lunedì 1 aprile 2013

Papato

Pontificati virtuali



Benedetto xvi:
La Carità di Pietro ieri come oggi.



Nei giorni scorsi mi ha scritto dalla Germania (l’ultimo post è stato ripreso dal Müsteraner Forum für Theologie und Kirche, per cui ha avuto una certa diffusione nei paesi di lingua tedesca) una signora che esprimeva il suo sconcerto per l’atteggiamento assunto dai media nei confronti del neo-eletto Papa Francesco: «Tutti a sperticarsi in elogi al nuovo Vescovo di Roma. Ma  dove erano in questi otto anni? Papa Benedetto è stato crocifisso dal primo all’ultimo giorno, salvo quando ha dato le dimissioni, allora si sono fatti sentire! Il perché di tanto entusiasmo è  dato dal fatto che il nuovo Vescovo indossa la croce di ferro, le scarpe nere, i pantaloni neri?». La signora mi chiedeva di spiegare tale diverso atteggiamento tenuto dai media nei confronti di Papa Benedetto e di Papa Francesco.

Me la sono cavata con una citazione evangelica: «Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti ... Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti» (Lc 6:22-23.26).

A parte il Vangelo, che rimane sempre valido, ho continuato a riflettere sulla domanda della signora: come si spiega che quei media, che per otto anni hanno continuato ad attaccare Ratzinger per qualsiasi motivo, oggi per qualsiasi motivo continuano a elogiare Bergoglio? Che esista una disparità di trattamento, è sotto gli occhi di tutti. Mercoledí scorso Raffaella, riferendosi al fatto che Papa Francesco nell’udienza generale aveva parlato solo in italiano, si era giustamente chiesta: «Che cosa sarebbe accaduto se Papa Benedetto, a partire dal 2005, avesse adottato lo stesso sistema? … Quando Benedetto XVI andò in Polonia (2006) fu aspramente criticato da un vaticanista perché aveva deciso di tenere discorsi ed omelie in italiano. Scrisse: “Ci si aspettava che prendesse lezioni di polacco”. Dopo il primo Messaggio Urbi et Orbi (Natale 2005) ci fu chi ironizzò perché il Santo Padre aveva salutato in sole 33 lingue, circa la metà del suo predecessore. Quando, negli anni successivi, Benedetto arrivò a battere tutti i record precedenti nessuno gli fece i complimenti». Staremo a vedere se domani sui giornali i vaticanisti avranno da ridire sul fatto che ieri Papa Francesco ha fatto gli auguri soltanto in italiano. Ho i miei dubbi; anzi sono sicuro che sarà un’ulteriore occasione per tessere le lodi del nuovo Pontefice, a cui piace la semplicità e il contatto immediato con le folle. Ci sarà anche qualcuno che darà una lettura teologica della novità, sostenendo che Papa Bergoglio si sente soprattutto Vescovo di Roma e pertanto usa la lingua che si parla a Roma (qualcuno dovrà poi spiegarmi perché si debba andare a cercare il Vescovo di Roma alla “fine del mondo”, e scomodare tanti Cardinali provenienti da ogni dove, quando si potrebbe fare tutto in casa, con tanti bravi preti a disposizione nella diocesi di Roma).

Non so se avete notato che, per i media, ogni gesto di Papa Francesco diventa un evento: abbraccia un bambino o un disabile, e sembra che sia la prima volta che questo avviene, quando gli ultimi Pontefici ci avevano abituato a gesti simili, senza che ormai nessuno ci facesse piú caso. Qualsiasi cosa dice, anche la piú banale, diventa un oracolo. L’altro giorno mi è capitato di sentire, non ricordo se alla radio o in TV: «Parole forti quelle di Papa Bergoglio: “Dobbiamo aiutarci gli uni gli altri”!». Non mi si fraintenda: non sto criticando Papa Francesco e non sto paragonando i suoi discorsi con quelli di Papa Benedetto. Ognuno si esprime a suo modo; c’è bisogno della lectio magistralis, e c’è bisogno della semplice riflessione a braccio; ogni tipo di intervento può avere il suo valore, a seconda delle circostanze. Quel che mi dà noia sono le amplificazioni dei media.

Ho l’impressione che si stia creando un pontificato virtuale, in contrapposizione a un pontificato virtuale precedente, di segno opposto. Mi vado chiedendo in questi giorni: ma che fine hanno fatto tutti i gravissimi problemi che affliggevano la Chiesa durante il pontificato di Benedetto XVI, e che qualcuno pensa possano in qualche modo essere all’origine della sua rinuncia? Sono tre settimane che nessuno parla piú di pedofilia nella Chiesa; nessuno parla piú di Vatileaks e dei veleni della Curia Romana; nessuno parla piú dello IOR. Tutto risolto? È bastato eleggere il nuovo Papa per risolvere automaticamente tutti i problemi? Due son le cose: o era tutta una montatura mediatica allora, o è tutta una montatura mediatica adesso. Non è possibile che problemi che stavano facendo vacillare la Chiesa di punto in bianco scompaiano nel nulla. Si noti bene che, a parte le stupidaggini, finora non è stata fatta nessuna riforma; l’unica nomina che è stata fatta è quella del nuovo Arcivescovo di Buenos Aires; eppure tutto fila liscio come l’olio. Sembrerebbe che il problema fosse uno solo: Joseph Ratzinger.

Sinceramente faccio fatica a comprendere il motivo di tanta avversione. Certamente anche lui ha commesso degli errori (c’è qualcuno che ne è esente?). Personalmente ritengo che il suo maggior limite sia stata l’incapacità di scegliersi i collaboratori (basta vedere come il precedente conclave, formato da Cardinali nominati da Giovanni Paolo II, abbia preferito lui a Bergoglio; mentre questo conclave, composto in gran parte da Cardinali da lui creati, abbia eletto quello che era stato il suo “rivale”): Papa Ratzinger, che pure conosceva i meccanismi di Curia, si era circondato di carrieristi che, al momento opportuno, gli han voltato le spalle. Un’altra critica che gli si può muovere è che non è stato capace di realizzare le riforme che si era proposte: innanzi tutto la riforma della Curia Romana; poi la “riforma della riforma” in campo liturgico; infine la riconciliazione con i lefebvriani. Ma, d’altra parte, come avrebbe potuto realizzare tali riforme senza l’aiuto dei suoi collaboratori?

In ogni caso, queste o altre possibili critiche non giustificano l’avversione dei media nei confronti di Ratzinger. Ci deve essere qualche altro motivo che ci sfugge. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che il suo “peccato originale” fossero le origini tedesche. Non saprei: la Germania è stato forse il Paese dove lo si è maggiormente osteggiato. Forse la sua colpa principale è stata l’essere tradizionalista? Qualche anno fa avevo scritto un post dove sostenevo che Ratzinger fosse sempre rimasto fondamentalmente un “liberale”. Sinceramente si fa fatica a individuare il motivo reale per cui per otto anni (senza contare gli anni precedenti) i media si sono esercitati nel tiro al piattello contro Papa Benedetto.

Comunque, sono convinto che l’atteggiamento che i media hanno tenuto nei confronti di Ratzinger, da un momento all’altro potrebbero assumerlo anche nei confronti di Bergoglio. Fossi nei panni di Papa Francesco, non dormirei sonni tranquilli: mai fidarsi degli adulatori; di punto in bianco potrebbero rivoltarsi contro. Non so se vi siete accorti, ma sono già stati lanciati alcuni “avvertimenti” mafiosi: prima le accuse di aver sostenuto la dittatura militare, ora quelle di aver aderito alla “Guadia di Ferro” (senza parlare del film, del 2012, ma arrivato solo ora in Italia, Mea maxima culpa). Che poi Introvigne o chi per lui dimostri l’inconsistenza di tali accuse, non serve a niente: nel momento in cui il New York Times decide di sferrare l’attacco, non c’è santo che tenga; può essere anche tutto falso, ma il semplice fatto che le stesse accuse rimbalzino da un giornale all’altro, le trasforma in “verità”. A quel punto anche la testimonianza dei Premi Nobel diventa superflua; ciò che conta è quanto dicono i media: una verità virtuale, come virtuale è il mondo in cui viviamo.

p. G. Scalese

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