XXVII Domenica anno C
Il giusto vive di Fede. La prima lettura di questa domenica ci parla dei problemi della vita
quotidiana di ogni tempo dove le persone oneste dubitano perfino di essere degli ingenui,
vedendo violenze ed oppressioni, imbrogli e iniquità, ma afferma c’è un premio
per il giusto, c’è un termine, il Pantocrator non è corrotto come l’ uomo e non
fa parzialità: ognuno raccoglie ciò che semina, l’ iniquo soccombe, cade nella
fossa che ha scavata, ma il giusto vivrà per sempre grazie alla sua fede. Il
salmo 1 ci parla degli empi che sono come pula che il vento disperde, ma anche
dei saggi che non seguono il consiglio degli empi, non s’ attardano nella via
dei peccatori e non siedono con gli stolti, cosi cresceranno verdeggianti come
alberi piantati lungo i corsi d’ acqua.
Ci incamminiamo verso il termine dell’ anno
liturgico ed aspettiamo il Cristo giudice, riecheggiano nel nostro cuore le
parole del Dies irae, percepiamo che troppo spesso abbiamo invidiato la
prosperità dei malvagi e l’inno di Tommaso da Celano, che reciteremo nella
liturgia delle ore nelle prossime settimane ci suggerisce le giuste
disposizioni: Accoglimi tra le pecorelle, e tienimi lontano dai caproni,
ponendomi alla tua destra. Smascherati i malvagi, condannati alle fiamme feroci, chiamami tra i benedetti.
La salvezza però è escatologica, se avessimo
speranza in Cristo solo per questa vita saremmo da compiangere, tanto varrebbe
mangiare e bere perché poi ci sarebbe solo la morte, ammonisce la Parola di Dio
tramite s. Paolo (1 Cor 15 , 19).
Ma se ci salviamo tramite la Fede, come si può
ottenerla, visto che è un dono di Dio? Non trova la Fede chi non è sincero con
se stesso e con Dio. Essa esige una disponibilità a seguire la verità. E’
l’obbedienza della Fede che ci porta a lasciarci coinvolgere dalla comunione
alla vita divina. La Fede ci porta necessariamente a credere in Cristo vero
uomo e vero Dio, come ci viene annunciato dalla Bibbia e dalla Chiesa; credere
nella Trinità, nella Chiesa di Cristo: la Chiesa cattolica, Sacramento
universale di salvezza. Fede significa Credere nell’ unico vero Dio, ma anche a
Dio che parla. Credere significa confidare in Dio, nella divina provvidenza.
Tutto questo ci fa capire il perché gli Apostoli,
cioè coloro che hanno abbandonato tutto per seguire il Messia, nella pericope
del Vangelo di oggi, chiedano
proprio la Fede. La fede per non ricadere nel dilemma di san Pietro: “che cosa
ne avremo?” (Mt 19,27).
E capiamo perché il Signore nella risposta parli
dei servi che lavorano per il padrone senza che questi siano gratificati in
modo particolare, Egli sembra ricordarci che bisogna servire senza aspettarci altra ricompensa che sapere
di compiere la volontà divina. Non si crede per averne un tornaconto
temporale od eterno, non dimentichiamo la preghiera attribuita a s. Francesco
Saverio: Mio
Dio, ti amo! Non è per il cielo che io ti amo. Né perché coloro che non ti
amano tu li punisci con il fuoco eterno. La croce, mio Gesù: tu mi hai stretto
sul tuo cuore. Hai sopportato i chiodi, il colpo di lancia, il colmo della
vergogna, dolori senza numero, il sudore e l’angoscia, la morte … Tutto questo
per me, al mio posto, per i miei peccati. Allora, Gesù che tanto ami, perché
dunque non amarti anch’io di un amore disinteressato, dimentico del cielo e
dell’inferno, non per ricevere ricompense, ma semplicemente come tu mi hai
amato? È così che ti amo, così che ti amerò, solo perché tu sei il mio re, solo
perché tu sei il mio Dio.
Il Signore ci chiede un servizio gratuito e
tuttavia il Signore ricompenserà chi su questa terra lo avrà servito con cuore
generoso. Sant’ Ignazio ci ricorda il principio e fondamento della nostra vita:
L'uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e
così salvare la sua anima in questo mondo; le altre realtà di questo mondo sono
create per l'uomo e per aiutarlo a conseguire il fine per cui è creato. Da
questo segue che l'uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutano per il suo
fine, e deve allontanarsene tanto quanto gli sono di ostacolo.
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