mercoledì 4 marzo 2015

diritti dei gay

San Francisco contro il vescovo che vuole il rispetto dei valori cattolici nelle scuole cattoliche

San Francisco critica il regolamento dell'arcivescovo Salvatore Cordileone: “Chi sei tu per giudicare?”


L'arcivescovo di San Francesco Salvatore Cordileone

Roma. “In questa città che ha contribuito a dar vita al movimento per i diritti dei gay”, come scrive il New York Times, una cosa così non si sarebbe mai potuta immaginare. L’arcivescovo Salvatore Cordileone ha firmato e promulgato un regolamento in cui si chiarisce che nelle scuole superiori cattoliche della diocesi da lui amministrata i docenti dovranno tener presente, d’ora in poi, quelli che sono ancora i princìpi della morale cattolica. Non è opportuno, quindi, che davanti al crocifisso appeso al muro si dica agli studenti che “gli atti omosessuali non sono contrari alla legge naturale”, che la contraccezione non è “intrinsecamente una cosa negativa” e che la ricerca sulle cellule staminali è una grande conquista della scienza. In pratica, è quel che fa ogni azienda che si rispetti con il codice deontologico fatto imparare ai propri dipendenti, in cui si mettono nero su bianco i limiti da non valicare. Ma a S. Francisco le rimostranze si sono presto trasformate in una quasi sommossa.

“La nostra comunità è addolorata, i nostri insegnanti sono terrorizzati”, dice quasi tra le lacrime miss Jessica Hyman, da parecchi lustri docente in una delle quattro scuole raggiunte dalle regole fissate dal vescovo. Le sigle lgbt hanno subito steso lunghi comunicati di condanna in cui tirano in ballo, ça va sans dire, Papa Francesco, accusando il capo della diocesi californiana di “chiudere la porta” anche a “professionisti qualificati, tra cui molti fedeli cattolici gay”. Altri, parlano addirittura di un regolamento che sa tanto di “test di purezza”, evocando il ritorno all’Europa degli anni Trenta. La protesta è montata, tra studenti e professori, tanto che è stata organizzata una marcia silenziosa illuminata dalle candele verso la cattedrale di St. Mary, il cui profilo moderno la fa sembrare un centro benessere. Qua e là, nel buio della sera, qualche cartello con la celeberrima frase papale “chi sono io per giudicare?”, stampata in ogni carattere disponibile su Word e declinata ormai in ogni contesto utile a mettere contro gerarchie episcopali e desiderata personali. Un docente all’istituto del Sacro Cuore, tale Gus O’Sullivan, candela alla mano ha spiegato di essere lì raccolto in preghiera “per l’arcivescovo, il cui cuore è cambiato”.

Ma quale “caccia alle streghe!”, ha reagito mons. Cordileone: “Qui nessuno vuole licenziare nessuno”. I punti del documento tanto contestato, ha spiegato, sono tutti “presi dal catechismo della chiesa cattolica, e non contengono nulla di nuovo”. Semmai, in un’epoca contrassegnata da dibattiti scottanti su fede e morale, il presule conservatore (gli viene rinfacciato dai contestatori il no ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e la partecipazione – nonostante gli appelli di vip e decine di intellettuali – alla Marcia per la vita di Washington dello scorso anno) ha detto di aver ritenuto “importante aiutare gli insegnanti a fornire ai propri studenti valide prospettive” su argomenti che potrebbero dare adito a qualche confusione di troppo: “Le nuove generazioni sono oggi sotto la forte pressione di chi li vuole conformati a certi standard contrari a ciò in cui crediamo”. Una motivazione che non ha però convinto otto legislatori locali, i quali hanno chiesto a Cordileone di ritirare immediatamente “le norme discriminatorie”. L’accusa è di “aver usato la religione come un cavallo di Troia per privare i nostri concittadini dei loro diritti fondamentali”.

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