Card. De Paolis: momento grave anche all'interno della Chiesa
Convegno della Fondazione Lepanto e dell’Associazione
Famiglia Domani sul tema
“Matrimonio e famiglia/ Tra dogma e prassi della Chiesa” – Intervento di grande
spessore del cardinale Velasio De Paolis:
“Non
bisogna confondere la misericordia con l’amore, che per essere autentico ha
bisogno di verità” e “Chi siamo
noi per mettere in discussione la sacralità del matrimonio?” - In
apertura le considerazioni sull’argomento da parte di Roberto de Mattei, Giovanni
Turco, mons. Antonio Livi.
“Le famiglie oggi sono in difficoltà sia nella società civile che anche dentro la Chiesa”, ha constatato il Card. Velasio De Paolis: E’ evidente che tra ‘società civile’ e ‘Chiesa’ l’influsso è reciproco, poiché, “quando è in crisi l’una, anche l’altra ne risente”. Che fare? Prima di tutto occorre evidenziare il “patrimonio ricchissimo” di testi ecclesiali esistenti in materia di famiglia. Purtroppo i nostri tempi valorizzano la liquidità e, come osservava sarcasticamente e nel contempo amaramente il card. Biffi, “Oggi le idee sono come le uova. Se non sono di giornata, non valgono più”. Ciò non meraviglia, poiché è la verità che non viene più perseguita. Eppure “ne abbiamo tanto bisogno”. Nel nostro mondo “si parla tanto di compassione, carità, amore”, ma “senza verità siamo fuori strada”. Lo ricordava anche Benedetto XVI: “La carità, se non è illuminata dalla verità, è sentimentalismo”.
“Le famiglie oggi sono in difficoltà sia nella società civile che anche dentro la Chiesa”, ha constatato il Card. Velasio De Paolis: E’ evidente che tra ‘società civile’ e ‘Chiesa’ l’influsso è reciproco, poiché, “quando è in crisi l’una, anche l’altra ne risente”. Che fare? Prima di tutto occorre evidenziare il “patrimonio ricchissimo” di testi ecclesiali esistenti in materia di famiglia. Purtroppo i nostri tempi valorizzano la liquidità e, come osservava sarcasticamente e nel contempo amaramente il card. Biffi, “Oggi le idee sono come le uova. Se non sono di giornata, non valgono più”. Ciò non meraviglia, poiché è la verità che non viene più perseguita. Eppure “ne abbiamo tanto bisogno”. Nel nostro mondo “si parla tanto di compassione, carità, amore”, ma “senza verità siamo fuori strada”. Lo ricordava anche Benedetto XVI: “La carità, se non è illuminata dalla verità, è sentimentalismo”.
Ha proseguito il cardinale: “Non
bisogna confondere la misericordia con l’amore, che per essere autentico ha
bisogno di verità”. E può esigere fermezza, come sa chi ha un
figlio neghittoso nello studio.
L’ottantenne porporato ha poi ricordato che per un cattolico sacramentalità e naturalità sono inseparabili. “Chi siamo noi per mettere in discussione tutto questo?” . Forse che per ogni difficoltà incontrata nella vita quotidiana dobbiamo ridiscutere ogni certezza? Purtroppo oggi è abituale “parlare in modo sconclusionato” anche dentro la Chiesa. C’è chi vuole “rifondare” la Chiesa. Ma dimentica che essa è stata fondata da Gesù Cristo.
Il tema dei divorziati risposati non è nuovo ed è già emerso negli Anni Ottanta del secolo scorso. Oggi riemerge con forza. Si dice: dobbiamo adattarci ai cambiamenti della società, dobbiamo conciliarci con la cultura dominante, rischiamo altrimenti di perdere le nuove generazioni. Insomma: l’adattamento è considerato necessario, considerati i tempi “tristi e difficili sia all’esterno che all’interno della Chiesa”. Ma, se vogliamo cambiare, che cosa e come? “Se non hai capito le cause della malattia e vuoi cambiare medicina, rischi di far morire il malato”.
L’ottantenne porporato ha poi ricordato che per un cattolico sacramentalità e naturalità sono inseparabili. “Chi siamo noi per mettere in discussione tutto questo?” . Forse che per ogni difficoltà incontrata nella vita quotidiana dobbiamo ridiscutere ogni certezza? Purtroppo oggi è abituale “parlare in modo sconclusionato” anche dentro la Chiesa. C’è chi vuole “rifondare” la Chiesa. Ma dimentica che essa è stata fondata da Gesù Cristo.
Il tema dei divorziati risposati non è nuovo ed è già emerso negli Anni Ottanta del secolo scorso. Oggi riemerge con forza. Si dice: dobbiamo adattarci ai cambiamenti della società, dobbiamo conciliarci con la cultura dominante, rischiamo altrimenti di perdere le nuove generazioni. Insomma: l’adattamento è considerato necessario, considerati i tempi “tristi e difficili sia all’esterno che all’interno della Chiesa”. Ma, se vogliamo cambiare, che cosa e come? “Se non hai capito le cause della malattia e vuoi cambiare medicina, rischi di far morire il malato”.
La
società è in crisi, “perché sono in crisi i
valori morali, i valori religiosi e siamo tutti secolarizzati”. E così, “se io non conosco la verità delle cose e dunque
non ho nessun riferimento morale, chi mi può convincere a non abortire o a
negare l’eutanasia?”. Qui il cardinale De Paolis si è rivolto ai presenti:
“Sapete che si pratica l’aborto ‘per
misericordia’? L’eutanasia ‘per bontà’ “? Ormai, ha chiosato amaramente, “le
parole non significano più niente”.
Il
porporato ha poi ricordato che “l’Eucaristia
non è una cosa, ma una persona”, proseguendo con il monito di San Paolo a “non mangiare la propria condanna”. Per
poter ricevere l’Eucaristia è necessario avere la coscienza pulita. Per avere
la coscienza pulita occorre avere ricevuto il perdono. Per ricevere il perdono,
bisogna essere disposti ad accoglierlo. Si è disposti ad accoglierlo se si
vuole convertirsi, guarire dal peccato. Allora: “Se
ho un motivo per non guarire, non posso godere dell’efficacia della
misericordia di Dio. Ovvero: non accetto di essere perdonato, perché preferisco
restare nella mia situazione”. Qui
ha detto il card. De Paolis: “Ammettere ai
sacramenti senza un rinnovamento interiore significa che tali sacramenti non sono
cristiani. Si riducono a riti esterni che non valgono nulla”.
La norma della Chiesa è che non si deve
permettere l’accesso ai sacramenti a chi è conscio di essere in peccato
mortale, come è il caso di chi vive coniugalmente un secondo matrimonio, essendo
valido il primo. Perciò “non possiamo
immaginare una pastorale che vada contro la dottrina. Oltre che un’aberrazione,
sarebbe una presa in giro e un’illogicità clamorosa”. Dev’essere
chiaro che “una pastorale che non si regge
sulla dottrina, non è una pastorale cattolica”. Si sente ogni tanto l’idea
che “l’Eucaristia perdona i peccati”: anche questa è un’affermazione ‘aberrante”.
Altra proposta quella del ‘cammino penitenziale’ prima di una possibile
riammissione dei divorziati risposati alla Comunione: “E’
una proposta piena di equivoci. Che significa penitenza? Non può essere come il
castigo imposto allo scolaro disobbediente. No, dev’essere molto di più,
dev’essere un cambiare vita”. Nell’intervento del card. De Paolis è stato
citato a tale proposito il confratello Kasper, le cui tesi in materia “sembrano un’enormità”.
Come detto il Convegno è incominciato con le considerazioni di Roberto de Mattei (presidente della Fondazione Lepanto e direttore della rivista mensile “Radici cristiane”, oltre che dell’agenzia “Corrispondenza romana”). Lo storico ha subito evidenziato lo sconcerto di molti cattolici, confrontati con il fatto che “un’istituzione centrale e fondamentale come la famiglia sia minacciata dal di fuori ma anche dal di dentro della Chiesa”. E’ una novità che sbigottisce, dato che tale istituzione “non era mai stata messa in discussione” all’interno della Chiesa: “Oggi invece tra i vescovi si discute di matrimonio, come se fosse qualcosa di opinabile”.
E’
in pieno sviluppo “un progetto di
ribaltamento della morale cattolica”. Eppure si dovrebbe guardare alla
storia - maestra di verità e di vita – per capire che la Chiesa non è mai
venuta meno al suo dovere di difendere l’indissolubilità del matrimonio. Basti
pensare a Clemente VII, che ha preferito “perdere
un regno” piuttosto che “dichiarare la
nullità del matrimonio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona”, così che il
re, che era insignito del titolo di defensor fidei, potesse sposare
l’irlandese Anna Bolena. Ha evidenziato qui de Mattei che “neppure i successori di Clemente VII
modificarono la sua decisione: essi infatti non vollero scegliere il ‘male
minore’ . Il perché è semplice: “La legge divina non è flessibile, non tollera
eccezioni”. C’è poi un’altra osservazione interessante: “Quando Enrico VIII si staccò da Roma creando la
Chiesa d’Inghilterra, modificò la prassi e la modifica si estese subito al
piano dottrinale”.
Qualcosa di analogo nelle conseguenze capitò anche alla Chiesa ortodossa, che nel VI secolo e seguenti fu molto remissiva nei confronti degli imperatori che, a partire da Giustiniano, avevano introdotto la possibilità del divorzio. A tale tolleranza nella prassi seguì inevitabilmente con lo scorrere del tempo un cambiamento anche di dottrina.
In campo cattolico il prof. de Mattei ha
evidenziato la forte reazione dopo il Mille di Gregorio VII, Cluny, san Pier
Damiani contro il concubinato dei preti e gli atti contro natura: “Meglio che la comunità resti senza sacerdoti e
vescovi che guidata da sodomiti”. Ha commentato il relatore, con chiara
attinenza all’odierna realtà di teologi, moralisti, prelati ‘progressisti’: “San Pier Damiani non si fece intimidire dal
mondo, non moderò il linguaggio, non invocò la legge della gradualità, non
invitò a cogliere gli elementi positivi nelle unioni, non auspicò che la Chiesa
cambiasse il suo approccio in materia”. Non fece cioè quello che per
taluni è considerato ormai necessario e urgente: “conformare
la verità alla vita.”
La parola è passata al prof. Giovanni Turco, docente di Filosofia del diritto pubblico presso l’Università di Udine e socio corrispondente della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino. Per Turco non può essere (“Sarebbe sbagliato già alla radice”) che la teologia e la pastorale si ispirino alla sociologia. E non può essere nemmeno che venga negato il principio di non contraddizione: “Il matrimonio è indissolubile o non lo è”. La pastorale non può inventarsi vie mediane in materia. Anche la verità o è o non è: non c’è via di mezzo. Attenti dunque a impostare in modo corretto i problemi sul tappeto del Sinodo, per non addivenire a “false conclusioni”.
Mons. Antonio Livi, decano emerito della facoltà di Filosofia della Lateranense e socio ordinario della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino, ha evidenziato come le tesi del card. Kasper a proposito di divorziati risposati dimenticano che la pastorale è l’applicazione del dogma alla comunità e ai singoli. “Il card. Kasper non può far finta di non saperlo. Le sue affermazioni sono talmente incoerenti che è impossibile le possa pensare veramente. Fa dunque puro esercizio di retorica. E la retorica è falsità”.
(rossoporpora.org)
http://www.corsiadeiservi.it/it/default1.asp?page_id=1299
Più volte ci siamo chiesti chi c’è dietro Maurizio Crozza, uomo di spettacolo e comico di grande talento, perché ciò che sino a ieri era un nostro sospetto oggi si sta mutando in una certezza: dietro i suoi testi, ci sono forse alcune menti ecclesiastiche e teologiche raffinate? Perché le cose stanno in questi termini: o Maurizio Crozza è un profondo conoscitore della storia, della tradizione e della teologia cattolica, oppure qualcuno gli fornisce dei testi molto intelligenti e mirati, al punto da spingerci a dire: mentre preti e vescovi stanno trascinando giorno dietro giorno la Chiesa nel baratro tra omissioni e silenzi omertosi, i comici, per paradosso, forse la salveranno? Questo sketch di Maurizio Crozza merita veramente attenta analisi e riflessione, perché quando un comico, tra un sorriso e una risata, pone in risalto ed a suo modo difende gli eterni e immutabili valori della fede, è giunto proprio il momento di riflettere molto seriamente …
http://isoladipatmos.com/i-comici-salveranno-la-chiesa/
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