È l’ora di san Giuseppe, patrono della Chiesa e della famiglia
Celebrare la festa di san Giuseppe del 19 marzo (i primi furono i
monaci benedettini nel 1030, seguiti dai Servi di Maria nel 1324 e dai
Francescani nel 1399; venne infine promossa dagli interventi dei papi
Sisto IV e Pio V e resa obbligatoria nel 1621 da Gregorio XV) significa
rendere onore liturgico al Patrono universale della Chiesa e
all’avvocato di ogni famiglia. Oggi più che mai occorre pregare ed
implorare la sua intercessione per l’una e per l’altra realtà. Alla
Vergine Maria si tributa il culto di iperdulia (al di sopra di tutti i Santi), mentre a san Giuseppe il culto di proto dulia (primo fra tutti i Santi).
Santa Teresa d’Avila affidò sempre a lui la risoluzione dei suoi
problemi e dei suoi affanni e mai San Giuseppe la deluse. Lasciò scritto
la mistica spagnola: «Ad altri Santi sembra che Dio abbia concesso
di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho
sperimentato che il glorioso san Giuseppe estende il suo patrocinio su
tutte. Con ciò il Signore vuol farci intendere che a quel modo che era a
lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva
comandare, così anche in cielo fa tutto quello che gli chiede». Perciò, «qualunque grazia si domanda a S. Giuseppe verrà certamente concessa, chi vuol credere faccia la prova affinché si persuada», infatti, «ho visto chiaramente che il suo aiuto fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare» (Vita, VI, 5-8).
Come implorarlo per le necessità? La Chiesa invita a pregarlo, in particolare, praticando la devozione del Sacro Manto di San Giuseppe
(risalente al 22 agosto 1882, data in cui l’Arcivescovo di Lanciano,
Monsignor Francesco Maria Petrarca, la approvò: orazioni da recitarsi
per 30 giorni consecutivi in ricordo dei 30 anni del casto sposo di
Maria Santissima a fianco e a tutela di Gesù). Un Manto che
molto potrebbe ottenere nell’anno del centenario di Nostra Signora di
Fatima, perché, proprio a Fatima, anche san Giuseppe apparve. Era il 13
ottobre 1917, ultima delle apparizioni mariane alla Cova d’Iria.
Pioveva a dirotto. Racconterà suor Lucia: «Arrivati (…) presso il
leccio, spinta da un istinto interiore, domandai alla gente che
chiudesse gli ombrelli, per recitare la Corona. Poco dopo, vedemmo il
riflesso di luce e subito dopo la Madonna sopra il leccio» (Quarta Memoria di Lucia dos Santos, in A.M. Martins S.j., Documentos. Fátima, L.E. Rua Nossa Senhora de Fátima, Porto 1976, p. 349). «Cosa vuole da me?». «Voglio
dirti che facciano qui una cappella in Mio onore; che sono la Madonna
del Rosario; che continuino sempre a dire la Corona tutti i giorni» (Ivi, pp. 349; 351).
A questo punto Lucia chiese se poteva guarire malati e convertire
peccatori, la Madonna disse che non tutti avrebbero ricevuto la grazia: «Devono emendarsi; chiedano perdono dei loro peccati» e, con un aspetto più triste, non «offendano più Dio Nostro Signore, che è già tanto offeso» (Ivi,
p. 351). In seguito la Madonna aprì le mani, che emanavano luce, e le
fece riflettere e proiettare nel sole. Lucia allora gridò a tutti di
guardare l’astro in cielo. Mentre la Madonna si elevava congedandosi, il
riflesso della sua luce continuò a proiettarsi nel sole. E accanto al
sole apparvero ai veggenti: san Giuseppe, il Bambino Gesù, la Madonna,
vestita di bianco, con il manto azzurro. San Giuseppe e il Bambino
benedicevano il mondo: la Sacra Famiglia si presentò nel suo splendore
celeste per assicurare la protezione in terra. Poi Maria Vergine divenne
Addolorata, con aspetto simile alla Madonna del Carmine.
In seguito iniziò il miracolo danzante del sole. Padre premuroso e
sollecito, san Giuseppe, a differenza di una certa letteratura
modernista che lo tratteggia soltanto come uomo di tenerezza, fu assai
forte e coraggioso (si pensi all’aver preso in sposa, contro il suo
pubblico onore, la Vergine Maria in attesa di Gesù, oppure alla fuga in
Egitto) e fu uomo mistico, visto che in più occasioni gli fu dato il
privilegio di conoscere la volontà di Dio attraverso gli angeli. San
Giuseppe, che ebbe così alta dignità e così alta responsabilità di capo
della Sacra Famiglia, proteggendo la sua sposa e il Figlio di Dio, se
invocato dai credenti e, principalmente, dai puri di cuore e, dunque, in
grazia di Dio, non abbandonerà la Sposa di Cristo ai peccati e agli
errori dei nostri tempi, sia clericali che civili. Ricorrere a lui
significa affidarsi al giusto difensore celeste.
Il b. Pio IX, l’8 dicembre del 1870, quando proclamò s. Giuseppe patrono della Chiesa universale, disse: «In
modo simile a come Dio mise a capo di tutta la terra d’Egitto quel
Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, affinché immagazzinasse
frumento per il popolo, così, all’arrivo della pienezza dei tempi,
quando stava per mandare sulla terra suo Figlio unigenito Salvatore del
mondo, scelse un altro Giuseppe, del quale il primo era stato tipo e
figura, che rese padrone e capo della sua casa e del suo possesso e lo
scelse come custode dei suoi principali tesori».
Allo stesso modo Leone XIII, nell’enciclica Quamquampluries del 15 agosto 1889, afferma: «è
affermata l’opinione, in non pochi Padri della Chiesa, concordando su
questo la sacra liturgia, che quell’antico Giuseppe, nato dal patriarca
Giacobbe, aveva abbozzato la persona e i destini di questo nostro
Giuseppe e aveva mostrato col suo splendore, la grandezza del futuro
custode della sacra famiglia». La stessa interpretazione venne
espressa da Pio XII quando istituì la festa di san Giuseppe artigiano
nel 1955. Possa il paterno discendente del Re Davide infondere nei
responsabili terreni della Chiesa e nei genitori un poco del suo virile
coraggio proveniente dalla sua indefettibile Fede. (Cristina Siccardi)
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