giovedì 4 aprile 2013

apostasia

Il p. Calmel e la crisi della Chiesa



«Lo spirito cattolico diminuirà rapidamente; la preziosa luce della fede si spegnerà progressivamente fino a quando si giungerà ad una pressoché totale corruzione dei costumi (…). Nel supremo momento del bisogno della Chiesa, coloro che dovranno parlare resteranno in silenzio! (…). Alla fine del XIX secolo e per gran parte del XX, si diffonderanno varie eresie, e, sotto il loro potere, la luce preziosa della fede si spegnerà nelle anime (…)».

Questo disse la Madonna a Madre Mariana de Jesus Torres il 2 febbraio 1634 a Quito (Ecuador), quando la lampada del Tabernacolo si spense, lasciando al buio la cappella del convento dell’Immacolata Concezione (le apparizioni di Quito sono riconosciute dalla Chiesa). Eppure, come Maria Maddalena e san Giovanni sono rimasti sempre accanto a Gesù, così esistono amici stretti di Dio che restano, come guardie fedeli, ferme e incorruttibili, a vigilare il Tabernacolo. Fra questi c’è sicuramente la splendida figura di p. Roger-Thomas Calmel O.P. (1914-1975), un sacerdote di solida formazione tomista, che ha lasciato un insegnamento straordinario di fermezza nella fede e di vivida comprensione delle problematiche sorte nella Chiesa a causa delle idee dei novatori, che trovarono terreno fertile durante i lavori del Concilio Vaticano II.

Con lucidità e lungimiranza, illuminato da una vita di intensa  preghiera e di grazia, egli seppe spiegare le dinamiche rivoluzionarie che traevano matrice dal liberalismo, atte ad edificare una «Chiesa-miraggio», nel tentativo “ecumenico” di realizzare l’unità religiosa del genere umano, dispensato dal rinunciare al mondo e a Satana (come, invece, Gesù Cristo insegna), e teso a vivere nella libertà e nella fratellanza universale.

Padre Calmel spiegò come in un dato momento della storia della Chiesa, si sia sentito «il bisogno di un rinnovamento biblico, o liturgico, o missionario, o del “laicato”; questo rinnovamento era nell’aria; guardate come la rivoluzione si affermi attraverso l’inganno, la seduzione, la falsificazione; si incomincia mettendo da parte i cristiani tradizionali e vitali che avrebbero fatto fiorire il rinnovamento nella fedeltà alla Tradizione della Chiesa, si dà un posto ai rivoluzionari che vogliono il rinnovamento contro la Tradizione e il Vangelo contro la Chiesa, a poco a poco si insegna al popolo cristiano, terribilmente ingannato, a leggere la Scrittura contro la teologia tradizionale, a celebrare la liturgia contro l’adorazione e la contemplazione, a magnificare il matrimonio contro la verginità consacrata, a esaltare la povertà evangelica contro la proprietà privata, a divenire apostolo dei non credenti, prescindendo dalla fede e dal battesimo; questa deviazione incredibile, quest’arte di confiscare per falsificare è assolutamente connaturata ed essenziale alla rivoluzione» (Père Jean-Dominique Fabre, Le père Roger-Thomas Calmel, Clovis, Suresnes Cedex 2012, p. 314).

Padre Calmel, che non ha tradito ed è rimasto sul Calvario, senza salpare per altre lidi mondanamente più accattivanti (ma proprio per questo deprimenti), riuscì a realizzare disamine filosofiche e teologiche intrise di realismo e di misticismo, puntando lo sguardo anche al futuro: ciò che noi oggi viviamo lui lo profetò. Egli affermò che con il Concilio Vaticano II, senza condannare alcun errore, all’«errore sarà dato libero sfogo» (ivi, p. 318). Egli, «per amore di Gesù», non si fece sospingere dai nuovi venti, ben cosciente che «noi saremo sempre più isolati» (p. 318).

Il suo esempio, la sua coerenza spirituale e intellettuale, in questo tempo di smarrimento e sconcerto religioso ed etico, donano quell’entusiasmo e quel vigore che, inevitabilmente, riconducono a Paolo di Tarso. Nella Breve apologia della Chiesa di sempre (Ichthys, 2007) l’autore, che scrisse anche una magnifica Teologia della Storia (Borla, 1967), ricordò ciò che santa Teresina di Lisieux affermò sul letto dell’agonia: «Vorrei vivere ai tempi dell’anticristo» (p. 153) per poterlo combattere con la verità, quella verità che di giorno in giorno è sempre più soffocata. Grazie a maestri come il domenicano Roger-Thomas Calmel, i cui ragionamenti sono roccia e le cui parole sono rifugio, il Tabernacolo continua ad essere adorato, seppure nelle tenebre. (Cristina Siccardi)

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