Il genocidio della Vandea
Quei 100.000 km quadrati, quelle 770 parrocchie insorte, quegli 800.000 abitanti “non hanno alcuna caratteristica distintiva comune”. Appartengono a province diverse, obbediscono ad abitudini diverse, non hanno avuto una storia comune; la Vandea è, pertanto, nata da un rifiuto.
La rottura si consuma il 12 luglio 1790, con la proclamazione della Costituzione civile del clero, clero tenuto in grande stima dal popolo per la sua onestà ed il suo eroismo. La caduta di fiducia e il conseguente rifiuto di qualsiasi dialogo induce le autorità a degenerare in misure vessatorie, moleste, arbitrarie e talvolta violente.
L’insurrezione scoppia nel marzo 1793, in occasione di una nuova massiccia coscrizione obbligatoria, urgente per la pressione esterna di austriaci e prussiani. In un brevissimo spazio di tempo e in modo spontaneo la Vandea insorta è in grado si schierare un’armata efficace non solo in azioni di guerriglia, ma anche di inquadrarsi in campo aperto; un esercito che per lungo tempo ha il sopravvento sull’armata rivoluzionaria dell’ovest, suscitando l’ammirazione non solo di Napoleone ma anche di Tureau. Ma alla fine la sproporzione delle forze in campo ne ha ragione e tra ottobre e dicembre si consuma la disfatta. Eppure la Vandea vinta non è ancora “convertita”.
Il nuovo regime è consapevole di correre un grave pericolo e ad esso è proporzionata la repressione. Il 17 gennaio 1794 il generale Tureau ordina la distruzione totale della regione con le parole “Libertà, fraternità, uguaglianza, o morte”. Percorsa dalle “colonne infernali” la Vandea conosce così un terribile genocidio, che durerà fino al 27 luglio 1794.
Ci si trova di fronte al primo genocidio ideologico della storia.
Quando si studia la Rivoluzione Francese si nota subito un certo stridore tra il tono entusiasta e gioioso dei libri nel raccontare i fatti, e i fatti stessi; ci si chiede come fosse possibile parlare di giudizi sommari, teste mozzate, cadaveri ammucchiati e soprusi di ogni genere, come si fosse trattato di una grande festa nazionale in cui tutti si volevano un gran bene.
“E la violenza, le stragi, gli orrori”?
Mi si spiegò che si trattava di “cattivi”, gente che se lo meritava, traditori, mangiapane a tradimento nel migliore dei casi, persone da eliminare, insomma.Sconcertante.
Ed è ancor più sconcertante, a mio parere, che questo sia, in fondo, il pensiero che a tutt’oggi molti continuano ad avere nei confronti di un evento storico sì di fondamentale importanza per quella che sarebbe divenuta l’Europa moderna, ma al tempo stesso totalmente antitetico nei fatti e nella pratica a quei medesimi principi di libertà, uguaglianza e fraternità che propugnava, ma che per primo tradì, e nel peggiore dei modi.
Eppure questo non si dice quasi mai, o al massimo si sussurra con un certo timore, come se si trattasse di qualcosa di marginale o poco rilevante o addirittura necessario ad imporre le nuove idee.
Ecco il punto, imporre.
Quasi tutti gli uomini, le donne e persino i bambini ghigliottinati durante il Terrore, erano innocenti sulla cui testa non pendeva alcun reato, tranne quello di avere delle idee e di volerle osservare e perseguire anche se contrarie a quelle che si volevano loro imporre dall’alto.
Nessuno dei capi rivoluzionari cercò mai il dialogo o una parvenza di discussione con coloro che, ed erano tanti, non condividevano quei principi che avrebbero finito per cambiare il volto alla Francia e non solo, preferirono torturare, massacrare, eliminare senza distinzioni e senza pietà ogni “ostacolo”, usando valori sacrosanti e pienamente condivisibili a pretesto delle nefandezze perpetrate contro cittadini inermi e avversari politici.
I capi rivoluzionari non erano affatto filantropi, ma astuti, ambiziosi e sanguinari despoti, abilissimi nello sfruttare il legittimo malcontento popolare per fini non solo puliti e non solo universali; gli oppositori, i nemici, i “cattivi” da togliere di mezzo erano, in fondo, tutti coloro che stavano dall’altra parte, quelli che osavano dissentire, uomini e donne di idee diverse, magari antitetiche, ma non per questo senza ragione di esistere.
Ho sempre pensato che l’orrore, l’arbitrio e il sopruso non abbiano colore politico, e purtroppo non esiste schieramento, bandiera, ideologia o istituzione che, nel corso della Storia, non si sia macchiata di gravi crimini. Compresi i rivoluzionari francesi.
La Vandea era una regione occidentale in cui vigeva una società prettamente contadina, cristiana e realista; la miccia che portò allo scoppio della guerra civile fu la ribellione dei vandeani nei confronti di uno Stato che aveva continuamente bisogno di reclutare dalle campagne giovani da mandare al fronte, che così venivano tolti alle famiglie e al lavoro dei campi, messo già a dura prova da tasse inique e continue carestie.
Combattendo sotto l’insegna del Sacro Cuore, i vandeani, coraggiosi e idealisti ma inferiori per numero ed equipaggiamento, furono letteralmente massacrati dalle “fraterne” truppe parigine, finché non ne rimasero stramazzati al suolo oltre 117.000.
A colpire non è solo il numero impressionante di vittime, ma anche i metodi di sofisticata e inaudita crudeltà usati per uccidere: gruppi di persone vennero legate e imbarcate su zattere fatte in seguito affondare, altri furono gettati dalla sommità delle mura cittadine.Roba da fare invidia ai peggiori nazisti.
Mi si spiegò che si trattava di “cattivi”, gente che se lo meritava, traditori, mangiapane a tradimento nel migliore dei casi, persone da eliminare, insomma.Sconcertante.
Ed è ancor più sconcertante, a mio parere, che questo sia, in fondo, il pensiero che a tutt’oggi molti continuano ad avere nei confronti di un evento storico sì di fondamentale importanza per quella che sarebbe divenuta l’Europa moderna, ma al tempo stesso totalmente antitetico nei fatti e nella pratica a quei medesimi principi di libertà, uguaglianza e fraternità che propugnava, ma che per primo tradì, e nel peggiore dei modi.
Eppure questo non si dice quasi mai, o al massimo si sussurra con un certo timore, come se si trattasse di qualcosa di marginale o poco rilevante o addirittura necessario ad imporre le nuove idee.
Ecco il punto, imporre.
Quasi tutti gli uomini, le donne e persino i bambini ghigliottinati durante il Terrore, erano innocenti sulla cui testa non pendeva alcun reato, tranne quello di avere delle idee e di volerle osservare e perseguire anche se contrarie a quelle che si volevano loro imporre dall’alto.
Nessuno dei capi rivoluzionari cercò mai il dialogo o una parvenza di discussione con coloro che, ed erano tanti, non condividevano quei principi che avrebbero finito per cambiare il volto alla Francia e non solo, preferirono torturare, massacrare, eliminare senza distinzioni e senza pietà ogni “ostacolo”, usando valori sacrosanti e pienamente condivisibili a pretesto delle nefandezze perpetrate contro cittadini inermi e avversari politici.
I capi rivoluzionari non erano affatto filantropi, ma astuti, ambiziosi e sanguinari despoti, abilissimi nello sfruttare il legittimo malcontento popolare per fini non solo puliti e non solo universali; gli oppositori, i nemici, i “cattivi” da togliere di mezzo erano, in fondo, tutti coloro che stavano dall’altra parte, quelli che osavano dissentire, uomini e donne di idee diverse, magari antitetiche, ma non per questo senza ragione di esistere.
Ho sempre pensato che l’orrore, l’arbitrio e il sopruso non abbiano colore politico, e purtroppo non esiste schieramento, bandiera, ideologia o istituzione che, nel corso della Storia, non si sia macchiata di gravi crimini. Compresi i rivoluzionari francesi.
La Vandea era una regione occidentale in cui vigeva una società prettamente contadina, cristiana e realista; la miccia che portò allo scoppio della guerra civile fu la ribellione dei vandeani nei confronti di uno Stato che aveva continuamente bisogno di reclutare dalle campagne giovani da mandare al fronte, che così venivano tolti alle famiglie e al lavoro dei campi, messo già a dura prova da tasse inique e continue carestie.
Combattendo sotto l’insegna del Sacro Cuore, i vandeani, coraggiosi e idealisti ma inferiori per numero ed equipaggiamento, furono letteralmente massacrati dalle “fraterne” truppe parigine, finché non ne rimasero stramazzati al suolo oltre 117.000.
A colpire non è solo il numero impressionante di vittime, ma anche i metodi di sofisticata e inaudita crudeltà usati per uccidere: gruppi di persone vennero legate e imbarcate su zattere fatte in seguito affondare, altri furono gettati dalla sommità delle mura cittadine.Roba da fare invidia ai peggiori nazisti.
Le vittime della Rivoluzione Francese, della nascente Repubblica liberale . Liberta' per tutti , tranne per i Cattolici, sterminati, assassinati.La loro colpa aver deciso , scelto la propria liberta' contro il seme di tutte le dittature che hanno sconvolto il mondo.
Il Professor Pierre Chaunu, una delle autorità per la storia moderna, membro dell'Institut de France cosi' riassume gli avvenimenti
Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le, loro chiese. I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi al comando dell'esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell'esercito di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.
Questo è il capitolo più orrendo. Nel di cembre 1793 il governo rivoluzionario d ordine di sterminare la popolazione dell 778 parrocchie: “Bisogna massacrare le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti”. Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot. Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell'ordine: “Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio”. Allora hanno mandato Turreau, un alcolizzato, con un'armata di vigliacchi.
Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della Convenzione: “Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini...”. Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti, paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere nati a Fontaine au Campte.
Questo fu il genocidio vandeano.
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