Maschio selvatico
di Costanza Miriano
Posso orgogliosamente affermare di avere fatto inorridire moltissime mamme sulla spiaggia, al parco, in piscina, perché i miei figli hanno girato sempre armati, almeno da quando sono stati in grado di tenere in mano oggetti. “Il sonaglietto tienitelo tu, dammi la spada” deve essere stata una delle prime frasi di senso compiuto che hanno pronunciato. E siccome i poliziotti americani sono dotati di moltissime qualità ma di pochissimo senso dell’umorismo, Bernardo quando aveva tre anni a New York fu bloccato e perquisito a causa della spada di plastica che teneva perennemente infilata nei suoi calzoncini a quadretti, con la punta che lambiva le scarpe tonde da gnomo. Schiere di mamme, poi, hanno malvolentieri permesso ai loro figli di giocare a soldatini con i miei, sempre specificando che quella era comunque una missione di pace, come si affrettavano a chiedermi. No, no, giocano alla guerra, rispondevo con una certa con soddisfazione.
E sì, hanno avuto anche i videogiochi violenti, centellinati non perché fossero violenti ma perché videogiochi, e dopo il limite orario suggerivo sempre una bella giocata alla lotta tra fratelli, perché i maschi lo devono fare, e la mamma deve avere il coraggio di starsene da parte, finché i lacerocontusi sono consenzienti. Quando uno ha avuto un momento di crescita un po’ destabilizzante un amico lo ha portato a sparare, un altro a spaccare la legna in campagna, e a rimettere in sesto una vecchia moto tutta arrugginita. L’effetto terapeutico è stato rapido ed evidente.
Anche l’abbonamento allo stadio acquistato con i soldi risparmiati dal primogenito è stato salutato con noncurante allegria, qui a casa, e le ore trascorse all’aperto, sotto l’acqua e il vento, a mugugnare mozziconi di frasi con coetanei e a imparare cori non esattamente composti da Shakespeare, non destano preoccupazioni educative da queste parti. E neanche la frequentazione del ring del pugilato, con relativi nasi ammaccati, ci preoccupa come genitori, mentre pare che a quasi tutti gli altri adulti a cui riferiamo di questa passione di nostro figlio la nobile arte del pugilato non paia tanto nobile, ma solo pericolosa per il piccolino (che è alto per ora uno e ottanta).
È per questo che sto leggendo con enorme soddisfazione Il maschio selvatico 2, di Claudio Risé, la nuova edizione molto molto aggiornata e approfondita di un saggio uscito negli anni ’90, quando ancora sembrava di essere in un clima di lotta fra i sessi. Oggi la lotta è ormai andata, non c’è neanche più, perché ci vogliono far credere che non ci siano più neanche i sessi, e comunque ormai il messaggio che pare avere vinto è che tutto ciò che è istinto maschile, rudezza, autorevolezza, tutto ciò che è selvatico, forte, potente, va rifiutato, controllato, gestito, contenuto. Una vera character assassination del genere maschile. Il libro quindi oggi è più utile di prima. Oggi ai maschi che stanno crescendo, che stanno diventando grandi, arriva praticamente da ogni parte una sorta di incoraggiamento a scusarsi per essere come sono. Claudio Risé fa una fenomenale fotografia del fenomeno, e un’analisi del suo sviluppo e delle conseguenze, e reclama l’urgenza di ridare centralità alla dimensione selvatica del maschio, perché come diceva Leonardo da Vinci, “selvadego è colui che si salva”, fisicamente e spiritualmente, proprio grazie al contatto con la natura profonda. Il selvatico è colui che, senza chiedere aiuto a Stati, burocrazie, enti che pretendono di salvare le persone anche invadendo la loro vita familiare, sessuale, religiosa, cerca di salvarsi da solo e, assumendosene la responsabilità, diventa capace di rifiutare la mercificazione dei rapporti e la cultura dello scarto, imparando il dono di sé e il servizio all’altro.
Come ho detto, lo sto leggendo, e devo ancora arrivare alla fine, ma la chiave di lettura della nostra cultura mi sembra interessantissima, e davvero centrale a capire le radici della nostra crisi culturale: madri onnipresenti, dominanti, non arginate da figure maschili forti, figli iperprotetti (pensate con quale ansia oggi una mamma, e mi ci metto anche io, manderebbe il figlio a fare il militare) e soggetti a un eterno maternage, padri assenti. Anche il padre padrone violento è espressione di una cultura in cui il maschile non è adeguatamente separato dal femminile, dice Risé – e la trovo una riflessione interessante da fare anche in merito alla violenza maschile – terrorizzato dalla prospettiva che la vita possa sfuggire al suo controllo, “un tipo di padre sempre più diffuso oggi, anche per l’attuale confusione tra i due generi e la pulsione orale a divorare e incorporare gli oggetti d’amore proposti dalla società industriale e del consumo”. Molto originali poi gli spunti per una lettura economica del fenomeno, del fatto cioè che un uomo non selvatico, addomesticato e non autonomo sia un perfetto consumatore da intrattenere con ogni sorta di svago e distrazione.
Non vedo l’ora di andare avanti col libro, anche perché sbirciando (non ho il lato oscuro di Harry, che quando comprava un libro andava a vedere le ultime pagine così in caso di morte sapeva già come finisse, ma vorrei divorarlo e ho poco tempo) ho visto qual è il modello di vera virilità proposto, ed è un modello che anche a me piace molto. Vi rovino la sorpresa se dico che è Gesù?
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