domenica 2 dicembre 2012

martiri della messa

1 DICEMBRE
SANT’ EDMONDO CAMPION
e Comp. martiri



I martiri inglesi della Messa

di Paolo Risso - Nel febbraio del 1601, a Tyburn, presso Londra, due uomini venivano impiccati. Erano un certo Filcock e un tale conosciuto come Barkworth. L’accusa era di tradimento perché sacerdoti. I due, infatti, erano preti cattolici e venivano condannati alla forca quali vittime dell’odio anglicano contro la fede cattolica. Poco prima di morire, padre Filcock ebbe ancora la forza di dire con gioia: «Questo è il giorno fatto dal Signore».
Padre Filcock e padre Barkworth erano solo due delle decine di martiri cattolici che sacrificavano l’esistenza da quando Enrico VIII nel 1534 si era staccato dalla Chiesa di Roma e si era autoproclamato capo dell’anglicanesimo: da quell’anno, fino al 1681, i martiri inglesi sono stati più di trecento: cinquanta uccisi sotto Enrico VIII, 189 sotto Elisabetta I e gli altri sotto i loro successori.
I primi furono un gruppo di Certosini che il 4 maggio e il 19 giugno 1535 immolarono la loro vita sulle forche del Tyburn per non aver voluto separarsi dalla Chiesa Cattolica. Vittime illustri di Enrico VIII furono il Cardinal Giovanni Fischer e Tommaso Moro, il Gran Cancelliere del regno, che pagarono con il supremo sacrificio di sé il loro rifiuto alla “supremazia” imposta dal re.
L’opera di Cranmer
Dal 1533, era diventato primo Arcivescovo anglicano di Canterbury, Thomas Cranmer (1489-1556), il quale odiava la Messa come un nemico vivente e negava la dottrina della transustanziazione, della presenza reale di Gesù e l’offerta sacrificale del Salvatore fatta dal sacerdote per la salvezza del mondo.
Sotto il regno del giovanissimo re Edoardo VI, Cranmer si mosse in modo subdolo e determinato verso l’eliminazione totale del Santo Sacrificio della Messa, pubblicando nel 1549 il primo Book of common prayer, un testo ambiguo indirizzato a trasformare la Messa nella cena protestante, fatto che sarà evidentissimo con il secondo Book of common prayer nel 1552. La “nuova liturgia”, vera negazione della Santa Messa cattolica, avrebbe dovuto sradicare il cattolicesimo inglese che affondava le sue salde radici nei primi secoli dell’era cristiana.
Purtroppo la tristissima operazione era destinata in gran parte al successo. Con l’ascesa al trono di Elisabetta I, nel 1559, con l’Atto di Uniformità, fu proibita la Messa cattolica (detta “la Messa papista!”), e furono imposte agli Inglesi le eresie luterane e calviniste e venne proclamato che il Cattolicesimo era stato solo un coacervo di superstizioni e di invenzioni idolatriche.
Con implacabile odio anticattolico, Elisabetta rese obbligatorio sotto gravissime pene, la partecipazione al nuovo culto anglicano stabilito da Cranmer. Ciò significava la più grande disgrazia per i Cattolici: non poter più partecipare al Sacrificio del Signore e alimentarsi di Lui, vittima immolata al Padre per la salvezza del mondo. I Vescovi “recusanti”, ancora fedeli a Roma, furono sostituiti con altri più docili alla regina, mentre sempre più numerosi sacerdoti e fedeli finirono in carcere, presto destinati al patibolo. Iniziava così l’era dei martiri d’Inghilterra e il sangue dei cattolici prese a bagnare il suolo britannico.
Nel 1568, il futuro Cardinale Guglielmo Allen (1532-1594) aveva fondato a Douai, poi Reims, in Francia, un Seminario per la formazione di giovani sacerdoti da inviare nella loro patria, l’Inghilterra, a convertire gli Anglicani. Allo stesso modo, nel 1578, il Collegio Inglese di Roma, auspice sempre l’Allen, fu trasformato in Seminario per il medesimo fine.
Seminarium Martyrum
I sacerdoti formati in questi Seminari, nelle Congregazioni e negli Ordini religiosi, in primo luogo nella giovane Compagnia di Gesù, fondata da Sant’Ignazio di Loyola, imbarcandosi per l’Inghilterra, già sapevano che cosa li aspettava, a volte allo stesso loro approdo e dopo pochi mesi di apostolato clandestino: il martirio nel modo più atroce. Il Collegio Inglese di Roma si meritò presto il titolo glorioso di Seminarium Martyrum, Seminario dei martiri. La strada che portava da Roma a Reims e alla terra inglese, diventò “la strada del martirio”. Elisabetta I odiava soprattutto questi Seminary priests, rotti a tutte le fatiche, pronti a immolare le loro giovinezza per assicurare ai Cattolici inglesi il tesoro più sublime che è il Santo Sacrificio della Messa.
Primo martire fra loro, fu padre Cutberto Mayne, scoperto nel 1577 e impiccato il 30 novembre dello stesso anno. Impossibile scrivere tutti i nomi santi di costoro: viaggiavano in tutte le parti del Regno, predicando, confessando, celebrando la Messa nelle case dei cattolici dove si davano appuntamento gruppi di fedeli altrettanto eroici.
Quando la Messa veniva celebrata, i fedeli trovavano la forza di affrontare qualsiasi difficoltà, anche le torture più atroci, se erano scoperti insieme ai loro sacerdoti.
Intanto, Elisabetta I mobilitava spie e sgherri a caccia dei “papisti”, colpevoli di un solo grande delitto: di essere sacerdoti e di offrire il Santo Sacrificio della Messa; oppure, se laici, di rimanere cattolici e di partecipare al medesimo Sacrificio.
Tra questi martiri, risplende di singolare grandezza il giovane gesuita Edmond Campion, che poté rac-cogliere qualche frutto della sua opera e inviare una lettera alla regina, documento conosciuto come “la provocazione di Campion”, in cui smentiva la calunnia rivolta ai preti cattolici di essere traditori dello Stato e affermava la loro missione sacerdotale: «Sappiate che tutti noi Gesuiti abbiamo stretta un’alleanza per portare con gioia quella croce che voi ci imporrete e per non disperare mai della vostra conversione, finché ci sarà solo uno di noi per godere le gioie del vostro Tyburn o per sopportare i tormenti delle vostre torture nelle vostre prigioni». P. Campion salirà al patibolo il 1° dicembre 1581.
In “odium Missae”
Anche i fedeli laici che aiutavano i sacerdoti erano destinati alla morte, come, per citare un solo nome, capitò a Magherita Cliterow, che pagò con la morte più atroce la sua ospitalità ai ministri di Dio. Gli editti di persecuzione si moltiplicarono. Nel 1585, la regina stabilì che qualsiasi uomo nato in Inghilter-ra era reo di alto tradimento, se dopo aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale in un altro Paese, rimet-teva piede sul suolo inglese. La pena era di essere impiccato, poi estorto e squartato ancora vivo.
Questo per privare sempre più i Cattolici della Santa Messa. I primi a soffrire per la nuova legge furono il padre Hug Taylor e il laico Marmaduke Bowes, uccisi il 27 novembre 1585 a York. La persecuzione di Elisabetta contro i cattolici proseguì fino alla sua morte, avvenuta nel 1603.
L’era dei martiri però non finì. Sotto re Giacomo I (1604-1618), morirono in venticinque. Ventiquattro sotto Carlo I (1628-1646). Venticinque sotto Carlo II (1678-1681), in base alla legge del 1585. Il più illustre in questo periodo è il padre Giovanni Ogilvie, gesuita scozzese, impiccato a Glasgow nel 1615 a 35 anni.
Proclamata la repubblica (1646), Olivier Cromwell che odiava la Messa e il sacerdozio cattolico, pose una taglia sulla testa di ogni sacerdote uguale a quella per acchiappare un lupo: dall’Irlanda cattolica che non aveva mai accettato lo scisma e l’eresia di Enrico VIII, molti preti furono deportati come schiavi nelle isole Barbados e molte proprietà dei Cattolici furono confiscate.
Anche in Irlanda, la persecuzione mirava ad estirpare la fede cattolica, estinguendo in essa la presenza del Signore Gesù nell’Eucaristia. L’ultima vittima fu l’Arcivescovo Primate d’Irlanda, Mons. Olivier Plumkett, giustiziato a Londra l’11 luglio 1681. La maggior parte di questi martiri, sacrificati non solo in odium fidei, ma anche in odium Missæ, sono stati elevati alla gloria degli altari dai Pontefici, da Leone XIII a Giovanni Paolo II.
Alla loro epopea, Robert Benson (1871-1914), convertito dall’anglicanesimo e diventato sacerdote cattolico, anche per il sostegno di Papa San Pio X, a cui dedicò la sua stupenda opera Con quale autorità!, in cui scrive commosso:
«Era la Santa Messa che il governo inglese considerava un delitto ed era per la Messa che creature di carne e ossa erano pronte a morire. Era per la Messa che il cattolico perseguitato possedeva una così profonda vita spirituale da superare ogni difficoltà, l’anima di questa vita era la Messa».
La Cattedrale di Glasgow. La città vide una certa fiorita del cattolicesimo, grazie all’azione dei Gesuiti. Fra tutti, Padre John Ogilvie, impiccato a 35 anni, nel 1615. Fu canonizzato da Paolo VI nel 1976.

Un secolo dopo, nel suo aureo libro La Messa strapazzata (1760), Sant’Alfonso Maria de Liguori avrebbe scritto che «abolire la Messa è l’opera dell’anticristo», mentre i martiri inglesi, forse i più eucaristici di tutta la Chiesa, con il loro sangue stanno a testimoniare per noi di oggi, che la Messa dev’essere la nostra vita. La Messa è il perenne Sacrificio di adorazione a Dio e di espiazione dei peccati, è il dono che ci ha lasciato Gesù nostro Redentore, affinché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza (cf Gv 10,10), e sappiamo giungere, se occorre, sino al martirio, per affrettare un’autentica primavera di santità nella Chiesa e nel mondo d’oggi. © 2005 rivista “Maria Ausiliatrice”


SECONDA LETTURA Dalle lettere di sant'Edmondo Campion, sacerdote e martire.
(Lett. scritta intorno al 19 luglio 1580 ai consiglieri della Regina d'Inghilterra; J. H. Pollen, Campion's Ten Reasons, London, Roehampton, 1914. pp. 10-11)
Prego Dio che nel cielo possiamo finalmente godere di una eterna amicizia
Voi, eccellentissimi consiglieri di Sua Maestà, nelle questioni di massima importanza, non ne dubito affatto, siete soliti agire in maniera nobile e saggia. Perciò quando esaminerete con animo retto, spogliandole da ogni falsa apparenza, queste controversie sulla fede, trattate per lo più dai nostri avversari non senza inganno e confusione conoscerete in modo più chiaro della luce del sole su quali solidi fondamenti poggi la nostra fede cattolica.
Conseguentemente con animo più equilibrato e benevolo darete ascolto a noi che siamo prontissimi a sacrificare la vita per la vostra salvezza. Ogni giorno, senza interruzione, molte mani innocenti si alzano al cielo per voi. Questa premura hanno per voi quelli inglesi che, padri di una posterità che mai avrà fine, stanno nelle province d'oltremare dedicandosi alla virtù e allo studio; essi hanno fermamente deciso di non desistere dal cercare la vostra salvezza, finché o guadagnino le vostre anime a Cristo o, trafitti dalle vostre lance, accettino generosamente la morte.
Per quanto poi riguarda la nostra Compagnia, voglio che sappiate che tutti noi, quanti siamo membri della Compagnia di Gesù, sparsi per ogni parte della terra, abbiamo stretto un santo patto: di sopportare coraggiosamente i tormenti che voi ci infliggerete e di non disperare mai
della vostra salvezza, finché resti vivo anche uno solo di noi, che, condannato nel vostro Tiburno, possa venir poi scarnificato dai vostri supplizi o fatto morire in seguito agli stenti della prigionia. Già da tempo abbiamo fatto questo patto, e sotto l'auspicio divino la battaglia è cominciata da un pezzo; nessuna violenza, nessun assalto degli avversari ci potrà abbattere. Così una volta fu seminata e trasmessa la fede; allo stesso modo deve essere ripristinata per raggiungere l'antica dignità.
Se questo mio scritto, a voi indirizzato, verrà respinto, e i miei benevoli sforzi non potranno ottenere alcun effetto, e se dovrò sperimentare la vostra ingratitudine per avere intrapreso per il vostro bene un viaggio di molte migliaia di miglia, una cosa sola mi resterà da fare: affidare voi e la mia causa a Dio che scruta l'animo degli uomini. Lo prego infatti di cuore che ci voglia concedere tanta grazia da ritornare tutti prima dell'estremo giorno in un'unica fede, e che nel cielo, dove ogni offesa è dimenticata, possiamo finalmente godere di un’eterna amicizia.

RESPONSORIO Fil 1,20-21
R/. Io so, secondo la mia ardente attesa e speranza che in nulla rimarrò confuso; ho anzi piena fiducia che, come sempre, anche ora * Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
V/. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.

ORAZIONE     Dio onnipotente ed eterno, hai suscitato tra le popolazioni d'Inghilterra e del Galles i santi martiri Edmondo Campion, Roberto Southwell e i loro compagni, e li hai resi conformi a Cristo, morto per la salvezza del mondo: per la loro intercessione concedi che il tuo popolo, rafforzato nella stessa fede e nello stesso amore, possa conseguire la gioia dell'unità. Per il nostro Signore.


Nessun commento:

Posta un commento