Non è che non capiscono i dubia.
Quel che non capiscono è la libertà.
Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Ma come si fa a scrivere che i dubia
espressi da quattro cardinali a papa Francesco su Amoris laetitia sono
«l’insulsa crociata dei farisei della Dottrina»? Lo ha messo nero su
bianco il Fatto quotidiano, l’indomani dell’intervista del cardinale Carlo Caffarra al Foglio. Un intervento che per il giornale di Marco Travaglio trasuda «odio», addirittura.
Ognuno è responsabile delle sciocchezze che scrive ma
spacciare una prassi rispettosa del «sovrano giudizio» del Pontefice per
un attacco è uno strabismo ideologico che, al pari di altri interventi
come quello di Alberto Melloni, rivela la malafede di chi lo pronuncia. I
quattro cardinali, seguendo una prassi legittima nella forma e nella
sostanza, hanno posto i loro quesiti a papa Francesco. Come ha ben
spiegato Caffarra, lo hanno fatto a fronte di una confusione evidente
che si è generata nell’interpretazione dell’esortazione apostolica e ben
consapevoli che «la divisione, già esistente nella Chiesa, è la causa
della lettera, non il suo effetto».
Quel che il Fatto e altri
proprio non riescono a concepire è che nella Chiesa possa esserci questa
libertà di discussione e, al contempo, la certezza che l’unità e
l’obbedienza al vicario di Cristo non siano messe a repentaglio da
vedute divergenti. Abituati a misurare i rapporti secondo logiche di
potere, i detrattori dei quattro cardinali rimestano nel marginale non
riuscendo a mettere a fuoco i termini della questione.
Una vicenda che, se avessero un minimo di
onestà intellettuale, capirebbero riguardare la «coscienza» di tutti,
anche quella dei non credenti come ha notato Giuliano Ferrara. Perché,
come dice sempre il cardinale: «Non dire mai a una persona: “Segui
sempre la tua coscienza”, senza aggiungere sempre e subito: “Ama e cerca
la verità circa il bene”».
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