A.D. 312 – A.D. 2012:
“In hoc signo vinces”
L’episodio che si ricorda in questi giorni è uno dei più celebri della storia. Accade esattamente 1700 anni fa e coinvolse quello che, all’epoca, era uno dei più potenti uomini di tutto l’Impero Romano e del mondo intero: Costantino. Il racconto è noto (1): il figlio di Costanzo Cloro, mentre combatteva per conquistare il potere, era colpito da dubbi religiosi e non riusciva a capire quale fosse la Verità, quale fosse il vero Dio. Iniziò allora a pregare con forza che l’Onnipotente lo illuminasse e, mentre lo faceva (erano oramai pomeriggio inoltrato, verso le tre), vide in cielo, sopra il disco solare, una croce luminosa, recante la scritta “εν τούτῳ νίκα” (“in questo [segno] vincerai”, universalmente nota nella sua versione latina “
In hoc signo vinces”). Nonostante l’evento incredibile, ancora non riusciva ad interpretare bene cosa l’apparizione volesse significare. Giunta la notte, decise di andare a dormire e, mentre riposava, gli apparve Cristo con lo stesso segno che aveva visto in cielo, ordinandogli di farne una copia e di usarla come protezione dai nemici.
In seguito (2), nei pressi di ponte Milvio a Roma, sconfisse le armate di Massenzio e divenne il più importante uomo politico dell’epoca: era il 28 ottobre dell’anno 312.
La battaglia di Ponte Milvio, di Giulio Romano (1499-1546)
Questo racconto ha dato adito a diverse polemiche: si va da coloro che lo ritengono praticamente del tutto veritiero a chi lo ritiene un falso. In merito il beato Giovanni Paolo II ebbe a dire che “non possiamo constatare con certezza storica la verità di queste parole” (3), ma questo non comporta che sia necessario essere del tutto scettici. Come ha detto la studiosa Marta Sordi “Lo storico non è obbligato ovviamente a credere alla realtà della visione di Costantino, ma ben difficilmente, se non è prevenuto, può negare che l’uomo non abbia avuto un’esperienza religiosa eccezionale” (4).
Inoltre, ci sembra giusto rispettare una lunga tradizione che ha ritenuto l’episodio come vero, evitando quindi di accantonarla subito come “fantasia” o “invenzione”. In merito, oltretutto, abbiamo la testimonianza di Eusebio di Cesarea, il quale – raccontando l’evento nella Vita Constantini – afferma esplicitamente che la presunta apparizione è difficile da credersi, ma che lo stesso Costantino l’aveva raccontata in prima persona e aveva giurato si trattasse della verità (5). Tutto ciò, ci sembra, non è facilmente liquidabile, anche da un punto di vista storiografico.
Visione della Croce, della scuola di Raffaello (XVI sec.)
Anche il contesto è favorevole a riconoscere che qualcosa di importante era avvenuto: sull’arco che il Senato decretò fosse eretto al vincitore della battaglia di Ponte Milvio, non è riportato il nome di una divinità solare o di una divinità pagana, ma si parla dell’ispirazione di un Dio non definito (“instinctu divinitatis”). E Costantino, entrando a Roma, stupì molti quando decise di non salire in Campidoglio per offrire un sacrificio a Giove in ringraziamento della vittoria ottenuta. Evitiamo, qui, di approfondire questi aspetti; se qualcuno fosse interessato, potrebbe trovare utili i testi citati nella bibliografia in calce a quest’articolo.
Un altro elemento da prendere in considerazione, pensiamo, è il fatto che alcuni nostri fratelli nella fede cattolica, ma di rito orientale, venerano Costantino quale santo. Ora, non si tratta d’atto infallibile, né questo garantisce in maniera certa la veridicità dell’evento; tuttavia, ci sembra un’elementare forma di rispetto verso questi amici (ed anche, in chiave ecumenica, verso i fratelli separati ortodossi) il trattare la materia con delicatezza e senza disprezzo.
In ogni caso, se è vero che prove assolutamente certe non ne sono, nondimeno riteniamo esistano elementi che ci conducono a pensare come la visione della croce e il successivo sogno presentino, nella loro sostanza, elementi di veridicità.
Ci sia consentito comunque concludere, con il beato Giovanni Paolo II, che il significato della visione è certamente grande: “In hoc signo vincis, perché il segno della Croce è veramente il segno della vittoria.” (6); e con Benedetto XVI parlare dell’ “apparizione che gli [a Costantino, ndr] fece vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante” (7).
Note:
(1) Cfr. Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, liber I, cap. XXVIII-XXIX.
(2) Cfr. Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, liber I, cap. XXXVIII.
(3) Cfr. Giovanni Paolo II, dal Discorso del 17 gennaio 1993.
(4) Cfr. Marta Sordi, Ci vorrebbe un nuovo Costantino, Tempi n. 30, 21/07/2005, pp. 74s.
(5) Cfr. Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, liber I, cap. XXVIII.
(6) Cfr. Giovanni Paolo II, dal Discorso del 17 gennaio 1993.
(7) Cfr. Benedetto XVI, dal Discorso del 14 settembre 2012.
Bibliografia generale:
Eusebio di Cesarea, Vita Constantini;
Marta Sordi, Ci vorrebbe un nuovo Costantino, in Tempi n. 30, 21/07/2005, pp. 74s;
Marta Sordi, Costantino e la “libertas Ecclesiae”, in Tracce. Litterae Communionis, febbraio 2005, pp. 24-26;
Marta Sordi, La svolta di Costantino, in Il Timone, luglio/agosto 2002, pp. 24-25;
Giorgio Falco, La Santa Romana Repubblica, Milano-Napoli, Ricciardi Editore, 1986, pp. 24-29;
John Henry Newman, Two essays on Scripture miracles and on ecclesiastical, Londra, Basil Montagu Pickering, 1870, pp. 271-286.