27 DICEMBRE
SAN GIOVANNI EVANGELISTA
CONTEMPLATIO
Essere l'Amato è l'origine e il compimento della vita dello Spirito. Dico questo perché, appena cogliamo un barlume di questa verità, ci mettiamo in cammino alla ricerca della pienezza di tale verità e non abbiamo pace finché non riusciamo a trovarla. Dal momento in cui rivendichiamo la verità di essere Amati, noi affrontiamo la chiamata di diventare ciò che siamo. Diventare gli Amati: ecco il viaggio spirituale che dobbiamo compiere. Le parole di Agostino: «La mia anima è inquieta, finché non riposa in te, o Dio», definiscono bene questo viaggio. So che il fatto di essere alla costante ricerca di Dio, in continua tensione per scoprire la pienezza dell'Amore, con il desiderio struggente di arrivare alla completa verità, mi dice che ho già assaporato qualcosa di Dio, dell'Amore e della Verità. Posso cercare solo qualcosa che, in qualche modo, ho già trovato (H.J.M. nouwen, Sentirsi amati, Brescia 1999, 35).
Signore Gesù, chi sceglie di amarti non resta deluso poiché niente si può amare meglio e più fruttuosamente di te; e questa speranza non viene mai meno. Non si deve temere di eccedere nella misura, poiché nell'amarti non è prescritta nessuna misura. Non c'è da paventare la morte, che rapisce le amicizie del mondo, poiché la vita non può morire. Nell'amarti non si deve temere di ricevere qualche offesa, poiché non ce ne sono, se non si desidera che l'amore. Non si insinua il minimo sospetto, poiché tu giudichi in base alla testimonianza della coscienza che ama. Questa è la soavità che esclude il timore. O Verbo divorante, ardente di giustizia, Verbo di carità, Verbo di ogni perfezione, Verbo di dolcezza. O Verbo divorante a cui niente può sfuggire! Verbo che compendi in te tutta la legge e i profeti. Chi poi ha un tale amore, è dichiarato apertamente dalla Verità in quelle parole: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama» (Gv 14,21). Si deve poi sapere che l'amore di Dio non si misura secondo i sentimenti momentanei, ma piuttosto secondo la perseveranza della volontà. L'uomo deve unire la sua volontà alla volontà di Dio, in modo che la volontà umana consenta a tutto ciò che prescrive la volontà divina, senza volere questo o quello, se non perché sa che lo vuole Dio. Questo significa amare Dio in modo assoluto. Infatti, la stessa volontà altro non è che amore (aelredo Di rievaulx, Disc. sull'amore di Dio).
Anonimo russo, Réflexions sur un texte de saint Jean, pp. 7. 10-12.
In un gesto di amore vigilante
“Pietro, voltatosi, vede che lo segue il discepolo che Gesù amava”... vedendolo dice dunque a Gesù: "Signore, e lui?". Gli dice Gesù: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi!"» (Gv 21,20-22). «Se voglio che egli rimanga finché io venga»: che il Signore parli qui della sua seconda venuta è perfettamente evidente a Pietro. Sta scritto infatti: «Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto» (Gv 21,23). Perché il Signore non ha detto: «finché sia necessario alla Chiesa», o «più a lungo di te», o qualcos'altro, e ha detto invece «finché io venga»?
Il mistero riguardante la morte dell'apostolo ci rimanda alla sua presenza invisibile nella Chiesa, presenza che può diventare manifesta negli ultimi tempi quando la Chiesa ha particolarmente bisogno di santità e di forza apostolica. Se penetriamo l'immagine deIl' apostolo Giovanni rivelataci dall’evangelo, ci rendiamo conto che la Chiesa necessita proprio delle sue qualità spirituali che possiamo sintetizzare nelle tre seguenti: coraggio, contempla- zione, amore.
Ma il coraggio spirituale deve essere unito alla contemplazione spirituale, alla conoscenza d'amore, devi essere radicato nell'umiltà di uno spirito pieno di discernimento. Ed è proprio così che il vangelo ci presenta l'apostolo. Sul lago di Tiberiade, dopo la risurrezione, i discepoli non erano in grado di riconoscere Cristo. «Allora il discepolo che Gesù amava dice a Pietro: È il Signore!» (Gv 21,7).
La contemplazione spirituale è conoscenza di Dio, e teologia, e Giovanni significativamente porta un secondo nome che gli è proprio: il Teologo.
Giovanni «nostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù» (Ap 1, 9), nell'isola di Patmos, contemplando i misteri divini, ha visto con i suoi occhi i disegni di Dio sul mondo e sulla Chiesa. Il suo simbolo è l'aquila che tutto vede. Gli era dato di conoscere e vedere non soltanto la luce, ma anche le tenebre. E lui che «chinandosi sul petto di Gesù gli disse: "Signore, chi è?"». «Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glieIo darò"» (Gv 13,25-26). L'apostolo non ha visto semplicemente il male o le tenebre, ma ha visto quelle tenebre che esternamente non potevano essere distin-te dalla luce, da una luce che si trovava in qualche modo mescolata alle tenebre. Nell'ultima cena Giuda si trovava in mezzo agli altri e, anche dopo che era uscito per continuare il tradimento, gli altri apostoli non sospettavano nulla e pensavano che fosse andato ad acquistare qualcosa per la festa o a distribuire l'elemosina ai poveri. Nell'ultimo capitolo del vangelo ritornano le parole: «Signore, chi è colui che ti tradirà?» proprio per caraterizzare spiritualmente l'apostolo. «Pietro vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandano: "Signore, chi è colui che ti tradirà?" (cf. Gv 1. 20)». Nei versetti seguenti troviamo il dialogo del cuore con Pietro riguardo alla sorte di Giovanni: Se voglio che rimanga finché io venga...». Negli ultimi tempi sarà impossibile distinguere le tenebre dalla luce se non «chinati sul petto di Gesù», in un gesto di amore vigilante. Di quale altro apostolo è detto che è l'apostolo dell'amore? La Parola di Dio e i Padri non ci insegnano forse che solo l'amore genera riconoscenza, la contemplazione spirituale, il coraggio della testimonianza? Solo «l'amore è più forte della morte» (Ct 8,6).
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