Sarah: la liturgia oggi è malata di parole e rumore. Un segno? L'onnipresenza del microfono
Da La force du silence. Contre la dictature du bruit, intervista di Nicolas Diat al cardinale Robert Sarah (Fayard)
D.
Non è un po’ paradossale richiamare l’importanza del silenzio nella
liturgia, riconoscendo contemporaneamente che le liturgie orientali non
hanno momenti di silenzio e sono particolarmente belle, sacre, ricche di
un atmosfera orante?
R. Il suo commento
è saggio e mostra che non è sufficiente prescrivere momenti di silenzio
perché la liturgia sia permeata da un sacro silenzio. Il silenzio è
un'attitudine dell'anima. Non è una pausa tra due rituali, è esso stesso
un rituale. Certamente i riti orientali non prevedono tempi di silenzio
nel corso della Divina Liturgia. Tuttavia, essi sono fortemente
caratterizzati da una dimensione apofatica della preghiera di fronte a
un Dio che è ineffabile, incomprensibile, impercettibile. La Divina
Liturgia è immersa nel mistero. Viene celebrata dietro l'iconostasi, che
per i cristiani orientali è il velo che protegge il mistero. Per noi
latini il silenzio è una iconostasi sonora. Il silenzio è una forma di
mistagogia, ci permette di entrare nel mistero senza deflorarlo. Nella
liturgia linguaggio dei misteri è silenzioso: il silenzio non nasconde,
ma rivela in profondità.
San Giovanni Paolo II ci
insegna che «il mistero vela continuamente se stesso, copre se stesso
con il silenzio, per impedire che si costruisca un idolo al posto di
Dio». Oggi mi sento di dire che il rischio che i cristiani divengano
idolatri è grande. Prigionieri del rumore di un parlare umano senza
fine, non siamo lontani dal costruirci un culto a nostra misura, un Dio a
nostra immagine. Come il cardinale Daneels ha rimarcato, «il principale
difetto della liturgia occidentale oggi, per come è celebrata
concretamente, è di essere troppo parlata». Il padre Faustino Nyombayré,
sacerdote del Ruanda, dice che in Africa «la superficialità non
risparmia la liturgia o appuntamenti religiosi, dai quali le persone
tornano senza respiro, più che riposate e piene di ciò che hanno
celebrato, così da poter vivere e testimoniare meglio». Le celebrazioni
alle volte sono rumorose e defatiganti. La liturgia è malata. Il simbolo
più chiaro di questa malattia è l’onnipresenza del microfono. È
diventato così indispensabile che la gente sì chiede come sia stato
possibile celebrare prima della sua invenzione.
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