Il Sillabo e l'Immacolata Concezione
di Francesco Agnoli
Con un lungo articolo sabato 25 agosto Giuliano Ferrara lanciava l’idea provocatoria di un “nuovo Sillabo”, cioè di un elenco delle “più inquietanti scemenze contemporanee”. Nello stesso articolo citava una nuova edizione del Sillabo, che non possiedo. Spinto dalla curiosità, con calma, sono andato a ripescare la mia copia del Sillabo, edita da Cantagalli nel 1998, con prefazione di Gianni Vanoni, esperto anche di storia delle società segrete, e, in appendice, la lettera di Juan Donoso Cortès, forse il più acuto intellettuale cattolico dell’Ottocento, al cardinal Fornari (1852). In quella bella e acuta edizione sono colti davvero, a mio parere, alcuni concetti essenziali per capire quel documento papale, spesso male interpretato e vilipeso. Si ricorda anzitutto che “un errore non vale l’altro”: proponendo una raccolta di errori già condannati, Pio IX rimandava, appunto, a condanne precedenti, non tutte della medesima natura. Così nel Sillabo “alcuni sono condannati con autorità dogmatica, cioè infallibilmente, altri con autorità solo umana, e quindi fallibile”. Distinzione non inutile, dal momento che il mondo cattolico rischia spesso di dividersi in due: tra coloro che in fondo non credono alla missione divina della Chiesa (secondo costoro il papa e la gerarchia hanno quasi sempre torto), e coloro i quali assolutizzano ogni dichiarazione del singolo Sommo Pontefice - anche le sue preferenze calcistiche, se occorre-, facendo così, anch’essi, un pessimo servizio alla Chiesa. Vannoni ricorda poi la genesi difficile del documento, partendo dalla lettera del 1852 con cui il cardinal Fornari, su invito di Pio IX, chiamava varie personalità cattoliche a prendere parte alla stesura del documento. Tra i consultati, due laici di grande valore ed intelligenza, come il francese Louis Veuillot e il già citato Cortès. Il papa aveva concepito un nesso profondo tra la condanna, giuridicamente innocua, degli errori moderni (in religione, politica, antropologia) e la proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione. Più che indagare sulle singole condanne, sacrosante e profetiche, nei confronti del nazionalismo, del comunismo, della statolatria…, tutti mostri che avrebbero mostrato il loro volto più feroce nel Novecento, sarebbe dunque opportuno capire il perché di tale nesso. E’ presto detto: Pio IX aveva capito molto bene che l’inganno della cultura moderna stava e sta nel credere all’uomo buono per natura, cioè senza peccato originale, e quindi alla inutilità della grazia di Dio, riversata attraverso i sacramenti, per la vita personale, familiare, sociale, politica. Mettere insieme una condanna degli errori, cioè ricordare che l’uomo può e deve scegliere tra vero e falso, e quindi tra bene e male, era dunque perfettamente complementare al ricordo di una verità di fede: tutti gli uomini e le donne, ad eccezione di Maria, nascono con il peccato originale, cioè bisognosi di purificazione, di perdono, di grazia… Questo concetto era ben chiaro anche a Donoso Cortès, che nella lettera citata, affermava essere due gli errori all’origine di tutti gli altri: negare che Dio abbia cura dell’uomo e delle sue creature; affermare che l’uomo non ha macchia, e quindi non ha bisogno di Dio (ma tutto può, da solo, qui ed ora). Da qui, continuava lo spagnolo, nasce l’attuale “epoca dei sistemi utilitaristici, delle grandi espansioni commerciali, della febbre dell’industria, dell’insolenza dei ricchi e dell’impazienza dei poveri”. Da qui l’edonismo, il razionalismo, l’individualismo…e presto “catastrofi gigantesche”. E aggiungeva, veramente profetico (ché i profeti veri non sono acclamati in vita, ma si scoprono dopo morti), che un tale stato di cose avrebbe generato- come effettivamente, nel Novecento, genererà-, “espansione gigantesca dell’autorità dello Stato” ai danni della “libertà umana”, “rivoluzioni” e “tirannie”, perché il cattolicesimo, ormai scartato dalla cultura dominante, “è l’unica religione della terra che ha insegnato alle genti che nessun uomo ha diritto sull’uomo, perché ogni autorità viene da Dio” (e va quindi esercitata nel rispetto di precisi limiti). La risposta al Sillabo fu durissima, non solo fuori, ma anche dentro la Chiesa. Così come è dura oggi, quando qualcuno ricorda, che so, che la vita di un bimbo non è nostra, o che la famiglia è fatta da un uomo e una donna. Avete presente le persone che non sbagliano mai, quelle che hanno sempre ragione, che si ritengono senza peccato? Dite loro che esiste il bene e il male, che anche loro, come tutti, possono sbagliare, che non tutto ciò che si fa è necessariamente buono ed ingiudicabile…si infurieranno come delle bisce. Così la cultura moderna: fondata sull’ideologia del progresso e sulla divinizzazione dell’uomo, non tollera voci critiche, e prepara per esse la ghigliottina giacobina, il lager e il gulag, oppure, in tempi più quieti, la dannazione culturale in nome del politicamente corretto. Eppure la fede cristiana è tutta lì: nel peccato originale, che ha richiesto la Redenzione; nell’elezione di Maria e nel suo sì, nel sì di ogni uomo, a Dio che entra nella storia, per amore nostro.
tratto da Il Foglio del 20 settembre
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