«Negare la Comunione
è vera misericordia»
è vera misericordia»
Pubblichiamo la testimonianza di un uomo, figlio di divorziati risposati, che racconta di come l'impossibilità di accedere alla Comunione sia stata per sua madre la più grande misericordia che la Chiesa potesse concederle.
Un'ulteriore prova che le spinte in corso in vista del Sinodo per rendere lecite le seconde nozze sono lontane dalla realtà quotidiana del popolo di Dio. Ovviamente la firma di questo articolo è uno pseudonimo, per garantire la privacy all'autore.
Caro Direttore,
sono un figlio, ormai adulto, di genitori divorziati, che dopo la separazione hanno avuto altri legami. Le scrivo per testimoniare che il non ammettere questi fratelli e sorelle all’Eucaristia è un vero e proprio atto di misericordia, poiché ciò rammenta loro che si trovano in una situazione di peccato dalla quale devono uscire, e prepara il terreno per una conversione. È questo il caso dei miei genitori, in particolare di mia madre, e di molte altre coppie che ho avuto modo di conoscere.
Ma andiamo con ordine. Avevo quattro anni quando i miei genitori si separarono, dopo sei anni di matrimonio tempestoso. Cinque anni dopo fu loro concesso il divorzio.
Ad eccezione di un particolare di molti anni dopo, cui accennerò in seguito, non conosco molto della vita privata di mio padre - vivevo infatti con mia madre e i rapporti con lui erano molto superficiali - so solo che dopo la separazione ebbe altri legami.
Lo stesso avvenne con mia madre: ella si legò sentimentalmente a un uomo sposato e separato con figli già grandi, per una relazione che durò diversi anni, ma che non si sviluppò in una convivenza, se non per brevi momenti di vacanza nei mesi estivi.
Avevo quindici anni quando mia madre conobbe un altro uomo, e avviò una relazione molto più seria e che divenne una convivenza more uxorio. Essi acquistarono una nuova casa, accesero un mutuo … era un rapporto destinato a diventare, almeno nelle intenzioni, stabile.
Nonostante questo tipo di vita, mia madre non perse il contatto con il Signore, e mi educò cristianamente. Cercò perfino di far conoscere la fede al suo convivente, il quale, nato in una famiglia non religiosa, non era praticante.
La sua fortuna fu di incontrare quasi sempre sacerdoti che le facevano presente la sua situazione di peccato. Ella era cosciente di questo fatto, ma non aveva la forza di cambiare vita. In tutti questi anni, quindi, mia madre non poté ricevere l’assoluzione e accostarsi alla Comunione. Andavamo insieme a Messa tutte le domeniche, io facevo la Comunione, lei no, cosa della quale naturalmente soffriva molto.
La sua fortuna fu di incontrare quasi sempre sacerdoti che le facevano presente la sua situazione di peccato. Ella era cosciente di questo fatto, ma non aveva la forza di cambiare vita. In tutti questi anni, quindi, mia madre non poté ricevere l’assoluzione e accostarsi alla Comunione. Andavamo insieme a Messa tutte le domeniche, io facevo la Comunione, lei no, cosa della quale naturalmente soffriva molto.
A parte rarissime eccezioni, nell’ambiente ecclesiale non fu mai condannata né giudicata, bensì sempre accolta con la massima carità e rispetto. La situazione familiare non provocò alcun problema neppure a me, frequentavo regolarmente l’oratorio, e a partire dagli anni del liceo, i gruppi giovanili cattolici.
La misericordia di sentirsi dire dai ministri di Dio la verità sulla sua vita di peccato preparò nel suo cuore il terreno fertile per il potente intervento di Dio, che si manifestò quando, verso la metà degli anni Ottanta, mia madre iniziò ad andare a Medjugorje. In questo luogo d’immensa grazia la Madonna la invitò, come del resto avevano fatto senza successo diversi sacerdoti in precedenza, a convertirsi e ad abbandonare la vita di peccato. Alle parole dei sacerdoti aveva opposto resistenza, all’invito della Madonna ella rispose con ‘sì’ incondizionato.
Tornata a casa, dopo qualche tempo ella disse al suo convivente che non voleva più vivere nel peccato, e decise di non avere più rapporti intimi con lui, così che poté di nuovo andare a fare la Comunione. Questo fu solo il primo passo, ella infatti comprese che doveva dare di più. Trascorse all’incirca un altro anno, e decise di separarsi dal convivente.
La vita nella grazia aprì gli orizzonti del suo cuore e della sua anima. Improvvisamente comprese di essere ancora sposata con mio padre, e pur non tornando a vivere con lui – egli non aveva fatto un cammino di conversione, e mia madre temeva che si manifestassero certe situazioni negative come ai tempi della vita matrimoniale – ricominciò a parlare normalmente anche con lui. E parlando a me, ella non si riferiva più a lui come ‘tuo padre’, bensì come ‘il papà’.
Sono grato a mia madre per questa sua conversione, poiché con questo che per lei fu indubbiamente un grande sacrificio - non è facile per nessuno vivere da soli – ha testimoniato anzitutto a me il grande valore della purezza e il fatto che il matrimonio è un sacramento, e quindi indissolubile.
Di mio padre, come già detto, non so molto, se non un significativo episodio di molti anni dopo. Un giorno mi confidò di essere innamorato e di avere una ‘fidanzata’, la quale, aggiunse, desiderava conoscermi. Io gli risposi che, per educazione e rispetto della persona, se mi fosse capitato di incontrarla l’avrei salutata e parlato con lei normalmente, aggiunsi tuttavia queste parole: «Papà, ricordati però che sei sposato, e non ti è lecito avere un’altra donna. Non m’importa nulla di ciò che hanno stabilito i tribunali della terra, davanti a Dio sei sposato con la mamma».
Un anno più tardi egli morì d’infarto, e mettendo in ordine il suo appartamento, non trovai alcuna traccia, scritta o di altro genere, che egli avesse una relazione in corso. È quindi assai probabile che quelle mie parole di un anno prima lo avessero colpito, e avesse deciso di interrompere la relazione. Anche in questo caso la grazia del Signore aveva agito, ed egli aveva troncato una situazione di peccato.
Avendo vissuto per molti anni nell’ambiente di persone che vanno a Medjugorje, ho conosciuto molte situazioni difficili con riferimento alla vita matrimoniale, e ho notato che il Cielo agisce sempre come nel caso di mia madre, cioè fa comprendere le situazioni di peccato e invita i peccatori a convertirsi e a cambiare vita. Vi sono stati casi di famiglie sull’orlo della rottura che hanno ritrovato l’armonia; coppie risposate civilmente che hanno intrapreso la procedura di dichiarazione di nullità di uno o di entrambi i matrimoni precedenti, per poi sposarsi in chiesa. Altre coppie sposate civilmente, che non potevano ottenere la nullità, hanno deciso di vivere il rapporto matrimoniale nella castità assoluta - avevano conosciuto l’Amore del Signore, e non volevano più peccare. Ho conosciuto conviventi che, rendendosi conto di vivere nel peccato, proprio come mia madre hanno deciso di separarsi.
In questo modo agisce il Cielo - con misericordia ammonisce il peccatore e lo invita a cambiare vita, poiché, come ha detto esplicitamente Gesù, il matrimonio è indissolubile. Tutto il resto, secondo me, è solo falsa misericordia.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-io-figlio-di-divorziati-risposati-diconegare-la-comunione-e-vera-misericordia-8647.htm
MIRABILE INTERVENTO, A NOME DELLA CHIESA POLACCA, DI MONS
STANISLAW GADECKI AL SINODO
Sabato 10 ottobre, 2015
Desidero sottolineare innanzitutto che questo discorso non è solo la mia
opinione personale, ma rappresenta il parere di tutta la Conferenza episcopale
polacca.
1. E 'ovvio, che la Chiesa del nostro tempo deve - nello
spirito della misericordia - sostenere i divorziati che vivono nuove unioni
civili, prendersi cura di loro con un amore speciale in modo che non si sentano
tagliati fuori da la Chiesa quando in realtà, come battezzati, hanno il dovere
di prendere parte alla vita della Chiesa.
Lasciate quindi che siano incoraggiati ad ascoltare la Parola di Dio, a
prendere parte al sacrificio della Santa Messa, a perseverare nella preghiera,
a sostenere le opere di carità e di iniziative comuni per la giustizia, ad
educare i figli nella fede cristiana così come a coltivare uno spirito di
penitenza con atti di penitenza, in modo che in questo modo, giorno dopo
giorno, possono lavorare per la grazia di Dio. Lasciate che la Chiesa mostri se
stessa come una Madre misericordiosa e in questo modo li fortifichi nella fede
e nella speranza. (Papa Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 84)
2. Tuttavia la Chiesa, nell'insegnamento della somministrazione
della Comunione ai divorziati che vivono nuove unioni civili, non può piegarsi
alla volontà della persona, ma alla volontà di Cristo (cfr Paolo VI,
"Discorso alla Rota Romana," 28.01 0,1978; Papa Giovanni Paolo II,
"Discorso alla Rota Romana," 1992/01/23, 1996/01/29). La Chiesa non
può permettersi di essere subordinata nè a falsi sentimentalismi nei confronti
delle persone nè a falsi, anche se popolari, modelli di pensiero.
Convenire sul fatto che coloro che vivono more uxorio ["come se fossero
sposati"] in unioni non sacramentali potrebbero essere in grado di
ricevere la Santa Comunione è contro la Tradizione della Chiesa. Già fin dai
primi sinodi Elwira, Arles, Neocezaria, che ha avuto luogo negli anni 304-319,
i documenti confermano la dottrina della Chiesa, (cioè) che i divorziati
risposati non possono ricevere la Santa Comunione.
La base di questo assunto sta nel fatto che il loro stato e il modo di vita è
oggettivamente una negazione del vincolo di amore tra Cristo e la Chiesa
", che si esprime e realizza nell'Eucaristia" (Papa Giovanni Paolo
II, Familiaris Consortio , 84;. por 1 Kor 11, 27-29, Benedetto XVI, Sacramentum
caritatis, 29; Francesco, Angelus, 16 Agosto 2015).
3. L'Eucaristia è il sacramento per i battezzati che vivono
in uno stato di grazia sacramentale. Concedere Il permesso di ricevere la Santa
Comunione a coloro che non sono in stato di grazia arrecherebbe un danno
immenso alla grazia santificante, non solo nel ministero pastorale per le
famiglie, ma anche nella dottrina della Chiesa.
In realtà la decisione di dare loro la Santa Comunione aprirebbe le porte a
questo sacramento a tutti coloro che vivono in peccato mortale. Di conseguenza
questo cancellerebbe il significato del sacramento della penitenza e
distorcerebbe il senso della vita vissuta in stato di grazia. E ' inoltre
necessario sottolineare che la Chiesa non può accettare il cosiddetto
gradualismo della legge. (Papa Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 34).
( fonte Church Militant)
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