Perche ci vogliono tristi?
Le
Scritture, che leggiamo nella sacra liturgia secondo il rito romano di sempre, sono tratte dalla Vulgata. Non intendo parlare male dei tentativi di
riforma e di aggiornamento, ma, ahimè, talvolta l’uomo moderno, preso
dalla vertigine di dover progredire comunque, non si preoccupa dove
progredisce. Non ci si preoccupa della strada che si percorre, pur di
progredire, non ci si preoccupa dell’essere, delle essenze, ma solo del divenire, del progredire. Però bisognerebbe vedere che cosa è il progresso, dove si và.
Vi confesso sinceramente che quella traduzione dei Salmi, che adesso
adoperiamo invece della Vulgata, è sì più critica, più scientifica, più
aggiornata, ma non è più bella, lasciatemelo dire con chiarezza.
Pensate a quel bellissimo salmo che recitiamo nella traduzione di san Girolamo. Esso dice:
"Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam (Ps 43
[42], 4): verrò all’altare del Signore, a quel Signore che è la gioia
della mia giovinezza!"
Come è bella quella traduzione!
Il testo ebraico è perfettamente rispettato.
Nelle moderne traduzioni, la giovinezza e la gioia scompaiono
misteriosamente, a causa di scrupoli critici e scientifici. Così tutta
la poesia delle Scritture scompare.
Invece san Girolamo ebbe da
Dio il dono particolare di essere non solo un grande filologo, un
grande critico, un grande esegeta, ma soprattutto un’anima poetica,
un’anima sensibile e più ancora un’anima credente, soprannaturalmente
credente.
Il testo sacro è parola del Signore, di Dio
infinitamente bello, gioia degli angeli, splendore di verità! Dice
ancora il Salmo: " Alla tua casa, Signore, si addice la bellezza per
tutta la lunghezza dei giorni ". Dio è bellezza.
La sua casa e
i riti con cui lodiamo, celebriamo, onoriamo e proclamiamo il Signore
devono essere belli. La parola del Signore, essendo bellissima in sé,
deve essere bella anche nelle sue traduzioni.
È cosa commovente
vedere come Dio ha dato a san Girolamo il particolare dono di essere
elegantissimo nell’espressione latina, con reminiscenze poetiche
vergiliane, ovidiane e oraziane. Non solo, ma gli ha dato anche lo
"spirito dei riti".
San Girolamo rispetta i semitismi e li
traduce fedelmente. Proprio per questo entra nella mentalità del popolo
eletto, al quale il Signore ha rivolto queste parole.
Non bisogna temere la fedeltà nelle traduzioni.
Al giorno d’oggi ci si improvvisa traduttori e si diventa traditori.
San Girolamo, nel tradurre, dimostrò umiltà, lui che aveva tutt’altra
indole. Disciplinato e guidato dal Signore, seppe farsi umile dinanzi
alla sua parola e il Signore, amante degli umili, lo esaltò, dando,
tramite lui, alla Chiesa la traduzione latina delle Sacre Scritture,
detta Vulgata versio.
(... tratto da "Omelia su san Girolamo" di Tomas Tyn)
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