Tra bioetica all’amatriciana e cattolicesimo
faidate.
Appunti per sopravvivere
alla misericordia postmoderna
a cura di Ilaria Pisa
Mi imbatto mio malgrado in un articolo di Chiara Lalli su Internazionale.it, l’apro o non l’apro, voglio farmi del male, lo apro – e lo leggo.
Ora, non pretendo di rispondere a Chiara Lalli, cui la fama arride soffocando – ammesso che ci fosse – ogni residua volontà di interrogarsi sulle cose, di capirle, piuttosto che di inscatolarle sotto polverose, omologanti, beffarde etichettature libertarie. Rispondo più che altro perché penso che le sue righe arroganti potrebbero leggerle persone genuinamente cattoliche, o non credenti ma ‘aperte’, desiderose in buona fede di informarsi sul fenomeno così contraddittorio delle donne “sono-cattolica-ma…” (…ma abortisco, ma prendo la pillola, ma divorzio, etc. etc.)
Perché i fenomeni vanno capiti, non buttati in vacca. Procediamo dunque ad analizzare quanto scrive la Lalli sotto il titolo (questo sì, vero e tragico) “Anche le donne cattoliche abortiscono”. Sì, anche i cattolici abortiscono, uccidono, rubano, odiano. Credere che per essere cattolici si debba essere già perfetti in partenza è un’ottima scusa per non convertirsi mai. Oppure per gongolare quando si vede qualcuno cadere (e qui stat, videat ne cadat).
Sono sempre stata molto affascinata dalla confessione. Da quell’idea di perdono onnicomprensivo e soprattutto anticipatorio: sto per fare questa cosa non proprio morale o dichiaratamente ripugnante, poi tanto chiedo perdono. Per magari ricominciare il giorno dopo, in un eterno ripetere di abusi e peccati mondati.
Perdono ‘anticipatorio’? Forse la Lalli non ha affatto capito di che cosa sta parlando. Dal Catechismo di S. Pio X: 146. Come si riacquista la grazia di Dio, perduta per il peccato mortale? La grazia di Dio, perduta per il peccato mortale, si riacquista con una buona confessione sacramentale o col dolore perfetto che libera dai peccati, sebbene resti l’obbligo di confessarli. 358. Quante e quali cose si richiedono per fare una buona confessione? Per fare una buona confessione si richiedono cinque cose: 1° l’esame di coscienza; 2° il dolore dei peccati; 3° il proponimento di non commetterne più; 4° la confessione; 5° la soddisfazione o penitenza. 367. È necessario aver dolore di tutti i peccati commessi? È necessario aver dolore di tutti i peccati mortali commessi, senza eccezione; e conviene averlo anche dei veniali.368. Perchè è necessario aver dolore di tutti i peccati mortali? È necessario aver dolore di tutti i peccati mortali, perchè con qualunque di essi si è gravemente offeso Dio, se ne è perduta la grazia, e si merita di restare separati da Lui in eterno. 369. Che cos’è il proponimento? Il proponimento è la volontà risoluta di non commettere mai più peccati e di fuggirne le occasioni.
In poche parole, non esiste nessuna ‘affascinante’ Confessione che funzioni se noi commettiamo il male “tanto poi chiedo perdono e domani ricomincio”. Ci vuole il proponimento di non più peccare (per approfondire: qui). Ci vuole l’odio viscerale per il peccato, il desiderio di crepare tra le peggiori sofferenze, pur di non commetterlo.
Ieri papa Bergoglio ha detto che in occasione dell’imminente giubileo le donne che hanno abortito potranno essere perdonate. Non è una novità perché già accadeva in alcuni periodi dell’anno. Tuttavia ci sono alcune novità tecniche: ogni sacerdote può perdonare.
Ma che cosa vuol dire? Che si devono pentire, d’accordo. Cioè che non lo rifarebbero mai? E come lo si garantisce? E se poi lo rifanno? È facile, poi, dirlo ora per ieri. Il revisionismo delle circostanze passate che ci hanno portato a fare o a non fare qualcosa è una tentazione irresistibile. Non ci capacitiamo di non aver resistito a quella fetta di torta. Non ci spieghiamo come mai non siamo andate in palestra. Pensare che era pure lunedì!
Offendere Dio è come violare la dieta dimagrante, per chi a Dio ha sostituito l’io (e il ventre). Già su queste poche righe si potrebbe scrivere un trattato, di come Satana riesca ad essere così mellifluo e così understated da assumere le vesti della ragazza della porta accanto mentre chiacchiera del più e del meno.
Molti dei presunti ripensamenti rispetto all’aborto non sono che effetti di un ricordo parziale. Moltissimi sono semplicemente falsi: la maggior parte delle donne che ha scelto di abortire non se ne pente e non soffre necessariamente per tutta la vita. Molte donne abortiscono e stanno bene.
Non è detto infatti che una persona provi dolore per il peccato; non è neppure detto che un cattolico (un cattolico!) riesca a sentire contrizione dentro di sé per un male commesso. Ma infatti non è detto che una persona che si professa cattolica riesca a salvarsi. Non è detto che si riesca a passare per la porta stretta (a proposito di diete…).
L’aborto come una lettera scarlatta. Chi ammette questa visione semplicistica secondo cui ogni aborto è un dramma e un fallimento morale, ammetterà anche un rimedio altrettanto semplicistico. Hai abortito? Ti perdono.
Chi non sa che cosa sia l’amore non può sapere che cosa sia il dolore di aver ferito l’amato e l’immenso desiderio di riparare, di ricostituire la comunione, di essere perdonati. E l’immenso desiderio di Dio, di riaccoglierci, di raccattare i nostri poveri cocci e di perdonarci. Chi non sa non può capire, chi non sa liquiderà sempre tutto questo come ‘semplicistico’, ‘naif’ o ‘superstizioso; ma chi ha provato anche una volta sola nella vita l’enorme sollievo di sapersi amato fin dal concepimento non può non commuoversi di fronte a questo fatto: Asperges me, Domine, hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor (Sal 51); anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana (Is 1, 18).
L’aspetto un po’ più complicato riguarda l’assoluzione dal peccato di aborto verso “quanti lo hanno procurato”. Vale solo per i medici che hanno smesso di eseguire aborti?
Un medico cattolico non può essere abortista, punto. Si rimanda alle considerazioni svolte poc’anzi sul pentimento.
Il conflitto tra essere cattolici e compiere peccati rimane intatto e nessun perdono potrà scalfirlo. A meno che non si ammetta di poter essere cattolici anche senza seguire la gerarchia. Fino a quando si rimane cattolici? È ammesso un qualche spazio di autonomia e di indifferenza ai comandamenti?
Ciò che è innegabile è che le donne cattoliche, rimanendo in tema, abortiscono e usano anticoncezionali, hanno rapporti fuori dal matrimonio e non considerano il sesso come un mero strumento riproduttivo. Per alcune di loro, forse, il perdono sarà un regalo gradito, ma può pure essere che a molte altre non importerà molto di questo gesto un po’ ipocrita e consolatorio. Perché continuano a dirsi cattoliche, ma hanno già scelto di violare profondamente quelle condizioni necessarie per esserlo davvero.
Qui forse Chiara Lalli riesce ad enunciare un paio di concetti sensati e condivisibili: sì, per la disgrazia della nostra fragilità e meschinità pecchiamo nonostante abbiamo ricevuto il Battesimo e il perdono di Dio nella Penitenza, sì, molti di noi amano Dio a parole ma non ne rispettano i comandamenti, sì, le donne che si dicono cattoliche e poi agiscono secondo un ateismo pratico sono innumerevoli e nessuna di noi – a parte qualche meraviglioso caso di santità – può dire di essere stata immune perlomeno da questa tentazione, perlomeno una volta nella vita.
Il fatto è che non basta essere tralci della vigna di Cristo per potersi dire cattolici a pieno titolo, perché se si è un tralcio secco, ammuffito, improduttivo, si sta nella Chiesa oggi – per singolare munificenza di Dio, che ci lascia tutto il tempo necessario per pentirci secondo i Suoi imperscrutabili, ma sicuramente buoni, disegni – ma si verrà gettati nel fuoco domani.
E quindi? Per la Lalli questa è la ‘prova regina’ dell’impossibilità di essere cattolici coerenti (anzi, di essere cattolici, punto), perché ella guarda in casa nostra e non vede la perfezione utopica che la mente moderna, adulterata dalle ideologie umaniste, ricerca. Disgustata, volge lo sguardo altrove. E prende lucciole per lanterne:
Oppure quel conflitto è considerato tale solo dagli osservatori esterni? A leggere la storia di Kim Davis sembrerebbe di sì. Davis è una funzionaria di una contea del Kentucky e tra i suoi doveri c’è quello di rilasciare licenze matrimoniali. Davis rifiuta di concedere licenze a persone dello stesso sesso, perché i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono immorali e contrari alla Bibbia. Essere costretta a farlo violerebbe la sua libertà. E già qui si è tentati di consigliarle di cambiare lavoro, visto che non è “l’autorità di dio” che le paga lo stipendio. Ma c’è di più: Davis ha divorziato tre volte e si è sposata quattro volte. Come ha commentato Dan Savage, i principi ferrei di Davis sembrano valere solo quando le fanno comodo. Manco a dirlo, Davis ha chiesto perdono a Gesù. E tutti i peccati sono stati lavati via.
Divertente, se non fosse tragico, perché la signora Davis di cui la Lalli (stra)parla non è cattolica, ma evangelica, e quindi non solo non crede che il Matrimonio sia un Sacramento uno e indissolubile, ma non crede nemmeno nella Penitenza e, non avendo clero, non si confessa e non riceve assoluzione. Se non fosse una ‘bigotta omofoba’, sarebbe per Chiara Lalli proprio un’amica perfetta.
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