giovedì 20 dicembre 2012

anno della fede

Signore, ai tuoi figli sono care le sue pietre e li muove a pietà la sua rovina. Salmo 101 (102)


La crisi della fede e l' ottimismo conciliare come atto di volontà. 



Cattedrale di Colonia
INGINOCCHIATI SUI DETRITI LASCIATI DAL MODERNISMO LAICISTA .

Cinquant'anni fa si apriva il 21° concilio ecumenico della Chiesa, il più importante di tutta la sua storia per il numero dei partecipanti ed anche il più atipico, se non altro per la volontà di « apertura al mondo » che ostentava nella sua seduta inaugurale (11 ottobre 1962).

Un nuovo umanesimo

Una delle caratteristiche del Vaticano II risiede nell'ottimismo radicale e fontale con cui ormai la Chiesa intendeva portare il suo sguardo sull'umanità. Un mese prima dell'apertura, papa Giovanni XXIII aveva assegnato a questo « incontro mondiale » lo scopo di « rendere per tutti l'esistenza terrena più nobile, più giusta, più meritoria  » esaltando « le applicazioni più profonde della fraternità e dell'amore » (messaggio Ecclesia Christi lumen gentium, 11 settembre 1962). Più celebre è la fascinazione del papa nella sua allocuzione d'apertura Gaudet Mater Ecclesia, che segna il suo disaccordo di fronte  « ai profeti di sventura » per farsi lirico : « Il Concilio che inizia sorge nella Chiesa come un giorno fulgente di luce splendidissima. È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente! Tutto qui spira santità, suscita esultanza ». Il discorso di chiusura del Concilio, pronunciato da Paolo VI il 7 dicembre 1965, volle tradurre questo formidabile slancio di simpatia della Chiesa rinnovata nei confronti del mondo laico e profano : « ... e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo. » Ormai, « Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. »

Il fumo di Satana

Fu presto necessario disilludersi! L'annunciata primavera di una nuova Pentecoste non ebbe luogo. Meno di dieci anni dopo l'apertura del Vaticano II, papa Paolo VI partecipava il suo smarrimento. Il 29 giugno 1972, nella sua omelia per la festa dei santi Pietro e Paolo dichiarava : « Davanti alla situazione della Chiesa di oggi, abbiamo la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. Vediamo il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto.(…)  È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce.  Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. Predichiamo l’ecumenismo e ci distacchiamo sempre di più dagli altri. Cerchiamo di scavare abissi invece di colmarli. Come è potuto accadere questo? È intervenuto un potere avverso il cui nome è il diavolo… ». Tuttavia, Paolo VI non voleva vedere in questa drammatica situazione la conseguenza delle riforme e delle novità distruttrici  della vita cattolica introdotte dal Vaticano II, ma al contrario : « Noi crediamo all'azione di Satana che oggi si esercita nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio ecumenico, e per impedire che la Chiesa prorompesse nell’inno della gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sé. » Si continuò dunque ad applicare il Concilio, malgrado la crisi senza precedenti che scuoteva tutti i lembi della Chiesa : caduta delle vocazioni, rivoluzione liturgica, crisi degli ordini religiosi…

Il Sinodo del 1985

Vent'anni dopo la chiusura del concilio Giovanni Paolo II riunì un Sinodo per valutarne tutte le conseguenze. E questa fu la conferma di tutte le riforme, di tutte le nuove dottrine alle quali il papa volle dare la loro autentica dimensione. Si trattava di farle penetrare in tutto il popolo cristiano, da cui l'iniziativa di un nuovo Catechismo. Occorreva inoltre imprimere loro un nuovo dinamismo, da cui l'incontro interreligioso di Assisi, fatto inaudito che doveva essere « visto e interpretato da tutti i figli della Chiesa alla luce del concilio Vaticano II e dei suoi insegnamenti» (udienza generale del 22 ottobre 1986). Chi vuol comprendere la vera portata del Vaticano II e della trasformazione che esso ha operato nella religione cattolica deve, secondo il papa, riferirsi a questa riunione, la prima di molte altre: « L’evento di Assisi può così essere considerato come un’illustrazione visibile, una lezione dei fatti, una catechesi a tutti intelligibile, di ciò che presuppone e significa l’impegno ecumenico e l’impegno per il dialogo interreligioso raccomandato e promosso dal concilio Vaticano II ». (Giovanni Paolo II ai cardinali, 22 dicembre 1986).

L'apostasia silenziosa

Ahimè! Malgrado « la nuova evangelizzazione » evocata fin dall'inizio del suo pontificato, malgrado le molteplici Giornate Mondiali della Gioventù e il Giubileo dell'anno 2000, Giovanni Paolo II alla fine della sua vita doveva riconoscere l’esistenza d'una reale « apostasia silenziosa » all'opera in mezzo ai cattolici, soprattutto in Occidente. Non soltanto il mondo non aveva risposto alla corrente « d’affetto e d'ammirazione » traboccante dal Concilio, ma le conseguenze dell'apertura al mondo si rivelavano sempre più amare e sconcertanti. Poco prima che si spegnesse Giovanni Paolo II, colui che doveva succedergli descriveva la Chiesa come « una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti », e di cui Satana gioisce di veder prossima la caduta (cardinal Joseph Ratzinger, Via Crucis del Venerdì Santo 2005, 9a stazione). La nuova Pentecoste somiglierebbe ad un naufragio ?

Oggi

Ennesimo rilancio, il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Vaticano II vuol ricollocare i suoi insegnamenti e le sue riforme nel cuore della vita della Chiesa, in occasione dell'Anno della Fede. Quest'ultima è presentata come una necessità urgente : « Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità (…), tutte le altre riforme rimarranno inefficaci», dichiara Papa Benedetto XVI (discorso ai cardinali, 22 dicembre 2011). Curiosamente, ciò significa che la fede deve « essere ripensata e vissuta in maniera nuova », – fede nuova della quale papa Giovanni XXIII voleva fosse quella del concilio che convocava cinquant'anni fa !  In effetti, egli « prospettava un balzo in avanti verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze », così come « la nuova evangelizzazione è iniziata proprio con il Concilio, che il Beato Giovanni XXIII vedeva come una nuova Pentecoste che avrebbe fatto fiorire la Chiesa nella sua interiore ricchezza e nel suo estendersi maternamente verso tutti i campi dell'umana attività » (discorso del 20 settembre 2012). Ritorno al punto di partenza…

Cinquant'anni dopo, « l'oggi della Chiesa » sembra essersi inesorabilmente fossilizzato sul concilio Vaticano II, orizzonte ineludibile, unica bussola d'una Chiesa in piena crisi, incapace di uscire da una nuova Pentecoste che nei fatti si rivela essere un disastroso crollo.  Dai « fumi di Satana » all’« apostasia silenziosa », nulla sembra doverne turbare l'ottimismo ostentato, sempre in voga. E se, in occasione di questo anniversario, ci si ricordasse della richiesta di un vescovo missionario, che non smise di reclamare che lo si lasciasse « fare l'esperienza della Tradizione » ? Non una ulteriore avventurosa esperienza, ma un'esperienza collaudata, perché è stata provata da 2000 anni.
C. Thouvenot

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