giovedì 19 aprile 2012

La realtà fisica della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo

pubblicata da Enzo Gallo
 


Fa meraviglia che una natura corporea abbia traversato un corpo impenetrabile: non la si vede arrivare, si vede la sua presenza; fu agevole toccarla, difficile riconoscerla. Di conseguenza perfino gli Apostoli, turbati, credevano di vedere un fantasma. Perciò il Signore, per mostrarci il carattere della Risurrezione, dice: Toccate e vedete : uno spirito non ha né carne né ossa come vedete che ho io (Lc.24,30). Non è dunque una natura incorporea, ma lo stato del suo corpo resuscitato che gli ha fatto attraversare luoghi chiusi e normalmente impenetrabili. Infatti ciò che tocca è corpo, ciò che si tocca è corpo.

Ora noi risorgeremo corporalmente: perché si semina corpo materiale e risorge corpo spirituale (I Cor.15,44); questo dotato di sottigliezza, quello grossolano, essendo ancora appesantito dalle condizioni della sua infermità terrena. Come infatti non sarebbe un corpo, quello in cui permangono i segni delle ferite, le vestigia delle cicatrici che il Signore diede a toccare? Con questo Egli non solo rafforza la fede, ma eccita anche la devozione, perché ha preferito portare in cielo le ferite ricevute per noi e non ha voluto sopprimerne le tracce, al fine di mostrare a Dio Padre il prezzo della nostra libertà. E’ in questo stato che il Padre lo pone alla Sua destra, abbracciando il trofeo della salvezza; tali sono per noi i Martiri quasi corona delle Sue piaghe.

E poiché il nostro discorso è lì giunto, consideriamo come si spiega che secondo Giovanni gli Apostoli hanno creduto, giacché si sono rallegrati, mentre secondo Luca essi sono rimproverati come increduli: qui hanno ricevuto lo Spirito Santo, là è stato loro comandato di risiedere a Gerusalemme fino a quando non avessero ricevuto questo dono dal cielo. Mi sembra che Giovanni, in quanto Apostolo, ha toccato ciò che vi è di più grande e più elevato, Luca, è venuto dopo, restando più prossimo all’umano; uno ha seguito i dettagli della storia, l’altro l’ha riassunta. Perché non si potrebbe dubitare di colui che rende testimonianza ai fatti ai quali egli stesso ha assistito “ e la sua testimonianza è verace” (Gv.21,4); quanto a colui che ha meritato di essere evangelista, è giusto che da lui sia allontanato ogni sospetto di negligenza o di mendacio. Così noi riteniamo che sia veritiero ciò che dicono e l’uno e l’altro; essi non sono distinti né dalla differenza del pensiero né dalla diversità delle persone. Perché se Luca dice che gli Apostoli che dapprima non hanno creduto più tardi tuttavia mostra che essi cedettero. Se consideriamo il prologo vi è opposizione, successivamente è assicurata la concordanza.

Per il Martedì di Pasqua
Lc. 24,36-47
S.AMBROGIO
Liber 10 Comment. in Lucam cap.24, ante finem

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