martedì 23 aprile 2013

talare

Obbligo dell'abito ecclesiastico



66. Obbligo dell'abito ecclesiastico
In una società secolarizzata e tendenzialmente materialista, dove anche i segni esterni delle realtà sacre e soprannaturali tendono a scomparire, è particolarmente sentita la necessità che il presbitero - uomo di Dio, dispensatore dei suoi misteri - sia riconoscibile agli occhi della comunità, anche per l'abito che porta, come segno inequivocabile della sua dedizione e della sua identità di detentore di un ministero pubblico. Il presbitero dev'essere riconoscibile anzitutto per il suo comportamento, ma anche per il suo vestire in modo da rendere immediatamente percepibile ad ogni fedele, anzi ad ogni uomo, la sua identità e la sua appartenenza a Dio e alla Chiesa.
Per questa ragione, il chierico deve portare « un abito ecclesiastico decoroso, secondo le norme emanate dalla Conferenza episcopale e secondo le legittime consuetudini locali ». Ciò significa che tale abito, quando non è quello talare, deve essere diverso dalla maniera di vestire dei laici, e conforme alla dignità e alla sacralità del ministero. La foggia e il colore debbono essere stabiliti dalla Conferenza dei Vescovi, sempre in armonia con le disposizioni del diritto universale.
Per la loro incoerenza con lo spirito di tale disciplina, le prassi contrarie non si possono considerare legittime consuetudini e devono essere rimosse dalla competente autorità. 
Fatte salve situazioni del tutto eccezionali, il non uso dell'abito ecclesiastico da parte del chierico può manifestare un debole senso della propria identità di pastore interamente dedicato al servizio della Chiesa.

CONGREGAZIONE PER IL CLERO

DIRETTORIO
PER IL MINISTERO E LA VITA
DEI PRESBITERI

Sua Santità il Papa Giovanni Paolo II, il 31 gennaio 1994, ha approvato il presente Direttorio e ne ha autorizzato la pubblicazione.

Nessun commento:

Posta un commento