Lettera
aperta di d. Matteo De Meo 10 ottobre 2015
Premesso che definire una persona con il termine "gay” è
già una sorta di giudizio comunque lesivo della persona umana che è uomo o
donna maschio o femmina; un termine che si può in un certo qual modo tollerare
nel linguaggio comune, convenzionale di una certa cultura postmoderna della
“gaiezza”, ma che usato da uomini di Chiesa, teologi, vescovi o sacerdoti,
lascia alquanto perplessi. Nel linguaggio della Chiesa si parla di persone con
“tendenze omosessuali” che come tutti, ogni giorno devono lavorare per la loro
santificazione. Detto ciò come può “l’amore Gay essere una ricchezza nella
Chiesa”? Come può “non essere peccato”? A quale testo sconosciuto si fa
riferimento per affermare che lo stesso S. Tommaso d’Aquino concorderebbe con
l’amore omosessuale in quanto “nella linea dell’amore”? Lui che mai avrebbe
sovvertito l’ordine della retta ragione e nello stesso tempo quello della
natura medesima che viene da Dio affermando: “nei peccati contro natura in cui
viene violato l’ordine naturale, viene offeso Dio stesso in qualità di
ordinatore della natura”. (S. Tommaso
D’Aquino, Summa Theologica, II-II, q. 154,a.12).
Quanta confusione si crea nel voler anteporre le proprie opinioni alla retta
dottrina della Fede. Quanta superbia! E tutto nel nome di un inflazionato
concetto di “misericordia”! Ma, una Chiesa che usa misericordia è una Chiesa
che non può e non deve tacere la verità; è una Chiesa che deve condannare senza
mezzi termini tutto ciò che è peccato e menzogna, così come l’ingiustizia e il
sopruso; è una Chiesa che è chiamata ad accompagnare chi erra verso quella
Verità che unicamente può rendere liberi. A questa Chiesa fa appello lo stesso
Pontefice che aprendo l’attuale Sinodo sulla Famiglia chiede di approfondire le
questioni più problematiche (divorziati risposati, unioni civili, ecc..) “senza
mettere in discussione la Dottrina”. Convinta che la perfezione salvifica della
libertà umana può essere trovata solo nella verità di Gesù Cristo, la Chiesa
deve sempre proclamare coraggiosamente la morale cristiana, anche quando
incontra opposizione o, in casi estremi, persecuzione e martirio. Pertanto cosa
vuol dire rispettare l’uguale dignità delle persone omosessuali se non aiutare
a far comprendere loro che le azioni peccaminose, come l’esercizio
dell’omosessualità, ledono la dignità umana stessa. Infatti la Chiesa esige dai
suoi ministri una vigilanza amorevole “perché nessuna persona omosessuale loro
affidata sia fuorviata dalla diffusa opinione erronea che l'attività
omosessuale è una inevitabile conseguenza della condizione omosessuale”, o
peggio ancora sia una ricchezza o non sia peccato e quindi lecita agli occhi di
Dio! Per una autentica pastorale soprattutto per la sua efficacia reale, non si
deve tacere sulla peccaminosità grave degli atti omosessuali. Con tutta la
carità possibile ma la verità va detta e fatta conoscere! Certo alcuni potranno
sentirsi respinti! Pertanto la carità esige che questi fratelli siano
accompagnati a comprendere le ragioni dell’insegnamento della Chiesa
dimostrando con i fatti e nella verità il loro essere figli di Dio a tutti gli
effetti e senza discriminazioni di sorta. Ma si rende altrettanto necessario
far comprendere che coloro che legittimano gli atti omosessuali «sono mossi da
una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente
rivelata nel mistero di Cristo». Anche se non se ne rendono conto, la loro approvazione
dell'omosessualità riflette «una ideologia materialistica, che nega la natura
trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni
individuo». Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale! Quando
non si agisce secondo ciò che realmente la Chiesa insegna e professa si rischia
di diventare un ostacolo per un autentico cammino di fede e di comprensione
della propria vita spirituale e morale di cui tutti nella Chiesa hanno bisogno
e diritto. Purtroppo la confusione più grave scaturisce proprio dal numero
crescente di teologi e uomini di Chiesa sempre più periferici rispetto alla
“sana Dottrina”! Una situazione che viene da molto molto lontano! Già
quarant’anni fa il Beato Paolo VI suonò il campanello d’allarme mettendoci in
guardia da quel “fumo di satana” che era entrato nella Chiesa, e allo stesso
tempo assicurò ai suoi ascoltatori, durante un’udienza generale, che quando
egli affermò che “una delle più grandi necessità della Chiesa di oggi è quella
di difendersi da quel male che è chiamato il diavolo”, le sue parole non erano
affatto “superstiziose o irreali”. “La gente di oggi [...] si lascia catturare
da seduzioni ideologiche di errori alla moda, fessure tramite le quali il
diavolo può facilmente penetrare e lavorare nella mente umana”. L’attività
diabolica si manifesta, tra l’altro, “laddove
si affermano menzogne ipocrite e lampanti”. Non è il Cristianesimo, che è
fedeltà al reale, al concreto esistente, ma il diavolo, ad amare il mistero
come tenebrosa e inquietante stranezza, come bizzarra e complicata
fantasticheria.
don Matteo De Meo
Concordo!
RispondiEliminaE poi tutto questo prurito di definire una persona sottolineando i suoi gusti più intimi mi pare una forzatura che non capisco e non approvo.