LA BELLEZZA DEL ROSARIO
San Pio da Pietrelcina una volta disse: “La devozione alla Madonna vale più di tutta la filosofia e la teologia”.
Un’affermazione di questo tipo potrebbe risultare strana. San Pio non dice che ad essere superiore a tutta la filosofia e la teologia sia l’amore a Gesù, ma che già lo sia la semplice devozione alla Madonna. Una simile affermazione si può capire per Dio Padre, per Gesù (il Dio fattosi uomo)... ma per una creatura umana…
Eppure la frase del Santo Cappuccino è incontestabilmente vera. Vediamo in che senso. Ci sono almeno due motivi per capirla appieno.
Maria è la via privilegiata per giungere a Dio
1) La Vergine Maria ci ha donato la possibilità della salvezza dicendo di sì all’Angelo. Ragioniamo. Le argomentazioni filosofiche e quelle teologiche sono fini a se stesse? Evidentemente no. Esse servono alla realizzazione dell’uomo, ma quale realizzazione può essere più importante della conquista del Paradiso? Dunque, la Vergine, donandoci il Redentore, ci ha anche donato la possibilità della salvezza (possibilità, non certezza, perchè dipende dalla nostra libertà).
2) La Vergine Maria è il “segno” per eccellenza della tenerezza di Dio. La filosofia e la teologia rimangono sul piano dello studio e del metodo logico-discorsivo e, per quanto debbano essere sempre alimentate dalla preghiera e dalla santità (la sapienza scaturisce dalla temperanza e dalla vita di Grazia), costituiscono solo un ausilio all’esercizio della carità, ovvero all’amore a Dio.
La Vergine, invece, pur essendo un mezzo, è il segno per eccellenza dell’amore di Dio, è la creaturale immagine visibile di questo Amore (diciamo “creaturale” per distinguerla dal Verbo incarnato che è segno ontologicamente divino dell’Amore di Dio).
Contemplando le meraviglie della Vergine non occorre studiare: c’è tutto. C’è l’amore a Dio: chi più di Lei ha amato Gesù? C’è l’obbedienza a Dio: chi più di Lei si è fatta “ancella” di Dio? C’è l’amore alla Chiesa: chi più di Lei ha dato la propria carne e il proprio sangue alla Chiesa, essendo già Gesù (il Capo) tutta la Chiesa? C’è l’obbedienza all’autorità della Chiesa: chi più di Lei, pur essendo Regina della Chiesa e degli Apostoli, si è sottomessa agli apostoli e in particolare a Giovanni, capo della comunità di Efeso, facendosi custodire da lui?
Mettersi dinanzi alla Madonna, amarla e contemplarla, è la cosa più efficace per amare Dio, più efficace di tutti libri di teologia.
Il rosario è la preghiera più efficace per invocare Maria
Ciò ci fa capire quanto il Rosario sia la preghiera più efficace, perché pone Maria come modello del vivere cristiano e perché chiede a Maria di essere l’aiuto privilegiato a questo vivere cristiano. I misteri del Rosario sono la contemplazione degli accadimenti della Redenzione, per viverli con il cuore dell’Immacolata e per amarli con l’amore dell’Immacolata.
C’è chi ha detto giustamente che la nascita del Protestantesimo ha segnato una sorta di “scritturazione” della Bibbia, nel senso che la Riforma, ponendo le Sacre Scritture come unica fonte della Rivelazione, ha cercato d’imporre un approccio ad esse puramente legato alla lettura e alla comprensione letterale.
Il Cattolicesimo, invece, ha sempre proposto un altro approccio per la conoscenza della “Storia della Salvezza”: quello dell’immagine, ovvero quello dello sguardo. Questo accadeva nel Medioevo (per esempio i portali delle cattedrali con i quali tutti apprendevano i grandi avvenimenti della Bibbia); continuò ad accadere con la cosiddetta Controriforma e con la straordinaria arte sacra che ne conseguì.
Il motivo di ciò è senz’altro nel fatto che il Cattolicesimo in questo modo voleva conservare una priorità del Magistero sulla Scrittura. Ma noi siamo convinti che questa priorità della contemplazione sulla comprensione e dell’immagine sulla scrittura... è perchè il Cattolicesimo è contemplare Maria, è attendere di essere da Lei ammaestrati ad amare l’unico fine della vita, che è Dio.
Il Cattolicesimo non è un leggere, ma un guardare; non è un imparare dai libri, ma da una Madre... reclinando il proprio capo sul suo seno, come un bimbo che trova solo in questo modo la sua pace e il suo riposo.
Se, dunque, il Cattolicesimo è prevalentemente un “guardare” Maria, si capisce anche perché il Rosario sia la preghiera più efficace; proprio perché pone Maria come modello del vivere cristiano e perché chiede a Maria di essere l’aiuto privilegiato a questo vivere cristiano. I misteri del Rosario sono la contemplazione degli accadimenti della Redenzione, per viverli con il cuore dell’Immacolata e per amarli con l’amore dell’Immacolata.
I danni del non pregare
Lourdes e Fatima (tanto per citare due apparizioni famose) parlano chiaro. La Vergine, dinanzi al reale pericolo di perdizione delle anime come effetto di un mondo che andava sempre più allontanandosi dalla Legge di Dio, chiese di recitare e diffondere il Rosario. Ella stessa apparve con la Corona fra le mani.
Eppure – diciamolo francamente – negli ultimi decenni, per un’orgogliosa mentalità atta a valorizzare un atteggiamento puramente intellettualistico e “adulto” della fede, questa pia pratica è stata abbandonata da molti, anche da molti sacerdoti e religiosi.
Il disfacimento delle famiglie è sotto gli occhi di tutti. La causa sta soprattutto nel fatto che nelle famiglie non si prega più. La preghiera è il gesto umanamente più vero: l’uomo non diventa grande quando allarga le sue spalle, quando rivendica i suoi diritti, ma quando s’inginocchia, perché solo così esprime sinceramente la sua reale dimensione esistenziale, che è quella (è inutile illudersi) della continua invocazione.
C’è una storiella fantastica che racconta di un uomo con un viso mostruoso, inguardabile; ma egli non lo sa, perché non si è mai specchiato nella sua vita. Ad un certo punto passa un altro uomo che ha un piccolo difetto fisico (il naso un po’ più lungo); ebbene, il primo (quello con il viso mostruoso) inizia a deriderlo, non sospettando che egli è davvero inguardabile.
Morale della favola: perché il protagonista è arrivato a tanto? Perché nella sua vita non si è mai specchiato. Lo specchio è Dio. L’uomo che vive con Dio, infatti, si riconoscerà sempre peccatore e, riconoscendosi tale, non potrà permettersi di non perdonare l’altro.
Viceversa, colui che vive senza Dio finirà con il tollerare tutti i propri difetti e manifestare, invece, massima intolleranza verso i difetti altrui. È ciò che dice il Pater: “Rimetti a noi i nostri debiti, perché noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Non meravigliamoci, quindi, che, tolta la preghiera, la famiglia possa diventare “luogo” di continue incomprensioni, di intolleranza e di insopportazione.
Pregare sempre e comunque
Una delle critiche che sono rivolte al Rosario è quella di dire: a che serve biascicare tante Ave, per giunta spesso frastornati da rumori, da distrazioni e quant’altro? È evidente che il Rosario vada recitato nel miglior modo possibile. Si sa, per esempio, che la recita dinanzi al SS.mo Sacramento (ma anche in famiglia) permette di lucrare l’indulgenza plenaria. Ma – attenzione – ciò non vuol dire che se non si hanno queste possibilità, il Rosario vada abbandonato. Chi si lascia prendere da questa preoccupazione, si lascia irretire da uno scrupolo dietro al quale può celarsi una vera e propria tentazione demoniaca… e sappiamo quanto il demonio odi questa preghiera.
La bellezza del Rosario sta anche nella sua semplicità e facilità; nel fatto, cioè, che può adattarsi a tutte le situazioni. Si racconta di un soldato in trincea che scriveva una lettera alla mamma tra il fragore della battaglia. Un commilitone gli chiese: “Ma come fai a scrivere con questo fracasso? Chissà quanti strafalcioni ti scappano!”. “Non fa niente – rispose il soldato – gli strafalcioni se li corregge la mamma. L’importante è che io le scriva”.
A san Pio da Pietrelcina una volta fu chiesto come recitare il Rosario. Il Santo rispose: “L’attenzione deve essere portata all’Ave, al saluto che rivolgi alla Vergine nel mistero che contempli. In tutti i misteri essa era presente, a tutti partecipò con l’amore e con il dolore”.
Attenzione dunque a certi scrupoli. Che nascondono anche un errore tipico di molto cattolicesimo contemporaneo, il quale, nel tentativo di combattere “ingenui devozionalismi”, pone l’esperienza di fede in una prospettiva di tipo intellettuale, dimenticando che essa è sì “intelligenza nella fede” ma tutta orientata e finalizzata all’affidamento e all’amore.
Si è parlato molto di “cattolicesimo adulto”, ma non è vero piuttosto che Gesù lodi proprio i piccoli indicando la loro posizione esistenziale (lo stupore, la meraviglia e l’abbandono) come criterio determinante per ogni cristiano?
I Santi approfittavano di ogni momento per recitare il Rosario… san Pio ebbe il privilegio di recitarne tantissimi al giorno… non sono diventati né degli alienati, né dei disaddatati… anzi chi più di loro ha capito davvero la vita, i fratelli e ha raggiunto una vera sapienza? Non ci sembra che tanti teologi, che per lo studio hanno abbandonato la preghiera e disprezzato l’“ingenuità” del Rosario, abbiano raggiunto gli stessi livelli di sapienza.
Un’affermazione di questo tipo potrebbe risultare strana. San Pio non dice che ad essere superiore a tutta la filosofia e la teologia sia l’amore a Gesù, ma che già lo sia la semplice devozione alla Madonna. Una simile affermazione si può capire per Dio Padre, per Gesù (il Dio fattosi uomo)... ma per una creatura umana…
Eppure la frase del Santo Cappuccino è incontestabilmente vera. Vediamo in che senso. Ci sono almeno due motivi per capirla appieno.
Maria è la via privilegiata per giungere a Dio
1) La Vergine Maria ci ha donato la possibilità della salvezza dicendo di sì all’Angelo. Ragioniamo. Le argomentazioni filosofiche e quelle teologiche sono fini a se stesse? Evidentemente no. Esse servono alla realizzazione dell’uomo, ma quale realizzazione può essere più importante della conquista del Paradiso? Dunque, la Vergine, donandoci il Redentore, ci ha anche donato la possibilità della salvezza (possibilità, non certezza, perchè dipende dalla nostra libertà).
2) La Vergine Maria è il “segno” per eccellenza della tenerezza di Dio. La filosofia e la teologia rimangono sul piano dello studio e del metodo logico-discorsivo e, per quanto debbano essere sempre alimentate dalla preghiera e dalla santità (la sapienza scaturisce dalla temperanza e dalla vita di Grazia), costituiscono solo un ausilio all’esercizio della carità, ovvero all’amore a Dio.
La Vergine, invece, pur essendo un mezzo, è il segno per eccellenza dell’amore di Dio, è la creaturale immagine visibile di questo Amore (diciamo “creaturale” per distinguerla dal Verbo incarnato che è segno ontologicamente divino dell’Amore di Dio).
Contemplando le meraviglie della Vergine non occorre studiare: c’è tutto. C’è l’amore a Dio: chi più di Lei ha amato Gesù? C’è l’obbedienza a Dio: chi più di Lei si è fatta “ancella” di Dio? C’è l’amore alla Chiesa: chi più di Lei ha dato la propria carne e il proprio sangue alla Chiesa, essendo già Gesù (il Capo) tutta la Chiesa? C’è l’obbedienza all’autorità della Chiesa: chi più di Lei, pur essendo Regina della Chiesa e degli Apostoli, si è sottomessa agli apostoli e in particolare a Giovanni, capo della comunità di Efeso, facendosi custodire da lui?
Mettersi dinanzi alla Madonna, amarla e contemplarla, è la cosa più efficace per amare Dio, più efficace di tutti libri di teologia.
Il rosario è la preghiera più efficace per invocare Maria
Ciò ci fa capire quanto il Rosario sia la preghiera più efficace, perché pone Maria come modello del vivere cristiano e perché chiede a Maria di essere l’aiuto privilegiato a questo vivere cristiano. I misteri del Rosario sono la contemplazione degli accadimenti della Redenzione, per viverli con il cuore dell’Immacolata e per amarli con l’amore dell’Immacolata.
C’è chi ha detto giustamente che la nascita del Protestantesimo ha segnato una sorta di “scritturazione” della Bibbia, nel senso che la Riforma, ponendo le Sacre Scritture come unica fonte della Rivelazione, ha cercato d’imporre un approccio ad esse puramente legato alla lettura e alla comprensione letterale.
Il Cattolicesimo, invece, ha sempre proposto un altro approccio per la conoscenza della “Storia della Salvezza”: quello dell’immagine, ovvero quello dello sguardo. Questo accadeva nel Medioevo (per esempio i portali delle cattedrali con i quali tutti apprendevano i grandi avvenimenti della Bibbia); continuò ad accadere con la cosiddetta Controriforma e con la straordinaria arte sacra che ne conseguì.
Il motivo di ciò è senz’altro nel fatto che il Cattolicesimo in questo modo voleva conservare una priorità del Magistero sulla Scrittura. Ma noi siamo convinti che questa priorità della contemplazione sulla comprensione e dell’immagine sulla scrittura... è perchè il Cattolicesimo è contemplare Maria, è attendere di essere da Lei ammaestrati ad amare l’unico fine della vita, che è Dio.
Il Cattolicesimo non è un leggere, ma un guardare; non è un imparare dai libri, ma da una Madre... reclinando il proprio capo sul suo seno, come un bimbo che trova solo in questo modo la sua pace e il suo riposo.
Se, dunque, il Cattolicesimo è prevalentemente un “guardare” Maria, si capisce anche perché il Rosario sia la preghiera più efficace; proprio perché pone Maria come modello del vivere cristiano e perché chiede a Maria di essere l’aiuto privilegiato a questo vivere cristiano. I misteri del Rosario sono la contemplazione degli accadimenti della Redenzione, per viverli con il cuore dell’Immacolata e per amarli con l’amore dell’Immacolata.
I danni del non pregare
Lourdes e Fatima (tanto per citare due apparizioni famose) parlano chiaro. La Vergine, dinanzi al reale pericolo di perdizione delle anime come effetto di un mondo che andava sempre più allontanandosi dalla Legge di Dio, chiese di recitare e diffondere il Rosario. Ella stessa apparve con la Corona fra le mani.
Eppure – diciamolo francamente – negli ultimi decenni, per un’orgogliosa mentalità atta a valorizzare un atteggiamento puramente intellettualistico e “adulto” della fede, questa pia pratica è stata abbandonata da molti, anche da molti sacerdoti e religiosi.
Il disfacimento delle famiglie è sotto gli occhi di tutti. La causa sta soprattutto nel fatto che nelle famiglie non si prega più. La preghiera è il gesto umanamente più vero: l’uomo non diventa grande quando allarga le sue spalle, quando rivendica i suoi diritti, ma quando s’inginocchia, perché solo così esprime sinceramente la sua reale dimensione esistenziale, che è quella (è inutile illudersi) della continua invocazione.
C’è una storiella fantastica che racconta di un uomo con un viso mostruoso, inguardabile; ma egli non lo sa, perché non si è mai specchiato nella sua vita. Ad un certo punto passa un altro uomo che ha un piccolo difetto fisico (il naso un po’ più lungo); ebbene, il primo (quello con il viso mostruoso) inizia a deriderlo, non sospettando che egli è davvero inguardabile.
Morale della favola: perché il protagonista è arrivato a tanto? Perché nella sua vita non si è mai specchiato. Lo specchio è Dio. L’uomo che vive con Dio, infatti, si riconoscerà sempre peccatore e, riconoscendosi tale, non potrà permettersi di non perdonare l’altro.
Viceversa, colui che vive senza Dio finirà con il tollerare tutti i propri difetti e manifestare, invece, massima intolleranza verso i difetti altrui. È ciò che dice il Pater: “Rimetti a noi i nostri debiti, perché noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Non meravigliamoci, quindi, che, tolta la preghiera, la famiglia possa diventare “luogo” di continue incomprensioni, di intolleranza e di insopportazione.
Pregare sempre e comunque
Una delle critiche che sono rivolte al Rosario è quella di dire: a che serve biascicare tante Ave, per giunta spesso frastornati da rumori, da distrazioni e quant’altro? È evidente che il Rosario vada recitato nel miglior modo possibile. Si sa, per esempio, che la recita dinanzi al SS.mo Sacramento (ma anche in famiglia) permette di lucrare l’indulgenza plenaria. Ma – attenzione – ciò non vuol dire che se non si hanno queste possibilità, il Rosario vada abbandonato. Chi si lascia prendere da questa preoccupazione, si lascia irretire da uno scrupolo dietro al quale può celarsi una vera e propria tentazione demoniaca… e sappiamo quanto il demonio odi questa preghiera.
La bellezza del Rosario sta anche nella sua semplicità e facilità; nel fatto, cioè, che può adattarsi a tutte le situazioni. Si racconta di un soldato in trincea che scriveva una lettera alla mamma tra il fragore della battaglia. Un commilitone gli chiese: “Ma come fai a scrivere con questo fracasso? Chissà quanti strafalcioni ti scappano!”. “Non fa niente – rispose il soldato – gli strafalcioni se li corregge la mamma. L’importante è che io le scriva”.
A san Pio da Pietrelcina una volta fu chiesto come recitare il Rosario. Il Santo rispose: “L’attenzione deve essere portata all’Ave, al saluto che rivolgi alla Vergine nel mistero che contempli. In tutti i misteri essa era presente, a tutti partecipò con l’amore e con il dolore”.
Attenzione dunque a certi scrupoli. Che nascondono anche un errore tipico di molto cattolicesimo contemporaneo, il quale, nel tentativo di combattere “ingenui devozionalismi”, pone l’esperienza di fede in una prospettiva di tipo intellettuale, dimenticando che essa è sì “intelligenza nella fede” ma tutta orientata e finalizzata all’affidamento e all’amore.
Si è parlato molto di “cattolicesimo adulto”, ma non è vero piuttosto che Gesù lodi proprio i piccoli indicando la loro posizione esistenziale (lo stupore, la meraviglia e l’abbandono) come criterio determinante per ogni cristiano?
I Santi approfittavano di ogni momento per recitare il Rosario… san Pio ebbe il privilegio di recitarne tantissimi al giorno… non sono diventati né degli alienati, né dei disaddatati… anzi chi più di loro ha capito davvero la vita, i fratelli e ha raggiunto una vera sapienza? Non ci sembra che tanti teologi, che per lo studio hanno abbandonato la preghiera e disprezzato l’“ingenuità” del Rosario, abbiano raggiunto gli stessi livelli di sapienza.
( su Radici Cristiane n. 38)
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