Sposala e muori per lei. Uomini veri per donne senza paura
Un anno fa il travolgente successo di Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura. Adesso, tra pochi giorni (il 19 settembre per la precisione), giunge finalmente in libreria l’atteso secondo libro di Costanza Miriano: Sposala e muori per lei. Uomini veri per donne senza paura, edito da Sonzogno.
In Sposati e sii sottomessa, libro scritto splendidamente e di agile lettura, nato da colloqui di vita quotidiana con amiche, amici, parenti, confidenti, colleghe e colleghi di lavoro, semplici conoscenti, l’autrice ha dispensato sotto forma epistolare consigli “forti” in tema di vita familiare e/o di “avviamento al matrimonio”. E lo ha fatto alla sua maniera: senza traccia di toni sentenziosi e giudicanti ma con fine eleganza, semplicità, limpidezza e una massiccia dose di ironia.
Un impasto ben assemblato di ragione, esperienza, gioia, humor e ortodossia. C’è da aspettarsi che anche in questo secondo libro la leggerezza dello stile si accompagni a contenuti sostanziosi. Chi ha detto poi che certa afflitta gravità sia una virtù cristiana? Per G. K. Chesterton, che la Miriano conosce e cita, è vero esattamente il contrario: «La serietà non è una virtù. [...] La solennità discende dagli uomini naturalmente; il riso è uno slancio. È facile esser pesanti, difficile esser leggeri. Satana è caduto per la forza di gravità».
Costanza Miriano invita le future spose a riappropriarsi dello specifico del “genio femminile”: «La chiamata delle donne è a collaborare a dare la vita in tutti i modi possibili. Generare, sostenere, ascoltare, incoraggiare figli di carne e non». Solo attraverso questa via aurea il genio delle donne potrà fornire il proprio contributo originale alla creazione: capacità di tessere relazioni, attenzione alla persona concreta, spirito di accoglienza.
Più che l’esito di astratte teorie accademiche, la «sottomissione creativa» propugnata dalla Miriano è il frutto maturo di «un lavoro duro, quotidiano, oscuro, silenzioso e per lo più incompreso» ma in grado di trasformare le «scintille dell’innamoramento» in «un sole che brucia, stabile, forte come la morte». Lo spirito della sottomissione, modellato dai ritmi e dalle esigenze familiari, si apprende alla scuola del sacrificio quotidiano. La sua essenza profonda, come ha scritto Gustave Thibon, sta nel «precipitarsi totalmente, senza calcolo né ricorso, in ciò che si ama. È la trasmutazione dell’io in amore…».
Ma levigare gli angoli di un rapporto sovente così spigoloso come quello col proprio marito, il paziente lavorio di iniziazione ai rudimenti della civiltà di quei piccoli barbari che sono i propri figli, tutto questo richiede alla sposa l’apprendimento della virtù più muta ed esigente, virtù nascosta e silenziosa: la sottomissione. Sottomessa, cioè «messa sotto» a fungere da «base» e «fondamento» della famiglia. «Tu sarai le fondamenta. — scrive la Miriano rivolgendosi all’amica Monica, prossima al matrimonio — Tu sosterrai tutti, tuo marito e i figli, adattandoti, accettando, abbozzando, indirizzando dolcemente. È chi sta sotto che regge il mondo, non chi si mette sopra gli altri».
Ha scritto Romano Guardini che le forme della sessualità, maschile e femminile, sono legate da un rapporto di reciproca polarità. Nessun polo è derivabile dall’altro, ciascuno è caratterizzato in se stesso. D’altro canto nessuno dei due poli è pensabile in contrapposizione e al di fuori della relazione con l’altro, di modo che, come recitano i versi sublimi di Rilke, gli amanti possono vicendevolmente dirsi che «tutto quello che ci tocca, te e me, insieme ci prende come un arco che da due corde un suono solo rende».
Uomo e donna possiedono pari dignità morale, ma rimangono essenzialmente diversi. L’anima femminile e quella maschile sono segnate inevitabilmente dalla loro differente strutturazione fisica. Con buona pace dell’imperante ideologia di genere, uomo e donna sono “impasti” differenti.
Dire “polarità” non è dire “contraddizione”. Solo la polarità dà luogo a un legame vivente e organico, la contraddizione genera conflitti irriducibili e incessabili dualismi. Uno dei mali più gravi della nostra epoca, prosegue Guardini, sta nell’aver confuso i concetti di contraddizione e polarità.
Anche Costanza Miriano condivide questa profonda intuizione: occorre uscire dalla logica della competizione per abbracciare la logica della collaborazione. È necessario abbandonare il nefasto inganno della guerra tra i sessi e ciò è possibile solo a patto che uomini e donne sappiano riconquistare la loro essenza profonda. Ecco perché il “ritorno al virile” dello sposo è inscindibile dal “ritorno al muliebre” della sposa. In questo secondo libro, prolungamento naturale del primo, Costanza si rivolge quindi all’uomo e lo invita a riscoprirsi vir, dotato di virtus nel suo significato più profondo di coraggio e virtù morale, dominio di sé, capacità di sacrificarsi e morire per la sposa sul modello dell’amore di Cristo-sposo verso la Chiesa-sposa. È vitale che l’uomo si rigeneri attingendo a una paternità superiore, perché nessuno «può essere padre, generatore se non ha nessuno come padre», «nessuno genera, se non è generato». (Luigi Giussani)
Il marito, futuro padre, tradisce l’essenza della paternità quando abdica al suo ruolo principale: quello di essere colui che pone la regola e la fa rispettare, quando smette — come dice C. S. Lewis nel suo Il cristianesimo così com’è — di orientare la “politica estera” della famiglia. Il padre si devirilizza e si allontana dalla propria vocazione se cessa di incarnare il principio di autorità.
I libri di Costanza Miriano — un autentico segno di speranza per una generazione in crisi, disorganizzata e priva di punti fermi, sfibrata dai cascami delle ideologie che hanno funestato il nostro tempo — prima che opere letterarie sono una testimonianza. «Ad una teoria si può rispondere con un’altra teoria; ma chi può confutare una vita?» si chiedeva Evagrio Pontico, monaco del IV secolo. E il quotidiano martirio (che in greco, non a caso, sta proprio per «testimonianza») di una madre e sposa come pochi altri gesti è capace di insegnare con un sorriso la virtù del coraggio e l’arte di non infrangersi sotto i colpi del destino che spezza o dell’inerzia che lentamente consuma.
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