomo nella solitudine senza Dio.

  Questo “misericordismo”, tutto interno al moralismo, è uno dei frutti più oscuri del Naturalismo: la Chiesa, non parlando più di Dio, della Rivelazione, della vita soprannaturale, della grazia santificante, si attarda appunto in una morale che pare fatta di “istruzioni per l'uso”.

  Ma cosa deve fare allora la Chiesa?

  Deve indicare Dio.

  Deve indicare Dio agli uomini, deve indicare il miracolo della grazia che viene da Cristo, che, unica, può cambiare i cuori e rendere forti le volontà nell'obbedire a tutta la legge di Dio.

  La grande pedagogia cristiana, quella dei santi di 2000 anni di cristianesimo, quella della grande Tradizione cattolica, ha sempre fatto così: ha insegnato Dio e poi ha chiesto una morale corrispondente alla santità di Dio.

  Invece una chiesa ammodernata, tutta incentrata sull'uomo, non può più fare questo. È una chiesa che ha perso il suo centro divino e che deve riempire il suo terribile vuoto attardandosi nella morale; e questa morale senza Dio, questa chiesa moderna, la deve abbassare sempre di più, perché sia praticabile con i soli mezzi umani.

  Il “misericordismo” ha proprio questo scopo: dare al nuovo cristianesimo naturalizzato una morale abbordabile, cioè umana.

  I santi invece, vivendo in Dio, indicavano Dio e la sua Santità, chiedendo a se stessi e a tutti di santificarsi della santità stessa di Dio: questa è la morale cristiana!

E indicavano il miracolo della grazia, della forza stessa di Dio, che quando entra in noi rende possibile l'altrettanto grande miracolo del nostro cambiamento.

 Per queste ragioni non ci interessa il “misericordismo”, come non ci è interessato il “rigorismo”, perché sono entrambi falsi e ingannevoli: dimenticano Dio, e l'uomo ha solo bisogno di Dio.

  La vigilanza contro il moralismo, in tutti i suoi corollari, è essenziale, se vogliamo veder fiorire la nostra vita e restare cattolici.

  Ecco perché ci siamo sempre più preoccupati di salvare la Messa cattolica, quella della Tradizione, e non siamo partiti dai dibattiti morali. Lo abbiamo fatto perché la Messa di sempre indica Dio e la vita soprannaturale con una decisione chiara, assente invece in tutta la riforma abborracciata di questi ultimi decenni. La Messa cattolica di sempre è il primo e più grande antidoto contro l'eresia naturalista, che sfocia nell’eresia moralista.

  Vorremmo dirlo a tutti! sia ai fanatici della chiesa sempre accogliente che tace la gravità del peccato; sia ai neo-rigoristi conservatori che, giustamente spaventati della deriva immorale dentro e fuori la Chiesa, ingaggiano una battaglia che sembra fermarsi alle regole: cari amici, preoccupiamoci di tenere lo sguardo fisso in Dio, preoccupiamoci per questo dell'integrità del rito della Messa, allora anche l'insegnamento morale guarirà.

  Non illudiamoci, non avverrà l'inverso, che dalla battaglia morale si risalga a Dio. La battaglia morale, se non parte da Dio, è destinata a impantanarsi nella palude del moralismo, che uccide l'uomo fermandolo in se stesso.