Oggi la liturgia ci propone un gigante di ineguagliata e insuperabile fede: Giuseppe, padre putativo di Gesù. Uomo semplice e di poche parole (nei vangeli non parla mai!), Giuseppe ha voluto piegare la sua vita ai progetti di Dio. Senza recriminare, senza lamentarsi, senza fuggire, Giuseppe ha fatto della realtà il suo metro di giudizio. Voleva una moglie, si è trovato una santa; voleva dei figli, si è trovato fra i piedi il figlio di Dio; voleva una vita semplice, senza scossoni e si è trovato in casa la presenza stessa dell’Altissimo… Quanta fede ci vuole nel prendere fra le proprie braccia muscolose il proprio bambino che impara a camminare e credere che si tiene fra le braccia la presenza stessa di Dio! Quanta nell’insegnargli le preghiere del pio israelita prima di coricarsi! Quanta nel muovere un rimprovero all’adolescente Gesù! Giuseppe ci mostra che è possibile santificarsi senza fare cose grandi, senza grandi scoperte o miracoli eclatanti, ma prendendo a bottega Dio e insegnandogli a seguire la vena del legno con la pialla. Che Giuseppe insegni a tutti noi a vivere la vita che abbiamo come opportunità di scrutare l’altrove.
S. Matteo ci tiene a raccontare la versione della nascita di Gesù dalla
prospettiva di S. Giuseppe. È importante, per lui, dimostrare che
davvero Gesù discende da Davide e che compie le promesse del Signore. E
il suo racconto ci riempie di stupore e di gioia: Giuseppe, promesso
sposo di Maria, è l’unico a sapere che quel figlio non è suo. Per
seguire la Legge del Signore avrebbe dovuto denunciare il fatto e
cacciare con vergogna Maria (e a quei tempi l’avrebbero lapidata). Avrebbe
potuto passare la notte insonne e trovare una soluzione che salvasse
l’onore alla sua amata: dire che si era stancato di lei. Bella storia:
per essere giusto, come lo definisce Matteo, non avrebbe osservato la
Legge avrebbe mentito! Ma la notte di S. Giuseppe finisce con un sogno e
un angelo lo rassicura. E Giuseppe che fa? Si sveglia e fa come gli ha
detto l’angelo! Noi avremmo pensato alla cena pesante … Giuseppe è
giusto perché non giudica secondo le apparenze ed è un grande sognatore
(spesso, nella sua storia, i sogni svolgono un ruolo determinante).
Chiediamogli, di avere ancora il coraggio del sogno, di osare, di non
lasciarci schiacciare dal pessimismo dilagante.
Oggi la Chiesa proclama la grandezza di uno dei suoi figli più amati e
conosciuti: Giuseppe, padre di Gesù nostro Signore e amato sposo di
Maria, madre di Dio. Un augurio a tutti i papà che da lui imparano la
responsabilità di amare.
Immenso Giuseppe, abituato all’odore della colla e della resina, con la mani indurite dal legno e dalla malta, silenzioso protagonista della follia di Dio! Devoto israelita che aveva il sogno di sposare una brava e onesta ragazza e di ingrandire la bottega ora che, a Sefforis, si stava costruendo una nuova città. E che, invece, deve cambiare i suoi progetti, come ci racconta Matteo, e fidarsi. Fidarsi della testimonianza della sua giovane e promessa sposa, adombrata dallo Spirito, che non lo ha tradito per i riccioli scuri di un altro uomo, ma che si è concessa in sposa all’Altissimo. Cosa ne sa lui, uomo semplice, di apparizioni e di promesse? La notte insonne e popolata di incubi lo porta a deliberare a salvezza di Maria, rinnegandola pubblicamente per salvarle l’onore e la vita. E proprio quando, trasgredendo la Legge!, compie un immenso gesto di giustizia, Dio lo rassicura: non temere, Giuseppe. Non teme, Giuseppe, si fida e prende con sé Maria il figlio non suo, che farà suo nell’affetto e nella quotidianità. Giuseppe, che hai saputo mettere da parte i tuoi sogni, il tuo orgoglio di maschio ferito e hai fatto spazio alla novità di Dio che irrompe nella vita, prega per noi!
Solo Matteo e Luca ci parlano della nascita di Gesù. Con ogni probabilità alle primitive comunità non interessava così tanto l’infanzia del Signore, cosa invece più interessante per le comunità di seconda generazione. Così abbiamo due resoconti che bene si integrano: quello di Matteo che, da buon ebreo, è più attento alle vicende dal punto di vista di Giuseppe e quello di Luca, più attento alla storia di Maria. Lo scarno racconto di Matteo ci restituisce un uomo grande e generoso, Giuseppe, che si viene a trovare in una situazione incresciosa: la sua futura moglie aspetta un figlio non suo. La notte del povero Giuseppe è insonne e irrequieta: amante tradito vuole comunque salvare la piccola Maria rescindendo il contratto di fidanzamento senza svergognarla. Questo gesto di “giustizia” compiuto in palese disobbedienza alla legge (!) lo tranquillizza e gli spalanca il cuore a capire cosa sta veramente succedendo. Il sogno dell’angelo gli offre una chiave interpretativa che ribalta la tragica situazione. Grande Giuseppe che, una volta svegliatosi, prende con sé Maria! Sia lui ad insegnarci a credere nel Dio dell’impossibile!
Nei vangeli, Gesù è conosciuto con il mestiere trasmessogli dal padre, quello di carpentiere abile nella lavorazione del legno ma capace, come si usava allora, a fare altri lavori inerenti all’edilizia. Stupisce il fatto che Dio abbia lavorato con le sue mani, scegliendo un’occupazione impegnativa, da artigiano appunto, che ha svolto per gran parte della sua vita. Nella Bibbia il lavoro dell’uomo aiuta Dio a completare la Creazione, diventa il modo che l’uomo ha di assomigliare al Dio artigiano che costruisce il Cosmo. Lavorare perciò, dona a noi la dimensione della dignità prima ancora che garantirci il sostentamento col guadagno. Oggi, purtroppo, la dignità del lavoro e del lavoratore sono passate in secondo piano: è il profitto a determinare la validità di un lavoro e le scelte, a volte drammatiche, dell’economia che, come vediamo, finiscono col determinare anche le scelte politiche. Riappropriamoci del lavoro così come l’ha voluto Dio!
Immenso Giuseppe, abituato all’odore della colla e della resina, con la mani indurite dal legno e dalla malta, silenzioso protagonista della follia di Dio! Devoto israelita che aveva il sogno di sposare una brava e onesta ragazza e di ingrandire la bottega ora che, a Sefforis, si stava costruendo una nuova città. E che, invece, deve cambiare i suoi progetti, come ci racconta Matteo, e fidarsi. Fidarsi della testimonianza della sua giovane e promessa sposa, adombrata dallo Spirito, che non lo ha tradito per i riccioli scuri di un altro uomo, ma che si è concessa in sposa all’Altissimo. Cosa ne sa lui, uomo semplice, di apparizioni e di promesse? La notte insonne e popolata di incubi lo porta a deliberare a salvezza di Maria, rinnegandola pubblicamente per salvarle l’onore e la vita. E proprio quando, trasgredendo la Legge!, compie un immenso gesto di giustizia, Dio lo rassicura: non temere, Giuseppe. Non teme, Giuseppe, si fida e prende con sé Maria il figlio non suo, che farà suo nell’affetto e nella quotidianità. Giuseppe, che hai saputo mettere da parte i tuoi sogni, il tuo orgoglio di maschio ferito e hai fatto spazio alla novità di Dio che irrompe nella vita, prega per noi!
Solo Matteo e Luca ci parlano della nascita di Gesù. Con ogni probabilità alle primitive comunità non interessava così tanto l’infanzia del Signore, cosa invece più interessante per le comunità di seconda generazione. Così abbiamo due resoconti che bene si integrano: quello di Matteo che, da buon ebreo, è più attento alle vicende dal punto di vista di Giuseppe e quello di Luca, più attento alla storia di Maria. Lo scarno racconto di Matteo ci restituisce un uomo grande e generoso, Giuseppe, che si viene a trovare in una situazione incresciosa: la sua futura moglie aspetta un figlio non suo. La notte del povero Giuseppe è insonne e irrequieta: amante tradito vuole comunque salvare la piccola Maria rescindendo il contratto di fidanzamento senza svergognarla. Questo gesto di “giustizia” compiuto in palese disobbedienza alla legge (!) lo tranquillizza e gli spalanca il cuore a capire cosa sta veramente succedendo. Il sogno dell’angelo gli offre una chiave interpretativa che ribalta la tragica situazione. Grande Giuseppe che, una volta svegliatosi, prende con sé Maria! Sia lui ad insegnarci a credere nel Dio dell’impossibile!
Nei vangeli, Gesù è conosciuto con il mestiere trasmessogli dal padre, quello di carpentiere abile nella lavorazione del legno ma capace, come si usava allora, a fare altri lavori inerenti all’edilizia. Stupisce il fatto che Dio abbia lavorato con le sue mani, scegliendo un’occupazione impegnativa, da artigiano appunto, che ha svolto per gran parte della sua vita. Nella Bibbia il lavoro dell’uomo aiuta Dio a completare la Creazione, diventa il modo che l’uomo ha di assomigliare al Dio artigiano che costruisce il Cosmo. Lavorare perciò, dona a noi la dimensione della dignità prima ancora che garantirci il sostentamento col guadagno. Oggi, purtroppo, la dignità del lavoro e del lavoratore sono passate in secondo piano: è il profitto a determinare la validità di un lavoro e le scelte, a volte drammatiche, dell’economia che, come vediamo, finiscono col determinare anche le scelte politiche. Riappropriamoci del lavoro così come l’ha voluto Dio!
Paolo Curtaz
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