martedì 24 aprile 2012

san giorgio


San Giorgio e il martirio.

Omelia del Card. Caffarra

“Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”.
Il martire nostro patrono non ha avuto paura di essere ucciso nel corpo, ben sapendo che suprema disgrazia della persona non è la morte fisica, ma la morte spirituale. Egli, come ogni martire, trovò la forza interiore nella certezza che chi si affida al Signore, non può perdersi. Se infatti neanche un solo passero cade a terra “senza che il Padre … lo voglia”, quanto più sarà sotto la protezione di Dio colui che in Lui si rifugia.
Dunque, il nostro patrono colla sua testimonianza ci ricorda che il più grande male non è il perdere la vita ma “per amore della vita fisica, perdere le ragioni del vivere”, che la nostra forza consiste nella protezione che Dio dona ai suoi eletti. Proponendo oggi alla nostra venerazione, la Chiesa dichiara vero il modo di giudicare seguito da S. Giorgio.
“Riconoscere Cristo davanti agli uomini” implica obbligatoriamente il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, e il rifiuto di tradirli, anche con l’intenzione di salvare la propria vita. Ed in questo sta il valore perenne della testimonianza del martire: non solo per la comunità cristiana, ma anche per la comunità civile. Se infatti i nostri padri hanno voluto porre la nostra città sotto la protezione di S. Giorgio, sotto la protezione di un martire, è perché egli ha continuamente qualcosa da ricordarci. Il fatto che la memoria storica della nostra città sia radicata nella testimonianza di un martire, ci richiama all’esigenza di fondare la nostra convivenza nel significato che ha il martirio cristiano. Quale precisamente?
- Nel fatto che il martire accetti di morire piuttosto che tradire la propria coscienza, risplende l’intangibilità della dignità personale dell’uomo. E’ una dignità che a nessuno è consentito di svilire, di deturpare, di contrastare, sia pure per supposte buone finalità, qualunque siano le difficoltà. E’ in questo senso che risuonano severe le parole di Cristo: non abbiate paura…”. Il martirio è quindi una luminosa esaltazione della perfetta umanità e della vera vita della persona. Proviamo a chiederci allora tutti, oggi, facendo memoria del nostro martire: nella nostra città risplende una luminosa esaltazione della dignità dell’uomo? O non vediamo piuttosto preoccupanti deturpazioni della medesima? Penso al pur sempre alto numero di aborti che vengono compiuti; penso alle persistenti difficoltà di trovare lavoro da parte di molti giovani; penso alle conseguenti gravi difficoltà in cui versano tante famiglie penso ai persistenti e spesso gravi disagi in cui si trovano le persone ammalate, specialmente se povere.
- Nel fatto che il martire accetti di morire piuttosto che tradire la propria coscienza, risplende chiaramente la distinzione netta fra ciò che è bene e ciò che è male. La memoria del nostro martire offre quindi un contributo di straordinario valore, perché nella nostra città non si precipiti nella confusione più grave che possa affliggere l’uomo: la confusione fra bene e male, che rende impossibile costruire una vera comunità umana. In un’epoca in cui si esalta come una conquista civile, il più radicale relativismo morale, il martire ci ricorda le parole sempre attuali del profeta: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Is. 5,20). La vera sentinella che vigila sulla dignità di ogni uomo è la certezza che esistono norme morali intangibili.
- Nel fatto che il martire accetti di morire piuttosto che tradire la propria coscienza, risplende chiaramente la vera libertà dell’uomo: ed in se stessa e di fronte ai potenti di questo mondo. Colla sua testimonianza infatti, il martire testimonia che esistono confini altre i quali nessun potere di questo mondo può spingersi. In questo modo afferma che la vera libertà dell’uomo consiste nella sottomissione dell’uomo alla verità e che il vero pericolo che insidia la nostra democrazia è la sua alleanza col relativismo morale. “Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus 46). La trasparenza nella pubblica amministrazione, l’uso giusto ed onesto del denaro pubblico, il rispetto del pubblico ufficiale al cittadino, il rifiuto di ogni mezzo equivoco od illecito per conquistare o mantenere il potere, non trovano nessun fondamento solido se non nella certezza che esistono legge morali intangibili e che non è libertà il non riconoscerle, ma schiavitù. Siamo capaci di educare i nostri giovani a vedere lo splendore della libertà vera? O non li abbiamo introdotti nel deserto del nostro annoiato permissivismo, a volte con equivoche iniziative pedagogiche?
La memoria del martire nostro patrono sia custode vigile della grandezza, della bellezza della nostra città: perché non sia dilapidata! Vigili colla sua protezione sui nostri bimbi, perché sappiamo preparare loro una città sempre più abitabile. La forza della sua testimonianza ricordi ai nostri giovani la grandezza e le esigenze della vera libertà. la memoria del suo martirio custodisca chi governa la nostra comunità nel vero servizio al bene comune. La sua preghiera ottenga a tutti noi di vivere giorni sereni e tranquilli, in dignità e sicurezza.

Omelia di S. Em. il Card. Carlo Caffarra

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