La battaglia di Vienna e il Santo Nome di Maria: una prosa gregoriana per celebrarlo
Vi posto la prosa gregoriana "Ave plena gratiae", cantata dai famosi monaci benedettini di Silos. Vi aggiungo il testo. Ogni strofa di questo canto - che ripercorre, in lode, tutti i grandi momenti della vita e della glorificazione della Madonna - viene conclusa con l'invocazione del Nome della Vergine: "sancta Maria", perciò mi pare molto adatto alla festa di oggi, in cui all'interno dell'ottava della Natività della Beata Vergine, ricordiamo il suo nome dolcissimo.
Ave plena gratiae, Mater misericordiae, sancta Maria.
Per quam omnis gratiae fons ortus est Ecclesiae, sancta Maria.
Laude digna angelorum, sume laudes peccatorum, sancta Maria.
Spes reorum, spes lapsorum, laetitia beatorum, sancta Maria.
Te Gabriel laetificavit, te Paraclitus obumbravit, sancta Maria.
Pater summus magnificavit dum Filio matrem creavit, sancta Maria.
O gloria! O gaudium! Dum genuisti Altissimi Unigenitum, sancta Maria.
O Domina! O Dominum propitium fac nobis tuum primogenitum, sancta Maria.
Tuum per transiit gladius animam, cum in crucifixi latere defixam cerneres lanceam, sancta Maria.
Vincula, colaphi, corona spinea, arundo, flagella clavique te matrem corde cruentarunt, sancta Maria.
O laetitia! O resurrexit Dominus, en Virgo, vivit tuus Filius, sancta Maria.
O Regina! O regnat, vincit, imperat! Non moriturus tuus unicus, sancta Maria.
Nunc semper choros angelorum exaltata, a dextris Filii mater, regnas, caelesti gloria circumdata, sancta Maria.
Nostri memor esto in misericordia, in hac miseria, nos exules reduc ad aeterna tabernacula, sancta Maria.
O Virgo! O Domina! O Mater regina, sancta Maria.
Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz26CXZapfJ
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Padre Marco d’Aviano: La battaglia di Vienna e Loretotratto da: santuarioloreto.it
Padre Marco, al secolo Carlo Domenico Cristofori, nacque ad Aviano (Pordenone) nel 1631. Studiò da giovane presso i gesuiti. Nel 1648 entrò nell’ordine dei cappuccini e, ordinato sacerdote, si diede all’apostolato della parola e della penna, divenendo presto famoso. Nel 1680 fu inviato in Germania dove divenne confidente e consigliere di molti principi, tra i quali l’imperatore Leopoldo I d’Austria che lo chiamava suo angelo tutelare. Fu al suo fianco nel 1683 come protagonista durante l’assedio di Vienna. Morì in quella città nel 1699 e fu sepolto nella chiesa dei cappuccini.
Il nome di Padre Marco torna ora alla ribalta, dopo lungo tempo di ingiustificato oblio. Viene considerato uno dei personaggi più importanti del suo tempo, soprattutto in riferimento al suo ruolo determinante, come cappellano generale, nella vittoriosa battaglia di Vienna dell’11 settembre 1683, definita da qualche storico "la madre di tutte le battaglie" perché ha chiuso il discorso militare con i turchi, desiderosi di occupare l’Europa, decretando il loro irreversibile declino militare ed economico.
L’attenzione per il cappuccino oggi è considerevole. E’ noto il romanzo scritto da Carlo Sgorlon "Marco d’Europa", che nel titolo già evidenzia la sua grandezza. Il romanzo viene ora riproposto tra gli Oscar Mondadori con un nuovo titolo: "Il taumaturgo e l’imperatore". Recentemente, Giuseppe Baiocchi, giornalista della Rai, colpito della coincidenza dell’11 settembre, data della vittoria di Vienna del 1683 e data dell’attacco alle Torri gemelle del 2001, ha messo a frutto le sue conoscenze storiche e ha ricostruito le vicende di quella storica battaglia. Sulla base di tale ricostruzione, il regista Renzo Martinelli si è messo all’opera per realizzare una riproduzione cinematografica dell’evento e ha cominciato a girare il suo Marco d’Aviano. Il regista ha rilasciato questa dichiarazione al "Corriere della Sera" (12 febbraio 2002, p. 37): "Sarà una pellicola piena di effetti spettacolari, ma di grande portata storica. Mi proporrò di illustrare la personalità del frate predicatore anche per sottolineare la sua straordinaria attualità. Marco credeva fermamente alla necessità di affermare l’identità culturale dell’Occidente di fronte alla sfida dell’Islam".
Il riconoscimento più alto al cappuccino di Aviano viene però dalla Chiesa. Infatti, il prossimo 27 aprile, Giovanni Paolo II lo proclamerà beato, riconoscendo in lui l’esercizio eroico delle virtù cristiane. [...].
Padre Marco ha legato il suo nome al santuario di Loreto, perché dopo la vittoriosa battaglia di Vienna, mentre il re polacco Giovanni Sobieski entrava trionfante a Vienna, lui lo accompagnava mostrando un’immagine della Madonna di Loreto, alla cui intercessione fu attribuita quella memorabile vittoria.
Riproduciamo qui di seguito uno scritto di p. Arsenio d’Ascoli, già direttore della Congregazione Universale, apparso nel suo volume "I papi e la Santa Casa" (Loreto, 1969, pp. 54ss), nel quale sono descritti gli aspetti "lauretani" della battaglia di Vienna e il ruolo di padre Marco d’Aviano.
"Dopo un secolo dalla disfatta di Lepanto (1571) i turchi tentavano per terra di sommergere l’Europa e la cristianità. Maometto IV al principio del 1683 consegna a Kara Mustafà lo Stendardo di Maometto facendogli giurare di difenderlo fino alla morte. Il Gran Visir, orgoglioso della sua armata di 300 mila soldati, promette di abbattere Belgrado, Buda, Vienna, straripare in Italia, giungere fino a Roma e collocare sull’altare di S. Pietro il trogolo del suo cavallo.
Nell’agosto del 1683 il Cappuccino P. Marco d’Aviano è nominato Cappellano Capo di tutte le armate cristiane. Egli rianima il popolo atterrito, convince Giovanni Sobieski ad accorrere con la sua armata di 40 mila uomini.
L’immagine della Madonna è su ogni bandiera: Vienna aveva fiducia solo nel soccorso della Madonna. La città era assediata dal 14 luglio e la sua resa era questione di ore.
Sul Kahlemberg, montagna che protegge la città dalla parte del nord, in una cappella, il P. Marco celebrò la Messa servita dal Sobieski dinanzi a tutta l’armata cristiana disposta a semicerchio. P. Marco promise la più strepitosa vittoria. Alla fine della Messa, come estatico, invece di dire: "Ite Missa est", gridò: "Joannes vinces", cioè: "Giovanni vincerai".
La battaglia iniziò all’alba dell’11 settembre. Un sole splendido illuminava le due armate che stavano per decidere le sorti d’Europa. Le campane della città fin dal mattino suonavano a stormo, le donne e i bambini erano in chiesa a implorare aiuto da Maria. Prima di sera l’armata turca era in rotta, lo stendardo di Maometto nelle mani di Sobieski, la tenda del Gran Visir occupata.
Il popolo era impaziente di contemplare il volto dell’eroe. Sobieski, preceduto dal grande Stendardo di Maometto, vestito di azzurro e di oro, montato sul cavallo del Gran Visir, il giorno seguente fece il suo ingresso solenne in città fra un delirio di popolo. Per ordine di Sobieski il corteo si diresse verso la chiesa della Madonna di Loreto in cui si venerava una celebre immagine della SS. Vergine. A Lei era dovuta la vittoria e ai suoi piedi tutto il popolo si prostrò riconoscente.
Fu celebrata una S. Messa e Sobieski rimase sempre in ginocchio come assorto. Il predicatore salì il pulpito e fece un grande discorso di circostanza, applicando a Giovanni Sobieski il testo evangelico: "Fuit homo missus a Deo cui nomen erat Joannes" ("Ci fu un uomo inviato da Dio, il cui nome era Giovanni").
La cerimonia proseguì grandiosa e solenne nella sua semplicità con particolari gustosi che mettono in rilievo la fede e la bonomia di Sobieski. L’assedio aveva disorganizzato molte cose e la Chiesa di Loreto non aveva più cantori. "Non importa" disse Sobieski, e con la sua voce potente intonò ai piedi dell’altare il "Te Deum", che il popolo proseguì ad una sola voce.
L’organo e la musica non erano necessari: il coro della folla vi supplì con pietà, commozione, entusiasmo. Il clero sconcertato non sapeva come concludere, e sfogliava messali e rituali per cercare un versetto. Sobieski lo trasse d’imbarazzo: senza troppo badare alle rubriche, ne improvvisò uno e la sua voce sonora si innalzò ancora potente su la folla: "Non nobis, Domine, non nobis!" ("Non a noi, Signore, non a noi!"). I sacerdoti risposero piangendo: "Sed nomini tuo da gloriam" ("Ma al tuo nome dà gloria").
Sobieski inviò subito un messaggio al B. Innocenzo XI per annunziargli la vittoria. I termini della missiva mostrano l’umiltà e la fede dell’eroe: "Venimus, vidimus, et Deus vicit" ("Siamo venuti, abbiamo veduto, e Dio ha vinto").
Una solenne ambasciata portava al Papa il grande stendardo di Maometto IV, la tenda del Gran Visir e una bandiera cristiana riconquistata ai Turchi.
Il B. Innocenzo XI, riconoscente alla Madonna di Loreto per la grande vittoria, inviò al Santuario la bandiera ritolta ai Turchi e la tenda. La bandiera si conserva ancora nella Sala del Tesoro. La tenda fu portata personalmente da Clementina, figlia di Sobieski, sposa a Giacomo II Re d’Inghilterra. Con la tenda fu confezionato un prezioso baldacchino che si usa solo nelle grandi solennità; una parte servì per un "apparato in quarto per pontificali".
Anche il Papa, come Sobieski, attribuiva la vittoria alla Vergine. Il suo ex voto fu l’istituzione di una festa in onore del S. Nome di Maria. Il 25 novembre 1683 un atto della Congregazione dei Riti la estendeva a tutta la Chiesa e la fissava nella domenica fra l’ottava della Natività di Maria e S. Pio X l’ha fissata per il 12 settembre, giorno anniversario della vittoria.
Dopo la grande battaglia di Vienna, sotto le macerie fu trovata una bella immagine della Madonna di Loreto, nei cui lati era scritto: "In hac imagine Mariae victor eris Joannes; In hac imagine Mariae vinces Joannes" ("In questa immagine di Maria sarai vincitore, o Giovanni; in questa immagine di Maria vincerai, o Giovanni"). Era certo un’immagine portata lì da S. Giovanni da Capistrano, più di 2 secoli prima, nelle lotte contro i Turchi in Ungheria e a Belgrado.
Sobieski volle che P. Marco la portasse nell’ingresso trionfale a Vienna il giorno dopo la vittoria. La portò con sé inseguendo il nemico e con essa riportò splendide vittorie contro i Turchi. La fece poi collocare nella sua Cappella e ogni giorno faceva celebrare dinanzi a Lei la S. Messa e cantare le Litanie Lauretane.
Nella Cappella Polacca a Loreto il prof. Gatti ha voluto ricordare questo episodio collocando nel quadro della parete di destra il P. Marco d’Aviano con il quadro della Madonna di Loreto in mano.
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