domenica 7 aprile 2013

non praevalebunt?

Il colpo di grazia alla Chiesa Cattolica?



Continua, purtroppo, la disputa rigorosamente mediatica sulle recenti vicende della evoluzione (o involuzione?) del Papato, che non possono non suscitare interrogativi finanche nelle persone indifferenti distratte e lontane. Figuriamoci nei credenti più attenti, che passano dalla sorpresa allo sconcerto, allo sgomento.Oggi leggiamo su Il Foglio, un articolo dal titolo Se il Papa regni o no, che riporta la risposta alle dichiarazioni di Roberto De Mattei: Il Sommo Pontefice prima di essere un uomo è un’istituzione, da parte del teologo Andrea Grillo, docente presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo.

È un dato secondario l’iniziale confutazione ad uno storico di fare il teologo, perché De Mattei non ha parlato solo dalla sua autorevolezza di storico ma da credente. E la teologia non può non essere il linguaggio del credente che esprime concetti basati su una lettura sapienziale di eventi che toccano le fibre più profonde e più fondanti della Fede professata che lo anima e forgia la sua spiritualità e quindi anche il suo essere-nel-mondo (ma non del mondo).
 
L’affermazione davvero significativa, e francamente allarmante del “teologo” Grillo è, invece, la seguente, incastonata nella conclusione dell’articolo:
Grillo, che di mestiere [il 'mestiere' non garantisce l'infallibilità -ndR] studia ciò che è più vivo del mistero cristiano, la liturgia, sostiene che “quello che cambia oggi con Papa Francesco non è il personaggio ma l’istituzione”. Proprio questo spaventa De Mattei e i suoi amici che, dopo l’ipoteca lanciata sul pontificato di Ratzinger (il quale peraltro li ha spiazzati con la sua rinuncia), temono il peggio. “Invece questo è ciò che dobbiamo accogliere docilmente come novità dello Spirito, non irrigidendoci su modelli che nel passato hanno giocato un ruolo importante ma che da almeno un secolo meritano di essere adeguatamente e pacatamente riformati”.
Intanto cominciamo col distinguere tra teologo e teologo: non è scontato che un teologo, cioè colui che approfondisce lo studio sulla fede e sulle cose sacre e lo esprime, sia sempre inserito nell’alveo della teologia nutrita dal Magistero perenne e non corra il rischio di scadere in discorsi spuri e svianti. 
 
Nell’affermazione citata noto che il termine “riforma”, dagli echi infaustamente sinistri, appare ormai definitivamente sdoganato e intronizzato nella vulgata della cultura egemone in luogo dell’apparentemente innocuo roncalliano  aggiornamento e degli altri eufemismi tipo ermeneutica della continuità, usati nell’ultimo cinquantennio per addormentare i cuori e le coscienze dei credenti. Salvo poi scoprire che si tratta della “riforma nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa…” (famoso discorso alla Curia del 22 dicembre 2005), di stampo prettamente storicista, che sostituisce l’oggetto-Rivelazione, che la Chiesa incarna e trasferisce in ogni epoca fino alla fine dei tempi.

A questo punto si impone una domanda, in seguito ad una riflessione già fatta qui: Il primato petrino e
i segni dei tempi. Un papa che rifiuti consapevolmente e volutamente di fare il Papa, nel senso di non esercitare nella sua pienezza l’alta funzione assegnatagli dal Signore che contestualmente fonda la Sua Chiesa, dove la sta portando? La vera Chiesa può essere spogliata e snaturata in questo modo? Possibile che non ci sia un cardinale, un vescovo, un sacerdote che dia delle indicazioni cattoliche? È davvero così prematuro farlo?

Noi non ci fermiamo al sentimentalismo ed alla superficialità della demagogia o alla moda del tempo. Vogliamo una Chiesa docente da una cattedra perenne da parte di maestri reggitori e santificatori (il triplice munus sacerdotale, appunto) e non da guitti protagonisti di rappresentazioni sceniche di segno pauperistico e in definitiva profanatorio, così come rifuggiamo da ogni estetismo fine a se stesso.
La profanazione delle cose sacre potrà continuare senza avere effetti devastanti? La dissoluzione che riscontriamo nella politica e nel resto-del-mondo non ha forse le sue radici nei risvolti metafisici e corrispondenti ripercussioni sulla realtà di quanto accade nella Chiesa? A che prezzo dunque si potrà continuare su questa china di “fatti compiuti” senza spiegazioni – peraltro dovute ai credenti – da parte di chi li compie?
Se dei credenti hanno ravvisato una profanazione = trasferimento in luogo-non-consacrato di cose che appartengono al fanum = luogo consacrato, anzi al suo Sancta Sanctorum (mi riferisco alla Lavanda dei piedi - [vedi anche]), possono essi contentarsi delle giustificazioni demagogiche di un Ufficio-stampa tarato sulle aspettative del mondo nonché su alcune sbrigative parole apodittiche senza alcun supporto teologico da parte del Papa?
 
Concludo col messaggio di un lettore che ritengo focalizzi il problema che ci si pone e che mette in questione un primo tentativo di riscontro alle perplessità qui espresse con le prediche che appaiono molto cattoliche del nuovo Papa.
Purtroppo non posso parlare con cognizione di causa, ma vi propongo, anche per verificarla, un’ipotesi che mi pare non venga considerata.
Qualcuno, ha detto che la società sudamericana è meno secolarizzata di quella europea e che lì il problema del cattolicesimo sono piuttosto i famosi “lupi famelici”, le denominazioni protestanti di stampo pentecostale che gli sottraggono fedeli – e nelle quali immagino che i concetti di peccato, diavolo ecc. siano piuttosto frequentati.
Se è così, probabilmente in America latina parlare di queste cose è meno inusuale e “fuori moda” che da noi. Che Francesco lo faccia quindi potrebbe non essere indice di retta dottrina, ma, unito a tutto quello che sappiamo, potrebbe integrare un quadro di dottrina distorta in un modo diverso da come siamo abituati qui in Europa. Non è detto che non ci sia comunque qualcosa di positivo, ma forse non tanto positivo quanto può sembrare.
Occorre semplicemente una verifica che alle belle parole non seguano fatti e atti divergenti.  ( fonte: chiesaepostconcilio.it)

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