domenica 20 ottobre 2013

dalla collegialità all’anarchia

Dalla collegialità all’assolutismo, all’anarchia. Il fattaccio di Friburgo


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Il “caso Friburgo” ha portato certa stampa a gridare che la Chiesa “finalmente” apre a queste persone, come se fossero diversi da tutti gli altri peccatori.  Sembra poco credibile che papa Francesco voglia modificare questi orientamenti. Probabilmente intende dare indicazioni per smussare certe durezze come ha fatto in Argentina. Questo è il suo senso della “accoglienza” …

di Michele M. Ippolito

Ma sulla Comunione ai divorziati come la pensa davvero Francesco?

Dall’assolutismo alla collegialità fino all’anarchia, il percorso da compiere può essere molto breve. Lo dimostra il caso di un oscuro funzionario della diocesi di Friburgo, che qualche giorno fa ha ben pensato, senza coordinarsi con l’amministratore apostolico della diocesi (che in questo momento fa le veci del vescovo) di pubblicare il manualetto per i sacerdoti che garantisce, contro tutto quello che prevede il magistero della Chiesa cattolica, la liceità dell’accesso all’Eucarestia per uomini e donne divorziati e risposati che abbiano compiuto un precedente percorso di fede ed abbiano messo in pratica una qualche forma di riconciliazione con la Chiesa.

Se per alcuni la “collegialità” è una scusa per l’anarchia …

Lo stravagante, imprevedibile e confusionario arcivescovo uscente di Friburgo, Robert Zollitsch, già presidente dei sediziosi vescovi tedeschi, una chiesa scandalosamente ricca e burocratizzata. Sia chiaro, i frati sono ricchi. Lo stato in base a un vergognoso concordato stipendia con assegni d'oro vescovi e preti, come fossero impiegati dello stato, E come tali, in effetti, si comportano, non come servitori della Chiesa.

L'  arcivescovo uscente di Friburgo, R, Zollitsch, già presidente vescovi tedeschi.

Al di là del caso specifico, alquanto irrilevante poiché è evidente che un funzionario diocesano non ha alcuna autorità su questi temi, quanto accaduto fa sorgere una riflessione sul perché a Friburgo ci sia stato qualcuno che ha pensato di sostituirsi al Papa.

Storicamente il Papa è stato quasi sempre visto, tranne nei primi secoli del cristianesimo, come un sovrano assoluto. Il card. J. Ratzinger, nel suo famoso libro “Rapporto sulla fede” del 1985, scritto con Vittorio Messori chiariva che la struttura della chiesa “non è democratica ma sacramentale, dunque gerarchica” perché “l’‘autorità non si basa su votazioni a maggio­ranza; si basa sull’autorità del Cristo stesso”. 

Con papa Francesco è tornata ad essere in auge la parola “collegialità”. Bergoglio ha nominato un comitato composto da otto cardinali per farsi aiutare a prendere le decisioni più importanti. Qualcuno, però, ha scambiato la “collegialità” con un “liberi tutti” o con un invito all’anarchia nella Chiesa.

Chi abbia letto qualcosa sugli orientamenti pastorali del card. Bergoglio sa che questi è un tradizionalista, sia in materia di dottrina che in materia di morale. Tuttavia è stato lo stile del Papa a creare dei fraintendimenti. Non c’è dubbio che Bergoglio usi un linguaggio semplice, capace di toccare i cuori di molti, ma bisogna anche constatare che certe sue uscite, probabilmente, non studiate a tavolino, prestano il campo a differenti interpretazioni, sono poco chiare, talvolta ambigue e fanno sì che chiunque possa manipolarle a suo piacimento.

Le possibili riforme di Bergoglio. 

il papa e il presidente dei vescovi tedeschi

il papa e il presidente dei vescovi tedeschi

Il problema, è che alcune riforme rischiano di ingenerare confusione se non sono espresse e presentate ai sacerdoti ed ai fedeli in modo chiaro. Il termine “accoglienza” non è nuovo nel lessico della Chiesa, come certi commentatori inesperti, ignoranti o peggio ancora in malafede provano continuamente a farci credere, ma è usato da tutti i documenti del magistero, dal Catechismo a scendere. Tuttavia, se papa Bergoglio parla genericamente di “accoglienza” per i divorziati, a Friburgo, terra di sacerdoti progressisti al limite dello scisma, un solerte funzionario decide che allora sì, due parole sono sufficienti per cambiare storie millenarie, e quindi è giusto ammettere alla comunione divorziati risposati. D’altronde non è necessario seguire il vento di cambiamento che parte direttamente da papa Francesco?

Peccato che poi arrivino, immediate o quasi, le smentite. Su tutte, quella di Monsignor Vincenzo Paglia, a capo del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che è intervenuto dicendo che ”quando nelle squadre di calcio si segna in fuorigioco l’arbitro fischia”, mentre il portavoce vaticano padre Lombardi ha chiarito che “non cambia nulla, non c’è nessuna novità per i divorziati risposati” e che “proporre particolari soluzioni pastorali da parte di persone o di uffici locali può rischiare di ingenerare confusione.”

E che la confusione sia massima lo si capisce anche dal fatto che lo stesso funzionario diocesi di Friburgo sostiene che un divorziato risposato non possa “accedere ai sacramenti”, affermando pure che chi si trova in questa condizione non possa ricevere il battesimo, accostarsi alla confessione o l’estrema unzione. Sciocchezze che denotano una scarsa conoscenza addirittura dei più noti documenti del magistero se non, anche in questo caso, malafede.

La Chiesa già accoglie i divorziati risposati, ma lo fa nella Verità

Il tema della comunione ai divorziati risposati sarà dibattuto dal Sinodo dei Vescovi che si terrà in Vaticano dal 5 al 19 ottobre 2014 sul tema “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, da cui usciranno indicazioni chiare o almeno così si spera. Tuttavia, un testo poco conosciuto, una dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi del 2000 (quindi appena tredici anni fa non nel Medioevo) ha già posto ordine nella vicenda. Chi si trova in condizione di peccato, semplicemente, non può accostarsi alla comunione come insegna San Paolo:“Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11, 27-29)”

Ammettere alla comunione i fedeli divorziati risposati creerebbe uno “scandalo” che sussisterebbe “anche se, purtroppo, - si legge nella dichiarazione - siffatto comportamento non destasse più meraviglia: anzi è appunto dinanzi alla deformazione delle coscienze, che si rende più necessaria nei Pastori un’azione, paziente quanto ferma, a tutela della santità dei sacramenti, a difesa della moralità cristiana e per la retta formazione dei fedeli.” In pratica, anche se per il Mondo divorziare e risposarsi non è poi così grave, è compito dei sacerdoti puntualizzare che si tratta di una situazione che genera un comportamento contrario al Vangelo. Fortemente contrario al Vangelo.

Allora questo vuol dire che la dottrina cristiana e la Chiesa cattolica allontanano da sé i divorziati risposati? Il “caso Friburgo” ha portato certa stampa a gridare che la Chiesa “finalmente” apre a queste persone, come se fossero diversi da tutti gli altri peccatori. Anche su questo dice parole chiare il documento del 2000: “La Chiesa riafferma la sua sollecitudine materna per i fedeli che si trovano in questa situazione o in altre analoghe, che impediscano di essere ammessi alla mensa eucaristica. Quanto esposto in questa Dichiarazione non è in contraddizione con il grande desiderio di favorire la partecipazione di quei figli alla vita ecclesiale, che si può già esprimere in molte forme compatibili con la loro situazione. Anzi, il dovere di ribadire questa non possibilità di ammettere all’Eucaristia è condizione di vera pastoralità, di autentica preoccupazione per il bene di questi fedeli e di tutta la Chiesa, poiché indica le condizioni necessarie per la pienezza di quella conversione, cui tutti sono sempre invitati dal Signore.”Il senso è: se vi dicessimo che il vostro atteggiamento è lecito, vi faremmo più contenti ma diremmo una falsità, vi allontaneremmo dalla Verità e quindi alla perdizione dell’anima, la cui salvezza è la finalità principale della Chiesa. Non una chiusura, quindi, ma un tentativo di aiuto, di sostegno, che si concretizza anche attraverso azioni di pastorale. Non è un caso, infatti, che in molte diocesi da tempo sono organizzate attività di sostegno spirituale per fedeli divorziati e risposati.

Nessuno può andare contro il Vangelo

Un esempio di "accoglienza", che già c'era. Anche se è tutta da dimostrare questa storia che ci sarebbero chissà quanti divorziati risposati a fare ressa ai portoni delle chiese. Viene il sospetto che sia (alla maniera tipica dei radicali) la solita faccenda ideologica, teorica e puramente strumentale per creare una "emergenza" che nella realtà non esiste.

Un esempio di “accoglienza”, che già c’era. Anche se è tutta da dimostrare questa storia che ci sarebbero chissà quanti divorziati risposati a fare ressa ai portoni delle chiese. Viene il sospetto che sia (alla maniera tipica dei radicali) la solita faccenda ideologica, teorica e puramente strumentale per creare una “emergenza” che nella realtà non esiste. Al solo scopo di creare divisione all’interno del mondo cattolico.

Sembra poco credibile che papa Francesco voglia modificare questi orientamenti. Probabilmente intende dare indicazioni per smussare certe durezze di comportamento da parte dei sacerdoti, come ha fatto in Argentina, bacchettando, giustamente, i preti che si rifiutano di battezzare bambini nati fuori dal matrimonio. Questo è il suo senso della “accoglienza”, al di là delle ricostruzioni fantasiose che si sono lette negli ultimi mesi. In ogni caso, è necessario che Bergoglio dica ancora una volta come la pensa sui temi che fin troppe volte dividono le comunità cattoliche, senza indugi e con chiarezza, per non prestare il fianco a chi lo tira continuamente per la mozzetta, addebitandogli pensieri mai espressi.

Tra l’altro, per modificare la dottrina sulla comunione ai divorziati bisognerebbe superare un problemino di poco conto, su cui, incredibilmente, la stampa che ha trattato della vicenda di Friburgo non si è soffermata. Nel Vangelo di Matteo Gesù dice: “Chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio” (Mt 5,32). Potrebbe mai la Chiesa andare contro il Vangelo?

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