giovedì 7 aprile 2016

papa Bergoglio e mons. Lefevbre

  Lefebvriani in marcia verso la Prelatura

di Lorenzo Bertocchi

«Li accoglierebbe nella Chiesa così come sono, senza chiedere praticamente niente». Secondo alcune indiscrezioni è questa la “condizione” di Papa Francesco per la Prelatura personale internazionale proposta alla Fraternità S. Pio X per “rientrare” nella Chiesa cattolica. Una non-condizione rispetto a quanto, invece, era stato proposto durante il pontificato di Benedetto XVI, quando tutto si arenò per questioni squisitamente dottrinali. Questo è quanto apprende la Nuova Bussola quotidiana da fonti che hanno buona conoscenza del cammino di dialogo tra il Vaticano e la comunità sacerdotale fondata da monsignor Marcel Lefevbre.
 
Come anticipato dal quotidiano Il Foglio, venerdì scorso per circa quaranta minuti papa Francesco ha incontrato il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità. Un colloquio “positivo” e cordiale.  Nel comunicato diramato dalla stessa Fraternità si legge che nell’incontro non si è «direttamente parlato dello statuto canonico della Fraternità» e che «papa Francesco e monsignor Fellay considerano che bisogna continuare con questi scambi senza decisioni precipitose». Tuttavia, appare evidente che proprio papa Francesco ha una esplicita volontà di portare a casa la riconciliazione cui né Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI erano riusciti. Sabato mons. Fellay ha visto anche monsignor Guido Pozzo, segretario della Pontificia commissione Ecclesia dei, organismo costituito da Giovanni Paolo II dopo la scomunica al vescovo Lefevbre del 1988. 
 
I rapporti tra la Fraternità e l'Ecclesia dei avevano dato luogo, tra l'altro, alle discussioni dottrinali del periodo 2009-2011 e recentemente (2015-2016) alle visite presso la Fraternità di alcuni prelati, fra cui il cardinale Walter Brandmuller e il vescovo Athanasius Schneider. Secondo le indiscrezioni gli umori all'interno della Commissione pontificia però sarebbero decisamente più freddi rispetto alla chiara volontà del Pontefice di arrivare a chiudere la questione. Il Papa, infatti, si orienta a partire dal buon rapporto personale con i sacerdoti della S. Pio X, costruito quando era arcivescovo di Buenos Aires confrontandosi sul campo con alcune opere della stessa Fraternità. Papa Bergoglio, come sappiamo, è molto sensibile ai rapporti umani e ama costruire proprio a partire da questo tipo di relazioni. Un esempio in tal senso viene anche dal suo agire in campo ecumenico, basti ricordare l'incontro privato avvenuto nel giugno 2014 con il pastore pentecostale di Caserta Giovanni Traettino, suo amico personale, oppure i suoi rapporti con i luterani.
 
Si vocifera che l'avvicinamento alla Fraternità da parte del Papa sarebbe l'ennesima manifestazione della scarsa priorità che Francesco darebbe alla dottrina; inoltre, si dice che il Pontefice riterrebbe la comunità sacerdotale fondata da monsignor Lefevbre sostanzialmente ininfluente rispetto al panorama ecclesiale, nonostante numeri di tutto rispetto. Ininfluente nel senso anche di non pericolosa in merito ai timori che alcuni ambienti manifestano rispetto alla controversa accettazione del Vaticano II. Quella della Fraternità sarebbe semplicemente una posizione superata e fuori dalla storia, quindi comunque irrilevante.
 
Da parte della Fraternità, accanto ad una linea possibilista disegnata da mons. Fellay, vi è una realtà interna complessa e variegata, magmatica, che non necessariamente accetterebbe un facile accordo. Ad esempio, il vescovo Williamson, uno dei quattro nominati da Lefevbre, pur essendo già stato allontanato anche dalla Fraternità stessa, ha recentemente ordinato un vescovo e rappresenta una sirena suadente all’interno di un mondo tutt’altro che monolitico. Ma al netto di queste posizioni estreme, bisogna rilevare il ruolo delle questioni dottrinali all’interno della Fraternità. Se l’accordo proposto da Bendetto XVI fallì fu proprio per un Preambolo dottrinale di fatto ritenuto irricevibile. 
 
Oggi il giudizio sul pontificato di Francesco non è certo morbido: «Abbiamo davanti a noi un vero modernista», disse Fellay nell’ottobre 2013, con un espressione che in qualche modo le compendia tutte. Per questo c’è chi dice che anche l’ormai prossima esortazione post-sinodale Amoris laetitia possa in qualche modo incrociare i destini di questo accordo con il Vaticano. Diverse fonti parlano di possibili lacerazioni interne alla Fraternità nel caso di un accordo, soprattutto se questo dovesse avvenire con una Chiesa ritenuta sempre più ambigua.
 
«É chiaro che papa Francesco vuole lasciarci vivere e sopravvivere», ha detto recentemente Fellay, «ha perfino detto, a chi lo vuole sentire, che non farebbe mai del male alla Fraternità. Ha anche detto che noi siamo cattolici. Ha rifiutato di condannarci per scisma, dicendo: “non sono scismatici, sono cattolici”, anche se dopo ha usato un termine un po' enigmatico, cioè che noi siamo in cammino verso la piena comunione. Questo termine “piena comunione” sarebbe proprio bello una volta avere una definizione chiara, perché si vede che non corrisponde a niente di preciso. É un sentimento, è un non si sa troppo bene cosa». 
 
La partita qualcuno la vorrebbe già conclusa, con l’accordo tra Santa Sede e Fraternità di fatto già ratificato, ma sembra ancora tutta da giocare. Anche, o forse soprattutto, nella metà campo in cui è schierata la Fraternità San Pio X.

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