mercoledì 3 aprile 2013

conversione della chiesa


Ma la Chiesa deve uscire o rientrare? 

Se si deve utilizzare il termine "uscire", nella tradizione della Chiesa occidentale e orientale, lo si deve fare solo per indicare l' "uscita dal mondo", ossia da una condizione di dispersione spirituale, col fine d'essere più autenticamente cristiani.


Anni fa' avevo la possibilità di entrare in una biblioteca privata antica, tenuta da pochi anziani e ricchi religiosi veneziani, nel centro della città. Questa biblioteca settecentesca conteneva prevalentemente testi di teologia ed era stata da poco restaurata. Non era e non è aperta al pubblico. 

Purtroppo attorno agli anni '80 un suo responsabile aveva fatto scempio di alcune pagine di libri miniati, vendendole agli antiquari della zona, pur di finanziare le sue ricerche. L'anziano religioso era convinto... di poter scoprire il moto perpetuo!

Sono cose che sembrano barzellette eppure successero e mi furono riferite da frequentatori assidui della casa. L'anziano, ad un certo punto, morì. Iniziai ad entrare in quella biblioteca quando  non c'era più, dopo che era stato fatto  un certo danno a diversi volumi di canto.

Poco distante da quella biblioteca, di impianto classico, attorno alla metà degli anni sessanta, si era costituita, all'ultimo piano dello stesso stabile, un'altra piccola bibliotechina: era la biblioteca dei giovani religiosi, studenti in teologia.

Di essi, quando arrivai io, non c'era più nemmeno l'ombra ma, come nel caso dell'anziano bibliotecario, si notavano i segni del loro passaggio. I libri avevano tematiche teologiche molto progressiste. Il locale che li ospitava, essendo proprio sotto un tetto, era soggetto a molte escursioni termiche, ragion per cui, quei libri finirono per invecchiare anzitempo.

Un giorno presi in mano un titolo a caso: era una miscellanea di vari articoli dal titolo "Concilio vivo". All'interno trovai un articolo che osannava l'evento conciliare della Chiesa cattolica, quale inizio di una vera e propria epoca di rivoluzione in cui la Chiesa stessa usciva dai suoi bastioni, ossia "usciva fuori di se stessa".

Risi davanti all'ingenuità ebbra di quello scrittore e dimenticai il fatto.

Oggi sembra che stiano tornando in auge quelle stesse idee, che sinceramente pensavo fossero sparite, esattamente come sparirono il bibliotecario "ladro" e gli studenti di teologia rivoluzionari.

Pare che queste idee stiano per essere rimestate nel mondo cattolico, come quando si gira una pentola e i fondi riemergono in superficie. Non penso, tuttavia, che la cosa riguardi solo il Cattolicesimo perché certe mode, una volta lanciate, si dilagano interconfessionalmente e sono ovunque pericolose.

E' dunque bene cercare di capire che senso ha questa definizione, se di senso si deve parlare.

La Chiesa si costituisce nella sequela a Cristo, con la Pentecoste e, lentamente nei secoli, si struttura in un certo modo, assumendo una coscienza sempre più chiara di sé. Come i cristiani di Diogneto, la Chiesa sa di essere nel mondo e per il mondo ma non è del mondo. Questo significa una solidarietà e una contiguità di essa con l'umanità ma non un'identificazione automatica.

Nell'umanità, infatti, esiste anche chi, per un insondabile mistero, decide di non accettare Dio e di comportarsi di conseguenza.

La Chiesa non può, dunque, identificarsi con questa parte di umanità. Nella Chiesa, per un'esigenza ascetica evangelica, molti fedeli, lungo i secoli, sono "usciti" dalla mondanità per essere più autenticamente di Cristo. E' il caso del movimento monastico dei primi secoli, di quello eremitico e della formidabile storia del monachesimo che ha caratterizzato i primi secoli medioevali in Occidente.

Qui non era la Chiesa che "usciva da se stessa", ma, si può dire "rientrava" più efficacemente in se stessa per mostrare al mondo il suo viso autentico, come quello dei discepoli quando scesero dal monte della trasfigurazione.

Se si deve utilizzare il termine "uscire", nella tradizione della Chiesa occidentale e orientale, lo si deve fare solo per indicare l' "uscita dal mondo", ossia da una condizione di dispersione spirituale, col fine d'essere più autenticamente cristiani.

Alla fine degli anni '50, nel mondo cattolico, avviene, al contrario: assistiamo ad una forte simpatia verso il mondo scientifico, tecnologico e culturale. Nell'ebbro ottimismo di quegli anni si ritiene possibile sposare il verbo cristiano con la cultura circostante (qualsiasi cultura) a patto di trovarsi con uomini di buona volontà. Questo atteggiamento si erge contro quello diametralmente opposto della Chiesa fino ad allora, con il quale non si vedeva altro che disastro. Ad una eccessiva chiusura è quindi seguita un'apertura senza  prudenza. Il fascino del mondo - inteso come mondanità - ha così finito per carpire fedeli e religiosi. La conseguenza fu chiara: i seminari e le case religiose si svuotarono mentre i fedeli vissero una fede sempre più orizzontale e sociologica: Cristo alla fine finì per essere il "buon rivoluzionario" in grado d'insegnare all'uomo la via per un mondo migliore.

E' in questa temperie che si deve capire perché si scrissero certi libri come "Concilio vivo", da me sopra citato. Qui, quando si dice che la Chiesa deve uscire dai suoi bastioni, s'intende in parole semplici, che deve abbandonare la sua identità tradizionale, basata sulla preghiera, la fiducia in Dio, l'adorazione, l'ascesi e darsi puramente ad opere sociali per un mondo migliore.

Pochi giorni fa il vescovo di Roma, Bergoglio, affermò: "Ricordate bene: [bisogna] uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per noi".

Cosa vorrà intendere precisamete? A me pare una allusione a tutto quel mondo che mi pareva spento e che ora ritorna, con la scusa, ora, che è Gesù a darne l'esempio.

Certo, se queste frasi indicano uscire dal proprio egoismo e dalla propria piccineria, le posso ben giustificare. Cristo, in questo, è il vero Maestro, ma la Chiesa sa che, perché l'uomo possa trascendersi, non può affidarsi solo a se stesso e alle sue uniche forze. 

Molti segnali mi indicano che per il vescovo di Roma non si tratta solo di questo ma di spogliare la Chiesa dal suo passato, più precisamente da un certo stile che si ritiene superato e che non può più servire ad incontrare il mondo tale qual'è. Di qui anche la sua antipatia per le forme liturgiche tradizionali. E' un buttar via il "bambino con l'acqua sporca", come si dice.

Ecco, se le cose stanno veramente così, non posso non fare come feci quella volta con il libro "Concilio vivo". Lo chiusi subito con un sorriso di compatimento e andai oltre dimenticandolo. 

http://traditioliturgica.blogspot.it/2013/04/la-chiesa-fuori-di-se-stessa.html

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