Socci: così Trump ci salverà dal disastro.
Il Papa, cosa sarà costretto a fare
L' 11 ottobre scorso Hillary Clinton - dal sito
del New York Times - sentendosi sfuggire sempre più l' agognata poltrona
presidenziale, usò questo sobrio argomento dinamitardo: «Io sono l'
ultima cosa fra voi e l' Apocalisse». La baggianata - che echeggia
quella più celebre risuonata alla corte francese: «Dopo di noi il
diluvio» - sottintendeva che Trump doveva essere considerato con
terrore, come la fine del mondo. Gli americani hanno risposto con un
colossale «vaffa», mandando a casa la Clinton, l' establishment politico
di Washington e quello dei salotti mainstream pieni di intellettuali,
di chiacchieroni e di attrici.
Perché sapevano che in realtà Trump - come dice Tremonti - non è la
fine del mondo, ma casomai la fine di «un» mondo, appunto quello
guerrafondaio e aggressivo dei Clinton e di Obama (e dei Bush), i re del
caos globale, i grandi registi dell'«ipocrisia progressista» e della
strategia della tensione planetaria.
Sotto di loro infatti sono state destabilizzate una serie di aree (l'
Irak, la Libia, la Siria, l' Africa centrale e l' Ucraina), con
conseguenze disastrose dal punto di vista umanitario e dal punto di
vista politico. In particolare l' idea di espandere la Nato verso Est,
fin sotto le mura di Mosca, con una serie di provocatorie manovre
militari al confine, ha fatto precipitare il mondo in un cupo clima da
Guerra fredda e ha rischiato di trascinare l' Europa nella terza Guerra
mondiale.
Perfino il famoso «orologio dell' Apocalisse» - quello del Bulletin
of the atomic scientists science and security board, nel cui Board of
sponsors ci sono 17 premi Nobel - nel gennaio di un anno fa collocava l'
umanità alle 23.57, cioè a tre minuti dalla mezzanotte nucleare, ovvero
dalla «fine del mondo». Solo nel 2010 le lancette di questo Orologio
simbolico, inventato nel 1947 dagli scienziati dell' Università di
Chicago, segnavano le 23,54. Questi «tre minuti» più vicini alla
mezzanotte (peraltro la valutazione viene fatta in modo abbastanza
«politically correct» e non certo da personalità filo Trump) fanno
capire quanto ci hanno avvicinato all' apocalisse Obama e la Clinton e
dove saremmo finiti in caso di una vittoria di Hillary. Gli osservatori
sanno bene che proprio quella della Clinton sarebbe stata una presidenza
guerrafondaia e pericolosissima.
La strategia obamiana e clintoniana è stata descritta così da
Francesco Alberoni: «Durante la presidenza Obama gli Usa hanno scatenato
una vera guerra fredda contro la Russia sul piano propagandistico,
mettendo sanzioni e accumulando armamenti in Polonia, Ucraina e Paesi
baltici. Nello stesso tempo hanno appoggiato i Paesi islamici sunniti,
Arabia Saudita, i Paesi del Golfo, il Pakistan e la Turchia che
finanziavano e armavano gli integralisti islamici: dai talebani ad Al
Qaida, all' Isis e il Califfato. Sotto sanzioni in Europa, minacciata
dagli americani attraverso la Nato e attaccata dagli integralisti
islamici in Asia, la Russia è stata spinta a cercarsi un alleato nella
Cina. Ma la Cina è l' unica superpotenza che nei prossimi anni sfiderà
il potere Usa. Una scelta dal punto di vista americano a dir poco
catastrofica. Sembra impossibile, ma la politica di Obama si proponeva
di espellere la Russia dall' Europa, di farla alleare con la Cina,
lasciando il Medio Oriente e l' Africa del nord nelle mani all' anarchia
islamista». Questa assurda strategia, che ha avuto il sostegno quasi
unanime e strategicamente importante del sistema mediatico, con Trump si
avvia ad essere rovesciata.
Anzitutto finisce la demonizzazione della Russia. Poi il terrorismo
dell' Isis e di Al Qaeda sarà chiamato col suo nome, «terrorismo
islamico» e combattuto come tale (Trump ha iniziato già in campagna
elettorale questa rivoluzione linguistica e culturale).
«Dobbiamo cominciare a fidarci di Vladimir Putin», ha dichiarato
Trump. Contemporaneamente la Russia ha annunciato l' intenzione di
coinvolgere Washington nel negoziato per la soluzione della terribile
crisi siriana. Piccoli, grandi segnali che erano inimmaginabili con
Obama e la Clinton e che potranno portare Usa e Russia a cooperare anche
per risolvere la situazione libica. Siria e Libia, due dei focolai di
crisi che - fra l' altro - finora hanno provocato o aiutato l' enorme e
dirompente flusso migratorio verso l' Italia e l' Europa.
Basta questo per capire quanto sia importante, anche per l' Italia,
questo nuovo clima di collaborazione e dialogo fra le due superpotenze.
Ma soprattutto con Trump dovrebbero venir meno le disastrose sanzioni
commerciali contro la Russia che sono costate molto salatamente all'
economia italiana e anche questa è per noi una gran bella notizia.
Insomma - pur volendo restare prudenti - possiamo dire che nel mondo, o
almeno nell' area mediterranea ed europea, sta per scoppiare la pace.
I
media se ne accorgeranno per ultimi o comunque cercheranno di non
dirlo, essendo gli stessi media che acclamavano il «Nobel per la pace»
Obama (quello sotto la cui amministrazione gli Usa hanno inondato il
mondo - soprattutto il mondo arabo - di armamenti). I media, nella
stragrande maggioranza, oggi sono parte del problema. Perché - più o
meno consapevolmente - sono stati partecipi, dal punto di vista
ideologico e propagandistico, delle strategie dell' establishment che ha
dissestato il mondo. Purtroppo ha aderito in gran parte all' agenda
Obama anche il capo della Chiesa cattolica, arrivando addirittura ad
entrare a gamba tesa contro Trump, durante le presidenziali americane.
Lo ha fatto perché il pontificato di Francesco appartiene tutto, fin
dalla sua origine, all' epoca Obama/Clinton e rischia di tramontare con
loro.
Tuttavia il papa - ancora in carica - è pur sempre un leader
spirituale che deve avere a cuore le sorti della pace e della
collaborazione serena tra i popoli e gli Stati. Dunque dovrebbe benedire
questa nuova stagione di pacificazione e dialogo che inizia fra Stati
Uniti e Russia. Finalmente potrebbe realizzarsi la grande speranza di
Giovanni Paolo II: un' Europa che respira a due polmoni, quello
occidentale e quello orientale. Un' Europa dall' Atlantico agli Urali.
Un' Europa più grande economicamente e più ricca spiritualmente dell'
arida tecnocrazia dell' euro. L' Italia ha tutto da guadagnarci, anche
nella prospettiva di liberarsi dalla gabbia dell' egemonia tedesca che -
attraverso quella tecnocrazia dell' euro - ha messo in ginocchio la
nostra economia e pure la nostra dignità nazionale.
Sarà anche l' occasione per liberarsi dell' altro aspetto deleterio
dell' imperialismo obamiano: la devastante dittatura «politically
correct» imposta al mondo intero insieme alla nefasta «religione
mercatista» che ha messo in ginocchio (dal punto di vista economico e
della sovranità) i popoli e gli Stati.
Antonio Socci
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