giovedì 12 aprile 2012


L'atmosfera della liturgia


IL VESCOVO FULTON SHEEN
CELEBRA SUL CALVARIO 


Le lunghe liturgie che caratterizzano la settimana santa nelle chiese latine tradizionali e in quelle greche c'impongono delle osservazioni di carattere generale.

Prima di tutto ci si rende conto che il tempo richiesto dalle celebrazioni prende buona parte della mattina o della sera. I lunghi mattutini "delle tenebre", secondo la consuetudine canonicale e monastica latina, gli "Uffici dello Sposo", nella consuetudine bizantina, richiedono almeno due ore. Nel secondo caso giungiamo addirittura a tre ore e oltre. 
La liturgia degli oli santi tradizionale (Messa crismale) occupa l'intera mattinata del giovedì santo. 

Perché delle liturgie così lunghe? Nel mondo attuale molti sono incapaci di sopportare tale durata. Per questo le liturgie cattoliche attuali hanno scelto tempi brevi col rischio di sostenere i propri fedeli nella loro debolezza, come se in palestra si decidesse di rafforzare un corpo prolungandone il rilassamento.

Eppure queste liturgie hanno una loro ragione d'essere. Fanno entrare chi vi partecipa in un'atmosfera necessariamente differente e perché questo accada ci vuole un minimo sforzo.

Sia il mondo greco che quello latino antico e tradizionale danno la percezione di una "densità" particolare, lungo lo svolgimento delle preghiere, una "densità" in grandissima parte evaporata nei riti latini attuali i quali preferiscono  piuttosto condividere la scioltezza, la discorsività, l'arte dell'intrattenimento che si riscontra nel culto  protestante il quale, a sua volta, non si discosta da una lezione scolastica didatticamente attraente. Ma è questo il culto cristiano? 

Il lungo tempo richiesto da una liturgia tradizionale ci mostra, inoltre, un altro elemento: qui l'uomo abita, non transita di passaggio. Le preghiere diventano la sua casa, il suo cibo col quale si nutre tranquillamente, incurante del tempo che scorre. Non è pioggia che scorre via sulla pelle, è bagno caldo nel quale si è immersi, profumati e riscaldati.

La liturgia antica della luce, nel sabato santo, se rispetta la consuetudine tradizionale, occupa parte della notte. La liturgia bizantina del sabato santo occupa ugualmente molte ore notturne. Non è possibile decurtare, riassumere, queste liturgie senza negativi contraccolpi. (Quanto sono ridicole, se non blasfeme al significato intrinseco del simbolo, quelle liturgie notturne del sabato santo che si tengono nella luce vespertina, anticipate di molto pur di non stancare le persone per una veglia di un paio d'ore soltanto della notte!).

In Occidente, l'aver voluto adeguare le liturgie alla debolezza (sempre più marcata) dei popoli, le ha rovinate finendo per svuotarle dalla loro intensità. C'è il reale rischio che siano sale non salato!

Recentemente ho assistito ad una messa crismale nella quale non riuscivo a percepire quell'atmosfera di densità che normalmente si sente in una liturgia tradizionale. Nonostante fosse eseguita con ordine e senza alcuna artefazione, la sensazione che infondeva era   quasi di banalità, di appiattimento. La messa scorreva con una certa fretta dalla quale sembrava trapelare insofferenza.


Non riuscivo ad irritarmi, per un approccio così superficiale, ma provavo una radente malinconia. Avevo l'impressione di assaggiare un vino annacquato. Non potevo classificarlo come acqua (una riunione profana) ma ero certo che non si trattasse di vino (una liturgia sacra). Certe cose si sentono a pelle, coinvolgono l'interiorità e, immediatamente,  danno una sensazione di verticalità o di appiattimento, ci si sente sollevare o abbassare.

Mi sembrava che il clero di quella messa fosse come certi cagnolini bagnati i quali si agitano violentemente  per scrollare l'acqua dal loro pelo. Avevo la netta sensazione che quei preti non riuscissero ad "abitare nella liturgia" ma ne transitassero solamente. E se il clero non "abita" naturaliter nella liturgia, vien da pensare che abbia il cuore altrove. Se questi sono i pastori, ai quali viene chiesto di più, come possiamo pretendere che i laici siano meglio?

Viceversa, in un contesto orientale, ricordo che  anche il clero più disinteressato e secolarizzato riusciva, in qualche modo, ad entrare nella "casa" della liturgia, ad abitarvi. Non sentivo quel senso di fastidio per le lunghe preghiere, semmai, nel caso peggiore, una pacifica rassegnazione. E si sà che le liturgie orientali sono più ampie rispetto alle corrispondenti liturgie latine tradizionali. Non penso che tutto ciò sia dovuto ad una semplice questione di mentalità o di cultura. D'altronde, nel  mondo cristiano un incolto che conserva e pratica le buone tradizioni si nobilita. Viceversa un intellettuale che rigetta tali tradizioni diventa come un villico  analfabeta, s'inspessisce, diviene grossolano, se non proprio inosopportabilmente volgare.

In conclusione si può aggiungere che la liturgia è sempre lo specchio e l'immagine di una chiesa, ne indica lo stato di salute.

Quello che in Occidente manca, non è tanto una comprensione razionale del rito. Da noi c'è così tanta comprensione razionale d'aver creato un enorme equivoco: si pensa che pregando nella lingua corrente, inculturando il culto, si ha, in qualche modo, "capito tutto" della liturgia, mentre ci si è esclusi dalle sue mistiche profondità che richiedono un ben altro approccio. L'attuale razionalismo teologico nella liturgia crea un atteggiamento simile a chi, vedendo una mela, pensa che il frutto si esaurisca nel colore e nella consistenza della sua buccia...

Quello che in Occidente manca, è quella percezione sacra che non ha bisogno di traduzioni, introduzioni, monizioni, raccomandazioni, agitazioni, imposizioni. E' quel senso del sacro, quel sapore particolare il quale, proveniente da un'intensità di spirito e di grazia, avvolge la persona e la porta immediatamente alla percezione intuitiva di un altro mondo che illumina e infonde speranza al mondo presente. E' questo che continua drammaticamente a mancare e che, tuttavia, i culti antichi comunicavano senza tanta fragorosità e preoccupazioni razionalistiche.

Oggi le idee su tali argomenti, sono purtroppo lungi dall'essere chiare per cui si continua a mescere vino e acqua spacciado la bevanda risultante per  vino autentico. Eppure, nonostante le raccomandazioni pressanti del povero oste di turno, chi beve questo vino annacquato rimarrà sempre insoddisfatto e con la sensazione, più o meno cosciente, d'essere stato imbrogliato.

http://traditioliturgica.blogspot.it/

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