Un filosofo, un mistico, un teologo suonano l’allarme alla Chiesa
Sono Romano Amerio, Divo Barsotti e Inos Biffi. Pur lontani e diversi tra loro, si ritrovano d’accordo nel richiamare la Chiesa ai suoi fondamenti. Perché non si smarrisca “nella nebbia della fede”di Sandro Magister
Quasi negli stessi giorni nei quali la fragilità di Giovanni Paolo II ha fatto trepidare la Chiesa, due libri e un convegno hanno dato evidenza a tre importanti autori cristiani che hanno espresso ed esprimono una critica molto radicale delle debolezze della Chiesa di oggi, pur amandola e obbediendo ad essa con tutto il cuore.
I tre sono Romano Amerio, filosofo, Divo Barsotti, mistico, e Inos Biffi, teologo. Il primo è svizzero, gli altri due sono italiani.
Su Amerio, morto nel 1997 a 92 anni di età, è stato tenuto un convegno a Lugano il 29 gennaio, nell’aula magna dell’Università della Svizzera Italiana, con il patrocinio della locale facoltà di teologia e alla presenza del vescovo, Pier Giacomo Grampa.
Di don Divo Barsotti, fondatore della Comunità dei Figli di Dio, è uscito ad opera della comunità un profilo biografico in occasione dei suoi 90 anni, costruito in larga parte su suoi manoscritti inediti.
Di don Inos Biffi è uscito un libro dal titolo eloquente: “Verità cristiane nella nebbia della fede”.
Ecco qui di seguito qualche notizia sul convegno, i due libri e i tre personaggi.
ROMANO AMERIO
Il convegno su Romano Amerio ha trattato soprattutto la sua opera di filologo e filosofo. Di lui restano memorabili le edizioni critiche, in trentaquattro volumi, degli scritti del grande pensatore del XVI secolo Tommaso Campanella, i tre volumi dedicati alle “Osservazioni sulla Morale Cattolica” di Alessandro Manzoni, gli studi su Epicuro, Paolo Sarpi, Giacomo Leopardi.
Ma Amerio – che fu consultore del vescovo di Lugano al Concilio Vaticano II – scrisse anche due libri importanti sulla Chiesa d’oggi. Il primo, “Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel XX secolo”, edito da Riccardo Ricciardi nel 1985, di 658 pagine, può essere considerato il capolavoro della critica cosiddetta “tradizionalista” alla Chiesa contemporanea: fermo restando che la “tradizione” alla quale Amerio si appella è quella accumulata dalla Chiesa in quasi due millenni prima dell’attuale stagione, con il suo vertice filosofico e teologico in san Tommaso d’Aquino.
Il secondo volume è la continuazione del precedente. Edito anch’esso da Ricciardi, nel 1997, poco dopo la morte dell’autore, ha per titolo: “Stat Veritas. Seguito a ‘Iota unum’”. E ha per oggetto un’analisi della “Tertio Millennio Adveniente”, la lettera apostolica del 1994 che compendia la visione di Giovanni Paolo II.
Sia l’uno che l’altro volume convergono nell’individuare il maggior “disordine” della Chiesa d’oggi nel primato accordato alla “Caritas” invece che alla “Veritas”, col conseguente “ferimento” della giusta concezione del Dio cristiano trinitario, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Amerio era cristiano fedelissimo. Ma nonostante ciò, su questi suoi due libri, specie su “Iota unum”, la Chiesa ufficiale e la quasi totalità del mondo cattolico fecero calare un silenzio talora venato di disprezzo.
Il convegno di Lugano del 29 gennaio scorso è il primo mai dedicato ad Amerio. Il che fa pensare che su di lui e sulla sua analisi della Chiesa sia caduto il tabù.
Nei prossimi mesi uscirà sul pensatore svizzero anche un libro, scritto dal suo discepolo Enrico Maria Radaelli, docente di filosofia dell’estetica all’Università Ambrosiana di Milano.
Il libro avrà due prefazioni significative.
La prima di don Antonio Livi, sacerdote dell’Opus Dei, preside a Roma della facoltà di filosofia della Pontificia Università Lateranense, che è stato relatore anche al convegno di Lugano.
La seconda – ed è la sorpresa più grande – di don Divo Barsotti.
DIVO BARSOTTI
Don Divo Barsotti, nato nel 1914 a Palaia, in Toscana, è una delle figure più rilevanti e rispettate del cattolicesimo italiano dell’ultimo secolo. Ha scritto numerosi libri, specie di meditazione sulla Bibbia e sulla liturgia. Ha fondato una comunità spirituale, la Comunità dei Figli di Dio, che comprende i più diversi stili di vita: uomini e donne che abbracciano i voti monastici, semplici sacerdoti, coppie di sposi con bambini. Oggi la sua comunità conta circa 2000 persone, in Italia e in vari altri paesi: Australia, Colombia, Croazia, Benin, Sri Lanka. Appartiene ad essa l’attuale vescovo di Monreale, in Sicilia, Cataldo Naro, probabile futuro arcivescovo di Palermo.
Ma don Barsotti è stato ed è anche maestro di spirito di numerossimi cattolici di vario orientamento, alcuni dei quali a loro volta molto influenti, sia nella Chiesa che in campo culturale e politico. Ad esempio, Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni Cinquanta, di cui è in corso il processo di beatificazione, appartenne segretamente alla Comunità dei Figli di Dio. Persino don Giuseppe Dossetti volle Barsotti come proprio direttore spirituale, dal 1952 fino alla morte, nel 1996.
Eppure tra Dossetti e Barsotti le visioni erano spesso divergenti. Dossetti fu il capostipite in Italia del cattolicesimo “conciliare”, fautore di una radicale riforma della Chiesa da monarchica a collegiale, di un rifiuto della cristianità “costantiniana”, di un abbandono della grande teologia medievale in nome di un ritorno ai Padri dei primi secoli, soprattutto orientali.
Tant’è vero che talvolta il rapporto tra i due fu sul punto di rompersi. Nel libro che la Comunità dei Figli di Dio ha ora pubblicato per i 90 anni del suo fondatore, si legge che un giorno don Barsotti “minacciò di sciogliere il proprio legame con Dossetti se questi non avesse interrotto la sua frequentazione con Giuseppe Alberigo”, la cui vicinanza era considerata dallo stesso Barsotti “un pericolo”. Dossetti rispose al suo direttore spirituale con una lettera, riprodotta nel libro, nella quale gli scrisse: “Se anche lei volesse staccarsi da me, io non mi staccherò da lei”. Alberigo, storico della Chiesa, è tutt’ora alla testa dell’Istituto per le Scienze Religiose di Bologna fondato da Dossetti.
La visione che don Barsotti ha del Concilio Vaticano II è così riportata nel libro edito dalla sua comunità:
“Sin dalla prima sessione [del Concilio] si vide dove le cose andavano a parare, con l’accantonamento sdegnoso di tutti gli schemi preparati. Inoltre, i vescovi dissero subito che non intendevano condannare nessuno: il che significava però rinunciare al loro servizio di maestri della fede, di depositari della Rivelazione divina. I vescovi non devono sostituire i teologi, che hanno un’altra funzione: l’episcopato deve dirci che cosa dobbiamo credere e che cosa dobbiamo rifiutare. [...] Poiché i vescovi non misero al primo posto la loro funzione di approvare o di condannare, i documenti del Vaticano II hanno un linguaggio più teologico che dottrinale. Addirittura, per esempio in certe pagine della ‘Gaudium et Spes’, c’è come un ragionare da sociologi, da giornalisti. Inoltre, nei documenti ci si imbatte in tre o quattro teologie diverse. Per esempio: il primo documento [del Concilio], quello sulla liturgia, ha solo una visione misterica; l’ultimo, quello sui rapporti tra Chiesa e mondo, è segnato da un certo ‘theilardismo’. Aspettiamo ancora un genio della teologia che sappia far da sintesi fra queste differenze. Dunque il Vaticano II è stato un errore? No, di certo: la chiesa aveva bisogno di confrontarsi con la cultura del mondo, e lo Spirito Santo ha impedito che nei documenti si insinuasse l’errore; ma anche se tutto è giusto, nel Vaticano II, non è detto che tutto sia stato opportuno”.
Anche sul dialogo tra le religioni Barsotti è critico:
“L’ho scritto al papa, due volte, che non vedevo di buon occhio l’incontro interreligioso di Assisi dell’ottobre 1986. Gli dissi: ‘Santità, io non ho la televisione in casa, non ho nemmeno la radio, ma il giorno dopo il convegno di Assisi su ‘Avvenire’ ho visto in prima pagina una fotografia che mostra i cattolici che venerano il Dalai Lama, come fanno con Vostra Santità’. Si rischia di non fare più differenza: il Dalai Lama è come il papa per tanti credenti, e allora il popolo non può più avvertire le differenze né rendersi conto di quello che è specifico del cristianesimo”.
Barsotti non ha mai fatto mistero di questa sua visione dello stato attuale della Chiesa. Ma ciò non gli impedisce di godere di un rispetto universale.
Egli è infatti primariamente un grande uomo spirituale, un mistico, con lampi di soprannaturale che a tratti balenano nella sua vita quotidiana. Ha una particolare sensibilità per la mistica orientale: Sergio di Radonez, russo, è il santo da cui prende nome la casa dove vive, a Settignano, nei pressi di Firenze.
Tra i suoi amici più stretti c’è l’arcivescovo emerito di Bologna, il cardinale Giacomo Biffi. Che a suo giudizio sarebbe l’ideale prossimo papa.
E che a sua volta è molto amico – senza alcun vincolo di parentela – del quasi omonimo Inos Biffi.
INOS BIFFI
Don Inos Biffi, della diocesi di Milano, è docente emerito di teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e direttore dell’Istituto di Storia della Teologia a Lugano, la città svizzera di Amerio.
È uno dei maggiori specialisti della teologia medievale. Cura, tra l’altro, l’edizione critica completa delle opere di sant’Anselmo d’Aosta.
Presso l’editrice Jaca Book di Milano, la stessa che ha stampato in Italia le opere complete di Hans Urs von Balthasar e Henri De Lubac, pubblica sia i suoi studi di teologia medievale, sia gli scritti più calati nel dibattito teologico attuale.
L’ultima sua raccolta di saggi, 350 pagine intitolate “Verità cristiane nella nebbia della fede”, in libreria da pochi giorni, è introdotta da una prefazione che ne dice il senso fin dalle primissime righe:
“I saggi qui raccolti [...] sono nati da un’unica impressione e preoccupazione: quella che le verità, da cui il Credo cristiano riceve identità e vigore, si stanno come annebbiando ed estenuando, per il diffuso subentrare di una fede debole”.
A giudizio di Biffi, un sintomo dell’attuale “annebbiamento” della fede è l’ideologia del dialogo, dell’aggiornamento, dell’ecumenismo:
“Questa ideologia ha contagiato un po’ tutti: persino i maestri della fede, presso i quali le parole ‘dialogo’ e ‘aggiornamento’ ricorrono con monotonia affliggente, abitualmente e ossessivamente accoppiate al linguaggio della solidarietà, dell’accoglienza, della pace, della promozione dell’uomo, della scelta degli ultimi, del perdono da domandare per le colpe ecclesiali del passato, dell’ecumenismo e, ultimamente, anche dell’utopia. Non avviene invece altrettanto facilmente di sentire richiamati la grazia, i sacramenti, il fine ultimo dell’uomo, che è la visione amorosa della Trinità, l’inferno e il paradiso, il peccato, e anzitutto il mirabile mistero divino che è Gesù Cristo, nel quale ogni uomo è stato progettato dall’eternità”.
Biffi è particolarmente critico delle derive dell’ecumenismo:
“L’ecumenismo spesso è venuto scadendo in un concordismo che ha offuscato la figura cattolica del Credo. Anche a motivo di gesti imprudenti o discutibili, di fatto si sta creando un’estesa e pratica convinzione dell’equivalenza, o quasi, tra le confessioni cristiane e le religioni. Complice, tra l’altro, anche l’equivoco appello, ripetuto spesso, all’’unico Dio’, che unificherebbe le grandi religioni monoteistiche. Niente è più deviante: l’unico Dio vero è il Dio di Gesù Cristo: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ossia la Trinità cristiana che, ad esempio, per i musulmani è una bestemmia, cioè un’offesa gravissima a Dio”.
La sua critica investe sia la teologia che il governo pastorale della Chiesa:
“Si pensi ai contenuti di certi programmi episcopali, ridotti, spesso, a piani di ‘accoglienza’, dove Gesù Cristo – che è il Primo – è occasione per parlare soprattutto degli ‘ultimi’. Si pensi, anche, a episcopati intesi some successo di ‘movimenti’ oppure considerati come premi e onorificenze. [... Si pensi] ai fraintendimenti clamorosi che per capire la Chiesa partono dal mondo, e anche alle colpevolizzazioni, talora inaccettabili, talaltra discutibili, storiche della Chiesa, che hanno suscitato un vano e deleterio perdonismo, e sono giunte all’immagine della Chiesa peccatrice”.
Di un precedente libro dello stesso Inos Biffi, “Cultura cristiana”, ugualmente orientato, il cardinale Giacomo Biffi ha scritto: “Poche pubblicazioni del nostro tempo sono come questa provocatorie e illuminanti”.
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I libri:
Romano Amerio, “Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX”, Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli, 1985, pp. 658. Esaurito. Disponibile nella traduzione inglese: Romano Amerio, “Iota Unum: A Study of Changes in the Catholic Church in the Xxth Century”, Sarto House.
Romano Amerio, “Stat Veritas. Seguito a ‘Iota unum’”, Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli, 1997, pp. 176. Esaurito.
“Una Comunità e il suo fondatore. Don Divo Barsotti e la Comunità dei Figli di Dio”, Comunità dei Figli di Dio, Via Crocifissalto 2, 50135 Settignano (Fi). Per ordinarlo: > segreteriacfd@cheapnet.it
Inos Biffi, “Verità cristiane nella nebbia della fede”, Jaca Book, Milano, 2004, pp. 350, euro 24,00.
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In questo sito, su un altro libro scritto da un discepolo di Romano Amerio, Enrico Maria Radaellli:
> Ecumenismo ultima eresia. Un cattolico tradizionalista accusa
(15.4.2003)
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