lunedì 30 aprile 2012

pro multis

p. Lombardi: "Per il Papa è importante la traduzione del 'pro multis'. E' il cuore della vita della Chiesa". Ci sarà anche nel Messale italiano?

http://blog.messainlatino.it/2012/04/avevamo-gia-dato-notizia-qui-della.html
 
 
Avevamo già dato notizia qui della lunga lettera che il Papa ha scritto alla Conferenza Episcopale della Germania circa la corretta traduzione del pro multis nel messale in lingua tedesca.
La questione è apparsa su
molti quotidiani anche in Italia ed ora perfino RadioVaticana ne parla riportando il parere espresso da p. Lombardi (sabato 28.04.2012) per "Octava dies”, il settimanale d’informazione del Centro Televisivo Vaticano.

Visto che se ne parla anche in Italia - sebbene sul sito della Santa Sede vi sia il solo
testo in tedesco e non si capisce come mai per altri documenti vi siano traduzioni nelle lingue più diverse (come il Motu Proprio tradotto solo in Ungherese!!??!!) -, c'è quindi da augurarsi che i nostri Vescovi recepiscano le ragioni teologiche espresse con carità nella verità da Benedetto XVI e che, durante i lavori di revisione della traduzione dell'edizione del Messale italiano, si conformino al suo volere (teologicamente motivato!).
Ad ogni modo, a detta di chi se ne intende, non c'è assolutamente da allarmarsi in merito alle "veline" che sono finora uscite dalla C.E.I. in merito a quella o quell'altra traduzione: la versione del Messale che la C.E.I. sta approvando non è un testo definitivo, ma semplicemente un testo proposto ai competenti organi vaticani.
Una errata interpretazione e una fuorviante traduzione (del
pro multis ma anche di altri punti cruciali, cari al Pontefice), qualora venga approvata dalle votazioni dei Vescovi, potrebbe essere infatti fermata e corretta dalla Congregazione del Culto durante la recognitio, cioè l'autorevole revisione in ultima istanza dei testi proposti dagli esperti (biblisti e teologi) incaricati ad hoc dalla C.E.I. ed approvati dalla totalità dei Vescovi.
Abbiamo quindi la speranza che anche la Congregazione responsabile faccia il suo compito con coscienza e che tenga presente che se il Papa dice una cosa e ne spiega le ragioni, non seguirlo (o fare il contrario) significa solo due cose: o non si ascolta il Papa oppure non lo si vuole seguire.
Tertium non datur.

P.s.Un nostro lettore suggerisce una soluzione con duplice effetto e che risolverebbe due problemi - e farebbe felice il Papa - in una volta sola: durante la celebrazione potrebbe essere letto sempre il Canone Romano... in latino. Così non solo si farebbe come Benedetto XVI auspica e si sforza che avvenga, ma si risolverebbe il problema delle errate, arbitrarie e fuorvianti traduzioni delle Parole di Nostro Signore, secondo il testo liturgico tipico.
Del resto, basti ricordare che al n.36 della
Sacrosanctum Concilium, dopo aver ribadito l'uso della lingua latina nei riti, appunto, latini, si concedeva la possibilità della traduzione nelle lingue nazionali, senza fare riferimento al Canone. Un'attuazione fedele del Concilio, alla faccia di tutti coloro che si rifanno ad esso senza mai averlo nemmeno letto, prevederebbe appunto quanto tale lettore, e noi con lui, suggeriamo in punta di piedi!
Ma a questo, che potrebbe dirsi uno degli auspicati frutti della riforma "benedettiana", si potrà arrivare piano piano in futuro.


Nei giorni scorsi, Benedetto XVI ha indirizzato all’episcopato tedesco una lettera nella quale si sofferma su una questione riguardante la corretta interpretazione da attribuire alla formula della consacrazione del vino nella Messa. Una questione teologica ma dai profondi risvolti di fede per ogni cristiano, come ribadisce padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava dies”, il settimanale d’informazione del Centro Televisivo Vaticano.
«Che cosa ha fatto il Papa a Castelgandolfo nella settimana dopo la Pasqua? Ha preso carta e penna e ha scritto nella sua lingua una lettera un po’ speciale, diretta ai vescovi tedeschi, che pochi giorni dopo l’hanno pubblicata. Riguarda la traduzione delle parole della consacrazione del calice del sangue del Signore nel corso della messa. La traduzione “per molti”, più fedele al testo biblico, va preferita a “per tutti”, che intendeva rendere più esplicita l’universalità della salvezza portata da Cristo. Qualcuno penserà che il tema sia solo per raffinati specialisti. In realtà permette di capire che cosa è importante per il Papa e con quale atteggiamento spirituale egli lo affronti. Per il Papa le parole dell’istituzione dell’Eucarestia sono assolutamente fondamentali, siamo al cuore della vita della Chiesa. Con il “per molti”, Gesù si identifica con il Servo di Jahwé annunciato dal profeta Isaia; ripetendo queste parole esprimiamo quindi meglio una duplice fedeltà: la nostra fedeltà alla parola di Gesù, e la fedeltà di Gesù alla parola della Scrittura. Il fatto che Gesù sia morto per la salvezza di tutti è fuori da ogni dubbio, quindi è compito di una buona catechesi spiegarlo ai fedeli, ma spiegare allo stesso tempo il significato profondo delle parole dell’istituzione dell’Eucaristia. Il Signore si offre “per voi e per molti”: ci sentiamo direttamente coinvolti e nella gratitudine diventiamo responsabili della salvezza promessa a tutti. Il Papa – che già aveva trattato di questo nel suo libro su Gesù - ci dona ora un esempio profondo e affascinante di catechesi su alcune delle parole più importanti della fede cristiana. Una lezione di amore e di rispetto vissuto per la Parola di Dio, di riflessione teologica e spirituale altissima ed essenziale, per vivere con più profondità l’Eucaristia. Il Papa termina dicendo che nell’Anno della fede dobbiamo impegnarci in questa direzione. Speriamo di farlo per davvero».

fonte:
RadioVaticana

SAN GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO

30 APRILE
SAN GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO
sacerdote


Nacque a Bra (Cuneo) nel 1786. Canonico del Corpus Do­mini in Torino, dove fu ispirato da Dio a iniziare la Piccola Ca­sa della Divina Provvidenza per il ricovero di incurabili, di handicappali, di quanli non trovavano altre possibilità di aiuto. Fondò congregazioni di sacerdoti, di religiosi e di suo­re per assistere i poveri nella Casa Madre e in numerose succursali sparse in ltalia e all'estero.  Fidando unicamente nella Provvidenza, chiamò i suoi figli, con la parola e con l'esempio, alla «lo­de perenne» della preghiera. Morì a Chieri (Torino) il 30 aprile 1842.

seconda lettura Dai Discorsi di s. Giuseppe Benedetto Cottolengo (De virtutibus. tomo 7, vol. 10, fol. 12)
Fiducia nella Divina Provvidenza
Le persone sagge e prudenti secondo le stolte idee del mondo non mettono già la loro totale confiden­za nella Divina Provvidenza, ma nella loro industria, cura e sollecitudine, nelle loro facoltà, nell'appoggio degli amici e dei figliuoli, come appunto li descrive con queste parole il profeta: Essi confidano nella loro forza; si vantano della loro grande ricchezza (Sal 48, 7).
Ma stolte e pregiudicate si devono dire tali per­sone, perché non dovrebbero confidare in se stes­se, non negli amici, i quali d'ordinario dacché sono giunti a occupare posti più alti, o a possedere più ampie sostanze, non li mirano più con occhio di amore; non nella loro figliuolanza, che perlopiù ama assai più le paterne sostanze; non nei grandi del secolo e in qualsivoglia altra persona del mon­do, nelle quali, secondo l'avviso di Davide, non v'ha salute e speranza di sicuro soccorso; non nella for­tuna che gli possa ridere piacevole in faccia, per­ché quell’ instabile ruota spesso pesta sotto il grave peso di mille infelicità colui che poco prima per l'auge di felicità l'innalzava fin sopra le stelle; non nelle ricchezze che presto sfuggono dopo un lam­po di brevissima durata; non nelle forze del loro in­gegno che sovente per giusto voler di Dio si cam­bia in oscurità e densa caligine; non negli onori che come fumo si dissipano veloci; e infine non in qual­sivoglia altra sorgente temporale per essere tutte vanità e inconsistenza. Nella sola Divina Provvi­denza confidar deve l'uomo, sicuro che questa nel governo universale del mondo non manca, né man­cherà mai; in questa si deve sperare, su di questa come su di sodo e immobile fondamento si deve poggiare, a questa pienamente affidarsi, e su di es­sa gettare ogni pensiero, desiderio e speranza, giu­sta l'importante avviso che ce ne dà il profeta: Get­ta nel Signore il tuo affanno (Sal 54, 23). Con que­sto non intendo dire che il ricco si spogli pie-na­mente delle sue ricchezze; che nessun conto faccia degli amici colui che per buona sorte ne ha, ma ve­ri amici; e che non debba prendersi l'uomo alcuna briga e interessamento per la sua salute e vantaggi temporali; no, non questo intendo; anzi si deve e procurare e conservare con grazia tutto il suddet­to; ma solo intendo rimproverare coloro che più si fidano degli appoggi temporali che del soccorso di­vino.
L'uomo si affatichi pure quanto gli piace, stenti e sudi per rendere stabile la sua casa e formare le sue fortune; se Iddio non benedice dall'alto, e con la sua provvidenza non Io seconda e lo sostiene, in breve ogni tesoro accumulato si disperderà qual polvere al vento e, come una casa fondata sulla re­na, cadrà ogni sua felicità. Lo disse già il salmista: Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode (Sal 126, 1).

responsorio Sal 30, 15-16: 24, 2
In te la mia speranza, Signore; io dico: Tu sei il mio Dio, * nelle tue mani tutti i miei beni. Alleluia.
Mio Dio, in te confido, che io non sia confuso:
nelle tue mani tutti i miei beni. Alleluia.

oppure: Dai Sermoni di san Massimo di Torino, vescovo (Sermone 27; trad. F. Gallego, Ed. Paoline 1975, p. 104)
 L'elemosina è un fruttuoso affare
Giorni fa abbiamo rimproverato quei chierici che praticano il commercio, applicando loro una giusta sentenza. E tuttavia, se ben consideriamo, anche il nostro ufficio è una specie di negozio: il ministero sacerdotale è come un commercio spirituale.
Infatti noi spendiamo i beni terreni per guada­gnare quelli celesti, eroghiamo denari mondani per acquistare ricchezze eterne, sostentiamo altri col nostro digiuno perché le nostre vettovaglie non pe­riscano, ma crescano. Rifocilliamo i poveri, rive­stiamo gli ignudi, visitiamo i carcerati, perché quan­to vien loro elargito non è perduto, ma viene in cer­to modo messo da parte con interesse per il dona­tore.
Il povero affamato è un tesoro per il ricco: non consuma, ma custodisce l'elemosina che gli hai da­ta. Il corpo muore, l'uomo ritorna polvere, ma l'opera santa sopravvive e nel giorno del giudi-zio colui che non era capace di procurarsi il cibo sarà capace di testimoniare per te: non sarà testimonio idoneo delle proprie azioni, ma subito sarà credu­to quando parlerà delle tue opere.
Vedi dunque se non è vero che l'elemosina è un affare!
Ciò che doni all'amico è perduto per te, ciò che lasci ai figli è perduto per te;
non avrai perduto sol­tanto ciò che avrai donato al mendicante.
Nel giorno del giudizio ti aiuteranno i poveri, menire gli amici e i figli non potranno aiutarti:
quelli prenderanno le tue difese, questi non potran neppure difendere se stessi.

oppure: seconda lettura  Dalle Lettere decretali del Papa Pio XI, con le quali sono attribuiti al beato Giuseppe Benedetto Cottolengo gli onori dei santi (AAS 27 [1935] 209-210)
Confidando nella Divina Provvidenza si mostrò perfetto modello di carità
II Figlio unigenito di Dio, che è venuto nel mon­do affinchè il mondo si salvasse per mezzo di lui e che, nel corso della sua vita mortale, passò facen­do del bene e sanando ogni malattia e ogni infer­mità nel popolo, ci ammonisce di non preoccupar­ci del vitto né del vestito — Dio infatti sa che di tutte queste cose abbiamo bisogno — e ci ha altresì dato il suo nuovo comandamento, secondo il quale «chi ama Dio deve amare anche il proprio fratel­lo», ed ha anzi comandato di amare il prossimo co­me se stessi, di essere misericordiosi com'è miseri­cordioso il Padre cele-ste, ordinando ai ricchi in par­ticolare di dare ai poveri ciò che hanno in soprappiù. Allo scopo precipuo di evangelizzare i poveri e di sollevarli nelle loro necessità e nei dolori di ogni genere, il Signore suscitò in tutti i secoli pas­sati uomini e donne di grande santità, i quali, in­fiammati dalla carità di Cristo e pienamente fedeli ai suoi esempi, hanno servito tutti i poveri e mise­ri, considerandoli signori e padroni, per elevare le loro anime alla speranza e all'amore dei beni cele­sti. Tra di essi non c'è dubbio che si sia particolarmente distinto il beato Giuseppe Bene-detto Cottolengo. [...] Egli infatti, seguendo fedelmente le or­me e i consigli di Gesù Cristo, non solo diede ai poveri il superfluo, ma si spogliò di tutte le sue co­se per soccorrerli; anzi, oppo-nendosi ai detti della sapienza umana e a quell'aiuto che se ne può spe­rare, raccolse insieme coloro che erano oppressi da ogni sorta di infelicità, li nutrì, li curò, in essi rav­visando l'immagi-ne viva del Cristo e unicamente confidando nella Divina Provvidenza, la quale soc­corse le sue opere in modo mirabile e molto spes­so anche con interventi di ordine soprannaturale. Vivendo in questo modo egli si dimostrò perfetto modello di carità e, defunto, parla ancora in quel­la mirabile «Piccola Casa della Divina Provviden­za», da lui istituita a Torino, la quale, per ispira­zione del Padre delle misericordie, onora somma­mente la Chiesa di Cristo fino ai nostri giorni con le nobili opere della sua carità.
Pertanto, a buon diritto, Noi con la grazia di Dio l'abbiamo elevato agli onori dei Santi, affinchè egli sia per l'intera società umana, di cui ha tanto ben meritato, un esempio adattissimo non soltanto da contemplare, ma soprattutto da imitare, sia nel­l'esercizio della carità di Cristo verso tutti i poveri e i miseri, sia nel riporre assoluta fiducia nella Di­vina Provvidenza.

responsorio Mt 25, 35.40: Pro 19. 17
Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero fore-stiero e mi avete ospitato: * quello che avete fatto al più pic­colo dei miei fratelli, l'avete fatto a me.
Chi fa la carità al povero, fa un prestito al Si­gnore:
quello che avete fatto al più piccolo dei miei fra­telli, l'avete fallo a me.

orazione       Dio, nostro Padre, nella tua provvidenza tu soccorri quelli che si affidano a te. Concedi a noi, per la preghiera di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, di dedicarci al servizio dei poveri e di ottenere il regno che hai promesso a chi spende la vita facendo del bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

marcia per la vita

domenica 29 aprile 2012

s. caterina da siena - papa

29 APRILE
S. CATERINA DA SIENA
preghiamo per il dolce Cristo in terra!

L'Arcidiocesi di Milano e il Papa

- una riflessione di un lettore

http://blog.messainlatino.it/2012/04/larcidiocesi-di-milano-e-il-papa-una.html 

Gentile Redazione di Messainlatino,

da qualche giorno è comparso sul sito dell’arcidiocesi di Milano un documento che (cito dalla sua presentazione) “mira ad approfondire la comprensione del ministero del Papa, con l’auspicio di rafforzare in tutti la disposizione a un’accoglienza grata e cordiale del successore di Pietro”.

Allego tale documento, che può comunque essere letto on line qui:
http://www.incrocinews.it/polopoly_fs/1.57988.1335163138!/menu/standard/file/Catechesi_Papa_2012.pdf

Si tratta di tredici pagine, curate da don Mario Antonelli (che l’introduzione al documento presenta come “teologo e docente al seminario di Seveso (Mi), collaboratore dell’ufficio missionario diocesano e della pastorale dei migranti”) che costituiscono una lettura molto interessante. Vorrei proporre su di esse tre riflessioni.

La prima riflessione: l’articolo è un segno.
E’ significativo che una diocesi senta il bisogno di “approfondire la comprensione del ministero del Papa” e auspichi di “rafforzare in tutti la disposizione a un’accoglienza grata e cordiale del successore di Pietro”. Questo dato può essere letto in due modi.
Da un lato, in senso positivo, è certamente segno di particolare devozione per il Santo Padre, al quale si vuole riservare un’accoglienza il più possibile “grata e cordiale”; una premura che nasce dalla consapevolezza che il Pontefice non sempre gode di buona stampa.
Dall’altro, in senso negativo, è certamente segno del fatto che gli ideatori e il curatore di tale documento sono consapevoli che nell’arcidiocesi milanese tale “disaffezione” nei confronti del Santo Padre è un dato non trascurabile. E ci si potrebbe domandare di chi sia la responsabilità ultima di tale situazione se non in prima istanza di una buona fetta del clero ambrosiano, oltre che ovviamente di una diffusa mentalità desacralizzante e scristianizzata diffusa nella società.
Tra l’altro, sarebbe curioso sapere se si siano verificati altrove casi simili, in cui una diocesi ha sentito il bisogno di “preparare il terreno”, un terreno che si avverte non del tutto amichevole, nei confronti di una visita pastorale del Santo Padre.
Dunque, luci e ombre. Ma, per carità, cogliamo soprattutto le luci..., almeno quando ci sono...

La seconda riflessione: l’encomiabile contenuto.
Il documento, va detto per onestà, è ben costruito e riesce a comunicare il cuore della questione: il primato di Pietro. Tra l’altro, esso riporta stralci molto lunghi di discorsi tenuti da Benedetto XVI, che in totale coprono circa tre pagine su tredici: discorsi che già in sé sono garanzia di ortodossia. Dunque, non mi pare che si possano avanzare critiche sostanziali a un testo che giustifica l’importanza della figura del Santo Padre e cerca di farne comprendere meglio il ruolo.

La terza riflessione: dieci formule ambigue.
Certo è che però il testo è disseminato di alcune espressioni e di alcuni riferimenti che possono risultare ambigui. Provo a citare alcuni di questi piccoli passaggi. Mi si dirà che non è possibile estrapolare frasi singole dal contesto: ne sono consapevole, ma sulla natura del contesto si è già detto nel punto due e ciò autorizza a passare in rassegna punti specifici. Con questa breve “antologia di ambiguità” intendo solo mettere in luce alcuni aspetti che nel loro complesso bene fotografano un habitus ben radicato nell’arcidiocesi ambrosiana. Riporto in corsivo i passi, commentandoli subito dopo.

1) Anche tra ‘quelli che oggi sono con Pietro’ non mancano obiezioni e fraintendimenti che vanno intercettati (par. 1 pag. 1).
Sì, intercettati: non affrontati e corretti. Intercettati: verbo politicamente corretto che mostra il versante l’andare incontro da parte di chi vuole spiegare, ma che certo ignora del tutto la “risposta” dell’errante, il cammino a ritroso che è richiesto a chi vive tra obiezioni e fraintendimenti.

2) Talvolta un’istintiva diffidenza nei confronti dell’autorità porta uomini e donne sinceramente impegnati nella vita di fede a equivocare il giusto primato della coscienza (par. 1 pag. 1).
Il cuore della frase sono tre qualificazioni: istintiva è la diffidenza; sinceramente è profuso l’impegno nella vita di fede; giusto è il primato della coscienza. Se la diffidenza è istintiva, allora il “fraintendimento” è comprensibile, quasi scusabile: voi fedeli che dubitate del Santo Padre non ne avete colpa, perché la diffidenza nei confronti delle gerarchie, di una voce dotata di autorevolezza e/o autorità è istintiva; non fatevene una colpa, è normale che pensiate così... Voi siete magari degli ottimi fedeli che profondete sinceramente le vostre energie nella vita parrocchiale, organizzando incontri (non adorazioni), serate con dibattiti (non serate con formazione apologetica), feste dell’oratorio (non processioni), gite (non pellegrinaggi): voi che vi impegnate sinceramente non dovete rimanere turbati o disorientati dal tasto “stonato” che è ciò che pensate di alcune posizioni del del Papa. Del resto, si sa, il “primato della coscienza” è giusto e, alla luce di questo, davvero non dovete preoccuparvi se vi pare di non essere completamente in linea con tutto ciò che il Papa dice, scrive e pensa. Istintiva, sinceramente, giusto: vale a dire, in fondo non sbagliate molto...

3) Del resto, sempre tra ‘quelli che sono con Pietro’, è dato di percepire atteggiamenti che non rendono ragione del servizio petrino nella chiesa; e finiscono per rendere ancor più ostica la sua comprensione nel contesto odierno. Alcuni sembrano attribuire al Papa prerogative divine o magari, in relazione al carisma dell’infallibilità, una conoscenza straordinaria, quasi mantica, dell’intera verità del mistero di Dio e del suo Cristo: si direbbe, una sorta di devozione che rischia di riservare al Papa un’indebita adulazione (par. 1 pag. 1).
Eh sì! Voi pensavate, cari fedeli dell’arcidiocesi di Milano, che il problema che riguarda il Santo Padre fosse il fatto che egli viene costantemente attaccato da tutti, cattolici e non; voi pensavate che fosse il fatto che un giorno sì e uno no leggiamo di vescovi e “teologi” che sollevano obiezioni, che ridimensionano, che chiosano con osservazioni varie le parole del Papa, come fa un maestro con un bambino un po’ rigidino che siede nei primi banchi della classe. Ma no!! Non è questo il vero problema!! Non è questo il problema della chiesa (con la c rigorosamente minuscola nel documento). Non è per questo che noi della curia di Milano scriviamo questo documento. E’ per mettervi in guardia dall’indebita adulazione che alcuni cattolici isterici tributano al successore di Pietro!!! E’ per colpa loro che diventa ancor più ostica la sua comprensione!! In fondo, il Papa non ha una conoscenza straordinaria, quasi mantica, dell’intera verità del mistero di Dio e del suo Cristo. Noi, cattolici adulti, vi mettiamo in guardia dai vostri fratelli, i cattolici isterici. Il problema sono loro, i cattolici isterici. Il problema non sono gli attacchi al Papa: tutto i problemi di cui soffre il Papa gli provengono da chi gli tributa un’indebita adulazione.

4) Sappiamo quanto sinuosa sia stata l’attrazione verso modelli di sovranità mondana e di monarchia assoluta (par. 1 pag. 2).
Ma sì, un bel “mea culpa” non guasta mai. Allora, andiamo con ordine: il primo problema che riguarda la comprensione del ministero del Papa viene dagli isterici adulatori; il secondo, in ordine di importanza, viene dal fatto che i Papi nella storia ci hanno messo del loro per guadagnarsi una cattiva reputazione. E’ per questo che noi della curia di Milano stiamo diffondendo inchiostro e sudore per raddrizzare le storture del passsato. In fondo è colpa di questi Papi se alcuni di noi hanno perso fiducia in loro... E poi, mica vorrete pensare che il Papa sia un monarca assoluto?? Uè, non l’avete letta la Lumen gentium? Tutto è collaborazione, è collegialità, è fratellanza nell’episcopato! La Nota explicativa praevia sulla centralità della figura del Pontefice? Solo un incidente di percorso. Ma meglio non parlarne!! I Papi del passato hanno sbagliato e noi ora siamo qui obbligati a mettere pezze ai loro errori...

5) Giovanni Paolo II ha ascoltato la richiesta “di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova” (par. 1 pag. 2).
Innanzitutto, vi cito Giovanni Paolo II, così già vi rabbonisco... Poi beh, tre parole chiave. Egli ha ascoltato. Egli desidera che il papato si apra e che lo faccia dando vita a una situazione nuova. Sì è vero, lo abbiamo appena detto: alcuni Papi del passato sono stati dei monellacci. Ma guardate che ci sono anche quelli bravi, che hanno usato proprio le parole che piacciono a voi: ascoltare, aprire, nuovo.

6) Il Vaticano II, in uno dei suoi momenti più delicati, ha inteso raccogliere il senso profondo dell’autorità nella Chiesa attraverso l’espressione ‘comunione gerarchica’; non già alludendo ad un generico ‘potere sacro e piramidale’ di alcuni su altri, secondo l’accezione più diffusa del termine ‘gerarchia’. [...] La Lumen gentium precisa la collegialità episcopale in termini di ‘comunione gerarchica’, esplicitando per cinque volte nel cap. III la formula ‘con il Papa’ (una volta ‘sotto il Papa’) (par. 2 pag. 2).
Ah, il tanto atteso momento liberatorio. Vi abbiamo fatto penare, vi abbiamo fatto trattenere il respiro, vi abbiamo terrorizzato con quello che avremmo potuto dire, ma ora potete tirare il fiato: è arrivata!! La citazione del Concilio è arrivata! Siamo al secondo paragrafo del documento, siamo a pagina due. Ma è arrivata! Finalmente!
Poi, beh, va da sé che non siamo più sotto il Papa, ma con il Papa; va da sé che l’accezione più diffusa del termine ‘gerarchia’ non è quella giusta. Tutte queste cose ce le dice per fortuna il Concilio e noi vogliamo tranquillizzarvi ripetendole: non sono in discussione! Non sotto, ma con. Comunione gerarchica; collegialità episcopale; con Pietro.

7) Questa autorità di Pietro non è però così umanamente monolitica da impedire a Paolo di affrontare apertamente Pietro ad Antiochia (cfr. Gal. 2, 11 ss.). Di fronte all’atteggiamento di Pietro con i pagani convertiti, Paolo fiuta simulazione e ipocrisia; e non tace proprio perché , con Pietro di mezzo, c’era tanto in gioco. Con la franchezza della sua passione apostolica, Paolo lascia trapelare quanto Pietro fosse determinante per le Chiese (par. 3 pag. 5).
Beh, vedete, cari fedeli ambrosiani: persino Pietro è stato contraddetto da un Paolo qualsiasi! Anche dietro l’atteggiamento del primo Papa, Pietro, si può “fiutare” simulazione e ipocrisia. Volete che rischi del genere, che sono occorsi al povero Pietro, non possano capitare ai suoi successori? Fortuna che c’era Paolo, fortuna che oggi ci sono i vescovi: Con la franchezza della loro passione apostolica hanno salvato le cose! Altrimenti la simulazione e la ipocrisia di un Papa qualunque potrebbe contaminare la Chiesa, anzi le Chiese (e stavolta significativamente con la c maiuscola, perché al plurale!).

8) Snodo nevralgico di dolorose divisioni, crocevia di pazienti cammini ecumenici, il testo sprigiona il suo senso intorno a due immagini e disegnando una tensione (par. 3 pag. 6).
Ah, che godimento questa frase!! Un piacere quasi fisico leggerla. Noi, cari fedeli ambrosiani, vi abbiamo educato bene al pensiero e al lessico della Chiesa (ops, chiesa) del Concilio (questo sì: Concilio). Il passo evangelico che il documento aveva appena citato è definito in due modi: Snodo nevralgico di dolorose divisioni e crocevia di pazienti cammini ecumenici. Le divisioni sono sì dolorose, ma non sono altro che un crocevia di cammini ecumenici. Cammini verso dove? Qualcuno che va in una direzione che addita ad esempio ad altri? No! E’ tutto un crocevia, un incontrarsi, uno sfoggio di pazienza: un incontro che è un crocevia, in cui ciascuno dopo essersi incontrato con pazienza, torna imperterrito sulla sua strada. Il tutto si opera disegnando una tensione. Questa frase è un vero e proprio godimento fisico.

9) Il documento si chiude con una riflessione di don Primo Mazzolari, sacerdote ambrosiano e partigiano, ucciso da un agguato fascista nel 1931. Le sue parole, che chiudono il documento, sono introdotte da una frase ispirata quanto significativa: quanto don Primo Mazzolari diceva di Pio XII, un’autentica dichiarazione di amore, lo diciamo, insieme alla Chiesa tutta, di Benedetto XVI (par. 4 pag. 13).
Fedeli ambrosiani, non vi abbiamo forse educato ad apprezzare don Primo Mazzolari, coraggiosa voce profetica che ha anticipato le istanze del Concilio? Ecco, se persino lui riusciva a dire parole di docile amore nei confronti di un Papa come Pio XII, non riuscite forse voi a fare lo stesso con un più mite Benedetto XVI??

10) Aggiungo in appendice che il Santo Padre non è mai definito come tale, né come Sommo Pontefice. Anzi, l’unica volta in cui quest’ultima definizione occorre, è quando si allude alla lontananza di determinati concetti dalla vita di oggi (pag. 1). Piuttosto si ricorre per definire la sua persona e il suo operato a espressioni più friendly, più politicamente corrette (o fumosamente incomprensibili?): il successore di Pietro; il vescovo di Roma; il servizio primaziale (!); la primazialità del servizio petrino (!!!)...

Dieci spunti, dieci passaggi. Ciascuno ne tragga la considerazioni che vuole. Qui si è un po’ voluto scherzare, imbevuti come siamo a Milano della retorica ambrosiano-conciliarista. E si è voluto mostrare come in un testo di sostegno al Pontefice si è riusciti a disseminare una serie di piccole spie di ambiguità. A ciascuno la propria valutazione.

venerdì 27 aprile 2012

S. LUIGI M. GRIGNON DE MONTFORT

28 APRILE
SAN LUIGI MARIA
GRIGNION DA MONTFORT
sacerdote




seconda lettura
Dal «Trattato della vera devozione» di san Luigi Maria sacerdote   
Io sono tutto tuo.
Tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo.
Perciò la più perfetta di tutte le devozioni è incontesta­bilmente quella che ci conforma, unisce e consa­cra più perfettamente a Gesù Cristo. Ora, essendo Maria la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne segue che tra tutte le devozioni, quella che con­sacra e conforma di più un'anima a Nostro Signore è la devozione a Maria, sua santa Madre, e che più un'anima sarà consacrata a lei, più sarà consacrata a Gesù Cristo. La perfetta consacra­zione a Gesù Cristo, quindi, altro non è che una consacrazione perfetta e totale di se stessi alla Vergine santissima e questa è la devozione che io insegno. O, in altre parole, essa è una perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo Battesimo.
Questa devozione consiste, dunque, nel darsi inte­ramente alla santissima Vergine allo scopo di essere, per mezzo suo, interamente di Gesù Cristo. Con questa forma di devozione ci si con­sacra nello stesso tempo alla Vergine santa e a Gesù Cristo; a Maria, come al mezzo più perfetto che Gesù Cristo ha scelto per unirsi a noi e unirci a lui; a nostro Signore, come al nostro fine ultimo, cui dobbiamo tutto ciò che siamo, perché è nostro Redentore e nostro Dio. Ogni cristiano, nel batte­simo, di propria bocca o per mezzo del padrino e della madrina, ha rinunciato solennemente a sa­tana, alle sue seduzioni ed alle sue opere, ed ha scelto Gesù Cristo per suo Maestro e sommo Signore, al fine di dipendere da lui in qualità di schiavo d'amore. È precisamente ciò che avviene nella presente devozione; si rinuncia al demonio, al mondo, al peccato, a se stessi e ci si da intera­mente a Gesù Cristo per le mani di Maria. Nel bat­tesimo non ci si dona a Gesù Cristo per le mani di Maria, almeno in maniera esplicita: né si dà a Gesù Cristo il valore delle nostre buone azioni. Perciò, dopo il battesimo, si rimane perfettamen­te liberi di applicare detto valore a chi si vuole o conservarlo per se stessi. Con questa devozione, invece, ci si dona esplicitamente a Nostro Signore per le mani di Maria, e a lui si consacra il valore di tutte le proprie azioni.

responsorio
Sono tuo servo, Signore, figlio della tua an­cella.
* A te offrirò sacrifici di lode, alleluia.   
Adempirò i miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo.
A te offrirò sacrifici di lode, alleluia.

orazione Dio di eterna sapienza, che hai reso il sacerdote san Luigi Maria singolare testimone e maestro della perfetta donazione a Cristo, tuo Figlio, per le mani della sua santa Madre, fa' che, seguendo il medesimo cammino spirituale, collaboriamo al­l'avvento del tuo Regno. Per il nostro Signore.
PREGHIERA INFUOCATA
Al Padre

[1] Ricordati, Signore, della comunità che ti sei acquistato nei tempi antichi (1). L'hai posseduta nel tuo spirito fin dall'eternità, quando rivolgevi a lei il pensiero. L'hai posseduta nelle tue mani, quando traevi dal nulla l'universo. L'hai posseduta nel cuore, quando il tuo amato Figlio, morendo in croce, la consacrava irrigandola con il proprio sangue e l'affidava alla sua santa Madre.

[2] Signore, realizza i tuoi progetti di misericordia. Suscita gli uomini della tua destra (2), che hai mostrato in visioni profetiche ad alcuni tuoi più grandi servi: s. Francesco di Paola, s. Vincenzo Ferreri, s. Caterina da Siena e tanti altri del secolo scorso e anche del nostro (3).

[3] Ricordati, Dio onnipotente, di questa compagnia! Impegna la forza del tuo braccio non certo affievolito (4), per farla nascere e giungere alla perfezione. Rinnova i segni e compi altri prodigi (5); fa' che sentiamo l'aiuto del tuo braccio.
Tu che puoi trarre da pietre grezze altrettanti figli di Abramo (6), pronuncia una sola parola divina e manda buoni operai alla tua messe (7) e buoni missionari alla tua Chiesa.

[4] Ricordati, Dio misericordioso, dell'amore dimostrato anticamente al tuo popolo e per lo stesso amore ricordati di questa congregazione.
Ricordati delle ripetute promesse, da te fatte per mezzo dei profeti e del tuo stesso Figlio, di esaudire le nostre giuste domande.
Ricordati delle preghiere a te rivolte dai tuoi servi e serve nel corso di tanti secoli a questo proposito. Le loro aspirazioni, le loro lacrime accorate e il loro sangue versato si presentino a te per sollecitare efficacemente la tua misericordia.
Ma ricordati soprattutto del tuo amato Figlio: guarda il volto del tuo consacrato (8). La sua agonia, il tuo turbamento, il suo gemito d'amore nel giardino degli ulivi quando disse: "Quale vantaggio dalla mia morte?" (9), il suo supplizio crudele e il suo sangue versato ti chiedono a gran voce: misericordia! Per mezzo di questa congregazione possa il regno di Cristo innalzarsi stabile sulle rovine di quello dei tuoi nemici.

[5] Ricordati, Signore, di questa comunità per compiere la tua giustizia. È tempo che tu agisca, secondo la tua promessa. Hanno violato la tua legge (10), è stato abbandonato il tuo vangelo, torrenti di iniquità dilagano sulla terra e travolgono perfino i tuoi servi. Tutta la terra si trova in uno stato deplorevole (11), l'empietà siede in trono, il tuo santuario è profanato e l'abominio è giunto nel luogo santo (12).
Signore, Dio giusto, lascerai nel tuo zelo, che tutto vada in rovina? Tutto diverrà alla fine come Sodoma e Gomorra? Continuerai sempre a tacere e sempre pazienterai? La tua volontà non deve compiersi in terra come in cielo, e non deve stabilirsi il tuo regno? Non hai rivelato, già da tempo, a qualcuno dei tuoi amici un futuro rinnovamento della Chiesa? Non devono gli ebrei riconoscere la verità? Tutto questo attende la Chiesa.
Tutti i santi del cielo gridano: non farai giustizia? (13). Tutti i giusti della terra implorano: Amen. Vieni, Signore! (14). Tutte le creature, anche le meno sensibili, gemono (15) sotto il peso degli innumerevoli delitti di Babilonia e invocano la tua venuta che restauri ogni cosa.

Al Figlio

[6] Ricordati, Signore Gesù, della tua comunità! Ricordati di dare a tua Madre una nuova Compagnia per rinnovare ogni cosa. Così per mezzo di Maria concluderai gli anni della grazia, che hai inaugurato per mezzo di lei. Da' figli e servi a tua Madre, altrimenti fammi morire! (16).
Per tua Madre io ti prego. Ricordati di lei che ti ha generato (17), e non mi respingere. Ricordati di chi sei figlio, ed esaudiscimi. Ricorda che cosa tua Madre è per te e tu per lei, e appaga i miei desideri.
Che cosa ti chiedo? Ti chiedo ciò che tu puoi, anzi, oso affermare, devi concedermi, quale vero Dio, cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra (18), e quale figlio esemplare che ama immensamente sua Madre.

[7] Che cosa ti chiedo? Liberos! Sacerdoti liberi secondo la tua libertà, svincolati da tutto, distaccati da padre, madre (19), fratelli, sorelle, parenti secondo la carne, amici secondo il mondo; senza beni, impedimenti e preoccupazioni, perfino senza attaccamento alla propria volontà (20).

[8] Liberos! Uomini totalmente dedicati a te per amore e disponibili al tuo volere, uomini secondo il tuo cuore. Non deviati né trattenuti da progetti propri, realizzino tutti i tuoi disegni e abbattano tutti i tuoi nemici, come novelli Davide con in mano il bastone della Croce e la fionda del rosario (21).

[9] Liberos! Uomini simili a nubi elevate da terra e sature di celeste rugiada, pronte a volare dovunque le spinga il soffio dello Spirito Santo. I profeti hanno visto anche loro quando si chiedevano: Chi sono quelli che volano come nubi? (22). Andavano là dove lo Spirito li dirigeva (23).

[10] Liberos! Persone sempre a tua disposizione, sempre pronte a obbedirti alla chiamata dei superiori, come Samuele: Eccomi! (24), sempre pronte a correre e tutto sopportare con te e per te, come gli Apostoli: Aneliamo anche noi a morire con lui! (25).

[11] Liberos! Veri figli di Maria, tua santa Madre, concepiti e generati dal suo amore (26), da lei portati in grembo, nutriti, educati con cura, sostenuti e arricchiti di grazie.

[12] Liberos! Veri servi della santa Vergine. Come san Domenico, andranno dappertutto con la torcia luminosa e ardente del Vangelo nella bocca e il Rosario in mano. Abbaieranno come cani, incendieranno come fiaccole, rischiareranno le tenebre del mondo come il sole (27).
Avranno una vera devozione a Maria, cioè interiore e non ipocrita, esteriore e non ipercritica, saggia e non superstiziosa, affettuosa e non insensibile, costante e non instabile, santa e non presuntuosa. Per mezzo di essa schiacceranno la testa dell'antico serpente dovunque andranno, perché si realizzi pienamente la maledizione da te predetta: Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa (28).

[13] È vero, gran Dio! Come tu hai predetto, il demonio tenderà grandi insidie al calcagno di questa misteriosa donna, cioè alla piccola compagnia dei suoi figli, che verranno sul finire del mondo. Ci saranno grandi inimicizie fra questa stirpe benedetta di Maria e la razza maledetta di Satana; ma si tratterà di inimicizia totalmente divina, l'unica di cui tu sei l'autore.
Le lotte e persecuzioni che la progenie di Belial (29) muoverà ai discendenti di tua Madre, serviranno solo a far meglio risaltare quanto efficace sia la tua grazia, coraggiosa la loro virtù e potente tua Madre. A lei infatti hai affidato fin dall'inizio del mondo l'incarico di schiacciare con il calcagno e l'umile cuore la testa di quell'orgoglioso.

[14] Altrimenti fammi morire! Mio Dio, non è meglio per me morire piuttosto che vederti ogni giorno così crudelmente e impunemente offeso e trovarmi sempre più nel pericolo di venire travolto dai torrenti di iniquità che ingrossano? Preferirei mille volte la morte!
Mandami un aiuto dal cielo, o toglimi la vita!
Se non avessi la speranza che presto o tardi finirai con esaudire questo povero peccatore nell'interesse della tua gloria, come hai esaudito tanti altri (30), ti pregherei senza esitare con un profeta: Prendi la mia vita! (31) Ma la fiducia nella tua misericordia mi spinge a dichiarare con un altro profeta: Non morirò, resterò in vita e annuncerò le opere del Signore (32), fino a quando potrò esclamare con Simeone: Ora lascia, o Signore che il tuo servo vada in pace… perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza (33).

Allo Spirito Santo

[15] Spirito Santo, ricordati di generare e formare figli di Dio con Maria, tua santa e fedele sposa. Hai formato in lei e con lei il capo degli eletti, perciò con lei e in lei devi formare tutte le sue membra. Tu non generi nessuna Persona divina in seno alla divinità, ma soltanto tu formi tutte le persone divine fuori della divinità. Tutti i santi del passato e del futuro sino alla fine del mondo sono opere del tuo amore unito a quello di Maria.

[16] Il regno speciale di Dio Padre è durato fino al diluvio e si è concluso con un diluvio d'acqua. Il regno di Gesù Cristo è terminato con un diluvio di sangue. Ma il tuo regno, Spirito del Padre e del Figlio, continua tuttora e finirà con un diluvio di fuoco d'amore e di giustizia (34).

[17] Quando verrà questo diluvio di fuoco del puro amore, che devi accendere su tutta la terra in modo così dolce e veemente da infiammare e convertire perfino i musulmani, i pagani e gli ebrei? Nulla si sottrae al suo calore (35). Si accenda dunque questo divino fuoco, che Gesù Cristo è venuto a portare sulla terra (36), prima che divampi quello della tua ira che ridurrà in cenere tutta la terra.

[18] Mandi il tuo Spirito e tutti sono creati, e rinnovi la faccia della terra (37). Invia sulla terra questo Spirito tutto fuoco e crea sacerdoti tutto fuoco! Dal loro ministero sia rinnovato il volto della terra e riformata la tua Chiesa.
Ricordati della tua comunità. È una congregazione, un'assemblea, un gruppo di prescelti nel mondo e dal mondo: Io vi ho scelti dal mondo (38). È un gregge di agnelli mansueti da radunare tra tanti lupi (39), una compagnia di caste colombe e di aquile reali fra tanti corvi, uno sciame d'api fra tanti calabroni, un branco di agili cervi fra tante tartarughe, una torma di intrepidi leoni fra tante timide lepri. Signore, raccoglici di mezzo ai popoli (40), radunaci, rendici uniti, perché sia pienamente glorificato il tuo nome santo e potente.

[19] Tu hai predetto questa insigne compagnia al tuo profeta, che ne parla in termini molto oscuri e misteriosi, ma totalmente divini:
10. Una pioggia abbondante, o Dio, mettesti a parte per la tua eredità.
Questa era esausta, ma tu l'hai rinvigorita.
11. I tuoi animali abitarono in essa.
Nella tua bontà, o Dio, hai provveduto al povero.
12. Il Signore darà la parola a quelli che annunziano la lieta notizia con grande forza.
13. Il re delle schiere è a favore del popolo prediletto e le donne, ornamento della casa, già spartiscono il bottino.
14. Quando vi riposate fra le greggi siete come colombe dalle ali argentate e dalle piume dal color dell'oro.
15. Quando il re del cielo sbaragliò i re di Canaan, nevicava sul monte Selmon.
16. Montagna fertile è il Monte di Dio, Montagna compatta e lussureggiante.
17. Perché invidiate, monti dalle alte cime, la montagna che Dio ha scelto per sua dimora?
Il Signore vi abiterà per sempre! (41).

[20] Che cos'è, Signore, questa pioggia abbondante che hai separata e scelta per rinvigorire la tua eredità esausta? Non sono forse questi santi missionari, figli di Maria tua sposa, che tu devi scegliere e radunare per il bene della tua Chiesa così indebolita e macchiata dai peccati dei suoi figli?

[21] Chi sono questi animali e questi poveri, che abiteranno nella tua terra e saranno nutriti dai cibi dolci che hai loro preparato? Non sono forse questi missionari poveri, abbandonati alla Provvidenza e saziati dall'abbondanza delle tue delizie? Non sono essi i misteriosi animali di cui parla Ezechiele? (42). Avranno la bontà dell'uomo, perché ameranno il prossimo con disinteresse e impegno; il coraggio del leone perché arderanno di santo sdegno e prudente zelo di fronte ai demoni figli di Babilonia; la forza del bue, perché si sobbarcheranno alle fatiche apostoliche e alla mortificazione del corpo, e infine l'agilità dell'aquila, perché contempleranno Dio.
Tali saranno i missionari che tu vuoi mandare nella tua Chiesa. Essi avranno un occhio d'uomo per il prossimo, un occhio di leone per i tuoi nemici, un occhio di bue per se stessi e un occhio d'aquila per te.

[22] Questi imitatori degli apostoli predicheranno con grande forza (43), così grande e strepitosa da scuotere tutti gli animi e i cuori dovunque si recheranno. Ad essi infatti darai la tua parola, anzi la tua lingua e sapienza, a cui nessun avversario potrà resistere (44).

[23] Come re della virtù del tuo Figlio Gesù Cristo, troverai le tue compiacenze tra questi prediletti, poiché in ogni loro missione essi avranno l'unico scopo di attribuire a te la gloria dei trofei riportati sui tuoi nemici.

[24] Per l'abbandono alla Provvidenza e la devozione a Maria, avranno le ali argentate della colomba, cioè la purezza di dottrina e di vita. Avranno anche spalle color d'oro, cioè una perfetta carità verso il prossimo per tollerarne i difetti e un grande amore a Gesù Cristo per portarne la croce.

[25] Soltanto tu, re dei cieli e re dei re, separerai dalla massa questi missionari come altrettanti re. Li renderai più bianchi della neve del Selmon, la montagna di Dio, fertile e lussureggiante, solida e compatta, dove Dio mirabilmente si compiace, risiede e dimorerà per sempre.
Signore, Dio di verità, chi è questa misteriosa montagna di cui riveli tante cose mirabili, se non Maria, tua cara Sposa? Lei è la montagna che tu hai eretto sulla cima dei monti più alti (45), le sue fondamenta sono sui monti santi (46).
Beati, molto beati, i sacerdoti da te prescelti e destinati a dimorare con te su questa montagna fertile e santa. Qui essi diventeranno re per l'eternità con il distacco dalla terra e l'elevazione in Dio. Diverranno più bianchi della neve perché uniti a Maria, tua sposa totalmente bella, pura e immacolata. Saranno arricchiti della rugiada del cielo e dell'abbondanza della terra (47), di ogni benedizione temporale ed eterna di cui Maria è ricolma.
Dall'alto di questa montagna, come Mosè, con le loro ardenti preghiere scaglieranno frecce contro i nemici per abbatterli o convertirli (48). Su questa montagna impareranno dalla bocca stessa di Gesù Cristo, che sempre vi dimora, il significato delle otto beatitudini. Su questa montagna di Dio saranno trasfigurati con Cristo come sul Tabor, moriranno con lui come sul Calvario, ascenderanno al cielo con lui come sul monte degli ulivi.

[26] Ricordati della "tua" comunità. A te solo spetta costituire questa comunità con la tua grazia. Se l'uomo per primo vi porrà mano, non se ne farà nulla; se vi metterà qualcosa di suo, rovinerà e sconvolgerà tutto. Dio grande, è compito esclusivamente tuo! Realizza quest'opera del tutto divina. Raccogli, chiama, raduna da ogni parte del tuo regno i tuoi eletti per farne un corpo d'armata contro i tuoi nemici.

[27] Guarda, Signore Dio degli eserciti! I capitani mobilitano intere compagnie, i sovrani arruolano armate numerose, i navigatori formano flotte complete, i mercanti si affollano nei mercati e nelle fiere. Quanti ladri, empi, ubriaconi e dissoluti si raggruppano in gran numero ogni giorno con tanta facilità e prontezza contro di te! Basta dare un fischio, battere un tamburo, mostrare la punta smussata di una spada, promettere un ramo secco di alloro, offrire un pezzo di terra gialla o bianca! Basta insomma prospettare una voluta di fumo d'onore, un interesse da nulla e un misero piacere animalesco... e in un istante si riuniscono i ladri, si ammassano i soldati, si congiungono i battaglioni, si assembrano i mercanti, si riempiono le case e le fiere, e si coprono la terra e il mare di una innumerevole moltitudine di perversi! Benché divisi fra loro a causa della distanza di luogo o della differenza di carattere o della diversità d'interesse, si uniscono tutti insieme fino alla morte per muoverti guerra sotto la bandiera e la guida del demonio.

[28] E quanto a te, gran Dio? Non ci sarà quasi nessuno che prenda a cuore la tua causa anche se nel servirti c'è tanta gloria, utilità e dolcezza? Perché così pochi soldati sotto la tua bandiera? Quasi nessuno griderà in mezzo ai suoi fratelli per lo zelo della tua gloria come san Michele: Chi è come Dio? (49).
Lasciami allora gridare dappertutto: Al fuoco! al fuoco! al fuoco!... Aiuto! aiuto! aiuto!... C'è fuoco nella casa di Dio! C'è fuoco nelle anime! C'è fuoco perfino nel santuario... Aiuto! stanno assassinando il nostro fratello!... Aiuto! stanno uccidendo i nostri figli!... Aiuto! stanno pugnalando il nostro buon padre!... (50).

[29] Chi sta con il Signore, venga da me! (51). Tutti i buoni sacerdoti sparsi nel mondo cristiano, sia che si trovino tuttora in pieno combattimento o si siano ritirati dalla mischia nei deserti e nelle solitudini, vengano e si uniscano a noi (52). Formiamo insieme, sotto la bandiera della croce, un esercito schierato e pronto alla battaglia, per attaccare compatti i nemici di Dio che han già dato l'allarme: suonano l'allarme, fremono (53), digrignano i denti (54), sono sempre più numerosi (55).
Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami". Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore (56).

[30] Sorga Dio, i suoi nemici si disperdano! (57). Svegliati, perché dormi, Signore? Déstati! (58). Signore, alzati! Perché fingi di dormire? Alzati con tutta la tua onnipotenza, misericordia e giustizia. Formati una compagnia scelta di guardie del corpo, per proteggere la tua casa, difendere la tua gloria e salvare le anime, affinché ci sia un solo ovile e un solo pastore (59) e tutti possano glorificarti nel tuo tempio (60). Amen. ***

* Il testo e le note sono ripresi da: S. Luigi Maria da Montfort, Opere, Edizioni Montfortane, Roma 1990, 2a ed., vol. I: Scritti Spirituali, pp. 543-557.
(1) Sal 74, 2.
(2) Nella Bibbia, la mano destra è simbolo sia della potenza di Dio, di cui l'uomo può essere strumento, sia del favore e della benedizione che Dio concede ai suoi amici..
(3) Nel Trattato della vera devozione a Maria, nn. 47-48, il Montfort riporta le testimonianze mistiche di San Vincenzo Ferreri (+1419) e di Maria des Vallées (+1656). Anche San Francesco di Paola (+1507) parla nelle sue lettere di una congregazione di crociferi che porterà molti frutti alla Chiesa (Cf. Cornelio a Lapide, in Apoc. 17, in fine). Santa Caterina da Siena (+1380) riferisce le comunicazioni divine circa la "rinnovazione ed esaltazione della Chiesa, la quale deve avere nel tempo a venire" (Lettere, Firenze, 1940, t. III, p. 267), attraverso "la reformazione di santi e buoni pastori" (Il Dialogo, Roma, 1968, p. 33). Tra i contemporanei del Montfort è da ricordare Olier (+1657), che chiede al Signore di suscitare "persone che rinnovino l'ordine divino dei pastori" (Mémoires autobiographiques).
(4) Cf Is 59, 1.
(5) Sir 36, 6.
(6) Cf Mt 3, 9; Lc 3, 8.
(7) Mc 10, 2.
(8) Sal 84, 10.
(9) Sal 30, 10.
(10) Sal 119, 126.
(11) Cf Ger 12, 11.
(12) Cf Mt 24, 15.
(13) Cf Ap 6, 10.
(14) Ap 22, 20.
(15) Cf Rm 8, 22.
(16) Cf Gen 30, 1. Il Montfort cita a questo punto la frase latina Da Matri tuae liberos alioquin moriar (Gn 30, 1) e la commenta, insistendo sulla parola liberos che ripete sei volte all'inizio di ogni numero (dal 7 al 12). Il termine latino liber (al plurale liberos) ha un duplice significato: come aggettivo vuol dire "libero", non servo; come sostantivo vuol dire "figlio". I Romani chiamavano liberos i figli precisamente per distinguerli dai servi. Con il termine liberos la preghiera del Montfort esprime anch'essa una duplice intenzione: domanda a Dio missionari che siano "liberi" (nn. 7-10), ma che siano allo stesso tempo "figli" di Maria (nn. 11-12).
(17) Cf Lc 11, 27.
(18) Mt 28, 18.
(19) Cf Eb 7, 3. Di Melchisedec, re e sacerdote, la lettera agli Ebrei dice che "egli è senza padre, senza madre, senza genealogia" (Eb 7, 3).
(20) Cf Mc 10, 29; Lc 14, 26.
(21) In baculo cruce et in virga virgine. Cf. Nm 17, 23; 1 Sam 17, 43; S. Pier Damiani, Sermone per l'Assunzione, PL 144, 721 C.
(22) Is 60, 8; cf Trattato della vera devozione a Maria 57.
(23) Ez 1, 12.
(24) 1 Sam 3, 16.
(25) Gv 11, 16.
(26) Cf S. Agostino, La santa Verginità 6, 6, PL 40, 399: "Maria è senza alcun dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, nel senso che ha cooperato mediante l'amore a generare alla Chiesa dei fedeli, che formano le membra di quel capo".
(27) Cf Giordano Di Sassonia, Libellus de principiis ordinis praedicatorum, ed H.C. Schebeen, Moph Roma, 1935. Si accenna qui ai presagi celesti che avrebbero preceduto la nascita di San Domenico di Gusman: "la madre sognò di portare in seno un cagnolino con una fiaccola accesa in bocca che infiammava tutto il mondo" (cf Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, c. 1825).
(28) Gen 3, 15.
(29) Cf 2 Cor 6, 15.
(30) Sal 34, 7: "Questo povero grida e il Signore lo ascolta".
(31) 1 Re 19, 4.
(32) Sal 118, 17.
(33) Lc 2, 29-30.
(34) L'immagine dei tre diluvi si trova in una rivelazione di Maria des Vallées, riportata dal Renty (ms. 3177, Bibl. Mazarine), che Montfort cita in Trattato della vera devozione a Maria 47. Il Montfort aggiunge ai tre diluvi l'idea di tre regni, rendendo più positiva la visione in negativo di Maria des Vallées. Cf S. De Fiores, Lo Spirito Santo e Maria negli ultimi tempi secondo S. Luigi Maria da Monftort, in Quaderni Monfortani, 4 (1986), pp. 3-48.
(35) Sal 19, 7.
(36) Cf Lc 12, 49.
(37) Cf Sal 104, 30. Nella precedente edizione delle Opere la preghiera che qui il Montfort esprime con le parole del salmo 104, concludeva il n. 17 della Preghiera infocata. Qui, invece, si è preferito metterla all'inizio del n. 18 a motivo del suo contenuto.
(38) Gv 15, 19.
(39) Cf Lc 10, 3.
(40) Sal 105, 47.
(41) Sal 68, 10-17. Nei numeri seguenti (20-25) il Montfort commenta il salmo 68 secondo il testo della Volgata.
Il Salmo 68 "è tra i più difficili del Salterio" (M. Sales). Il Montfort lo commenta nei numeri seguenti (20-25) attenendosi alla versione della Volgata, che offre spesso una plausibile interpretazione del testo ebraico. Per questo motivo la nostra traduzione del Salmo si discosta da quella della CEI (che rimane una delle possibili letture del testo). Più profondamente il Montfort percepisce la dinamica e i contenuti del Salmo 68. Egli "condivide con il salmista una lettura della storia della salvezza intesa quale ricerca di una dimora per parte di Dio e poi per il popolo. La storia del Dio che interviene per procurarsi una dimora si dirige ora verso Maria, Salmôn della nuova economia" (M. Zappella, Il Salmo 68 e la Preghiera infuocata. Annotazioni esegetiche, in Quaderni Montfortani, 4 (1986), p. 116.
(42) Cf Ez 1, 5-14.
(43) All'espressione virtute multa del salmo 68 il Montfort aggiunge virtute magna di At 4, 33.
(44) Cf Lc 21, 15.
(45) Is 2, 2.
(46) Sal 87, 1.
(47) Cf Gen 27, 28.
(48) Cf Es 17, 8¬13.
(49) Cf S. Gregorio, Omelia 34 sul Vangelo, PL 125 1A. Il Montfort attinge direttamente da Olier, Lettres, Paris, Lecoffre, 1885, t. II, p. 576.
(50) Il Montfort prende lo spunto per gridare Al fuoco! da un testo di S. Giovanni Eudes (Lettre XXXIX, 23.7.1659, in Oeuvres complétes X, p. 432), ma con sviluppi o accentuazioni proprie.
(51) Es 32, 26.
(52) Vis unita fit fortior.
(53) Cf Sal 45, 4; 2, 1.
(54) Cf Sal 34, 14.
(55) Cf Sal 68, 5.
(56) Sal 2, 3-4.
(57) Sal 67, 1.
(58) Sal 43, 24.
(59) Gv 10, 16.
(60) Cf Sal 28, 9.