Lettera immaginaria di un Papa agli imprenditori
Sul quotidiano La Verità di sabato 8 ottobre a pagina 12 è stata pubblicata la prefazione al libro di padre Robert A. Sirico “La vocazione dell’imprenditore“, una immaginaria lettera di un Papa agli imprenditori fatta dal banchiere ed economista Ettore Gotti Tedeschi.
di Ettore Gotti Tedeschi
“Carissimi
figli imprenditori, noi pensiamo che l’impresa sia un valore comune e
debba essere gestita e sostenuta come tale. Noi comprendiamo che la
crisi economica in atto ha frenato o persino impedito lo sviluppo
necessario a creare occupazione e benessere. Noi comprendiamo anche che spesso,
seguendo le regole consumistiche imposte per compensare il crollo delle
nascite con la crescita dei consumi individuali, abbiate accettato di
produrre beni superflui, spesso indebitandovi troppo, spesso cercando il
profitto a breve.
Ma
noi non crediamo che sia l’impresa ad aver responsabilità della crisi, e
ora debba sopportarne invece gli oneri. Perciò, proprio in questo
difficile momento, vi vogliamo incoraggiare e vogliamo mostrare
apprezzamento per il vostro ruolo, vogliamo riabilitare la dignità e
moralità dell’imprenditore affinché non desistiate, non vi scoraggiate e
non fuggiate la vostra vocazione imprenditoriale, per il bene comune.
Noi crediamo che il valore dell’imprenditorialità sia oggi più che
apprezzabile, sia eroica. Noi ben sappiamo che solo attraverso l’impresa
privata si crea vera ricchezza indispensabile per essere realmente
distribuita. Ma l’impresa è un mezzo cui va dato un fine, un senso,
affinché detta ricchezza sia creata bene e serva all’uomo, al suo
benessere integrale, e sia possibile distribuirla, secondo leggi
economiche, per il bene comune, di tutti.
Se
ciò non avvenisse e lo strumento economico diventasse fine, come è
successo, si creerà ingiustizia e nuova povertà, dando poi la colpa
all’impresa o al mercato, quando questi invece sono solo mezzi,
strumenti, che non sono né etici, né non etici, essendo l’uomo che li
usa a renderli tali. Pertanto, parafrasando ciò che scriveva nella Caritas in Veritate
Benedetto XVI, non è l’impresa che deve esser riformata, ma è il cuore
dell’imprenditore. E per poterlo fare è necessario capire la Verità. E
quello è compito nostro, della Chiesa, che deve riuscirci con un
magistero chiaro e conforme alla dottrina, con i sacramenti che sono il
mistero di nostro Signore, con la preghiera a Dio Padre.
Cari amici imprenditori, io so bene
che la crisi economica è stata originata da crisi di valori morali, e di
questo un po’ di responsabilità è anche nostra quando abbiamo ridotto
l’insegnamento della dottrina, quando abbiamo adattato ai tempi i
sacramenti, quando non abbiamo insistito sul valore della preghiera.
Ecco figlioli, questa nostra mancanza ha permesso alla gnosi di avanzare
e vincere, negando le leggi naturali, anzi sovvertendole grazie al
neomalthusianesimo ambientalista anti-uomo e pro-decrescita economica.
Mai, mai, avremmo dovuto concedere esagerata comprensione allo
scoraggiamento della vita umana e della famiglia. Mai avremmo dovuto
lasciar creare le condizioni di presa di autonomia morale da parte degli
strumenti economici, scientifici, che arrivarono persino a prevalere
sulla crescita di sapienza dell’uomo e fargli pensare di poter gestire
strumenti sofisticati senza aver la maturità per riuscirci. Mai avremmo
dovuto permettere, quale autorità morale, i fallimenti della civiltà
cattolica e conseguentemente della morale cattolica.
Vediamo
ora, figlioli, quali raccomandazioni vi dà il vostro Papa: anzitutto vi
siamo vicini per le difficoltà che vivete e per le enormi
responsabilità che avete su di voi. Coraggio pertanto! Vorremmo anche
rendervi partecipi di una preoccupazione sul problema della
disoccupazione giovanile. Non vogliamo fare richiami generici e
irrealistici, che possano far pensare a proposte antieconomiche o anti
imprenditoriali. Ben sapete, meglio di me, che l’occupazione si tutela
sviluppando l’impresa e rafforzandola competitivamente. Ciò con valori
di responsabilità personale e di merito, non di assistenza e protezione.
Ma, mi chiederete, qual è il suggerimento? È il seguente, che troverete
nella conclusione dell’enciclica Caritas in Veritate: “L’amore
di Dio ci dà il coraggio di operare e proseguire nella ricerca del bene
di tutti. Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate
verso Dio”.
Capisco
la vostra perplessità, ma è un pastore che vi parla, non un presidente
di Confindustria. Ma è un pastore che non vuole consolarvi, vorrebbe
invece riuscire a contagiarvi con la nostra vicinanza e preghiera.
Vorrei ora anche sorprendervi.
Voi
imprenditori siete sempre alla ricerca di strategie vincenti, bene,
vorrei perciò proporvi di considerarne una nuova, da molti ignorata: la
grazia. L’addendo che rende ogni futuro imprevedibile e sorprendente. Vi
invito a pensare (senza smettere di agire naturalmente) che la fiducia
in Dio, unitamente a un la-voro ben fatto, possa diventare un vantaggio,
così come preoccuparsi della vita spirituale e famigliare dei vostri
dipendenti. Avete mai pensato che questa attenzione possa generare più
produttività, meno costi, meno rischi? Vorrei cercare di spiegarvi, cari
imprenditori, che testimoniare con coraggio l’identità cristiana
nell’imprenditoria produce valore aggiunto reale e sostenibile. Un
imprenditore cristiano infatti considera l’impresa un mezzo e considera
il famoso profitto un indispensabile strumento di misura della
“performance” dell’impresa, nonché il necessario risultato per farla
crescere e affermare, ma anche, e certamente, la giusta remunerazione di
chi ha investito e rischiato. Dando per certo che non devo convincervi
che impresa e profitto sono strumenti, vorrei solo richiamare
l’attenzione sul valore che desidererei poneste al fine che questi
strumenti devono avere per essere efficaci, cioè alla dignità umana dei
vostri dipendenti, fornitori, clienti, investitori, ecc., è proprio
quella che provoca il valore della vostra impresa e della vostra
vocazione di imprenditori.
Questo
valore si chiama fiducia. Proprio ciò che nel nostro mondo manca,
diventando la vera risorsa più scarsa. Ma questa risorsa scarsa non è
una materia prima difficile da trovare e cara, non è danaro o
finanziamenti difficili da ottenere: essa è in voi, voi possedete la
risorsa più scarsa in natura. Trovatela e trasformatela in un vantaggio
competitivo dunque, e ricominciate a creare valore, sviluppo e
ricchezza! Immaginate una strategia di sviluppo della vostra impresa
centrata (e realizzata coerentemente) sul vantaggio “fiducia”, non come
espressione falsa di marketing “etico” che ben sapete non esiste, perché
uno strumento non può, di per sé, essere etico. Fa-te in modo che il
mondo torni ad aver bisogno delle vostre capacità valorizzate dalla
risorsa “fiducia”. Avete ben compreso che gli attuali modelli economici
che sembrano vincenti, in realtà non sono sostenibili (costi troppo
bassi, tecnologie troppo alte…), e non lo sono perché ignorano leggi
naturali e la dignità dell’uomo non valorizzandola, considerandolo mezzo
di produzione, di consumo, di investimento, ma sempre mezzo.
Vi
esorto figli cari, date esempio al mondo di come si governa un’impresa
con modelli cristiani di lealtà, trasparenza, sicurezza, qualità,
capacità innovativa, senso di responsabilità, ecc. Accorreranno a voi
per lavorare, per comprare i vostri prodotti, per potervi fornire, per
potervi finanziare, investire su di voi… Vedete cari imprenditori, il
bene dell’uomo, grazie all’impresa, non è bene perché Dio lo vuole, Dio
lo vuole perché è bene per l’uomo. È la ragione, credetemi, che spiega
cosa è il bene. Vi giunga, oltre a questo incoraggiamento, anche la mia
benedizione”.
La Verità sabato 8 ottobre 2016 p. 12
fonte fedecultura
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