TEOLOGIA DEL TERRORE ? IN VERITÀ I TERRORISTI DELL’ ISIS SONO “CRISTIANI ANONIMI”
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Verrà
giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur
di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i
propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi
dietro alle favole [ II Tm 4,3 ]
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Secondo la dottrina della grazia
― quella cattolica, s’intende ― mi domando: come vedrebbe un seguace di
Karl Rahner i terroristi dell’ISIS? È interessante metterci nella sua
mente per comprendere le conseguenze che ne vengono fuori.
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Vediamo anzitutto qual è il concetto rahneriano del “cristiano anonimo” [1]. Non
si tratta, come alcuni ingenuamente e benevolmente hanno interpretato,
del semplice fatto, assodato dal Magistero della Chiesa sin di tempi del
Beato Pio IX e confermato dal Concilio Vaticano II, che qualunque uomo
in buona fede e di buona volontà che non conosce il Vangelo, riceve
comunque da Dio la possibilità di salvarsi. Il discorso di Rahner è del
tutto diverso, perché si tratta invece di una modalità della concezione
dell’uomo, inteso come soggetto spirituale autotrascendente nella
storia, essenzialmente in grazia. Per capire allora che cosa è il
cristiano anonimo di Rahner, bisogna che vediamo che cosa è per lui la
grazia in rapporto a Dio e alla natura umana.
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Usiamo, come criterio di giudizio, la concezione cattolica. In questa concezione, la grazia divina è un dono, una “somiglianza con Dio” [2], una
vita divina, una qualità soprannaturale gratuita, partecipata all’anima
a modo di accidente, dato che solo Dio può essere grazia sostanziale e
sussistente, quindi infinita o increata. Se la grazia non fosse in noi a
questo modo accidentale, noi saremmo Dio e questo sarebbe panteismo.
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La grazia non scaturisce dalla natura
e non ne completa l’essenza, ma solo la risana e perfeziona nelle
operazioni. La natura razionale è già presupposta in se stessa, come
soggetto della grazia, sicché la grazia è aggiunta gratuitamente da Dio
all’anima, al di sopra delle sue forze ed aspirazioni naturali [3], per liberare l’uomo dal peccato e guarire la natura umana (gratia sanans) ed elevarla, in Cristo, oltre i suoi limiti, alla condizione di figlio di Dio (gratia elevans).
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La grazia non è una proprietà essenziale o necessaria della natura, benché nella natura ci sia una disponibilità a riceverla [4]. La
grazia purifica e perfeziona la natura, ma è una qualità accidentale
operativa, acquistabile con la buona volontà e distruttibile col
peccato.
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La grazia è necessaria alla salvezza,
perché, nella condizione di corruzione e di miseria conseguente al
peccato originale, l’uomo, con le forze che gli restano, non sarebbe
capace, senza di essa, di realizzare sufficientemente le virtù e di
possedere Dio come suo fine ultimo e sommo bene.
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La grazia rende l’uomo “figlio di Dio” [5] ad
immagine del Figlio, per cui anche il credente sull’esempio di Cristo,
può chiamare Dio “Padre” sotto l’impulso dello Spirito Santo [6].
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La grazia dà vita all’anima
e vivifica le potenze, intelletto e volontà, come radice delle virtù
teologali: fede, speranza e carità. La fede non è un sapere apriori, ma aposteriori,
preceduto dalla ragione. I concetti di fede, definiti nel dogma
ecclesiale, sono sempre, universalmente e assolutamente veri, anche se
esiste un progresso nella conoscenza del dato rivelato. Dio esiste prima
del mondo, ma la nostra conoscenza parte dal mondo per arrivare a Dio.
Dio è apriori nell’essere e nel sapere che Egli ha di Se stesso, non nel
nostro sapere.
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La grazia della fede sboccia nella carità, per la quale l’uomo diventa “amico” di Dio [7] e si unisce a Lui tanto intimamente, che Gesù parla di “una cosa sola con Dio” [8],
espressione evidentemente enfatica, che non va presa alla lettera,
sennò comporterebbe confusione della natura umana con quella divina, e
sarebbe panteismo.
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La grazia aumenta con l’esercizio delle virtù. Sotto l’influsso dello Spirito Santo la carità produce l’esperienza mistica, che è la pregustazione, la “caparra” [9] e la “primizia” [10] della gloria futura della beatitudine celeste.
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Per Rahner, la grazia in noi, non è invece un dono divino creato, ma è Dio stesso, è un’autocomunicazione
così piena ed intima di Dio all’anima, che Dio diventa “quasi causa
formale” dell’anima, il costitutivo più radicale della natura umana.
Dice Rahner: “Il mysterium che la fede cristiana confessa
consiste assolutamente in ciò che la Realtà assoluta di Dio può non solo
opporre a Sé l’altro da Sé” (=creazione), “ma vuole arrischiarSi a
comunicare Se stessa a questo altro” [11]. Essa ha un carattere apriorico, di “esperienza preconcettuale”,
cioè non si aggiunge alla natura umana, che in precedenza ne è priva
per il peccato, ma come radicalizzazione e vertice supremo ed orizzonte
infinito dell’autotrascendenza umana. Con la grazia la natura
da finita diventa infinita. Non riguarda l’operare ma l’esistere: è un
“esistenziale soprannaturale”.
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Si noti che per Rahner il possesso della grazia
non è possesso di questo e non di quell’individuo, possesso ora
presente, ora assente, sì che uno possa possedere la grazia e l’altro
no, o che il medesimo individuo nello scorrere del tempo possa ora
possederla ora non possederla, ma è fattore necessario, permanente,
obbligatorio ed universale della pienezza della natura umana come tale. Essa è richiesta dalla natura come esigenza della natura. Per questo, secondo Rahner, nessuno è privo della grazia.
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Rahner ammette la concettualizzazione della fede,
ma secondo lui il concetto di fede è solo un’espressione incerta,
contingente, facoltativa, rivedibile, correggibile, discutibile e
particolare, storicamente condizionata e relativa alle varie culture,
dell’esperienza trascendentale ed atematica della grazia.
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In base a queste idee ogni uomo come tale – diversamente non sarebbe uomo – è un “cristiano anonimo”, ossia è sempre in grazia fino alla morte, cosicché tutti
gli uomini si salvano. Il peccato esiste, ma non può vincere o togliere
la grazia. Secondo Rahner, il peccato non ha bisogno di essere espiato.
Per questo egli nega che la passione di Cristo abbia avuto una funzione
soddisfattoria o riparatrice. È stata solamente la sofferenza di chi ha voluto sentirsi lontano da Dio.
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Per questo Rahner ritiene che il peccato venga immediatamente perdonato da Dio: “l’esperienza della colpa radicale ― egli dice [12]
― senza sbocco, è tuttavia subito perdonata in maniera inconcepibile”.
Altre volte ritiene il peccato come un’azione abortita o fallita che
crolla da sola.
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In base a queste considerazioni
risulta chiaro che noi cattolici e i terroristi dell’ISIS, siamo tutti
soggetti dell’ “esperienza trascendentale” della grazia. Sul piano
categoriale, ossia dottrinale, invece, noi e loro abbiamo concezioni
religiose opposte, ma non ha importanza, perché secondo Rahner i
contrasti di idee tra le varie religioni non compromettono l’universale
esperienza della grazia.
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Secondo Rahner,
una medesima proposizione teologica o dogmatica può andar soggetta ad
interpretazioni tra di loro contraddittorie, senza che sia possibile
stabilire un’unica interpretazione. Così, per esempio, il concetto di
Dio in noi e negli islamici presenta elementi di contrasto. Ma non
occorre né è possibile stabilire una unica interpretazione valida per
noi e per loro.
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Del resto, ritiene Rahner,
all’interno dello stesso mondo cattolico esistono posizioni
conservatrici ancora legate al tomismo, accanto ad altre che assumono la
filosofia moderna o quella trascendentale. Le prime pretenderebbero di
trovare eresie nelle seconde. Ma queste, che secondo Rahner hanno una
visuale aperta, non accettano di essere portate sul terreno
dell’alternativa eresia-ortodossia per l’incertezza e la soggettività
del giudizio che – a loro avviso – su di essa si fonda. Per i
rahneriani, categorie decisive di approvazione o rifiuto sono invece
rispettivamente il moderno e il superato. Non esiste infatti per Rahner
una verità al di sopra della storia, ma ogni verità è sempre immersa
nella storia, sicché la verità di oggi è l’errore di ieri e l’errore di
ieri è la verità di oggi.
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I rahneriani respingono l’idea di una verità certa,
universale, immutabile e soprastorica. La verità ― essi pensano ― non è
un’astrazione immobile fuori dal tempo; la verità è la modernità, è
quello che oggi si ritiene esser vero, è la verità concreta ed
esistenziale della storia, del moderno, del tempo presente, è adeguarsi
alla prassi e alla forze attive dell’oggi. E’ la verità di chi comanda.
Quindi i rahneriani, convinti del fatto che gli Islamici si salvano col
Corano e scettici circa l’universale obbligatorietà dei dogmi cattolici,
non avrebbero certamente difficoltà, una volta che la religione, la
cultura, il costume, la politica e la finanza dell’Islam dovessero
prender piede in Europa, a costruire un cattolicesimo biblico-coranico,
così come Rahner ha costruito un cattolicesimo hegheliano ed
heideggeriano.
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Bisogna dire allora, seppur con rammarico,
che ai rahneriani non interessa la verità astratta, ma la verità del
potere politico del momento, come oggi essi sono soggetti socialmente ed
economicamente della massoneria, del liberalismo, del sionismo, del
luteranesimo e del comunismo.
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Un domani che gli islamici, aumentati
di numero, dovessero conquistare in Europa una forte egemonia culturale
e politico-economica, i rahneriani certamente non avrebbero difficoltà,
per mantenere il loro prestigio, per non avere noie o per non subire
persecuzioni, ad avvicinarsi al Corano, magari in sintesi con Hegel,
così come Rahner ha accostato San Tommaso d’Aquino ad Hegel. Potrebbero
quindi tentare un incontro di Hegel con Maometto, e comunque tale
sintesi verrebbe considerata da loro una delle molteplici espressioni
categoriali dell’esperienza trascendentale. Resta però a vedere se gli
islamici saranno disposti ad accettare una simile operazione, che
assomiglia a quella con la quale i modernisti sono riusciti a mescolare
l’Aquinate con Hegel. È nota infatti l’intransigenza islamica, per la
quale i musulmani non sono disposti ad ammettere altra teologia al di
fuori di quella del Corano, che peraltro è alla base della religione di
Stato degli Stati islamici e quindi fruisce del potere coercitivo dello
Stato, come avviene nei paesi comunisti per l’ateismo.
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Ma i rahneriani sono talmente astuti,
che non ci sarebbe da stupirsi se riuscissero ad avvicinare il Corano
all’idealismo tedesco, così come sono riusciti ad avvicinare ad esso
larghi strati della teologia cattolica. In fin dei conti nell’ idealismo
tedesco i dogmi della Trinità e dell’Incarnazione non sono che pallide
immagini (Vorstellung) dell’unico Assoluto. Certo, resterebbe
l’ostacolo che il Dio coranico è trascendente e creatore, mentre quello
hegeliano è immanente al mondo. Ma come i rahneriani sono riusciti a
convincere i cattolici circa il valore del loro Dio, che cosa ci
impedisce di credere che riuscirebbero a fare la stessa cosa per gli
islamici?
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Se i rahneriani
dovessero trovarsi a mal partito nelle trattative con gli islamici, e
se questi intimassero loro sotto minaccia di morte di convertirsi
all’Islam, senza alcun sincretismo, i rahneriani potrebbero sempre
adottare come soluzione l’assunzione del Corano a livello categoriale,
ma resterebbe sempre salva l’ esperienza trascendentale.
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La Chiesa Cattolica europea,
che conosce già da tempo al suo interno tendenze che si considerano
accoglienti e aperte al diverso, come ora è sotto l’orbita dei
rahneriani, così passerebbe sotto l’egemonia musulmana, come del resto
avviene da 14 secoli nei paesi dove i cristiani vivono in mezzo ai
musulmani.
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Resterebbe la resistenza,
magari fino al martirio, dei cattolici che rifiutano gli errori del
Corano, e che sarebbero considerati da rahneriani e musulmani come
chiusi e retrivi fondamentalisti. Il problema più grosso sarebbe quello
di come convincere il Papa ad accogliere Maometto. Per risolvere il
problema i rahneriani potrebbero interporsi per ottenere un accordo.
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Avanziamo allora alcune ipotesi di eventuali accordi [13].
Le autorità islamiche in accordo con i rahneriani cercherebbero di
convincere il Papa, già un po’ inclinato in tal senso, che i terroristi ―
persone in fondo in buona fede, dato che tutti si salvano ―,
interpretano male il Corano, che promuove la pace e rifugge dalla guerra
di religione. E, a tal fine, potrebbero sottoporgli alcune idee. I
terroristi potrebbero incentivare le conversioni all’Islam, mentre i
cattolici potrebbero ottenere il paradiso grazie al martirio, pertanto …
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Gli islamici, assieme ai rahneriani, potrebbero proporre al Papa di
essere coadiuvato nel governo della Chiesa dal Gran Muftì
dell’Università Al-Azar del Cairo. Papa Benedetto XVI, se è ancora in
vita, verrebbe in tal caso allontanato dal Vaticano e posto in un
pensionato per anziani sotto sorveglianza islamica.
– Per diventare vescovo bisognerà aver trascorso almeno 5 anni come imam in una moschea.
–
Si potrebbe realizzare una riforma degli studi ecclesiastici per mezzo
di una commissione mista di teologi rahneriani e musulmani.
–
Gli studi tomistici saranno permessi solo a coloro che hanno raggiunto i
70 anni. Mentre la teologia di Rahner volgarizzata e il Corano saranno
insegnati fin dalle scuole elementari.
– Così pure la liturgia sarebbe riformata in modo da accogliere nella Messa riti musulmani e letture del Corano.
– Si potrebbe adottare come modello per il digiuno quaresimale il digiuno del Ramadan.
– Potrebbe essere conservato l’uso della lavanda dei piedi fatta dal Sommo Pontefice a donne musulmane nella Messa in Coena Domini del Giovedì Santo.
– Nel Consiglio di amministrazione economica della Santa Sede entrerebbero a far parte tre importanti emiri dell’Arabia Saudita.
– Ogni parrocchia, al suo interno, dovrebbe avere una moschea.
– Nelle scuole della Chiesa, il Crocifisso, sarebbe affiancato dalla Mezza Luna.
– Nelle spiagge private degli istituti religiosi si dovrebbe concedere una par condicio al topless come il burkini.
–
I cittadini dovranno ascoltare, oltre al suono delle campane delle
chiese, anche l’invito alla preghiera rivolto al popolo dai muezzin
sette volte al giorno.
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Dubitiamo però che il Papa si lascerebbe convincere. A
quel punto egli potrebbe concepire il sospetto che i rahneriani non
cerchino veramente gli interessi della Chiesa, ma abbiano di mira
soltanto di dominare in essa, per cui avrebbero bisogno di un forte
richiamo da parte del Santo Padre al fine di indirizzare la loro fede al
vero servizio della Chiesa e delle anime.
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Varazze, 30 agosto 2016
Pubblicato il 4 gennaio 2017
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NOTE
[1] Cf il mio saggio La radice teoretica della dottrina rahneriana del cristianesimo anonimo, in Karl Rahner. Un’analisi critica,
Atti del convegno teologico organizzato dai Francescani dell’Immacolata
a Firenze nel 2007, a cura di S. Lanzetta, Edizioni Cantagalli, Siena
2009, pp.51-71.
[2] Cf. I Gv 3,2.
[3]
L’uomo sarebbe già felice unendosi Dio come fine ultimo dell’universo.
La grazia invece fa desiderare all’uomo di vedere immediatamente la sua
essenza trinitaria.
[4] La potentia oboedientialis.
[5] I Gv 3,1.
[6] cf Rm 8,14.
[7] Gv 15,15.
[8] Gv 17,11.
[9] II Cor 1,22.
[10] Rm 8,23.
[11] Cit. da Y. Tourenne, La théologie du dernier Rahner, Les Editions du Cerf, Paris 1995, p.443.
[12] Tourenne, Op.cit., p.368, nota 2.
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