mercoledì 25 aprile 2012

ROGAZIONI

25 Aprile
Le Litanie maggiori e minori



Il carattere gioioso del tempo pasquale viene interrotto dalle processioni penitenziali delle Litanie maggiori e minori; le Litanie maggiori si celebrano sempre il 25 aprile, le Litanie minori i tre giorni che precedono l’Ascensione (1). Il rito di queste Litanie è il medesimo. Le maggiori ebbero origine in Roma, le minori in Gallia; entrambe, poi, furono accettate nella liturgia universale romana e sono oggi in uso.

1°. Litanie maggiori.
a. Origine. ― 1) L’ultimo rimaneggiamento delle Litanie, senza dubbio entrate nell’uso già da tempo, si deve a S. Gregorio Magno († 604). Esiste ancora la cartula invitationis del Santo Pontefice letta nella basilica di S. Maria nell’anno 592: «La solennità di questa festa annuale ci ricorda, figli carissimi, che dobbiamo celebrare con animo attento e devoto, invocando l’aiuto di Dio, la litania che da tutti è chiamata maggiore, per mezzo della quale, supplicando la sua misericordia, possiamo almeno in parte essere purificati dai nostri eccessi. Occorre infatti considerare, dilettissimi, quante continue calamità ci affliggono a causa delle nostre colpe e offese e vedere in che modo possiamo essere soccorsi dalla medicina della pietà celeste» (Registr. App., ep. 3: PL 77, 1329). Tra le calamità qui ricordate bisogna annoverare l’alluvione del 589, seguita dalla pestilenza nella quale, insieme a molti altri, morì anche Papa Pelagio II nel 590. ― 2) La data del 25 aprile fu scelta perché in questo giorno si svolgeva un’antichissima processione pagana («ambarvalia») lungo la Via Flaminia, fino alla quinta pietra miliare presso il Ponte Milvio: lì si trovava un boschetto sacro, dove il sacerdote di Quirino sacrificava un cane e una pecora al dio Robigo per ottenere la protezione delle messi dal carbonchio. ― 3) Ideatore della processione cristiana sembra essere stato, alla metà del IV secolo, Papa Liberio, come riferisce (Rat. div. off., c. 123) Giovanni Beleth († 1182): il che è possibile, ma non certo. In ogni caso, nel sec. IV la processione pagana godeva ancora di un certo favore popolare, quindi la Chiesa romana volle sostituirla con un rito che fosse gradito al vero Dio. In effetti la processione cristiana seguiva lo stesso percorso di quella pagana.

b. L’itinerario della processione si trova accuratamente descritto nel Sacramentario Gregoriano (Lietzmann, p. 64): il corteo usciva dalla chiesa di S. Lorenzo in Lucina, percorreva la Via Lata, usciva dalla città attraverso la Porta Flaminia, celebrava la stazione alla basilica di S. Valentino e al Ponte Milvio, tornando in città faceva sosta presso qualche Croce e di lì procedeva fino all’atrio della basilica di S. Pietro, nella quale veniva infine celebrata la Messa.

c. Il rito della processione è descritto nell’Ordo Romanus XXI (Andrieu, III, 247-249). Nella basilica si into-nava e si cantava l’antifona all’introito, poi il Pontefice, stando di fronte all’altare e rivolto al popolo, diceva: «Dominus vobiscum» e il diacono «Flectamus genua»; quindi, dopo una breve pausa, aggiungeva: «Levate» e il Pontefice diceva l’orazione. «Nel frattempo tutti escono dalla chiesa. Precedono i poveri dell’ospizio, con la croce di legno dipinto, recitando prima Kyrie eleison, poi Christe eleison, quindi Christe audi nos, poi Sancta Maria ora pro nobis e le altre invocazioni. Dopo di loro escono le sette croci stazionali portate dai crociferi, con tre ceri accesi su ciascuna di esse. Seguono poi i vescovi, i sacerdoti, i suddiaconi, infine il Pontefice con i diaconi, preceduto da due croci portate dai suddiaconi e dall’incenso portato dai mansionari della chiesa; dopo il Pontefice viene la schola che esegue i canti» (n. 10, p. 248). In tutte le stazioni si dicevano antifone ed orazioni, mentre la Messa veniva offerta nella chiesa di arrivo.

2°. Litanie minori o Rogazioni.
a. Origine. ― 1) Nel sec. V la città di Vienna, in Gallia, fu sconvolta da numerose calamità: frequenti terremoti, continue sterilità dei campi, guerre incessanti atterrivano la popolazione. Perciò il vescovo S. Mamerto, nel 469, istituì tre giorni di Rogazioni [dal latino rogare = chiedere, pregare, supplicare] prima dell’Ascensione: «prescrisse al popolo un digiuno, istituì una formula di preghiera, una serie di processioni, una felice distribuzione di elemosine» (S. Gregorio di Tours, Hist. Franc., II, 34: PL 71, 231 s.). Il digiuno, sconosciuto a Roma nella ricorrenza del 25 aprile, a Vienna era considerato essenziale, come afferma S. Avito: «Questa festa è tale che la sua gioia consiste nell’austerità più completa, i suoi conviti nelle lacrime, i suoi cibi nella fame; la sua origine risiede nella necessità, il suo mantenimento nella carità, la sua celebrazione nel riposo e il suo riposo nella fatica» (PL 59, 293). ― 2) Le altre città della Gallia soggette al dominio dei Franchi adottarono a poco a poco le Rogazioni di Vienna, prima la città di Clermont-Ferrand, su iniziativa di Sidonio Apollinare († 482), poi le rimanenti, finché il primo Sinodo di Orléans, nel 511, prescrisse i tre giorni di Rogazioni. ― 3) Anche in altri luoghi d’Europa furono introdotte le Rogazioni: in Spagna, nel 517, il Concilio di Gerona le raccomandò (can. 2), ma, volendo conservare la prassi di non digiunare durante il tempo pasquale, le trasferì alla settimana dopo Pentecoste. A Milano furono adottate tra il V e il VII sec., di certo erano in uso prima Carlo Magno, ma venivano celebrate la settimana dopo l’Ascensione, quando «lo sposo se ne era ormai andato» (Borella, cit. in Righetti, Storia liturgica, II, 398-401). In Germania il Sinodo di Magonza le istituì nell’813: i partecipanti alla processione dovevano incedere «non a cavallo né indossando di abiti preziosi, ma coperti di cenere e vestiti di cilicio, a meno che una malattia non lo impedisca» (can. 30: Mansi, XIV, 72).

b. Descrizione delle antiche Rogazioni. All’epoca della loro origine, le Rogazioni erano molto lunghe e duravano quasi tutto il giorno; i servi, durante il triduo, erano esonerati dal lavoro, in modo che tutto il popolo potesse digiunare senza difficoltà: «in questo triduo tutti si astengano e usino cibi quaresi-mali» (I Concilio di Orléans). Si effettuavano molte stazioni. Il Messale Gotico ha una «serie di collette (collectiones) per le Rogazioni, da recitarsi nei vari luoghi dedicati ai Santi» (PL 72, 290 s.), «in S. Pietro, in S. Paolo, in S. Stefano, in S. Martino, in S. Gregorio». Tutti i giorni, al termine della processione, veniva detta una Messa particolare (Miss. Goth., PL 72, 287-290) e ad ogni stazione veniva letta una pericope della S. Scrittura. Dalla prolissità di queste pericopi (P. Salmon, I, 138-168) si può capire quanto impegno venisse profuso nell’istruzione del popolo tramite la lettura delle Scritture: nel corso del triduo, infatti, si leggevano integralmente i seguenti libri: Giacomo, I Pietro, Tobia (primo giorno); II Pietro, I Giovanni, Giuditta (secondo giorno); II e III Giovanni, Giuda, Ester (terzo giorno).

c. Scopo di questa istruzione era raccomandare la preghiera, il digiuno e soprattutto gli atti di carità (elemosina). I canti processionali erano salmi, come riferisce più volte S. Gregorio di Tours: «procedono salmeggiando dopo la croce, preceduti dagli stendardi» (Hist. Franc. ,IV, 5; V, 4; V, 11). Secondo il Messale Gotico: «in questo digiuno di mortificazione, istituito per tre giorni, pregando, tracciando il segno (= della croce) con la moltitudine del popolo e lodando la divina Maestà col canto della salmodia, chiediamo…» (PL 72, 288). Per quanto riguarda la durata, S. Cesario di Arles scrive: «Non vi allontanate dall’assemblea della chiesa, poiché non ci affatichiamo per un arco di tempo tanto lungo da non poterlo sopportare. Infatti, colui che in queste sei ore non abbandona l’assemblea della chiesa, consegue un grande rimedio per la propria anima» (Sermo 208: G. Morin, S. Caes. Arel. opera omnia, 1937, 190).
P. Radó, Enchiridion liturgicum, Romae-Friburgi Brisg.-Barcinone, 1961, pp. 1256-1258

(1) Tradizionalmente la festa dell’Ascensione si celebra il giovedì che segue la V domenica dopo Pasqua, ossia quaranta giorni dopo la Pasqua. Soltanto in tempi recenti è stata introdotta, in certi Paesi (tra cui l’Italia), la possibilità di trasferirla alla domenica successiva, per ragioni di uniformità col calendario civile. Le Litanie minori o rogazioni, quindi, si svolgono il lunedì, il martedì e il mercoledì che seguono la V domenica dopo Pasqua.

3°. Rito attuale delle Litanie.

Il rito, uniforme per entrambe le Litanie, si trova nel Rituale Romanum, tit. X, cap. 4 «De processione in Litaniis Maioribus in festo S. Marci Evangelistae et in Minoribus triduo Rogationum ante Ascensionem Domini».

a. Preparazione. ― 1) Il clero e il popolo si radunano in chiesa al mattino, all’ora stabilita, e con cuore contrito ed umiliato pregano Dio per qualche minuto, stando in ginocchio (n. 1). ― 2) Il sacerdote indossa amitto, camice, cingolo, stola e piviale viola o almeno cotta e stola viola; i sacri ministri, se presenti, si vestono in modo analogo (n. 1).

b. Inizio. ― 1) Gli altri sacerdoti e membri del clero, vestiti di cotta, cantano, stando in piedi, l’antifona «Exurge, Domine». ― 2) Poi tutti si inginocchiano e due chierici o cantori, genuflessi davanti all’altare maggiore, cominciano a cantare le Litanie dei Santi, secondo il testo contenuto nel Rituale; gli altri rispondono.

c. Processione penitenziale. ― 1) Una volta cantato «Sancta Maria, ora pro nobis», tutti si alzano ed escono ordinatamente di chiesa, continuando le Litanie (n. 3). L’ordine della processione è il seguente: stendardo o stendardi con l’immagine del Patrono e di altri Santi, confraternite, suddiacono o ministrante con la croce astile, cantori, chierici, celebrante con i sacri ministri o i ministranti, consiglieri parrocchiali, popolo (bambini, uomini, donne). ― 2) Se vige la consuetudine di recare in processione una reliquia, essa è portata dal celebrante che, in tal caso, sta a capo scoperto, tra i sacri ministri o i ministranti pure a capo scoperto. ― 3) Se la processione segue un percorso abbastanza lungo, alle Litanie si aggiungano i salmi penitenziali o graduali (n. 4).

d. Stazioni (fermate) intermedie facoltative. ― 1) Se si deve far sosta in una o più chiese lungo il percorso, tutti entrano in chiesa e, interrotte le Litanie o i salmi, fanno la debita riverenza all’altare; quindi si canta l’antifona, il versetto e l’orazione del Patrono della chiesa stessa (n. 5), prendendoli, come di consueto, dai II Vespri del suo Ufficio. I ministri o due cantori cantano il versetto, il celebrante, a mani giunte, l’orazione in tono feriale con la conclusione breve. ― 2) Uscendo dalla chiesa si riprendono le Litanie o i salmi e nello stesso ordine si procede fino alla chiesa in cui si conclude la processione. ― 3) Sia nella chiesa in cui si effettua la stazione facoltativa che nella chiesa di arrivo, il rettore della chiesa aspetta la processione a destra della porta di ingresso, vestito di cotta ma senza stola (S. Congr. dei Riti, decr. 3043, 4) e asperge coloro che entrano con l’acqua benedetta; il celebrate in piviale, invece, riceve l’acqua benedetta toccando l’aspersorio (S. Congreg. dei Riti, decr. 2035, 1). ― Nella stazione facoltativa è consentito cantare il tratto «Domine, non secundum peccata nostra» col versetto «Adiuva nos, Deus» e l’orazione «Deus, qui culpa» (S. Congreg. dei Riti, decr. 3451).

e. Nella chiesa di arrivo. ― 1) Giunta la processione alla chiesa in cui devono concludersi le Litanie, il celebrante sale subito all’altare e fa la debita riverenza sulla predella; se porta una reliquia, la colloca nel luogo opportuno, quindi scende ai piedi dell’altare; tutti, stando in ginocchio, terminano, se non è ancora finito, il canto delle Litanie. ― 2) Poi si dice il «Pater noster», il  salmo 69 «Deus, in adiutorium» e i versetti «Salvos fac servos tuos», sempre stando in ginocchio. ― 3) Il celebrante si alza e canta in tono feriale, a mani giunte, le dieci orazione prescritte dal Rituale; infine, dopo aver detto i versetti finali, conclude le Litanie con «Et fidelium animae». ― 4) Il celebrante va poi allo scanno e qui, deposto il piviale, assume il manipolo e la pianeta viola, si reca all’altare e celebra la Messa delle Rogazioni, sulla quale cfr. sotto § 6°.

4°. Norme rituali delle Litanie.

a. Occorrenza. Se le Litanie maggiori cadono nel giorno di Pasqua o nella sua ottava, la festa di S. Marco non si trasferisce (Novus Codex Rubricarum 1960 = NCR 95); tuttavia, poiché le Litanie maggiori sono assegnate al 25 aprile, se in questo giorno cade la Pasqua o il lunedì di Pasqua, le Litanie si trasferiscono al martedì seguente (NCR 80).
b. Un tempo le Litanie si dovevano sempre raddoppiare, ossia i versetti erano detti per intero dai cantori e ripetuti dal clero (S. Congreg. dei Riti, decr. 3135), ora però le Litanie non si raddoppiano più (NCR 82).
c. Delle Litanie maggiori non si dice nulla nell’Ufficio, ma soltanto nella Messa; la loro commemo-razione, inoltre, non dev’essere considerata una commemorazione del Tempo (NCR 81).
d. Nei Breviari stampati prima del 1960 bisogna variare l’Ufficio del lunedì delle Litanie minori: si omettono le letture dell’omelia sul Vangelo della Messa delle Rogazioni e si sostituiscono con le nuove letture della Scrittura occorrente; le antifone a Benedictus e a Magnificat, invece, non subiscono variazioni (NCR Var. 28).
e. Nei giorni delle Litanie sia maggiori che minori (NCR 82 e 89) si svolge la processione. Molto importante è la prescrizione del nuovo codice delle rubriche, secondo cui la processione deve avvenire «secondo le consuetudini delle chiese e dei luoghi, delle quali è giudice l’Ordinario» (ibid. 82). La processione può essere sostituita da particolari suppliche, durante le quali vengono recitate le Litanie dei Santi e le altre preghiere che ordinariamente si dicono durante la proces-sione (NCR 83). Si concede che la processione o la supplica possa essere  effettuata in lingua volgare (NCR 85).
f. Nel giorno delle Litanie maggiori, chi ha l’obbligo dell’Ufficio divino e non partecipa alla processione o alla supplica deve recitare privatamente le Litanie in lingua latina (NCR 84). Chi partecipa alla processione o alla supplica, anche se effettuata in lingua volgare, non è tenuto a ripetere le Litanie in latino (NCR 85). Nel giorno delle Litanie minori chi non partecipa alla processione o alla supplica non è tenuto a nessun obbligo (NCR 90).
g. Trasferimento delle Litanie minori. Già in passato alcuni (come P. Brunner SJ, Stim. d. Zeit, 1959-60, 151) avevano sostenuto l’opportunità che la Chiesa desse la possibilità di trasferire le Rogazioni ad altro periodo, poiché in molti luoghi, come il Brasile e l’Australia, si celebrano 2-4 mesi dopo la mietitura. Tale pio desiderio è stato soddisfatto: dal 1960, infatti, agli Ordinari dei luoghi è stata data la facoltà di trasferirle ad altri tre giorni più opportuni, secondo la consuetudine o la necessità della regione (NCR 87).

P. Radó, Enchiridion liturgicum, Romae-Friburgi Brisg.- Barcinone, 1961, pp. 1256-1258
Traduzione di Daniele Di Sorco

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