«Il Natale deve andarsene.
È assolutamente inadatto
al mondo moderno»
«Il Natale è un ostacolo al progresso»,
«è una superstizione», «un relitto del passato».
«Ma è veramente necessario continuare
a elencare i motivi per lodare il Natale?»,
si domanda lo scrittore inglese.
Per
gentile concessione dell’editore, pubblichiamo il brano “Il natale deve
andarsene” (1933) della raccolta “Lo spirito di Natale” di Gilbert Keith Chesterton. L’opera, edita da D’Ettoris
Editori e pubblicata a ottobre, è a cura di Maurizio Brunetti.
Il
Natale è assolutamente inadatto al mondo moderno. Presuppone la possibilità che
le famiglie siano unite, o si riuniscano, e persino che gli uomini e le donne
che si sono scelti si parlino. Così, migliaia di spiriti giovani e avventurosi,
pronti ad affrontare i fatti della vita umana e a incontrare la vasta varietà
di uomini e donne come sono realmente, altrettanto pronti a volare fino ai
confini della terra e a tollerare ogni qualità stravagante o accidentale dei
cannibali o degli adoratori del demonio, sono crudelmente obbligati ad
affrontare un’ora – no: talvolta persino due ore! – in compagnia di uno zio
Giorgio o di qualche zia di Cheltenham che non trovano particolarmente
simpatici. Non si possono, in tempi come i nostri, sopportare tali abominevoli torture.
Una fraternità più ampia, una sensibilità più vera, ha già insegnato a ogni
donna giovane e ardente – con sufficiente ricchezza e tempo libero a
disposizione – a sentirsi elettrizzata al solo pensiero di fare colazione con
un malvivente, di pranzare con uno sceicco o cenare con un Apache a Parigi. È
quindi intollerabile che tale sensibilità possa patire il trauma della comparsa
inaspettata della propria madre, se non addirittura quella del proprio figlio.
Nessuno ha mai neanche ipotizzato che i «Genitori» fossero inclusi in quella
bellissima astrazione democratica chiamata «Popolo». Né che il concetto di
fratellanza potesse estendersi ai propri fratelli.
Comunque,
come dicevo, il Natale è inadatto alla vita moderna: la sua attenzione alla
famiglia al completo fu concepita senza tener conto della dimensione e delle
comodità dell’hotel moderno; il suo retaggio di rituali prescindeva
dall’attuale consuetudine consolidata di conformarsi all’anticonformismo; il
suo appello all’infanzia era in conflitto con le idee più progressiste sul
concepimento; in base al Natale, i Bright Young Things dovrebbero sempre
sentirsi vecchi e parlare come se fossero insulsi. Quella scuola di buone
maniere più libera e più schietta, che consiste nell’annoiarsi con chi c’è e nel
dimenticare chi non c’è, è irrisa, nella sua prima parte, dalla vecchia
abitudine di bere alla salute di qualcuno e di scambiarsi gli auguri, e, nella
seconda parte, dall’abitudine di scrivere lettere o spedire cartoline di
Natale. Sotto il peso di tali scambi tribali e collettivi, è impossibile
preservare la fine sfumatura, la delicata raffinatezza che contraddistingue le
maniere moderne: quella in accordo alla quale ci si dimentica del vicino della
porta accanto se incontrato per strada e, semplicemente, lo si ignora se è
seduto con noi a tavola. Come potevamo aspettarci di estendere una tradizione
che si basava sull’ospitalità a quel felice intermezzo nel mondo moderno e alla
moda che ha rimpiazzato l’ospitalità con la violazione di domicilio? Qualche variazione
di frasario era senza dubbio necessaria: volendo essere precisi e rigorosi, si
è chiamato «imbucarsi» quando fatto dalle classi superiori, e «violazione di
domicilio» quando fatto dalle classi più umili. Ma il ladro che tracanna il tuo
whisky senza che sia stato invitato a berne un bicchiere, e un esponente dei
Bright Young Things che tracanna il tuo champagne senza che sia stato invitato
a berne un bicchiere hanno inconsciamente unito le loro forze nella grande
urgenza, sentita dal mondo più avanzato e progressista, di spazzar via la
vecchia superstizione dell’ospitalità.
L’ospitalità
ha comunque un centinaio di orrende implicazioni. Comporta, per esempio, che la
mia casa appartenga più a me più che a un giornalista intervistatore di
un’agenzia di stampa miliardaria di Detroit. Per quanto calorosamente e con
affetto io possa intrattenere e abbracciare una tale persona, c’è comunque un
bizzarro pregiudizio legato alla situazione che frulla nella sua testa – per
non dire ciò che accade nella mia –: la vecchia, inspiegabile e raccapricciante
credenza di trovarsi nella casa di qualcun altro. Sarebbe senza dubbio liberato
da quell’imbarazzo se ci incontrassimo in un grande hotel, o in una sala da tè
ancora più grande e impersonale, o in una biblioteca pubblica, o in un ufficio
postale, o nei corridoi ventosi di una stazione della metropolitana. I soli
nomi di questi luoghi bastano a evocare quel calore più ricco, quella
fraternità più piena, quel senso di altruismo fervente a tutti i livelli di
rapporto umano, che sopraggiungono una volta che gli uomini abbiano rinunciato
alla proprietà privata.
In
ogni caso, non è necessario aggiungere altro alla lista delle prove che il
Natale non sia adatto a questa vita più piena e più emancipata. Il Natale deve
andarsene! È letteralmente inadatto a questo grande futuro che si sta aprendo
dinanzi a noi. Il Natale non è fondato sulla grande concezione comunitaria che
solo nel comunismo può trovare la sua espressione finale. Il Natale non
favorisce veramente una più alta, più salutare e più vigorosa espansione del
capitalismo. Non ci si può aspettare che il Natale si adatti alle moderne
speranze di un grande futuro sociale. Il Natale contraddice il pensiero moderno
ed è un ostacolo al progresso moderno. Radicato nel passato, e persino nel
passato remoto, quale utilità può avere per un mondo in cui l’ignoranza storica
è l’unica prova evidente della conoscenza scientifica? Nato da miracoli che
sono stati raccontati più di duemila anni fa, non può certo aspettarsi di fare
colpo su quel robusto senso comune che resiste baldanzoso persino dinanzi
all’evidenza più chiara e palpabile dei miracoli che accadono in questo
istante.
Ovviamente,
avendo a che fare con questioni puramente psichiche, non è di alcun interesse
per gli psicologi; avendo determinato l’atmosfera morale di milioni di persone
per più di sedici secoli, non è di alcun interesse in un’epoca che si occupa di
medie e di statistiche. Il Natale è inerente alla più felice delle nascite, ma
è il principale nemico dell’eugenetica; porta con sé una tradizione di
verginità volontaria, ma non contiene alcuna indicazione pratica per la
sterilizzazione obbligatoria. Su ogni punto lo scopriamo in opposizione con
quel grande movimento progressivo grazie al quale – lo sappiamo bene – l’etica
si trasformerà in qualcosa di più etico e di più libero da tutte le distinzioni
etiche. Il Natale non è moderno, il Natale non è marxista, il Natale non è
modellato sulla falsariga di quella grande era della Macchina che promette alle
masse un’epoca di felicità e di prosperità ancor più intense di quella cui fino
adesso le ha condotte. Il Natale è medievale, essendo sorto agli albori
dell’Impero Romano. Il Natale è una superstizione. Il Natale è un relitto del
passato.
Ma è veramente necessario continuare a elencare i motivi per lodare il Natale?
Tutti i suoi doni e le sue glorie sono icasticamente compendiate in un dato già
a sufficienza tratteggiato: il suo essere un fastidio per tutte quelle persone
che si riempiono la bocca delle assurdità del nostro tempo. È un motivo
d’irritazione per tutti gli uomini che hanno perso i loro istinti, la qual cosa
corrisponde davvero all’equivalente intellettuale del perdere i propri sensi. È
un fastidio perenne per i tutti cafoni: che siano essi magnati dell’industria,
o dell’informazione e del giornalismo internazionale, o di ogni altra cosa che
appartiene all’odierno paradiso dei cafoni.
È una sfida lanciata alla cafonaggine, perché ci ricorda l’esistenza di un mondo più grazioso fatto di cortesia e rispetto, e di abitudini che postulavano una sorta di dignità nelle relazioni umane. È un rompicapo per i saccenti, i quali – invischiati da un gelido odio in una contraddizione perenne e senza uscita – non sanno decidersi fra il denunciare il Natale perché è una Messa – o, peggio, una mera messinscena papista –, e il cercare di provare allo stesso tempo che si tratta, in realtà, di una festa integralmente pagana, e che, quindi, era un tempo degna di ammirazione, come qualsiasi altra cosa inventata dai pirati della Scandinavia pagana. Il Natale continua a ergersi dritto, integro e spiazzante: per noi rappresenta una cosa ben precisa, per gli altri un marasma d’incongruenze. Il Natale giudica il mondo moderno, perciò vogliono che se ne vada. Infatti sta andando. E forte.
http://www.tempi.it/chesterton-il-natale-deve-andarsene-e-assolutamente-inadatto-al-mondo-moderno#.Vngc27bhCt8
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