Perché i cattolici che dopo il divorzio si "risposano" non possono
ricevere i sacramenti? Risponde la Commissione Teologica Internazionale
In questi giorni
sentiamo spesso e con dispiacere interpretare male, piegare o di proposito
fraintendere le parole di attenzione pastorale del Santo Padre Francesco
riferite alle difficoltà che possono colpire le famiglie e le coppie di sposi.
Fino al punto che ci sono commentatori (non solo giornalisti) i quali arrivano
a mettere in bocca al successore di Pietro le proprie opinioni e sono poi anche
convinti - per gli applausi di colleghi o di lettori indifferenti al bene della
Chiesa e dei cristiani - di essere nel giusto.
Visto che il magistero unanime e concorde a tutti i livelli (compreso
quello di Papa Francesco) non lo si vuole più ascoltare, proviamo a rivolgerci
ai teologi, che pare abbiano più "successo mediatico".
Vi espongo un testo di quell'autorevole organismo - ma non fonte di
magistero - che è la Commissione Teologica Internazionale, la quale studia ad
alto livello e in profondità i problemi teologici e fornisce poi ai Pastori i
risultati delle ricerche come base per prendere decisioni o per formulare la
dottrina.
Nel 1977, in
pieno post-concilio ma in epoca pre-Wojtyla e pre-Ratzinger, fu stilato il
documento: "La dottrina
cattolica sul sacramento del Matrimonio". Tale scritto, qui sotto
citato, riassume in maniera sintetica, chiara e comprensibile i motivi DI FEDE
per cui il matrimonio tra battezzati è un sacramento ed è indissolubile e
perché - quando è valido - non permette ai singoli coniugi di risposarsi finché
è in vita il marito o la moglie. Sono motivi di fede, basati sulla sacra Scrittura
e sul volere di Cristo, non quisquilie da talk show.
Prego perciò
quanti sono chiamati a commentare le questioni ecclesiali di prenderne visione
e di smettere di colpevolizzare o condannare in nome di questo o quell'altro
teologo l'intera prassi pastorale che noi poveri preti, con tanta fatica e
fedeltà alla Chiesa, cerchiamo di portare avanti.
Alla fin fine
siamo noi poveri preti - non i commentatori - a stare ogni giorno in prima
linea nelle parrocchie e nei confessionali, ambulatori
di primo soccorso della Chiesa-ospedale-da-campo; siano noi i medici a cui
sono affidate le anime! Non chiedeteci di essere cialtroni imbonitori o di dire
alle persone: "tutto va bene" quanto non va bene per niente. Il Papa
non fa così. Le sue carezze sono quelle del buon medico, che si rende conto
quanto la cura riabilitante sia faticosa e dolorosa. Non risparmia le
incisioni, ma le lenisce con il farmaco dell'umanità e della vicinanza
affettuosa. Lasciateci dunque aiutare spiritualmente le persone a riprendere la
via e la vita cristiana, non curandole con la medicina di una falsa
misericordia mondana (che sarebbe tanto facile...) ma con la vera, buona ed
esigente misericordia di Gesù Cristo (che è evangelica e punta alla guarigione
dal peccato). Un matrimonio valido è e rimarrà indissolubile, al Sinodo
discuteranno del problema della nullità e dell'accesso più agevole alla
verifica della realtà dei matrimoni caso per caso. Nessuno, men che meno Papa
Francesco, cambierà la definizione di "matrimonio" e di "famiglia"
in segno di "apertura" alla modernità, come vanno blaterando i
giornali anche oggi.
I segni sacramentali non sono "caramelle" e la Chiesa non ha il
potere di distribuirli, gestirli o modificarli a piacimento; può solo
"amministrarli" secondo la volontà di colui che ne è l'Autore.
A chi non piace
questa Madre Chiesa, sposa di Cristo, e ripete il ritornello: "LA CHIESA
DEVE CAMBIARE!" vorrei sommessamente ricordare: Guarda che Gesù dice
un'altra cosa: "convertitevi e credete al vangelo!". Non è mai
tardi per iniziare.
Il testo della Commissione teologica internazionale (che potete leggere tutto intero qui), è composto di due parti.
Nella prima (A) ci sono delle propositiones, approvate in forma specifica,
sulla teologia del matrimonio (sotto vi riporto quelle raggruppate al titolo
5). Nella seconda parte (B) vengono esposte 16 testi del padre gesuita Gustave
Martelet, approvate in forma generica, davvero belle e da riprendere anche in
futuri Sinodi sulla famiglia.
5. Divorziati
risposati
5.1. Radicalismo evangelico
5.1. Radicalismo evangelico
Fedele al radicalismo del vangelo, la chiesa non può porsi nei
confronti dei fedeli con parole diverse da quelle dell’apostolo Paolo: « Agli sposati ordino, non io, ma
il Signore: la moglie non si separi dal marito — e qualora si separi, rimanga
senza sposarsi o si riconcili con il marito — e il marito non ripudi la moglie » (1 Cor 7, 10-11). Ne deriva che le nuove unioni, dopo un
divorzio ottenuto con una legge civile, non sono né regolari né legittime.
5.2. Testimonianza profetica
Questo
rigore non è dovuto a una legge puramente disciplinare o a un certo legalismo.
Si fonda sul giudizio che il Signore ha dato a questo proposito (Mc 10, 6 ss.). In quest’ottica, questa regola severa è una testimonianza
profetica resa alla fedeltà irreversibile dell’amore che lega il Cristo alla
chiesa. Essa dimostra ancora come l’amore degli sposi sia assunto nella carità
stessa di Cristo (Ef 5, 23-32).
5.3. La «
non-sacramentalizzazione »
L’incompatibilità
dello stato dei « divorziati-risposati » con il precetto e il mistero
dell’amore pasquale del Signore comporta per questi l’impossibilità di
ricevere, nella santa eucaristia, il segno dell’unità con Cristo. L’ammissione
alla comunione eucaristica può avvenire solo dopo la penitenza che implica « il
pentimento per il peccato commesso e il buon proposito di non commetterlo più
in futuro » (Concilio di Trento, DS 1676). Tutti i cristiani debbono
ricordarsi le parole dell’apostolo: «... Chiunque in modo indegno mangia il
pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore.
Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di
questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore,
mangia e beve la propria condanna » (1 Cor 11, 27-29).
5.4. Pastorale
dei divorziati risposati
Questa
situazione illegittima non consente di vivere in piena comunione con la chiesa.
E tuttavia i cristiani che vi si trovano non sono esclusi dall’azione della
grazia di Dio e dal legame con la chiesa. Non debbono essere privati della cura
dei pastori (Allocuzione pontificia di
Paolo VI, 4 novembre 1977). Essi hanno ancora molti compiti che loro derivano
dal battesimo. Devono attendere all’educazione religiosa dei loro bambini. La
preghiera cristiana sia pubblica che privata, la penitenza, certe attività
apostoliche sono sempre modi per vivere la loro vita cristiana. Non debbono
essere disprezzati ma aiutati come tutti i cristiani che, con l’aiuto della
grazia di Cristo, si sforzano per liberarsi dal peccato.
5.5. Combattere
le cause del divorzio
È sempre più
necessario svolgere un’azione pastorale che tenda ad evitare il moltiplicarsi
dei divorzi e delle nuove unioni civili dei divorziati. In particolare è
necessario inculcare ai nuovi sposi una coscienza viva di tutte le loro
responsabilità di coniugi e di genitori. È fondamentale presentare in modo
sempre più efficace il significato autentico del matrimonio sacramentale come
alleanza realizzata « nel Signore » (1 Cor 7, 39). In questo modo i cristiani
saranno più preparati a conformarsi al comandamento del Signore e a rendere
testimonianza all’unione di Cristo con la chiesa. Questo d’altronde sarà fatto
per il maggior bene degli sposi, per quello dei bambini come pure per la
società stessa.
.......
La tesi 12 del padre Gustave Martelet S.J.:
12. Divorzio e eucaristia
Senza misconoscere le circostanze attenuanti e talvolta anche la
qualità di un matrimonio civile successivo al divorzio, l’accesso dei
divorziati risposati all’eucaristia risulta incompatibile con il mistero di cui
la chiesa è servitrice e testimone. Accogliendo i divorziati risposati
all’eucaristia, la chiesa lascerebbe credere a tali coniugi che essi possono,
sul piano dei segni, comunicare con colui del quale essi rifiutano il mistero
coniugale sul piano della realtà.
Fare una cosa
del genere, significherebbe inoltre che la chiesa si dichiara d’accordo con
battezzati, al momento in cui essi entrano o restano in una contraddizione
obiettiva ed evidente con la vita, il pensiero e lo stesso essere del Signore
come sposo della chiesa. Se essa potesse comunicare il sacramento dell’unità a
quelli e a quelle che, su un punto essenziale del mistero di Cristo, hanno
rotto con lui, essa non sarebbe più segno e testimone del Cristo, ma suo
contro-segno e suo contro-testimone. Non di meno, però, tale rifiuto non
giustifica assolutamente una qualche procedura infamante che sarebbe in
contraddizione, a sua volta, con la misericordia di Cristo verso noi peccatori.
Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz2hnE4BthD
http://www.cantualeantonianum.com
Don Luciano Micheli,
RispondiEliminaNon conosco nessun altro modo per contattare l'utente se non attraverso il tuo blog.
Ho visitato Ferrandina a settembre e vorrei ringraziare ancora una volta per il tempo che generosamente speso con me, senza preavviso, nel tentativo di ricercare la mia storia familiare a Ferrandina. Sarò sempre grato a voi e la vostra parrocchia.
Ciao e a presto,
John LaFianza
Glen Rock New Jersey Stati Uniti d'America